MEZZI DI TUTELA

1) MEZZI DI TUTELA: PROCEDIMENTI DI RIESAME. Procedimenti di riesame dell’atto illegittimo: annullamento, revoca, abrogazione e riforma

L’amministrazione pubblica, nel perseguimento del pubblico interesse, gode di una serie di poteri riconducibili, tutti, a quello generale di autotutela. Con il termine autotutela amministrativa si fa riferimento a quel potere dell’amministrazione di rimuovere unilateralmente ed autonomamente gli ostacoli che impediscono la realizzazione dell’interesse pubblico per il quale il legislatore ha conferito lo specifico potere, anche allorquando l’atto sia divenuto inoppugnabile.
In quest’ultimo caso ancorché non sia ammissibile l’impugnazione da a parte degli interessati, è pur sempre possibile, in via generale, che il vizio venga rilevato d’ufficio o dietro semplice denuncia dell’autorità amministrativa che lo ha emanato o di quella superiore. Non solo, ma la precarietà degli effetti dell’atto amministrativo, divenuto inoppugnabile, è dimostrata anche dalla circostanza che l’atto può essere impugnato da soggetti per i quali il termine di decadenza non è decorso.
Infatti, l’inutile decorso del termine di decadenza previsto per impugnare il provvedimento amministrativo non farebbe venir meno la possibilità di tutelare le situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo ma soltanto di conseguire quella particolare tutela che è la tutela in forma specifica di annullamento o di adempimento ( A. Police, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, cit, II, 383 ).

Nel caso del termine di decadenza, oggetto di questo è il diritto di azione all’annullamento dell’atto, ma non anche il diritto di esperire un altro tipo di azione, come per esempio quella di risarcimento, di accertamento di adempimento. In sostanza si perde il potere di mutare lo stato di fatto o di diritto difettoso attraverso il potere di annullamento. Pertanto, con riguardo alla validità dell’atto, l’inoppugnabilità non ha conseguenze. Ciò è dimostrato da due dati: la disapplicabilità dell’atto inoppugnabile dal giudice ordinario e la possibilità per l’amministrazione di revocare o annullare d’ufficio l’atto inoppugnabile .


L’annullamento tra tradizione e innovazione; la problematica flessibilità dei poteri del giudice amministrativo ( Dir. Proc. Amm, fasc 4, 2012 pag. 1273) di Ruggiero DiPace.

E’ opportuno precisare che l ́Amministrazione non ha alcun obbligo di provvedere al riesame di un ́istanza di revoca o di riesame di un provvedimento divenuto oramai inoppugnabile, giacché i provvedimenti di autotutela sono espressione dell ́esercizio di un potere tipicamente discrezionale dell’Amministrazione che non ha alcun obbligo di attivarlo. Anzi, qualora la P.A. intenda farlo deve, ai sensi dell’art. 21-nonies della L. n. 241/1990 e s.m.i., valutare puntualmente la sussistenza, o meno, di un interesse che giustifichi la rimozione dell ́atto a fronte del corrispondente sacrificio del privato. Tale valutazione non può ritenersi dovuta nel caso di una situazione già definita con provvedimento inoppugnabile, per cui è sempre stato escluso l ́obbligo dell ́Amministrazione di provvedere in autotutela su un proprio provvedimento divenuto inoppugnabile .


Consiglio Stato, sez. VI, 24 febbraio 2011, n. 1178; Consiglio Stato, sez. IV, 20 luglio 2005, n. 3909; Consiglio Stato, sez. IV, 12 maggio 2006, n. 2661. Il Consiglio di Stato, in particolare, ha rilevato come nell’ordinamento italiano, il processo amministrativo costituisce un mezzo di tutela degli interessi legittimi (e per determinati casi dei diritti soggettivi), ma a condizione che, per essi non siano decorsi i termini decadenziali o prescrizionali, per l’inizio dell’azione. Quando il provvedimento è invece comunque divenuto inoppugnabile, l’istanza di autotutela o di attivazione dei poteri di vigilanza assume la sostanza di una richiesta di riesame della determinazione ormai definitivamente consolidatosi, rispetto alla quale non è configurabile un obbligo dell’Amministrazione di provvedere e, di conseguenza, un silenzio-rifiuto.

 

1.

Procedimenti di riesame dell’atto illegittimo: annullamento, revoca, abrogazione e riforma

 

1.1

L’annullamento d’ufficio

 

1.2

La revoca

 

1.3

L’abrogazione

2) MEZZI DI TUTELA: La sanatoria dell'atto amministravo viziato: la convalescenza e la conservazione

L’atto amministrativo che non sia radicalmente inesistente ma solo annullabile può essere anziché ritirato, sanato con una successiva manifestazione di volontà da parte della P.A.
Opera generalmente ex tunc; ma nei casi in cui incida sfavorevolmente nel campo dei diritti soggettivi, opera ex nunc.
Si distinguono al riguardo ipotesi di:
a) convalescenza, che tende direttamente a eliminare il vizio che inficia l’atto;
b) conservazione, che tende a rendere l’atto, nonostante la sua invalidità, inattaccabile da parte dei soggetti destinatari con i ricorsi amministrativi o giurisdizionali.

2

La sanatoria dell’atto amministravo viziato: la convalescenza e la conservazione

 

2.1

La convalescenza

 

 

2.1.a

La convalida

 

 

2.1.b

La ratifica

 

2.2

La conservazione

 

 

2.2.a.

La Consolidazione

 

 

2.2.b.

L’Acquiescenza

 

 

2.2.c.

La Conversione

 

 

2.2.d.

La Conferma

 

 

2.2.e

La rettifica

 

3) MEZZI DI TUTELA: Il ricorso giurisdizionale

Solo al giudice amministrativo, e non anche al giudice ordinario (che potrebbe solo disapplicare) è consentito, in linea di principio, annullare, demolire, intervenire sul provvedimento impugnato. Il nostro ordinamento ottocentesco non prevedeva rimedi giurisdizionali, ma solo contenziosi, all’interno dell’amministrazione, sicchè si differenziava un’amministrazione contenziosa e una amministrazione pura, sottratta alla giurisdizione.
L’istituzione della sez, IV Cons. stato (ad opera della legge 31 marzo 1889, n. 5994) ha consentito di riconoscere giustizia avverso la pubblica amministrazione, infatti per la prima volta i vizi dell’atto amministrativo venivano enumerati sotto tre tipi:

  • Incompetenza;
  • eccesso di potere (inteso come sviamento di potere);
  • violazione di legge contro atti e provvedimenti.

In precedenza si parlava nell’art. 9 legge n.2248/1865, allegato D, di ricorsi al Re contro la legittimità di provvedimenti amministrativi a proposito del parere obbligatorio del Consiglio di Stato sul ricorso, che comprendeva all’epoca solo i vizi d’ incompetenza e di violazione di legge, in quanto l’eccesso di potere era inteso come straripamento di potere (legge n. 3761/1877 sui conflitti di attribuzione: spetta alla Cassazione di Roma giudicare sulla nullità delle sentenze per incompetenza o eccesso di potere).

Prima della istituzione del giudice degli interessi, nessuna tutela veniva riconosciuta, oltre proprietà e diritti di voto, ai soggetti incisi dall’azione amministrativa dal giudice ordinario. L’amministrazione veniva definita arbitraria, in quanto incensurabile. Non rispondeva né delle illegittimità né delle illiceità. Esisteva quindi una zona franca dalla tutela del diritto e quindi una larga fascia di interessi rimaneva prima di tutela.

Nella giurisdizione tradizionale, rimasta per vari decenni, al giudice amministrativo della giurisdizione esclusiva era preclusa la cognizione dei c.d. diritti patrimoniali consequenziali (nei quali sarebbe ricaduta la cognizione dell’azione risarcitoria a seguito di annullamento di atto illegittimo), che spettavano al giudice ordinario.

Nel nostro sistema non esiste un pubblico ministero nell’ambito del giudizio amministrativo, né una giurisdizione di tipo oggettivo, e pertanto la scelta di ricorrere in giudizio spetta unicamente al privato

interessato, che può agire per cancellare la illegittimità che lo ha pregiudicato, e realizzare il suo interesse. Non vi è dubbio però che l’annullamento dell’atto illegittimo soddisfa anche e primariamente l’interesse pubblico alla legittimità.

La restaurazione del diritto violato, che ricomprende nel suo genus anche il risarcimento del danno, avviene attraverso la sentenza del giudice amministrativo che è sanzione e riparazione dell’ordine giuridico violato (con la precisazione che anche successivamente al decorrere del termine di impugnabilità, la P.A. può procedere in autotutela alla eliminazione dell’atto).

Come il provvedimento amministrativo è l’atto che costituisce modifica o estingue un rapporto giuridico di tipo amministrativo, in parallelo con la definizione di contratto di cui all’art. 1321 c.c. che è l’accordo con cui si costituisce, modifica o estingue un rapporto giuridico patrimoniale, la sentenza costitutiva è quella con la quale si costituisce (art. 1032 c.c.), si modifica (art. 150 c.c.) o si estingue (art. 971, 1445, 1447, 1448, 1458) un rapporto giuridico.

L’art. 7, comma 4, c.p.a. sottopone alla giurisdizione di legittimità “atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni”, ossia tutte le possibili manifestazioni del potere amministrativo, dovendosi ricomprendere nella nozione di atto, distinta da quella di provvedimento, i comportamenti autoritativi di tipo commissivo.

Per le ipotesi di silenzio significativo – con valore di assenso o di rigetto – la tutela giurisdizionale è la stessa prevista avverso un provvedimento espresso, poiché il silenzio significativo equivale ad un provvedimento di accoglimento o di diniego


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