RICORSO GIURISDIZIONALE »»» azione di nullità

AZIONE DI NULLITA'

In tema di nullità dell’atto amministrativo è opportuno distinguere tre periodi:
-il periodo anteriore al 2005 (allorchè mancava una disciplina generale sia sostanziale che processuale dell’atto nullo, ma vi erano singole ipotesi di atti nulli previste dalle norme). La dottrina amministrativistica fino agli anni 1950 è stata generalmente convinta della inapplicabilità delle regole civilistiche in tema di nullità del contratto agli atti amministrativi.
La giurisprudenza si assestò sulla conclusione che in caso di accoglimento del ricorso tutto si riporta all’annullabilità, compresi quei pochi casi nei quali il legislatore parlava espressamente di “nullità”, svalutando quindi addirittura il dato normativo. Del resto il giudice, in quanto titolare di poteri di annullamento (art.38 T. U. 2.6.1889, n. 6166: la sezione se accoglie il ricorso annulla l’atto; ed anche con riferimento al Consiglio di Stato art. 45 T.U. 26.6.1924, n. 1054, e con riferimento al T.A.R. art.26 L. 6.12.1971 n.1034), ritenne di poter pronunciare appunto solo sentenze costitutive, e di non avere il potere di emettere sentenze dichiarative di nullità.

- quello intermedio, successivo alla L.n.15/2005 e anteriore al c.p.a. (19 settembre 2010) con la presenza dell’art.21 septies legge n.241/1990, che ha tentato di delineare una disciplina generale dei casi di nullità senza precisare la disciplina processuale dell’azione di nullità;

- quello attuale con l’intervento dell’art.31, comma 4, Dec. Leg.vo n.104/2010 sul codice del processo amministrativo, che ha disciplinato alcuni aspetti processuali dell’azione di nullità nel processo amministrativo.

L’art. 31 c. 4 del c.p.a. ha introdotto una speciale disciplina processuale dell’azione di nullità secondo cui “la domanda volta all'accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni. La nullità dell'atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d'ufficio dal giudice. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle nullità di cui all'articolo 114, comma 4, lettera b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV.” (cioè le norme processuali che regolano il giudizio di ottemperanza, nell’ambito del quale va proposta la domanda di nullità per violazione o elusione del giudicato).
La disciplina si caratterizza per gli aspetti di seguito indicati.
L’azione di nullità è definita di accertamento, il che conferma l’operatività ipso iure del vizio, assimilandolo a quello civilistico.
E’ previsto il termine decadenziale di 180 giorni per proporre l’azione di nullità che è più lungo di quello ordinario, ma pur sempre breve.

E’ previsto che “la nullità dell’atto può sempre essere opposta dalla parte resistente o essere rilevata d’ufficio dal giudice. Il sopra descritto termine di decadenza di 180 giorni si riferisce alla sola azione di nullità, non anche alla relativa eccezione, che la parte interessata e lo stesso giudice potranno perciò sollevare senza limiti temporali. Viene precisato che la nullità dell’atto amministrativo prevista dalla legge può essere rilevata da chiunque e anche d’ufficio

dal giudice ma il rilievo d’ufficio di un atto amministrativo va coordinato con il principio della domanda, sicché il giudice è tenuto a rilevare d'ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio la nullità dell'atto solo se sia in contestazione l'applicazione e l'esecuzione di un atto la cui validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, mentre l'accertamento d'ufficio di una causa di nullità diversa da quella posta a fondamento della domanda è inammissibile, ostandovi il divieto di pronuncia ultra petita (Cons. sez. IV, 6 novembre 1996, n.1190);
L’art. 31 c.p.a. precisa che tale disciplina non si applica alle ipotesi di nullità per violazione o elusione del giudicato. L’art. 133 lett a) n. 5 del c.p.a. ha recepito quanto già previsto dal comma 2 dell’art. 21 septies della L. 241/90, attribuendo alla giurisdizione esclusiva del G..A le controversie inerenti la nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato.

La previsione della giurisdizione esclusiva del G.A. solo per una ipotesi di nullità dell’atto amministrativo (elusione o violazione del giudicato) pone il problema del riparto di giurisdizione in presenza degli altri casi di nullità del provvedimento.
E’ stato sostenuto che la giurisdizione non può mutare a seconda della invalidità che viene denunziata, in quanto essa si determina sulla base della situazione soggettiva conformata dal provvedimento amministrativo; il baricentro è costituito dalla situazione soggettiva che viene in rilievo ai fini della individuazione della giurisdizione del giudice amministrativo.

In presenza di interessi pretesivi e quindi di soli interessi legittimi non può che sussistere la generale giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo, in quanto un determinato comportamento della amministrazione (viziato gravemente, perché l’atto è nullo) non è comunque in grado di produrre da solo, l’effetto ampliativo facendo sorgere ex novo una situazione di diritto prima inesistente.
Sussiste invece la giurisdizione del giudice ordinario, ad eccezione delle materie di giurisdizione esclusiva del G.A., in ipotesi di interessi oppositivi, aggrediti da un atto nullo e quindi inidoneo a produrre l’effetto degradatorio sul diritto soggettivo.
La distinzione, ai fini del riparto di giurisdizione, tra atti nulli adottati in relazione a situazioni di interesse legittimo e atti nulli aventi la (sola) pretesa di incidere su diritti soggettivi comporta la necessità di alcune precisazioni in ordine alla questione delle modalità e dei termini per far valere la nullità dell’atto.
Deve essere escluso che, se il provvedimento nullo incide su un interesse legittimo, valga la regola generale per cui gli atti amministrativi vanno impugnati nel termine di decadenza, anche ove si intenda farne valere la nullità.
Appare evidente come non sia ragionevole l'estensione del termine decadenziale ad un provvedimento che ab origine è improduttivo di effetti, non ponendosi in alcun modo il problema della stabilità dell'atto, per l'intrinseca ed originaria inefficacia dello stesso.

Non operando il termine breve di decadenza, dovrebbe quindi applicarsi la regola generale della imprescrittibilità, anche se va ricordato che la giurisprudenza amministrativa ha fino ad oggi ritenuto che l'actio iudicati non sia imprescrittibile, come potrebbe far ritenere

la sussistenza di un vizio di nullità, ma che vada comunque proposta nel termine decennale di prescrizione ordinaria.
Non dovrebbero inoltre sussistere ostacoli alla rilevabilità d’ufficio da parte del giudice del vizio di nullità dell’atto, a condizione che si tratti di questione di cui il giudice sia comunque investito per effetto della domanda di una parte.
Verificato che in diversi casi la nullità del provvedimento può essere fatta valere davanti al giudice amministrativo, ci si deve chiedere se sia ammissibile, davanti al giudice amministrativo, un'azione dichiarativa della nullità.
E’ stato già evidenziato che l’atto nullo, pur essendo improduttivo di effetti, può essere in concreto stato portato ad esecuzione, sussistendo quindi l’interesse per gli interessati a farne dichiarare la nullità.
Certamente la nullità dell’atto può, anzi deve, essere accertata dal giudice amministrativo nelle controversie devolute alla sua giurisdizione.
La forma della pronuncia può essere quella sentenza di accertamento dichiarativa della nullità dell’atto o, seguendo l’impostazione più tradizionale del giudizio amministrativo, una pronuncia di inammissibilità per difetto di interesse ad impugnare un atto nullo.