• GIUSTIZIA CONTABILE

 

Con comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 107 del 9 Dicembre 2024 è stata resa nota la proroga al 30 aprile 2025 delle disposizioni in materia di responsabilità erariale che limitano la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai casi in cui la produzione del danno è "dolosamente voluta" dal soggetto

 

Art. 21 Decreto legge 76/2020 Responsabilità erariale

1.All'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "La prova del dolo richiede la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso."(aderendo così a quell’orientamento giurisprudenziale che accomuna il dolo erariale al dolo penale, anziché al dolo contrattuale (per il quale sarebbe sufficiente la volontaria trasgressione dei doveri d’ufficio)
2. Limitatamente ai fatti commessi dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al ((30 aprile 2025)), la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità di cui all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta. La limitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applica per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente.

Tale previsione, ponendo fine al contrasto interpretativo in ordine all'applicabilità nel giudizio contabile del cosiddetto “dolo contrattuale”, impone al giudice di accertare non soltanto la volontà della condotta posta in essere in violazione degli obblighi di servizio, ma anche degli effetti della stessa, ossia la volontà dell’evento dannoso.

 

Relazione illustrativa al Decreto legge 76/2020 “Misure urgenti per la semplificazione e l'innovazione digitale”

In materia di responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, la norma chiarisce che il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica e non in chiave civilistica, come invece risulta da alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile che hanno ritenuto raggiunta la prova del dolo inteso come dolo del singolo atto compiuto. Inoltre, fino al 31 luglio 2021, la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l’azione di responsabilità viene limitata al solo profilo del dolo per le azioni e non anche per le omissioni, in modo che i pubblici dipendenti abbiano maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare (omissioni e inerzie) rispetto al fare, dove la responsabilità viene limitata al dolo

 

Il c.d. scudo erariale introdotto dal decreto-legge 16/07/2020 n. 76 art. 21 co. 2, originariamente limita in via transitoria la responsabilità erariale dell'agente pubblico cui è affidata la gestione di pubbliche risorse ai danni cagionati dalle sole condotte poste in essere con dolo, escludendo quindi ogni responsabilità per colpa grave, con riguardo ai fatti commessi dal 17 luglio 2020 fino al 31 dicembre 2021.

Questa limitazione di responsabilità si applica ai danni cagionati dalle sole condotte attive, mentre nel caso di danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto che avrebbe dovuto attivarsi e non lo ha fatto, il soggetto agente continua a risponderne sia a titolo di dolo, sia di colpa grave.

L'riginario termine è stato esteso con successivi interventi normativi al 31 dicembre 2021 dalla legge 11/09/2020 n. 120 (di conversione del citato decreto), successivamente prorogato fino al 30 giugno 2023 dal DL 77/2021 (articolo 51, comma 1, lett. h), fino al 30 giugno 2024 dal DL 44/2023 (art. 1, comma 12-quinquies, lett. a), fino al 31 dicembre 2024 dall'art. 8 comma 5-bis DL 215/2023

La corte Cost., pronunciandosi sul decreto semplificaizoni, con sentenza n. 8/2022, ha evidenziato che il d.l. n. 76 del 2020 reca un complesso di norme eterogenee accomunate dall'obiettivo di promuovere la ripresa economica del Paese dopo il blocco delle attività produttive che ha caratterizzato la prima fase dell'emergenza pandemica da COVID-19, il cui fine è quello di far "ripartire" celermente il Paese dopo il prolungato blocco imposto per fronteggiare la pandemia che - nella valutazione del Governo e del Parlamento, in sede di conversione - ha impresso ad essa i connotati della straordinarietà e dell'urgenza. La questione di legittimità costituzionale è stata sollevata on ordinanza del 6 novembre 2020, dal Tribunale di Catanzaro con riferimento all’art. 23 del “decreto semplificazioni”, argomentando che l’abolitio criminis parziale dell’abuso d’ufficio compromette il buon andamento della P.A. (in quanto lascia impunite gravi forme di strumentalizzazione della funzione), nonché il principio di eguaglianza (per l’indebita equiparazione degli amministratori pubblici che gestiscono il patrimonio collettivo ai privati che dispongono dei propri beni).

 

Corte costituzionale sentenza n. 132/2024 (pubblicata in GU in data 17.07.2024)

 

In seguito con ordinanza del 18 dicembre 2023 la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Campania, ha sollevato la questione di cosituzionalità dell’art. 21, c. 2, d.l. n. 76/2020 convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020, nella parte in cui prevede che dal periodo di entrata in vigore del decreto-legge l’azione di responsabilità di cui all’art. 1 della l. n. 20/1994, sia limitata ai soli casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta e tale li- mitazione di responsabilità prevista dal primo periodo non si applichi solo per i danni cagionati da omissione o inerzia del soggetto agente. La Corte costituzionale con sentenza n. 132/2024 (pubblicata in GU in data 17.07.2024) ha affermato che "La responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti ha un carattere composito in ragione del concorrere delle funzioni di prevenzione, risarcitoria e sanzionatoria. Pur combinando tali elementi, e nonostante in più aspetti si discosti dall’archetipo della comune disciplina civilistica, essa tuttavia non smarrisce la sua natura risarcitoria di fondo, essendo ancorata al danno subito. (Precedenti: S. 123/2023 - mass. 45678; S. 203/2022 - mass. 45142; S. 355/2010 - mass. 35180; S. 453 del 1998 - mass. 24378; S. 371/1998 - mass. 24247). Nel passaggio da un’amministrazione che, secondo il modello dello Stato di diritto liberale, doveva dare semplicemente esecuzione alla legge all’amministrazione di risultato, l’ampia discrezionalità diventa una componente essenziale: il che, in un ambiente in cui la complessità istituzionale, sociale e giuridica è andata progressivamente crescendo, accresce la possibilità di errori da parte dell’agente pubblico, ingenerando il rischio della sua inazione (c.d. burocrazia difensiva). La disciplina della responsabilità amministrativa e, in particolare, del suo elemento soggettivo – limitato ai soli casi di dolo o colpa grave – si sostanzia nella scelta della ripartizione del rischio dell’attività tra l’apparato e l’agente pubblico, al fine di trovare un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo. Tale punto di equilibrio non può essere fissato una volta per tutte ma deve essere modulato in funzione del contesto istituzionale, giuridico e storico in cui opera l’agente pubblico e del bilanciamento che il legislatore, nel rispetto del limite della ragionevolezza, intende effettuare. (Precedenti: S. 203/2022 - mass. 45142; S. 355/2010 - mass. 35180; S. 371/1998 - mass. 24247). La concreta configurazione della responsabilità amministrativa e la definizione del margine di discostamento dai principi comuni della materia sono rimessi alla discrezionalità del legislatore con il solo limite della non manifesta irragionevolezza e arbitrarietà della scelta. (Precedenti: S. 123/2023 - mass. 45679; S. 203/2022 - mass. 45141; S. 355/2010 - mass. 35180; S. 371/1998 - mass. 24247; S. 1032/1988; S. 411/1988 - mass. 13707; O. 168/2019 - mass. 42428; O. 286/2011 - mass. 35893; O. 221/2021 - mass. 35760; O. 219/2011 - mass. 35758). (Nel caso di specie, sono dichiarate non fondate le questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Campania, in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., dell’art. 21, comma 2, del d.l. n. 76 del 2020, come conv., che ha introdotto una disciplina provvisoria, prorogata con successivi decreti-legge fino al 31 dicembre 2024, che, quanto alle condotte attive, limita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti alle sole ipotesi dolose. La disposizione censurata – pur modificando, in via temporanea, la disciplina dell’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa, ancorata a regime, al dolo e alla colpa grave – non è irragionevole: essa trova, infatti, idonea giustificazione sia in ragione del peculiarissimo contesto economico e sociale dovuto all’emergenza pandemica da COVID-19 – del quale intende fronteggiare le ricadute economiche – sia per la provvisorietà della disciplina posta. Il legislatore ha ritenuto indispensabile che l’amministrazione pubblica non fosse, a causa della sua inerzia, di ostacolo alla ripresa economica; ciò a tutela di interessi vitali della società italiana, di rilevanza costituzionale, quali l’eguaglianza, il diritto al lavoro, l’effettività dei diritti sociali e la libertà di iniziativa economica Le proroghe della disposizione censurata trovano, invece, giustificazione nel peculiare contesto di attuazione del PNRR, ove ogni ritardo delle amministrazioni può compromettere il rispetto del cronoprogramma, potendo pregiudicare interessi di rilevanza costituzionale, quali il rispetto degli obblighi assunti in sede UE, la tutela dell’ambiente, la realizzazione di un’economia sostenibile, l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico, gli interessi delle future generazioni, l’eguaglianza, anche di genere e, infine, la coesione territoriale. La scelta di combattere la burocrazia difensiva su “grande scala” non è nemmeno manifestamente incongrua, in ragione del contesto citato e della difficoltà di individuare ex ante e in maniera esaustiva le attività rispondenti al bisogno di favorire la ripresa economica. Né sussiste una disparità di trattamento dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, trattandosi di categorie non omogenee, soggette a statuti diversi anche in punto di responsabilità. In assenza di nuovi punti di equilibrio nella ripartizione del rischio dell’attività tra l’amministrazione e l’agente pubblico, alla scadenza della disposizione censurata il fenomeno della “burocrazia difensiva” sarebbe destinato a riespandersi per cui è richiesta una complessiva riforma della responsabilità amministrativa per ristabilire una coerenza tra la sua disciplina e le trasformazioni dell’amministrazione e del contesto in cui essa opera). (Precedenti: S. 8/2022; S. 178/2015 - mass. 38537; S. 120/2012 - mass. 36320; S. 146/2008 - mass. 32424)."

 

Sentenza 62/A/2023 - SEZIONE GIURISDIZIONALE D’APPELLO PER LA REGIONE SICILIANA. Con riferimento alla responsabilità amministrativo contabile, allorché si afferma, in sede di relazione illustrativa, che si è voluto chiarire che il dolo vada riferito all’evento dannoso in chiave penalistica, occorre tenere presente le peculiarità che contraddistinguono l’illecito erariale, secondo il paradigma tradizionale previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994, quale illecito per definizione atipico, ossia a condotta libera, che, laddove ne sussistano gli elementi costituivi, esita in un’obbligazione risarcitoria del danno erariale patito dall’Amministrazione.

La definizione del dolo è contenuta, in primis, nell’art 43, comma 1, c.p. (Il delitto è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione), ma si ricava anche, in una logica di sistema, da un insieme di altre disposizioni, quali ad esempio gli artt. 5 e 59 del codice penale, che, in positivo o in negativo, attribuiscono rilevanza alla conoscenza (o alla mancata conoscenza) di determinati elementi costituitivi della fattispecie criminosa. In secondo luogo, l’illecito penale, in ossequio al basilare principio di tassatività sancito dall’art. 25 della Costituzione, deve essere necessariamente un illecito tipizzato, mentre l’illecito contabile delineato dall’art. 1 della l. n. 20/94 è per definizione atipico (esulano da tale ambito, come noto, le fattispecie legali “sanzionatorie” cui fanno riferimento gli artt. 133 e ss. cgc).

Con riferimento quindi alla responsabilità amministrativo contabile, allorché si afferma, in sede di relazione illustrativa, che si è voluto chiarire che il dolo vada riferito all’evento dannoso in chiave penalistica, occorre tenere presente le peculiarità che contraddistinguono l’illecito erariale, secondo il paradigma tradizionale previsto dall’art. 1, comma 1, della legge n. 20 del 1994, quale illecito per definizione atipico, ossia a condotta libera, che, laddove ne sussistano gli elementi costituivi, esita in un’obbligazione risarcitoria del danno erariale patito dall’Amministrazione. Ne consegue che il concetto di “dolo dell’evento”, la cui sussistenza nel diritto penale è giustificata dall’esegesi della condotta tipica del reato, nel diverso contesto dell’illecito contabile deve necessariamente tener conto delle peculiarità di quest’ultimo, nonché dell’interesse erariale, che è un interesse composito, determinato dal concorso di diverse norme e disposizioni ordinamentali, che non possono per loro natura essere tutte oggetto di volizione - e sovente neppure di rappresentazione - da parte del soggetto pubblico agente. 6.4 Alla stregua di queste premesse, il danno, che è un evento in senso giuridico conseguente alla condotta illecita, difficilmente è oggetto di volizione diretta in un sistema che dovrebbe essere improntato al principio di buon andamento (art. 97 Cost.). Difatti, nella generalità dei casi, contrariamente a quanto accade nell’illecito penale sorretto da dolo intenzionale, l’agente pubblico rimane indifferente rispetto all’evento di danno. Ciò non avviene, a ben vedere, neanche negli illeciti di tipo appropriativo (posti in essere, ad esempio, dagli agenti contabili), nei quali, comunque, l’interversio possessionis nella condotta del peculato non è direttamente preordinata al depauperamento dell’ente bensì, semmai, all’illecito arricchimento personale dell’agente (che del primo costituisce il necessario antecedente logico). In questa prospettiva, si rende necessario verificare se l’art. 21, comma 1, del d.l. n. 76/2020, nel richiedere, ai fini della prova del dolo, la dimostrazione della volontà dell'evento dannoso sia compatibile solo con ipotesi di dolo intenzionale (in cui l’agente ha di mira proprio la realizzazione del danno) e, al limite, di dolo diretto (che si ha quando la volontà non si dirige verso il danno e tuttavia l'agente si rappresenta come conseguenza certa o altamente probabile della propria condotta un risultato che però non persegue intenzionalmente), ovvero se, come sostenuto dal giudice di prime cure, tale norma sia compatibile anche con il dolo eventuale, che costituisce lo stadio più lieve d’intensità dolosa. Da un punto di vista dogmatico, il dolo eventuale designa l'area d'imputazione soggettiva in cui l'evento (ovviamente nei reati di evento e non di mera condotta) non costituisce l'esito finalistico della condotta, né è previsto come conseguenza certa o altamente probabile di questa (come nel dolo diretto): l'agente si rappresenta un possibile risultato della sua condotta e, ciononostante, si determina ad agire accettando la prospettiva che l'accadimento abbia luogo. 6.5 Per fornire risposta al quesito sulla compatibilità tra l’art. 21 del d.l. n. 76/2020 e il dolo eventuale, occorre verificare se, già sul piano astratto, anche in quest’ultima forma di dolo sia riscontrabile una volontarietà dell’evento. In ambito penalistico, a tale quesito forniscono risposta affermativa i più recenti ed autorevoli approdi ermeneutici della Corte di cassazione (Sezioni unite penali, sent. 18 settembre 2014, n. 38343), che, nell’intento di individuare il discrimen rispetto alla forma meno grave della colpa cosciente, ha messo in evidenza la componente lato sensu volontaristica del dolo eventuale. Quest’ultimo, infatti, richiede una positiva adesione all’evento, una volontà indiretta nei confronti delle conseguenze collaterali ed accessorie della condotta, che, sulla base di una chiara visione delle prospettive di quest’ultima, esprima una volontaria determinazione alla condotta antigiuridica. 38 Nel dolo eventuale, in cui, dunque, vi è un’adesione interiore alla prospettiva di verificazione dell’evento, la condotta deve necessariamente indirizzarsi nel senso dell’offesa al bene giuridico protetto, in aperta contrapposizione alla legge, e compete dunque al Pubblico Ministero - e in ultima istanza al Giudice – desumere tale atteggiamento psicologico dalla dettagliata analisi di plurimi ed eterogenei indicatori rilevanti, tesi a ricostruire il processo decisionale e l'adozione di una condotta basata sulla consapevolezza della concreta prospettiva dell'evento collaterale. 6.6 Accertato che, in ambito penalistico, vi è un’imprescindibile dimensione volontaristica che deve connotare il dolo nelle sue diverse declinazioni, inclusa quella del dolo eventuale, il Collegio ritiene che tale forma di dolo sia compatibile con la volontà dell’evento dannoso richiesta dall’art. 21 del dl n. 76/2020. Corrobora tale soluzione, innanzitutto, una lettura costituzionalmente orientata della norma alla luce degli artt. 28 (responsabilità dei pubblici dipendenti) e 97 (buon andamento ed imparzialità della PA) della Costituzione: laddove il legislatore avesse inteso limitare la volontà dell’evento dannoso alle sole ipotesi di volizione diretta del danno (nelle sue forme di dolo intenzionale o, al più, di dolo diretto), avrebbe, di fatto, limitato la responsabilità amministrativa per dolo ai soli illeciti erariali penalmente rilevanti, finendo sostanzialmente per privare di tutela gli anzidetti valori costituzionali. Una tale opzione interpretativa, oltre a porre evidenti problemi di costituzionalità della norma rispetto ai richiamati parametri normativi, si porrebbe in evidente antitesi con la stessa logica di sistema. Se, infatti, l’art. 21 del dl n. 76/2020, che ha introdotto disposizioni molto dettagliate sull’elemento soggettivo dell’illecito contabile (si pensi al discrimen tra responsabilità commissiva ed omissiva nell’ambito della colpa grave), avesse voluto escludere il dolo eventuale dal proprio ambito applicativo, lo avrebbe fatto espressamente (“ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit”). In assenza di una tale previsione, la “volontà dell’evento dannoso” richiesta dall’art. 21, comma 1, deve ritenersi certamente inclusiva del dolo eventuale, anch’esso connotato da un’indefettibile componente volontaristica rispetto all’evento lesivo, come chiarito dal più recente ed autorevole insegnamento delle Sezioni Unite penali (cfr. sent. n. 38343/2014, cit.), cui si intende in questa sede dare continuità. 6.7 Nel “dolo erariale”, nella sua più frequente manifestazione sotto forma di dolo eventuale, l’adesione psichica dell’agente è dunque rivolta non solo alla condotta illecita e anti-doverosa, bensì anche alle sue conseguenze dannose, che costituiscono un evento accessorio e collaterale non oggetto di volizione diretta e immediata da parte del soggetto agente, che, ciononostante, si autodetermina ugualmente nella propria condotta (accettando la prospettiva di cagionare un danno all’erario). Considerata la dimensione squisitamente psicologica del processo decisionale del soggetto agente, simmetricamente a quanto avviene in ambito penale, occorre pertanto desumere l’adesione psichica del soggetto alla condotta anti-doverosa ed alle sue conseguenze dannose collaterali da una serie di indicatori significativi. 6.8 A tale scopo, prendendo spunto anche dall’esemplificazione contenuta nella sentenza delle Sezioni unite penali n. 38343/2014, prima citata, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, potrebbero essere astrattamente ritenuti indizianti del dolo erariale eventuale i seguenti profili:

- il grado di difformità della condotta tenuta rispetto a quella esigibile nel caso concreto: quanto più grave e divergente dalla condotta standard è quella tenuta dal soggetto agente, tanto più è possibile una considerazione della prospettiva dolosa (ad esempio, la macroscopica illegittimità ovvero illiceità comportamentale);

- le modalità che hanno caratterizzato la violazione (utilizzo distorto o strumentale di istituti, acquisizione di pareri a sostegno di ipotesi esegetiche implausibili);

- la professionalità del funzionario, la sua cultura, intelligenza e conoscenza del contesto nel quale sono maturati i fatti;

- la durata e la ripetizione della condotta illecita: una condotta lungamente protratta, ponderata, basata su una completa conoscenza e comprensione dei fatti, può realisticamente aprire alla concreta ipotesi che vi sia stata una certa consapevolezza delle conseguenze lesive e della conseguente accettazione dell'evento dannoso, quale esito collaterale possibile;

- la probabilità di verificazione dell'evento dannoso che, ove certa ed elevata qualifica il dolo diretto, ma, via via scemando “verso i sentieri incerti della probabilità”, può comunque essere sintomatica di un atteggiamento riconducibile alla sfera del volere: bisogna valutare, cioè, se e in che misura il soggetto agente, in fase decisionale, possa essersi “confrontato” con l’evento dannoso, determinandosi consapevolmente ad agire comunque ed accettandone l’eventualità della sua verificazione, fermo restando che se questo costituiva logico sviluppo prevedibile dalla condotta in concreto tenuta, è altamente probabile che sia stato comunque accettato;

- la condotta successiva al fatto, quale l’adozione di misure in autotutela per rimediare all’illecito perpetrato, ovvero la segnalazione del possibile danno erariale ai superiori gerarchici, ad organi di controllo o giurisdizionali.

6.10 Infine, con riferimento al regime probatorio applicabile nell’accertamento della responsabilità per dolo eventuale, si osserva che correttamente il Giudice di primo grado, nella decisione impugnata, ha fatto applicazione del criterio civilistico del “più probabile che non” (tipico del giudizio di responsabilità che ha funzioni risarcitorie) in luogo di quello tipico del processo penale del “oltre ogni ragionevole dubbio”. Infatti, dall’affermazione contenuta nella relazione illustrativa al citato art. 21 (secondo cui il dolo va riferito all’evento dannoso in chiave penalistica), non può desumersi anche che, ai soli fini dell’accertamento del dolo erariale eventuale, il regime probatorio applicabile al processo contabile debba essere quello del giudizio penale in quanto, in tal modo, si ammetterebbe che il regime probatorio debba mutare a seconda della connotazione soggettiva dell’illecito contabile (il criterio del “più probabile che non”, in caso di responsabilità colposa e il criterio del “oltre ogni ragionevole dubbio” in caso di responsabilità dolosa) il che appare del tutto irragionevole.

 

 

Corte dei conti, Sezione di appello della Sicilia, sentenza 17 febbraio 2016, n. 27.
- L'istituzione di unità di staff intersettoriale alle dipendenze del Sindaco, con relativo conferimento a soggetti esterni operati in modo illegittimo, generano danno erariale a carico del solo primo cittadino, a nulla rilevando

Risulta irrilevante: a) la compartecipazione agli atti di conferimento da parte delle strutture burocratiche dell'ente; b) le indicazioni fornite dalla Giunta Comunale; c) la non conoscenza della normativa di riferimento da parte del Sindaco. con riferimento a quest'ultimo punto, la corte afferma che “ chi assume, per propria iniziativa, un munus pubblico ha anche l'onere di acquisire le necessarie cognizioni per espletarlo in conformità alla legge, altrimenti vi sarebbe una condizione soggettiva precostituita che legittimerebbe l'adozione di atti illegittimi, forieri di illeciti erariali e senza alcuna conseguenza per l'autore“»»»

Corte dei conti, Sezione di appello della Sicilia, sentenza 21 gennaio 2016, n. 16
Al carattere "personale" della responsabilità amministrativa, consegue la differenziazione delle posizioni dei soggetti ritenuti responsabili, in modo da garantire che il peso della condanna venga fatto gravare, innanzitutto, su chi si è arricchito, illecitamente, a danno di una Pubblica Amministrazione.

Tale esigenza non può essere soddisfatta che attraverso l'individuazione di una obbligazione principale ed una sussidiaria, con un preciso ordine di escussione fra le stesse. »»»

Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Lombardia - sentenza 19 marzo 2015 n. 41
Accertamento della responsabilità per danno erariale indiretto di un insegnante per incidente occorso a un alunno.

In sede di accertamento della responsabilità per danno erariale indiretto di un insegnante per incidente occorso a un alunno non può operarsi in questa sede un acritico recepimento delle statuizioni civili intervenute, in quanto il MIUR, quale unico legittimato passivo in detta sede, è stato condannato innanzi alla.g.o. sulla scorta dellart.2048, co.2, c.c., sancente una presunzione di colpevolezza (ma non a titolo di colpa grave) del precettore o maestro, salvo prova contraria (non fornita dal Miur tramite lAvvocatura dello Stato) da parte dellinsegnante in ordine: a) alla adozione di misure preventive di misure organizzative e/o disciplinari idonei a prevenire condotte scorrette degli alunni; b) allesercizio di dovuta vigilanza sugli allievi; c) alla natura repentina ed imprevedibile della condotta dellallievo, non impedibile con un tempestivo intervento dellinsegnante. »»»»»»»»»»»»

 

Decreto della Corte dei Conti 15 febbraio 2016 
- Uffici e indirizzi PEC utilizzabili nei giudizi dinanzi alla Corte dei conti.


Pubblicato nella GU n. 46 del 2016, il decreto 15 febbraio 2016 della Corte dei Conti con cui vengono individuati gli Uffici presso i quali è stato compiuto l'accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione, con indicazione dei corrispondenti indirizzi di posta elettronica certificata utilizzabili ai fini della trasmissione e del deposito di atti e documenti, nonché delle date di decorrenza distinte per raggruppamenti di Uffici, i sensi dell'art. 12, del decreto del Presidente della Corte dei conti 21 ottobre 2015, n. 98
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I giudici contabili accedono alla teoria della "finanza pubblica allargata". In questo caso, non sussiste danno erariale laddove all'esborso effettuato da un'Amministrazione pubblica corrisponda un conseguente introito di un'altra Amministrazione pubblica, realizzandosi un mero spostamento di somme all'interno di una finanza sostanzialmente unitaria. (Corte dei Conti Sardegna, Sez. giurisdiz., 15 gennaio 2016, n. 5).

I giudici contabili sardi entrano nel merito del danno erariale scaturente da un errore da parte dei dirigente pubblico, in merito al calcolo del valore assoggettato ad ICI, a cui è seguito il pagamento di sanzioni, interessi e spese di notifica, ritenendo esclusivamente rientrante nella lesione alla finanza pubblica nel suo complesso, i soli interessi da corrispondere e le spese di notifica, in quanto ripristinatori delle somme non ricevute, restando escluso dal danno erariale il pagamento delle sanzioni amministrative

 

Dal processo contabile quale giudizio sui conti degli agenti contabili (legge istitutiva della Corte dei Conti - L- 14 agosto 1862 n. 800 ed il relativo regolamento di procedura - r.d. 5 ottobre 1862 n. 884)

I giudizi di conto hanno rappresentato, come noto, la prima e principale tipologia di controversie sulle quali si è radicata la giurisdizione della Corte dei conti, come strumento di evidenziazione della correttezza nella gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

“ciò che caratterizzava gli istituti di responsabilità gestoria nell’epoca precedente alla riforma De Stefani del 1923, è che essi hanno dato luogo ad un giudizio sui conti dei cosiddetti agenti contabili che si concretava in un modo di essere (o complemento) dell’attribuzione della funzione di controllo”. La cognizione del rapporto sostanziale era svolta in modo oggettivo e concerneva la conformità alla legge dei fatti gestori rappresentati nel rendiconto; in particolare, essa non si limitava ai fatti gestori imputabili al contabile tenuto al rendiconto, ma poteva estendersi secondo l’ambito della gestione finanziaria formalizzata nel rendiconto.
Di conseguenza, il giudizio di conto poteva riguardare altri contabili, nonché “invigilatori e sindacatori” nonché gli “ordinatori secondari di spese”.

Nonostante tale estensione oggettiva e soggettiva del giudizio di conto, restava fermo il principio che la cognizione del giudice potesse riguardare le sole violazioni formali.

 

Legge De Stefani (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440)

Vennero modificate le regole della contabilità generale dello Stato ad opera della riforma c.d. “De Stefani”. Le previsioni contenute nella legge di riforma rivestirono carattere universale limitandosi a fornire indicazioni molto generali circa l’obbligo di redazione dei bilanci e alle relative modalità di redazione. La gestione dello Stato, infatti, fu fortemente centralizzata, in linea con l’idea di Stato accentrato propria del regime fascista: a ogni singola Amministrazione vennero attribuiti specifici poteri e funzioni da realizzarsi in modo autonomo secondo schemi comuni e predefiniti; il tutto sotto la rigida supervisione di un organismo terzo e specializzato quale la Ragioneria generale dello Stato. È bene comunque rilevare che la netta separazione dei compiti e delle funzioni fu di fatto solo formale. Il potere legislativo, infatti, si riduceva alla ratifica di scelte politiche ideate e proposte dal Governo, unico reale soggetto con possibilità di conoscere la situazione del Paese e dunque capace di proporre le necessarie modifiche alla legislazione finanziaria.

La Corte dei conti è stata, infatti, investita della cognizione di fattispecie di responsabilità per fatti illeciti dei dipendenti pubblici che potevano non essere affatto collegati con i fatti di gestione finanziaria-contabile.
In sostanza, tale nuova forma di responsabilità si affrancò dalla assimilazione con la responsabilità contabile e sorse una nuova figura di processo contabile nel quale risultava estraneo il fine di controllo delle gestioni finanziarie; infatti, la nuova forma di responsabilità poteva riguardare fatti illeciti estranei alla ordinaria gestione finanziaria-contabile.
In tal modo, subì un rilevante cambiamento anche il processo contabile, nel quale il giudizio di responsabilità si differenziò dal precedente giudizio sui conti, non solo dal punto di vista processuale, ma soprattutto in relazione ai presupposti di ordine sostanziale.

 

 

DOTTRINA

GIURISPRUDENZA

Condannato il Segretario generale dell'ente a fronte di un risarcimento danni causato da inerzia dell'amministrazione  »»»»»»»»»»»»

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