Cause che possono condurre a uno squilibrio economico-finanziario:

1) presenza di un disavanzo relativo all'e.f. precedente non ripianato;

2) non corretta quantificazione degli accantonamenti (FCDE, F. contenzioso)

3) tensioni di cassa, ed in particolare costante utilizzo dell’anticipazione di tesoreria, non restituita a fine anno;

4) tenzioni di cassa, ed in particolare utilizzo dell’anticipazione di tesoreria in corso d'anno e presenza di elevati residui passivi al 31.12;

5) debiti fuori bilancio non supportati da idonei e correlati accantonamenti;

6) utilizzo continuo di somme a destinazione vincolata non ricostituite a fine esercizio, non evidenziate;

7) residui attivi sovrastimati

Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli (art 242 tuel)

((1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, rilevabili da un apposita tabella, da allegare al rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei quali almeno la meta' presentino valori deficitari. Il rendiconto della gestione e' quello relativo al penultimo esercizio precedente quello di riferimento.))

((2. Con decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono fissati i parametri obiettivi, nonche' le modalita' per la compilazione della tabella di cui al comma 1. Fino alla fissazione di nuovi parametri si applicano quelli vigenti nell'anno precedente.))

 

 

PIANO DI RIENTRO NELL'ESERCIZIO IN CORSO

 

L'ART. 188 C.1 prescrive che L'eventuale disavanzo di amministrazione va immediatamente applicato all’esercizio in corso di gestione, contestualmente alla delibera di approvazione del rendiconto, e può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione (massimo tre anni), in ogni caso non oltre la durata della consiliatura

L'applicazione del disavanzo accertato con l'approvazione del rendiconto di gestione avviene mediante variazione al bilancio in corso e, dunque, in mancanza di nuove netrate mediante riduzione gli stanziamenti di spesa, al fine di dare copertura a detta nuova voce. La mancata adozione della delibera che applica il disavanzo è equiparata a tutti gli effetti all’omessa appro-vazione del rendiconto di gestione, con conseguente scioglimento del consiglio.

In base all’art. 188, comma 1-quater, è, inoltre, vietato agli enti, che presentino un disavanzo di amministrazione emerso dall’ultimo rendiconto approvato ovvero debiti fuori bilancio da riconoscere, “nelle more della variazione di bilancio che dispone la copertura” di assumere impegni e pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge.

In virtù del comma 1-ter del citato art. 188, a seguito dell’eventuale accertamento di un disavanzo di amministrazione in costanza di “esercizio provvisorio”, occorre provvedere alla tempestiva approvazione del bilancio di previsione.La gestione, nelle more dell’approvazione, deve proseguire secondo le più ristrette modalità imposte dall’art. 163, comma 3, per la “gestione provvisoria”

 

 

PIANO DI RIENTRO negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione

 

La CORTE DEI CONTI SEZ. AUT. con deliberazione n. 30/2016/QMIG ha evidenziato che "laddove risulti non sostenibile da un punto di vista finanziario l’applicazione del disavanzo all’esercizio in corso, lo stesso deve essere distribuito negli esercizi successivi considerati nel bilancio; – che, qualora gli esercizi successivi superino la consiliatura ovvero l’incarico commissariale in corso e coincidano con il periodo di mandato elettivo di una nuova Amministrazione, tale circostanza non costituisce impedimento giuridico-contabile all’adozione del ripiano pluriennale che deve essere obbligatoriamente adottato"

 

RIEQUILIBRIO FINANZIARIO PLURIENNALE (ART. 243 BIS DEL TUEL)

Il Decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”, con l’art. 3, co. 1 lettera r), ha inserito, nel Titolo VIII – Enti locali deficitari o dissestati – del D. Lgs. 267 del 18 agosto 2000, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali ( TUEL), l’art. 243-bis che prevede un’apposita procedura di riequilibrio finanziario pluriennale per gli enti nei quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario.

Si tratta di una terza fattispecie che si aggiunge alle situazioni, elencate dagli artt. 242 e 244 del TUEL, di Enti in condizioni strutturalmente deficitarie ed Enti in situazioni di dissesto finanziario.

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale è uno strumento straordinario, previsto per gli enti locali in condizione di grave squilibrio strutturale, volto a prevenire il dissesto ed a ripristinare gli equilibri finanziari. Le esigenze di risanamento, in genere, conseguono ad una situazione di illiquidità – in molti casi generata da una sovrastima dell’attivo con crediti di dubbia esazione e/o sforniti di idoneo titolo, nonché da un non accurato riaccertamento ordinario dei residui – che impedisce il regolare adempimento delle obbligazioni con il ricorso ai mezzi ordinari.

Le situazioni di sofferenza finanziaria suscettibili di ricorso al piano di riequilibrio, vanno distinte con chiarezza da quelle riconducibili all’area di applicazione degli ordinari istituti di ripiano del disavanzo ex art. 188 TUEL. L’art. 243-bis, comma 1, TUEL individua quali presupposti per il ricorso alla procedura di riequilibrio, la concomitante sussistenza di “squilibri strutturali in grado di provocare il dissesto finanziario” ed insufficienza delle misure di cui agli artt. 193 (deliberazione di salvaguardia degli equilibri di bilancio) e 194 (riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio) del TUEL, per il superamento delle condizioni di squilibrio rilevate.

Il ricorso all’utilizzo improprio dello strumento eccezionale e straordinario in luogo di quello ordinario (ripianamento negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura ai sensi dell’art. 188 TUEL) rende inammissibile il piano di riequilibrio per carenza dei presupposti di legge e ne preclude l’esame nel merito.

Si ricorda, altresì, che nell’esame della situazione complessiva di squilibrio e nella valutazione della possibilità di ripristino di condizioni di equilibrio durevole, mediante le procedure ordinarie ex art. 188 del TUEL, rilevano le funzioni assegnate al responsabile del servizio finanziario e ai revisori tenuti a vigilare sulla sostenibilità del bilancio dell’ente anche nella prospettiva del risanamento.

In linea di continuità con quanto affermato con la deliberazione n. 16/2012, si richiama la rilevanza delle competenze intestate all’organo di revisione contabile dell’ente nell’ambito della predisposizione del piano, oltre che in fase attuativa con riferimento alle prescritte relazioni infrannuali sul grado di raggiungimento degli obiettivi intermedi.

La richiamata legge di bilancio 2018, ha introdotto un criterio oggettivo per determinare la durata massima del piano di riequilibrio, stabilendo che la vigenza dello stesso sia compresa tra i 4 e i 20 anni in ragione del parametro oggettivo di cui al comma 5-bis, art. 243-bis del TUEL.

Lo squilibrio si individua, sostanzialmente, nell’incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni secondo esigibilità a causa della mancanza di risorse effettive a copertura della spesa e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile; tale squilibrio è “strutturale” quando il deficit – da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio – esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passività, ecc.).

Il piano di riequilibrio deve necessariamente contenere una quantificazione veritiera ed attendibile della situazione economico-finanziaria dell’ente e dell’esposizione debitoria, la puntuale ricognizione e quantificazione dei fattori di squilibrio e dell’eventuale disavanzo di amministrazione risultante dall’ultimo rendiconto approvato

Ove non adeguatamente considerati, i debiti e gli oneri latenti, possono minare in radice la sostenibilità del piano programmato

 

DISSESTO GUIDAT0 (art. 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149)

L'art. 6, co. 2, d.lgs. n. 149/2011, così dispone: “2. Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarita' contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Nei casi previsti dal periodo precedente, ove sia accertato, entro trenta giorni dalla predetta trasmissione, da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell'inadempimento da parte dell'ente locale delle citate misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 244 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e da' corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. ((2-bis. Il decreto di scioglimento del consiglio, disposto per le inadempienze di cui al comma 2, conserva i suoi effetti per un periodo di almeno dodici mesi, fino ad una massimo di quindici mesi.))“

L’art. 6, co. 2, d.lgs. n. 149/2011, introduce innovazioni nell’ordinamento degli enti locali, sotto un duplice profilo: da un lato, ampliando le conseguenze della dichiarazione di dissesto rispetto alle previsioni già contenute nell’art. 248, d.lgs. n. 267/2000 (anche in relazione alle cause di incandidabilità e di incompatibilità previste dall’art. 6, co. 1); dall’altro, individuando un secondo percorso che conduce alla dichiarazione di dissesto, che non è più solo demandata al Consiglio, ma può discendere dall’accertamento di un organo magistratuale, la Corte dei conti in sede di controllo, di cui viene, in tal modo, esaltata la funzione di garanzia verso la collettività.

“Il procedimento di cui all’art. 6, co. 2, d.lgs. n. 149/2011, avente la duplice funzione di prevenzione dei rischi di squilibrio finanziario dell’ente locale e di emersione dei casi di dissesto finanziario, si compone di due distinte fasi: la prima, necessaria, consiste in un giudizio prognostico sulla situazione di potenziale dissesto, preordinato alla proposta di misure correttive e alla verifica della loro adozione da parte dell’ente; la seconda, eventuale, ha inizio con la trasmissione degli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per i provvedimenti di competenza (dichiarazione di dissesto ma anche scioglimento del consiglio dell’ente)”.

“La fase necessaria del procedimento si colloca all’interno delle verifiche sulla sana gestione finanziaria e sul rispetto degli equilibri di bilancio di cui all’art. 1, co. 166-170, l. n. 266/2005, e all’art. 7, co. 7, l. n. 131/2003, e i comportamenti difformi oggetto di attenzione consistono negli <<squilibri strutturali del bilancio dell’ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario>>, tenuto anche conto delle situazioni sintomatiche rappresentate dagli indicatori di deficitarietà individuati con d.m. 24 settembre 2009. Il procedimento è avviato in presenza di una condizione di illiquidità alla quale l’ente non riesce a rimediare con gli strumenti di regolazione del bilancio di competenza (delibera di riequilibrio e di riconoscimento di debiti fuori bilancio) e, in fase istruttoria, comporta la verifica, in contraddittorio con l’ente, del piano di rientro dal debito, in quanto la situazione di carenza di liquidità si consolida e diventa strutturale nella prospettiva triennale, tramutando in insolvenza. Le Sezioni regionali, all’esito del giudizio prognostico sulla situazione suscettibile di determinare il dissesto, provvedono, con una prima deliberazione, all’individuazione delle misure correttive ritenute più idonee a ristabilire l’equilibrio finanziario dell’ente e, con seconda deliberazione, alla verifica della loro adozione, nel termine precedentemente assegnato”.

 

DISSESTO FINANZIARIO (art. 244)

1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non puo' garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalita' di cui all'articolo 193, nonche' con le modalita' di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste.

2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.

 

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