MODIFICHE DEL RAPPORTO OBBLIGATORIO

vicende modificative del rapporto obbligatorio dal lato ATTIVO

Le vicende modificative del rapporto obbligatorio dal lato attivo sono in particolare la cessione del credito e la surrogazione, che può essere sia legale che volontaria, così come ci sono vicende modificative del rapporto obbligatorio dal lato passivo, che sono iN particolare la delegazione, l’espromissione e l’accollo, infatti, in particolare si dice successione a titolo particolare nel debito.

 

vicende modificative del rapporto obbligatorio dal lato PASSIVO

Modificazioni dal lato passivo del rapporto obbligatorio, (fenomeno della sostituzione dal lato passivo del rapporto obbligatorio di successioni a titolo particolare nel debito) sono l’accollo, l’espromissione e la delegazione, che sono i tre istituti di assunzione del debito.

Espromissione: espromesso – espromittente - espromissario

Delegazione: delegante – delegato - delegatario

Accollo: accollato – accollante – accollatario

Mentre, la circolazione del credito prescinde dal consenso del debitore (art. 1260), la modificazione dal lato passivo del rapporto obbligatorio non può attuarsi senza il consenso del creditore. Il motivo è che il creditore verrebbe pregiudicato da tale modificazione se il nuovo debitore risultasse meno solvibile disponendo di un patrimonio meno capiente (il patrimonio rappresenta la garanzia patrimoniale generica del credito). Inoltre, ove la prestazione abbia carattere infungibile, la sua esecuzione da parte del nuovo debitore non costituirebbe esatto adempimento e lascerebbe insoddisfatto l’interesse creditorio.
Il principio secondo cui alla modificazione del soggetto passivo del rapporto deve concorrere il creditore conosce solo 2 eccezioni. La prima è rappresentata dalla morte del debitore, perché l’erede succede nell’intero patrimonio del de cuius, salvi i casi in cui la morte del debitore provoca l’estinzione del rapporto (appalto, mandato): in questi casi, sebbene il patrimonio ereditario si confonde (nel caso di accettazione pura) con il patrimonio personale dell’erede, il codice mette a disposizione del creditore del defunto lo strumento della separazione dei beni. La seconda eccezione è costituita dalle obbligazioni propter rem, nelle quali la titolarità del debito è legata alla circolazione del bene al quale il debito inerisce.
La modificazione dal lato passivo del rapporto obbligatorio può realizzarsi in 2 modi: cessione del debito o novazione soggettiva. La cessione del debito implica che il debito si trasferisca con le garanzie reali e personali che lo assistevano; la novazione comporta l’estinzione di esse. Inoltre, nel caso di cessione il rapporto continua ad essere disciplinato dal titolo originario, per cui il nuovo debitore conserva la possibilità di opporre al creditore le eccezioni che gli avrebbe potuto opporre il precedente debitore; nel caso di novazione soggettiva, l’obbligazione ha la sua fonte nel titolo con il quale il nuovo debitore la assume e questi, dunque, non può opporre al creditore le eccezioni fondate sul titolo originario del rapporto.
Il codice non contempla la cessione del debito, ma contempla la novazione soggettiva, definendola come la vicenda per cui il nuovo debitore è sostituito a quello originario, che viene liberato, ma solo al fine di rinviare alla disciplina della delegazione, dell’espromissione e dell’accollo.

 

Ciascuno di questi istituti è un contratto che ha delle caratteristiche proprie, in quanto, con la delegazione e l’accollo si può realizzare assunzione di debito, ma non sono congegni negoziali in cui la funzione del debito altrui rappresenta la funzione tanto meno la causa, perché solo l’espromissione è il contratto che ha anche come causa l’assunzione del debito altrui. Infatti, il Cicala dirà che l’espromissione è l’unico congegno negoziale previsto ad hoc per l’assunzione del debito altrui o rapporto di valuta.

Il debito altrui è il debito sottostante, cioè la presenza di un rapporto obbligatorio debitore e creditore che è il rapporto originario su cui si innesta un intervento dell’assuntore del debito che la legge chiama terzo in quanto assume il debito altrui.


Quali sono i soggetti del rapporto originario, cioè il rapporto di valuta?
►►►  Nell’espromissione sono espromesso, e espromissario,
►►► nell’accollo l’accollato e l’accollatario
►►► nella delegazione il delegante e il delegatario.

Delegazione, espromissione e accollo sono soggetti a 2 regole comuni: 1) le garanzie reali che assistevano l’obbligazione del debitore rimangono ove il debitore resti obbligato, mentre si estinguono ove egli sia liberato dal creditore, salvo in quest’ultimo caso che il garante dichiari espressamente di mantenerle in vita; 2) nel caso in cui il debitore sia liberato dal creditore, ma l’atto con cui il terzo ha assunto l’obbligazione nei confronti del creditore sia nullo o venga annullato, si ha la reviviscenza dell’obbligazione del debitore originario, delle garanzie reali che egli aveva concesso, ma non di quelle reali o personali prestate da terzi.

Per il prof. Cicala:
 ►►► l’Accollo è: una stipulazione a favore di un terzo o meglio applicazione speciale dello schema generale della stipulazione a favore del terzo di cui all’art.1411 c.c. e seguenti .
►►► La delegazione è: una applicazione speciale dello schema generale del mandato.
►►► L’espromissione :è un contratto che ha una sua causa autonoma e che è proprio l’assunzione del debito altrui.

La partecipazione del creditore è assente nell’accollo e presente nella delegazione e nell’espromissione.


La cessione del credito


Attraverso la cessione del credito si produce la modificazione del rapporto obbligatorio ex latere creditoris. Il più delle volte la cessione del credito consegue ad un accordo tra creditore (cedente) e terzo (cessionario) per il quale non è necessario il consenso del debitore ceduto. Il fondamento di questa cessione è un contratto ad effetti reali (ai sensi dell’art. 1376 tale è anche il contratto traslativo di un diritto di credito), che potrà essere a titolo oneroso (compravendita) o a titolo gratuito (donazione). L’art. 1260 guarda alla cessione non come atto, ma come effetto: esso, dunque, troverà applicazione ogniqualvolta si realizzi il trasferimento di un credito, indipendente-mente dalle sue modalità. Insieme al credito si trasferiscono i privilegi, le garanzie personali e reali e tutti gli accessori. Salvo patto contrario, la cessione non comprende gli interessi già maturati.
Tutti i crediti sono cedibili, ad eccezione di quelli strettamente personali (credito alimentare o assegno di mantenimento dovuto in caso di separazione o divorzio) e per quelli di cui la legge vieta espressamente la cessione. L’incedibilità può essere anche convenuta dalle parti del rapporto obbligatorio (debitore e creditore), ma tale patto non è opponibile (avendo solo effetti obbligatori), salvo il caso in cui il soggetto interessato a farlo valere (il debitore) dimostri in giudizio che il cessionario ne fosse a conoscenza al momento della cessione. Tale disciplina esprime un favor per la circolazione dei crediti, giustificato anche dal fatto che per il debitore sarebbe del tutto indifferente adempiere nelle mani del creditore o del cessionario.
Sebbene non sia richiesto il consenso del debitore, la cessione deve essergli notificata al fine di rendergliela opponibile. Finché la cessione non è stata notificata, per il debitore essa è tamquam non esset, per cui egli potrà eseguire la prestazione, con effetto pienamente liberatorio, nei confronti del creditore sebbene questi ormai non sia più creditore (si tratta di un’applicazione specifica della disciplina del pagamento al creditore apparente sebbene in tal caso la buona fede debba essere provata dal debitore mentre qui è presunta). Tuttavia, il debitore non è liberato se il cessionario dimostra che il debitore fosse comunque a conoscenza della cessione. In questo caso cade la buona fede del debitore.
Alla notificazione è assimilata la dichiarazione con cui il debitore abbia accettato la cessione: tale accettazione rileva ai soli fini dell’opponibilità della cessione e non ai fini del trasferimento del credito. Ove il medesimo credito sia stato ceduto dal creditore a più soggetti, il conflitto tra loro è risolto riconoscendo la cessione che sia stata notificata per prima o che sia stata accettata con atto scritto avente data certa.
Il cessionario assume su di sé il rischio sia dell’inadempimento, sia dell’insolvenza del debitore: la cessione, infatti, di regola avviene pro soluto. Tuttavia le parti possono pattuire che la cessione avvenga pro solvendo, ossia che il cedente garantisca la solvenza del debitore ceduto: in tal caso il cedente risponde solo nei limiti del corrispettivo ricevuto, corrispettivo che, scontando l’incidenza del fattore tempo, sarà presumibilmente inferiore all’ammontare del credito (un credito pari a 100 euro con scadenza fra 1 anno, ove lo si voglia vendere oggi, avrà un valore inferiore poiché chi lo cede realizza immediatamente una liquidità di cui avrebbe avuto la disponibilità solo tra 1 anno, mentre chi lo acquista assume su di sé il costo dell’immobilizzazione del capitale fino alla scadenza del credito: il vantaggio realizzato dal cedente e il costo sostenuto dal cessionario, entrambi pari agli interessi sul capitale, si traducono nella differenza tra il valore nominale del credito e il suo valore di mercato).
[Diversa è l’ipotesi della cessione del credito in luogo dell’adempimento, che è una forma di datio in solutum e che secondo la giurisprudenza non comporta l’immediata liberazione del debitore originario (che, invece, consegue solo alla realizzazione del credito ceduto) ma comporta solo l’affiancamento al credito originario di quello ceduto. All’interno di questa situazione di compresenza il credito originario entra in fase di quiescenza e rimane inesigibile per tutto il tempo in cui persiste la possibilità della fruttuosa escussione del debitore ceduto, in quanto solo quando il medesimo risulta insolvente il creditore può rivolgersi al debitore originario.]
Tuttavia, l’importo massimo del quale il cedente risponde non è limitato al prezzo pagato dal cessionario: ad esso occorre, infatti, sommare gli interessi medio tempore maturati sul prezzo ed è previsto che il cedente rimborsi al cessionario sia le spese della cessione, sia le spese che questi abbia sostenuto per escutere il debitore e che risarcisca il danno patito dal cessionario. Tale disciplina è parzialmente inderogabile perché le parti possono attenuare, ma non aggravare la portata della garanzia assunta dal cedente. In ogni caso detta garanzia non opera ove la mancata realizzazione del credito sia dipesa dalla negligenza del cessionario nell’agire verso il debitore.
Al di fuori delle ipotesi in cui abbia assunto la garanzia della solvenza del debitore, il cedente, ove la cessione sia stata a titolo oneroso, risponde solo dell’esistenza del credito. Questa limitata garanzia, che opera anche nel caso di cessione pro soluto, può essere esclusa dalle parti; in questo caso però il cedente resta obbligato per il fatto proprio.
Allorché la cessione abbia, invece, avuto luogo a titolo gratuito, il cedente garantisce l’esistenza del credito solo nelle ipotesi cui è circoscritta l’operatività della garanzia per evizione nella donazione.
La l. 52/1991 (Disciplina della cessione dei crediti di impresa) ha introdotto una figura di cessione del credito modellata sullo schema del factoring caratterizzata dalla circostanza che sia il cedente, sia il cessionario sono imprenditori, dalla possibilità di cedere crediti futuri o in massa e dalla garanzia della solvenza come effetto naturale della cessione che può essere escluso soltanto dalla rinuncia del cessionario.
Altro caso di cessione in blocco di crediti è contemplato dalla l. 130/1999 (Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti) la quale prevede la possibilità che il titolare di un alto numero di crediti li ceda ad una società cessionaria in cambio di quote di partecipazione o titoli negoziabili sul mercato finanziario. La cartolarizzazione è uno strumento attraverso cui è possibile conseguire l’obiettivo di una più rapida mobilizzazione dei crediti e rappresenta un ulteriore incentivo alla loro circolazione.

Il pagamento con surrogazione (detto anche surrogazione per pagamento)


Esso ricorre quando la prestazione venga eseguita da un terzo e questi subentri nel diritto che il creditore (ora soddisfatto) vantava nei confronti del debitore. La surrogazione, per costante giurisprudenza, non comporta l’estinzione del debito originario, ma la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio con la sostituzione di un terzo all’originario creditore, ma la struttura del rapporto obbligatorio rimane inalterata e il debitore mantiene le sue caratteristiche essenziali.
La vicenda in questione può svilupparsi in relazione a 3 diverse fattispecie.
La prima ricorre quando il creditore, nel ricevere il pagamento del terzo, dichiari espressamente la volontà di surrogarlo nei diritti già vantati verso il debitore (surrogazione per volontà del creditore).
La seconda ricorre quando il debitore, al fine di procurarsi la provvista finanziaria necessaria ad estinguere l’obbligazione, contragga un mutuo con un terzo: in questo caso il debitore può surrogare il mutuante nei diritti del creditore anche senza il consenso di quest’ultimo (surrogazione per volontà del debitore). In questo caso, oltre alla volontà del debitore, sono necessarie altre 3 condizioni: 1) sia il mutuo, sia la quietanza rilasciata dal creditore soddisfatto devono risultare da atto avente data certa; 2) il contratto di mutuo deve contenere l’espressa indicazione della somma mutuata al pagamento del credito oggetto di surrogazione; 3) la quietanza deve contenere l’espressa indicazione della provenienza della somma dal mutuo contratto dal debitore.
L’art. 1203 richiama una serie di ipotesi in cui la surrogazione del solvens nel credito soddisfatto opera ipso iure, indipendentemente dalla volontà delle parti coinvolte (surrogazione legale). Tra questi casi il più importante è quello della surrogazione dell’assicuratore che abbia corrisposto all’assicurato l’indennità nella pretesa risarcitoria che a questi compete nei confronti del terzo responsabile del danno oggetto della copertura assicurativa.
Il terzo surrogato nel diritto del creditore, qualunque sia la fattispecie da cui la vicenda surrogatoria discende, subentra anche nelle garanzie che assistevano il credito. Proprio sulla base di tale effetto, che si produce anche quando, nel caso di surrogazione volontaria, le parti non l’abbiano previsto, la dottrina ha ritenuto che la surrogazione realizzi una vicenda successoria, iscrivendosi, al pari della cessione del credito, tra le modificazioni del lato attivo del rapporto obbligatorio. In realtà la tesi più convincente è che la surrogazione estingua il credito, facendo sorgere un credito nuovo e distinto.
La surrogazione risponde all’esigenza di incentivare l’adempimento dell’obbligazione, anche se da parte di un terzo.

 

DELEGAZIONE

La delegazione è un contratto che nasce da un’iniziativa di un soggetto il debitore originario, detto delegante (mandante) che delega (mandato) il delegato (mandato) di andare dal creditore delegatario e fargli una proposta di delegazione, cioè di contratto.

La delegazione è l’incarico conferito da un soggetto (delegante) ad un altro soggetto (delegato) di adempiere (delegatio solvendi) o di obbligarsi ad adempiere (delegatio promittendi) una determinata prestazione a favore di un terzo (delegatario).

Distinguiamo la delegatio promettendi dalla delegatio solvendi.

La delegatio solvendi si verifica quando il delegante ordina al delegato, che non è tenuto ad accettare l’incarico, pur se suo debitore, di pagare direttamente al creditore delegatario.  Nella delegatio solvendi, il delegato non deve fare altro che fare una solutio da pagare su incarico del delegante, cioè il delegato paga una somma di denaro al delegatario.

La delegatio promittenti si verifica quando il delegato si limiti ad assumere nei confronti del delegatario l’obbligo del delegante. Essa è disciplinata dall’art. 1268 cod. civ. in base al quale se il debitore assegna al creditore un nuovo debitore, il quale si obbliga verso il creditore, il debitore originario non è liberato dalla sua obbligazione, salvo che il creditore dichiari espressamente di liberarlo. Nel primo caso abbiamo la delegazione cumulativa, nel secondo caso abbiamo la delegazione liberatoria. Il creditore che ha accettato l’obbligazione non può, comunque, rivolgersi al delegante se prima non ha richiesto al delegato l’adempimento (beneficium ordinis). La delegazione a promettere è costruita come un contratto trilaterale o come una fattispecie costituita da tre negozi distinti sebbene collegati, i primi due tra delegante, da un lato, e rispettivamente, delegato e delegatario dall’altro, qualificati come negozi unilaterali recettizidi autorizzazione e il terzo, tra delegato e delegatario, che, perfezionandosi è un negozio rifiutabile. 
La delegatio promittendi è proprio la delegazione di debito, cioè la delegazione in virtù dell’assunzione del debito, quindi il delegante incarica il delegato di stipulare un contratto con il delegatario, in virtù del quale contratto, che vede come parti il delegato e il delegatario, il delegato si assume un debito, che il delegante aveva verso il delegatario nel rapporto di valuta, il delegante incarica il delegato di assumerselo. Quindi, la delegazione è un mandato senza rappresentanza, quindi il delegato non agisce in nome del delegante, ma in nome proprio e solo per conto del delegante. Nella delegatio promittendi succede che il delegato su incarico del delegante fa una proposta al delegatario di contratto di delegazione. Quindi, il contratto di delegazione è un contratto intervente tra due parti il delegante e il delegatario, in quanto il delegatario non è parte del rapporto, ma il mandante, cioè colui che si prende l’iniziativa è il soggetto che incarica, ma il contratto di delegazione lo fa il delegato e il creditore mandatario, quindi bilateralità del contratto di delegazione. Anche il contratto di espromissione è bilaterale, in quanto l’espromittente fa la proposta di contratto di espromissione di assunzione del debito all’espromissario, se l’espromissario accetta si conclude il contratto di espromissione.

Il codice fa riferimento all’ipotesi in cui il delegante sia debitore del delegatario, in base al c.d. rapporto di valuta, e assegna al creditore un nuovo debitore: si parla in questo caso di delegazione passiva. La delegazione attiva si ha, invece, quando il delegante è creditore del delegato, in base al c.d. rapporto di provvista. Nella prassi spesso la delegazione risulta essere sia attiva che passiva, in quanto il delegante è sia debitore del delegatario, sia creditore del delegato: in tal caso con un unico atto solutorio vengono adempiute 2 obbligazioni e si estinguono sia il rapporto di valuta, che il rapporto di provvista.
Lo schema della delegazione è neutro, perché si presta ad essere utilizzato anche in contesti diversi in cui il delegante non è debitore del delegatario, ma intende attribuire al delegatario una somma di denaro a titolo di mutuo o di donazione. L’elemento costante di questo schema neutro è la simultanea estinzione di 2 rapporti obbligatori.
Quanto alla struttura della delegazione la giurisprudenza sostiene che essa integrerebbe gli estremi di un accordo necessariamente trilaterale, mentre la dottrina sostiene che si tratti di più vicende negoziali tra loro collegate.
In ogni caso l’ordine del delegante deve essere accettato dal delegato, perché è essenziale che esso sia obbligato nei confronti del a eseguire la prestazione a beneficio del delegatario.
Nella delegatio promittendi è essenziale che il delegato si obblighi nei confronti del delegatario attraverso una distinta manifestazione di volontà: fino a quando ciò non avviene il delegante può revocare l’incarico al delegato. E’ controverso se ai fini dell’assunzione di questo obbligo sia sufficiente una promessa unilaterale (in questo caso la promessa unilaterale avrebbe effetti obbligatori) o sia anche necessario il concorso della volontà del delegatario.
Quanto agli effetti, la delgatio promittendi non libera il delegante nei confronti del delegatario (c.d. delegazione cumulativa) e tra delegante e delegato si instaura un vincolo di solidarietà: in tal caso il creditore prima si rivolge al delegato (che è debitore principale) e in via sussidiaria al delegante (beneficum ordinis).
La delegazione sarà, invece, liberatoria quando il delegatario dichiari espressamente di liberare il delegante. Tale effetto liberatorio incontra 2 eccezioni: 1) quando il delegatario si riserva la possibilità di agire nei confronti del delegante nel caso di insolvenza del delegato; in tal caso il delegante non si può dire liberato, ma gode del beneficium escussionis, nel senso che il delegatario potrà agire nei suoi confronti dopo aver escusso infruttuosamente il delegato; 2) quando il delegato era insolvente al momento dell’assunzione del debito nei confronti del delegatario.
La delegatio promittendi può essere astratta quando il delegato, nell’obbligarsi verso il delegatario, non faccia alcun riferimento né al rapporto di valuta, né al rapporto di provvista, o può essere titolata quando sussiste tale richiamo. Tale distinzione assume rilievo ai fini delle eccezioni opponibili. Nel 1° caso il delegato non può opporre al delegatario le eccezioni fondate sul rapporto di valuta (tra delegante e delegato) o sul rapporto di provvista (tra delegante e delegatario); in tal caso le patologie di questi rapporti dovranno essere fatte valere in un momento successivo con gli appositi rimedi restitutori. L’inopponibilità, che risponde ad esigenze di tutela dell’affidamento del delegatario e di certezza del diritto, incontra un limite nella nullità di entrambi i rapporti di base (c.d. nullità della doppia causa). Quando la delegazione è titolata il delegato può opporre al delegatario tali eccezioni.

Ciò che differenzia la delegazione dall'espromissione è il riferimento alla delega. Nella delegazione ed il mancato c’è il richiamo alla delega, invece, nell’espromissione questo richiamo non c’è; poi mentre l’espromissione deve essere sempre titolata alla valuta, la delegazione no perché siamo arrivati col Cicala ad attribuire alla delegazione una causa generica, nel senso di causa che può finalizzare la delegazione al perseguimento di diversi scopi. Allora è possibile creare una delegazione che non sia titolata né al rapporto di provvista né a quello di valuta.

Il delegante può impartire un incarico al delegato di eseguire una somma di denaro al delegatario in quanto il delegante vuole fare una donazione al delegatario. Magari però fra delegante e delegato, e fra delegante e delegatario c'è un rapporto di debito-credito, quindi ci sono i rapporti di valuta e di provvista, ma il delegante decide di dare incarico al delegato di dare una somma di denaro non per estinguere il proprio debito che ha verso il delegatario (che poi estinguerà in altro modo) ma per fare una donazione. In questo caso siamo in presenza di una delegazione che non è titolata al rapporto di valuta e neanche a quello di provvista perché in questo caso il delegante, volendo fare una liberalità al delegatario, non ha l'intento di realizzare un proprio diritto di credito che ha verso il delegato. La delegazione ha una sua causa quale quella del mandato che può prescindere dai rapporti sottostanti.

Ora secondo il Cicala, nella delegazione ci sarà un espresso richiamo al rapporto di valuta a differenza della dottrina dominante (tra cui Donati) dove pur in assenza dell’espresso richiamo, cmq la delegazione è sempre destinata ad estinguerlo e ciò perché secondo questa dottrina, la delegazione è sempre finalizzata all’estinzione del rapporto di debito sottostante (perché la delegazione è sempre titolata alla valuta come l’espromissione). Quando, invece, il Cicala chiarisce che la causa della delegazione non è l’assunzione del rapporto di valuta, ma è il mandato e che per mandato ci si può assumere un debito, pagarlo, garantirlo, stipulare una promessa di mutuo, realizzare l'intento liberale del delegante, possiamo dire che la delegazione non è vero che richiama sempre il rapporto di valuta sottostante. Quindi, la delegazione può essere astratta sia dal rapporto di valuta, che dal rapporto di provvista, ma non dal mandato che è sua causa, perché in quest’ultimo caso sarebbe nulla.

Cicala, nel saggio sull’espromissione, dirà che l'assunzione di debito può essere strutturata causalmente:

  • sulla provvista e avremo accollo

  • oppure sul rapporto di valuta e avremo espromissione

  • oppure l'assunzione viene effettuata tramite un mandato e avremo assunzione tramite delegazione.

    Sovvertendo così un orientamento dottrinale che vedeva un punto in comune relativamente agli istituti dell'assunzione del debito proprio sotto il profilo causale. Si affermava che l'assunzione del debito altrui, vuoi che venisse fatta con la delegazione, vuoi che venisse fatta con l’espromissione o l’accollo, avesse come causa proprio l'assunzione di debito. Invece Cicala ha fatto capire che i tre istituti di assunzione del debito sono diversi sotto tanti punti di vista e soprattutto quello causale. L'unico punto in comune che Cicala ravvisa nei tre istituti è l'essenza dell’ assumersi il debito altrui. Cosa significa assumersi il debito altrui?

    Vuoi che lo si assuma con la delegazione, vuoi che lo si assuma con l’espromissione o con l’accollo c'è un punto in comune, e, cioè quando c'è un terzo che si assume il debito, vuoi che sia accollante, vuoi che sia delegato o espromittente, sta facendo una cosa che ha sempre lo stesso significato, cioè far proprio il peso economico-giuridico del debito almeno nei rapporti esterni (ossia almeno verso il creditore). Invece un'altra parte della dottrina, dice che assumersi il debito altrui significa far proprio il peso del debito già nei rapporti interni ossia tanto nei rapporti interni che in quelli esterni.

 

 

espromissione

Nell’espromissione, l’art. 1272 cod. civ. parla di un intervento spontaneo senza delega, nel senso che l’espromittente non ha la delega, quindi spontaneamente si assume il debito verso l’espromissario. Cicala afferma che anche nell’espromissione vi è il mandato, ma mentre nella delegazione, quando il delegato fa la proposta al delegatario c’è il riferimento giuridico alla delega, nell’espromissione, invece, pur essendo l’espromittente mandatario, nella proposta non c’è un riferimento al mandato. La delegazione e l’espromissione sono contratti bilaterali, e il creditore, delegatario ed espromissario, sono sempre parte del contratto.

L’espromissione è il negozio giuridico con cui un soggetto (espromittente) si obbliga nei confronti del creditore (espromissario) a eseguire la prestazione cui un terzo (espromesso) è obbligato nei confronti del creditore medesimo.
La giurisprudenza ha chiarito che l’espromissione presuppone la preesistenza di un’obbligazione altrui, mentre la fideiussione è una garanzia personale per debiti futuri.
La caratteristica dell’espromissione è che l’espromittente assume su di sé l’obbligazione su iniziativa personale e spontanea, senza delegazione del debitore.
E’ possibile che l’espromittente sia debitore dell’espromesso (o comunque che tra loro intercorra un rapporto di provvista): in tal caso l’espromissione differisce dalla delegatio promittendi perché l’espromittente è estraneo al debitore e al suo rapporto con il creditore, mentre il delegato è incaricato dal delegante. L’espromissione differisce dall’adempimento del terzo perché consiste nell’assunzione di un obbligo nei confronti del creditore, mentre il terzo non si obbliga.
L’espromissione è, di regola, cumulativa, perché tra espromittente e debitore originario si instaura un vincolo di solidarietà passiva. Qui però, a differenza della delegazione, sarà l’espromittente ad essere debitore principale, mentre l’obbligazione dell’espromesso ha carattere sussidiario: in tal caso il creditore si deve rivolgere prima all’espromittente.
L’espromissione può essere liberatoria, allorché il creditore dichiara espressamente di liberare l’espromesso.
La differenza tra espromissione cumulativa e espromissione liberatoria rileva anche sotto il profilo della struttura, in quanto la prima può assumere la veste di negozio unilaterale, la seconda ha necessariamente natura contrattuale, secondo lo schema del contratto a favore di terzo, ove qui il terzo è il debitore espromesso.
Le eccezioni fondate sul rapporto tra terzo e debitore non potranno essere opposte dal 1° al creditore, salvo il caso l’opponibilità sia stata espressamente convenuta da espromittente e creditore.
L’espromittente può sempre opporre al creditore le eccezioni fondate sul rapporto tra espromesso e creditore (che avrebbe potuto opporre l’espromesso), salvo il caso che si tratti di eccezioni sopravvenute all’espromissione o personali (dell’espromesso). Si tratta di una disciplina diversa da quella della delegazione giustificata dal fatto che l’espromittente opera di sua iniziativa.

CI si chiede se l’espromissione e la delegazione siano entrambe precedute da una fase preliminare oppure no. In sostanza, nella delegazione, il delegante impartisce un ordine al delegato o di assumersi un debito del delegante verso il debitore delegatario (delegatio promittenti), oppure pagare una somma di denaro (delegatio solvendi, cioè la delegazione di pagamento ).

Delegatio promittendi, il delegato formula una proposta di contratto di delegazione al delegatario, se l’accetta si stipula il cosiddetto contratto di delegazione. Nell’espromissione art.1272 c.c. il debito che l’espromesso ha verso l’espromissario (rapporto di valuta) viene assunto dall’espromittente verso l’espromissario, senza delega. Da qui parte il dibattito dottrinario: cosa vuol dire senza delega?

La differenza tra delegazione ed espromissione è che nella delegazione vi è la fase preliminare della delega, nell’espromissione questa fase non c’è.

 

accollo

L’accollo è una figura molto particolare di accordo, secondo Cicala, in quanto è una clausola con la quale il debitore originario, che è l’accollato, trasferisce il proprio debito al nuovo debitore che si chiama accollante. A differenza della delegazione e dell’espromissione, nell’accollo le parti dell’accordo sono i due debitori, ma non il creditore. Il creditore accollatario è estraneo alla pattuizione. Quindi, l’accollato fa la proposta di accollo all’accollante, se l’accollante accetta si stipula l’accollo. Ma non funziona proprio così, perché l’accollo non è un contratto a sé stante, ma una clausola. Il Cicala definisce l’accollo come una stipulazione a favore del terzo, che è una clausola del contratto, es. Tizio e Caio sono le parti del contratto, nel contratto inseriscono una clausola, in virtù di quella clausola Tizio è il promittente e Caio lo stipulante, quindi quella clausola che è un effetto del contratto, andrà a favore di un terzo, che non è parte del contratto, art. 1411 cod. civ. (contratto a favore del terzo).

L’accollo sarà clausola, cioè stipulazione a favore di terzo, di un contratto più ampio.
Nella delegazione ed espromissione, il delegatario e l’espromissario sono parti del contratto, invece, l’accollatario non è parte del contratto, in quanto nel contratto a favore del terzo lo stipulante e il promittente mettono questa clausola un effetto favorevole in capo al terzo, il terzo in merito a questo effetto o dichiara di voler profittare o dichiara di non voler profittare di un effetto favorevole e questo farà anche l’accollatario.
Come nella cessione di credito la causa non è autonoma, perché la causa è nella vendita, nella permuta o nella donazione, anche l’accollo si fa tramite una vendita, o una transazione. Quindi, la causa dell’accollo è la causa del contratto sottostante, cioè la causa del contratto di cui l’accollo è clausola, l’accollo è la clausola della vendita, la causa della vendita è la clausola dell’accollo. L’accollo è una causa della transazione, la causa dell’accollo è la causa della transazione.
La causa dell’espromissione è l’assunzione del debito altrui. La causa della delegazione è il mandato, cioè l’agire per conto.

L’accollo è il contratto tra il debitore e un terzo con cui il terzo (accollante) assume su di sé l’obbligo che il debitore (accollato) ha nei confronti del creditore (accollatario). Ad. es. compratore di immobile che si accolla (con pattuizione apposta al contratto di compravendita) l’obbligo di corrispondere alla banca le rate residue del muto acceso a suo tempo dal venditore, mutuo garantito da ipoteca iscritta sul bene.
Accollo e espromissione comportano entrambi l’assunzione del debito altrui, ma il 1° è un contratto tra debitore e terzo, mentre la 2°, quando non è un negozio unilaterale, consiste in un accordo tra espromittente e creditore.
Quanto a delegazione e accollo, nella 1° il delegato non è obbligato nei confronti del delegatario se non assume questo impegno con una manifestazione di volontà; nel 2° l’accollante è immediatamente obbligato nei confronti dell’accollatario, in quanto si tratta di istituto riconducibile al contratto a favore di terzo (terzo che in tal caso è il creditore).
Accollante e accollato possono revocare l’accollo, facendo venir meno l’obbligazione dello accollante. Tale potere viene meno ove il creditore renda la stipulazione irrevocabile con una dichiarazione di adesione alla convenzione (dichiarazione identica a quella del terzo che dichiara di volere approfittare del contratto a suo favore).
L’accollo è di regola cumulativo: al debitore originario, che non è liberato, si affianca, come obbligato in solido, l’accollante, che si deve considerare debitore principale, mentre il 1° è debitore sussidiario (beneficium ordinis). Tuttavia, fin quando il creditore non aderisce all’accollo tale sussidiarietà rileverà solo nei rapporti interni.
L’accollo è liberatorio in 2 ipotesi: se il creditore aderendo all’accollo dichiara di liberare il debitore e se la liberazione è condizione espressa dell’accollo. In questo caso il creditore sopporta il rischio dell’insolvenza dell’accollante, ma sono previste 2 eccezioni: 1) quando il creditore si è riservato di agire comunque nei confronti dell’accollato in caso di insolvenza dell’accollante (qui l’accollato non è liberato, ma gode solo del beneficum escussionis); 2) quando l’accollante era insolvente già al tempo della stipulazione dell’accollo.
Naturalmente l’accollante risponde nei limiti in cui ha assunto il debito, mentre della parte residua continua a rispondere l’accollato.
Sul piano causale anche l’accollo si caratterizza in ragione del rapporto di valuta (tra accollante creditore) e del rapporto di provvista (tra accollante e accollato). Nel caso illustrato il rapporto di valuta è il mutuo, mentre il rapporto di provvista è la compravendita. Il codice prevede che l’accollante può opporre al creditore le eccezioni fondate sul contratto in base al quale l’assunzione è avvenuta (ossia fondate sul rapporto di provvista). Nulla il codice dice sul rapporto di valuta, tuttavia si ritiene che siano opponibili anche le eccezioni fondate su di esso.
La figura qui analizzata è il c.d. accollo esterno, che differisce dal c.d. accollo interno: quest’ultimo produce effetti solo tra le parti, in quanto l’accollante assume un’obbligazione solo nei confronti del debitore, che consiste nel tenerlo indenne dal costo della prestazione che egli deve al creditore, fornendogli la provvista necessaria. In tal caso il creditore non acquista alcun diritto nei confronti dell’accollante e l’unico soggetto obbligato nei confronti è il debitore originario. Se poi l’accollante provvede direttamente a prestare al creditore quando dovuto dal debitore si configura un adempimento del terzo.
Esiste anche l’accollo legale, quando l’assunzione del debito altrui è l’effetto di una fattispecie normativa (ad es. cessione d’azienda, ove l’acquirente risponde in solido con l’alienante dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda contratti prima del trasferimento e risultanti dai libri sociali).

 

 

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