Atto nullo per mancanza di elementi essenziali
Il primo comma dell’art. 21 septies, introduce per la prima volta nell’ordinamento amministrativo italiano, la nullità strutturale del provvedimento amministrativo.
La nullità dell’atto amministrativo nel caso in cui questo sia carente di un elemento essenziale riflette quanto previsto dall’art. 1418 c.c. per il contratto, in combinato con l’art. 1325 c.c., ravvisabile nel caso in cui l’atto amministrativo sia privo di uno degli elementi necessari perché lo stesso possa essere giuridicamente qualificato come tale - Cons. Stato, Sez. V; 16 febbraio 2012 n. 792 - tuttavia si è evidenziata l’impossibilità di trasporre le nozioni civilistiche al diritto amministrativo.
Si tratta di una nullità strutturale, la cui codificazione smentisce quelle tesi pubblicistiche, secondo cui nel diritto amministrativo vi sarebbe poco spazio per il concetto di nullità strutturale (mancanza, impossibilità o illiceità di uno degli elementi o requisiti essenziali del provvedimento amministrativo), in quanto o la deficienza strutturale del provvedimento è tale da impedire di qualificarlo come esistente e si ricade quindi nella categoria dell'inesistenza dell'atto amministrativo oppure il vizio strutturale non incide sull'esistenza del provvedimento amministrativo, ma soltanto sulla legittimità dello stesso, comportandone la semplice annullabilità.La disposizione normativa, tralascia di indicare quali siano gli elementi essenziali la cui mancanza, all’interno della struttura provvedimentale, determini la nullità.
Infatti, al di là di tali ipotesi estreme e poco plausibili, occorre ricordare:
Al fine di individuare gli elementi essenziali del provvedimento si ritiene far riferimento agli elementi essenziali previsti dalla norma attributiva del potere, che in passato venivano identificati, secondo i fautori della tesi negoziale del provvedimento in quelli che sono gli elementi essenziali del contratto: soggetto, oggetto, forma, volontà, destinatario ́(Virga)Ne sono ipotesi:
- per un verso, che la volontà, quale elemento del provvedimento amministrativo, è “volontà procedimentale”, pertanto l’assenza radicale di volontà potrebbe emergere solo nelle ipotesi di violenza fisica ai danni del funzionario agente;
- per altro verso, che l’oggetto del provvedimento amministrativo attiene all’interesse pubblico, alla cura (tutela, perseguimento) del quale è volto l’esercizio in concreto del potere amministrativo, per il tramite – almeno nel caso di provvedimento discrezionale - di un processo di storicizzazione dell’interesse pubblico primario e di sua conseguente comparazione con gli interessi secondari coinvolti nel procedimento. Anche in questo caso, appare evidente come forme di patologia del provvedimento non possono che proporsi se non per il tramite di uno dei tradizionali vizi di legittimità del provvedimento amministrativo, e segnatamente per il tramite del vizio di eccesso di potere.
I Inesistenza del soggetto.
Si verifica quanto la persona fisica, che emana l’atto non ha la qualità d’organo della pubblica amministrazion (Cons St. V, 5 dicembre 1956, n. 1266).L’atto compiuto dal privato, persona fisica o giuridica non è un atto amministrativo.
Alla luce di recente giurisprudenza (Cons. St., Sez. IV, 2 aprile 2012, n. 1957 ) comporta la nullità del provvedimento:
Un’ipotesi particolare di nullità è data dall’atto compiuto dall’usurpatore di funzione pubblica (art. 347 c.p.), che si caratterizza per l’assenza di nomina e quindi per mancanza del consenso anche tacito dell’amministrazione.
Non è invece nullo l’atto emanato dal funzionario di fatto, tenuto conto che non appare ravvisabile un difetto assoluto di attribuzione in caso di investitura formale poi caducata retroattivamente poiché affetta da vizi di legittimità, essendo proprio questa la situazione classica in cui – per assicurare la certezza e la continuità dell’azione amministrativa – si riconosce la validità dei provvedimenti, emessi prima dell’annullamento del presupposto atto di nomina (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., Ad. Plen., n. 4 del 29 febbraio 1992) (Cons St. VI , 27 aprile 2015, n. 2116 )Alla nullità per inesistenza del soggetto si riconducono talune ipotesi di incompetenza assoluta, cioè di atti emanati da un organo amministrativo in materia riservata ad altro potere dello Stato o in materia assolutamente estranea alle attribuzioni dell’organo che provvede (è noto l’esempio scolastico della decisione del prefetto in una controversia di diritto civile).
- la totale irriferibilità del provvedimento ad un organo emanante, in modo tale da rendere impossibile l’imputazione degli effetti del medesimo. In tal senso, nel provvedimento da adottarsi da organo monocratico, il difetto di sottoscrizione costituisce difetto comportante nullità (Cons. Stato, sez. II, 24 ottobre 2007 n. 1679);
- il difetto di identificazione (e di identificabilità) del destinatario nella cui sfera giuridica occorrerebbe che si producessero gli effetti del provvedimento amministrativo, posto che ciò incide sulla tipicità dell’atto e rende non percettibile l’imperatività del medesimo.
II Inesistenza dell’oggetto.
L’oggetto dell’atto amministrativo deve essere esistente e individuato o almeno individuabile.Pertanto l’atto amministrativo è affetto da nullità non solo quando l’oggetto è materialmente inesistente (es. espropriazione di un fondo definitivamente sommerso dalle acque), ma anche quando esso non puo’ giuridicamente essere sottoposto ad attività amministrativa (es. espropriazione di un immobile situato fuori dai confini dello Stato) ovvero qualora gli elementi dell’atto non consentono una precisa individuazione del bene (come nel caso di provvedimenti sanzionatori, ad esempio in materia di edilizia) .Cfr TAR Reggio Calabria, Sez. I, 28 ottobre 2014, n. 608.”ricorda il Collegio che l’art. 21-septiesdella L. 241/90 sancisce in via generale la nullità del provvedimento che manchi degli elementi essenziali. Sulla individuazione di tali requisiti strutturali dell’atto, è noto al Collegio il relativo dibattito dottrinale.
Tuttavia, sia che si acceda alla più risalente tesi c.d. “negoziale”, sia che si segua, al contrario, la più moderna tesi autonomistica, emersa nella riflessione amministrativa, pare pacifico che tra gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo è comunque annoverabile l’oggetto dell’atto. Con l’ulteriore specificazione che per “oggetto” del provvedimento deve intendersi sia il contenuto proprio dell’atto, sia la res ossia la porzione di realtà giuridica o materiale su cui l’atto è destinato ad incidere ( v. Cons. St. sez. V n. 4522/2008; TAR Molise – Campobasso n.506/2013). Così inteso, tale elemento deve essere in ogni caso, lecito, possibile, determinato o determinabile, anche in applicazione analogica dell’art. 1346 c.c, norma che, pur dettata in ambito civilistico contrattuale, è sicuramente espressione di un principio generale, il quale postula che sia comunque individuabile con sufficiente certezza l’oggetto del contenuto precettivo dell’atto e, per così dire, il terminale fenomenico su cui esso va ad incidere. Alla luce di tali coordinate giuridiche, il provvedimento impugnato, poiché del tutto inidoneo a specificare l’oggetto del dedotto abuso e della relativa sanzione, per le ragioni sopra esposte, appare viziato da nullità per difetto di elemento essenziale ai sensi dell’art. 21-septies cit. con conseguente pronuncia di accertamento da parte del Giudice di tale massima irregolarità giuridica e con assorbimento di ogni altro motivo”.
Viceversa dà luogo a semplice illegittimità per travisamento dei fatti, l’accertata “diversità qualitativa” dell’oggetto rispetto a cio’ che risulta nell’atto, come nel caso in cui l’immobile sanzionato abbia caratteristiche diverse da quelle accertate dall’amministrazione (Cfr Garofoli- Ferrari pp cit. pag. 1147).
III Inesistenza della causa.
L’ipotesi è per lo più teorica, infatti la divergenza tra la causa tipica e gli scopi perseguiti dall’atto in concreto determina l’annullabilità, a meno che questo non persegua un illecito (cioè vietato dalla legge penale) nel qual caso è nullo.
IV Inesistenza del contenuto.
Si identifica con l’impossibilità o l’illiceità del contenuto, come nell’ipotesi in cui l’atto prescriva azioni impossibili o azioni vietate dalla legge.
V Inesistenza della forma.
Si verifica non solo quando l’atto manca della dichiarazione, cioè quando questa è tutt’ora ritenuta in pectore dalla persona fisica dell’organo, ma anche quando difetta della forma scritta ad substantiam.
Per regola l’atto è valido ogni volta che possiede una forma, ancorchè non esattamente conforme a legge, sufficiente a consentire la riconduzione all’amministrazione emanante. In quest’ottica non determina invalidità la mancanza della sottoscrizione autografa dell’organo che lo ha adottato, purchè la sua mancanza non impedisca di riferire con certezza l’atto all’organo di provenienza.
Cfr Cons. St., IV, 13 luglio 2011, n. 4269 per la quale se è vero che la sottoscrizione dell’atto amministrativo è un elemento necessario ed essenziale , tuttavia non è causa di invalidità o nullità l’illeggibilità della firma apposta in calce all’atto, quando sia comunque possibile, come nel caso di specie, individuare lo status del soggetto sottoscrittore , con la riferibilità alla P.A. emanante ( cfr Cons Stato Sez. II 42/10/2007; idem Sez. IV sentenza 5/10/2010 ).
In altri termini l’eventuale illeggibilità della firma apposta in calce all’atto costituisce una mera irregolarità del provvedimento che non comporta l’invalidità dello stesso in quanto comunque consente di dimostrare la provenienza dell’atto dal soggetto titolare del potere, senza quindi che da ciò possa derivare l’inesistenza della determinazione amministrativa.