Atto nullo per difetto assoluto di attribuzione

L ́art. 21-septies L. n. 241 del 1990, nell ́individuare come causa di nullità il "difetto assoluto di attribuzione", evoca la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l ́ipotesi in cui l ́Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce. È raro, si pensi ad atti di imposizione di un tributo non previsto da alcuna legge.
Nell’alveo del difetto di attribuzione, così come codificato dal citato articolo, vi rientra anche l’incompetenza assoluta.

Dalla carenza di potere in astratto deve esser tenuto distinta l’ipotesi

della “carenza di potere in concreto”, che si verifica allorquando risulti assente il presupposto necessario per l'esercizio del potere, perché l'amministrazione è (astrattamente) titolare del potere, ma questo viene esercitato in assenza dei suoi concreti presupposti. In linea di principio qualora è l ́esercizio del potere ad essere viziato, ma non si pone in questione la sua esistenza, il provvedimento sarà annullabile, non già nullo, quindi in grado di "degradare" la posizione del privato, dal che consegue la sussistenza della giurisdizione amministrativa (Cons. Stato Sez. VI, 27-01-2012, n. 372) .


Cfr Cons. Stato Sez IV, 26 agosto 2014, n. 4281 che ritiene che la nullità del provvedimento abbia carattere eccezionale e che il “difetto assoluto di attribuzione”, quale causa di nullità del provvedimento amministrativo, evochi la cosiddetta carenza di potere in astratto, vale a dire l'ipotesi in cui l'Amministrazione assume di esercitare un potere che in realtà nessuna norma le attribuisce. Fattispecie, questa, assolutamente residuale, tanto da aver condotto all'affermazione che, ricostruito in questi termini, il difetto assoluto di attribuzione rappresenti, in definitiva, un caso di scuola. E’ invece solo annullabile in caso di carenza di potere in concreto, cioè quando non si viola la norma attributiva del potere, che esiste, ma le disposizioni che ne limitano l’esercizio o lo condizionano.

Sul punto, pero’, non mancano contrasti giurisprudenziali, come ad esempio in tema di procedure espropriative illegittime.

La Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, con ordinanza 27 maggio 2015, n, 10879, ha affermato, in merito alle vertenze relative alle occupazioni divenute illegittime (ipotesi di occupazione acquisitiva), la competenza esclusiva del giudice amministrativo. In particolare l’alta corte afferma che "rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto da luogo ad una controversia riconducibile in parte direttamente ed in parte mediatamente ad un provvedimento amministrativo, la domanda di risarcimento per idanni che si pretendono conseguiti ad una occupazione iniziata, dopo la dichiarazione di pubblica utilita', in virtu' di un decreto di occupazione d'urgenza e proseguita anche dopo la sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilita'".

Il T.A.R. Puglia, Lecce, sez. III, 3 febbraio 2016, n. 234 ha affermato che esulano dalla materia dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilità le ipotesi di c.d. “occupazione usurpativa, in cui manca del tutto la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera per l’esecuzione della quale ha avuto luogo l’occupazione di un fondo e l’Amministrazione espropriante ha agito nell’assoluto difetto di una potestà ablativa, devolute come tali alla giurisdizione ordinaria, poiché tali fattispecie non sono in alcun modo riconducibili all’esercizio di un potere amministrativo (Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 23 Marzo 2015 n° 5744).

Diversamente il consiglio di Stato (sez IV 26 agosto 2014, n. 4281), con riguardo alla controversia relativa ad un decreto di esproprio adottato dopo l’annullamento giurisdizionale dell’atto comportante dichiarazione di pubblica utilità, è dell’avviso che non venga in discussione l’astratta titolarità del potere (certo di spettanza dell’ente comunale), ma le concrete modalità del suo esercizio. In altri termini: poiché l'Amministrazione è resa dalla legge effettiva titolare del potere, ma questo è stato esercitato in assenza dei suoi necessari presupposti, non si è in presenza di un difetto assoluto di attribuzione. In tal caso, è l'esercizio del potere a essere viziato, ma non si pone in questione la sua esistenza, cosicché il provvedimento deve considerarsi annullabile, non già nullo, capace di “degradare” la situazione soggettiva del privato e soggetto alla giurisdizione del G.A. (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 372 del 2012, cit.). Da tali premesse, segue che il decreto in oggetto, sebbene viziato per mancanza del presupposto, una volta divenuto inoppugnabile ha tuttavia prodotto irrevocabilmente i propri effetti e dunque il trasferimento della proprietà del bene conteso (Cons. Stato, sez. IV, n. 6560 del 2007, cit., pur ritenendo affetto da nullità sopravvenuta il decreto di esproprio emesso dopo la scadenza di una valida dichiarazione di pubblica utilità, fa salvo “il limite dell’interesse tutelato e dei relativi meccanismi di consolidazione”. La sentenza è testualmente richiamata anche da Cons. Stato, sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1603, che pure - pag. 8 e segg. della memoria del 7 giugno 2014 - l’appellante cita a sostegno delle proprie tesi). »

Sul tema va segnalato che l’art. 133 c.1 lett. g) del c.p.a. assegna alla giurisdizione esclusiva del G.A. “Le controversie aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti, riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa“.

 


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