SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2066 del 2013, proposto da: Nicola Verri, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Pepe, con domicilio eletto presso AlbertoPepe in Lecce, via Augusto Imperatore 16;
contro
Ministero dello Sviluppo Economico, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Lecce, via F.Rubichi 23;
per l'annullamento del D.M. 12/02/2013 n. 263 con cui il Direttore Generale, presso il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione territoriale - Direzione Generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, ha revocato il decreto del 9/4/2001 n. 91204 (progetto n. 34705/11 - 8° Bando) che ha concesso in via provvisoria al sig. Verri Nicola un contributo ex L. n. 488/92, disponendo il recupero delle somme erogate (€ 779.270,15);nonché di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ivi compreso il decreto del 18/02/2013 n. 305 con cui il D.M. n. 263 del 12/2/2013 è stato modificato e integrato con la sostituzione dell'importo da recuperare (da € 779.270,15 ad € 781.677,66).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dello Sviluppo Economico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2014 la dott.ssa Claudia Lattanzi e uditi per le parti i difensori Alberto Pepe, Simona Libertini.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.FATTO
Nicola Verri impugna il D.M. 12/02/2013 n. 263 con cui il Direttore Generale, presso il Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento per lo sviluppo e la coesione territoriale - Direzione Generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali, ha revocato il decreto del 9/4/2001 n. 91204 (progetto n. 34705/11 - 8° Bando) che ha concesso in via provvisoria al sig. Verri Nicola un contributo ex L. n. 488/92, disponendo il recupero delle somme erogate (€ 779.270,15);
impugna altresì ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, ivi compreso il decreto del 18/02/2013 n. 305 con cui il D.M. n. 263 del 12/2/2013 è stato modificato e integrato con la sostituzione dell'importo da recuperare (da € 779.270,15 ad € 781.677,66).
Deduce i seguenti motivi:
I – violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e contraddittorietà;
II – eccesso di potere per assoluta carenza di istruttoria sotto ulteriore profilo ed erroneità dei presupposti – violazione dell’art. 29, primo comma, del d.l. n. 83 del 2012 – violazione del principio dell’affidamento.
Conclude per l’annullamento, previa sospensione, degli atti impugnati.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata contestando la fondatezza dell’impugnativa.Con ordinanza n.9 del 2014, a seguito dell’udienza camerale,è stata fissata l’udienza pubblica del 19 marzo 2014.; dopo la trattazione orale l’affare è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
A – In udienza è stata sottoposta ai difensori la questione relativa all’appartenenza della vicendaalla giurisdizione amministrativa e se ne è dato atto a verbale.
B - I - L’orientamento del giudice della nomofilachia in tema di atti che incidono su vantaggi attribuiti al privato da atti precedenti è stato sempre ispirato alla distinzione fra il momento genetico del rapporto e l’evoluzione dello stesso.
Si è perciò ritenuto che le controversie relative ad interventi che incidono sul momento genetico spettino alla cognizione del giudice amministrativo, atteso che a fronte di un intervento del genere ( determinato dalla mancanza delle condizioni previste dalla legge o da quant’altro sia a ciò assimilabile ) sussiste un interesse legittimo.
L’intervento che influisce sulla evoluzione del rapportoincide, invece, sulla pretesa ad ottenere la prestazione oggetto dell’atto attributivo, pretesa qualificabile come interesse legittimo se l’incisione è operata dall’amministrazione a seguito di una valutazione discrezionale, come diritto soggettivo se l’amministrazione adotta un atto vincolato, sicchè la cognizione delle relative controversie spetta alla cognizione del giudice ordinario.
La diversa qualificazione della posizione del privato, a seconda che l’attività dell’amministrazione sia discrezionale o vincolata, è chiara, fra le tante, nelle sentenze rese dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite n. 12641 del 2008, n. 24409 del 2011, n.1776 del 2013.
Questo iter logico è percorso dal giudice della nomofilachia sia che all’atto attributivo non sia seguito un rapporto contrattuale ( situazione alla quale si riferiscono le sentenze indicate ), ed in tal caso il binomio diritto – obbligo si articola nella pretesa dell’amministrazione al rispetto degli impegni assunti con la partecipazione al procedimento e nell’ obbligo del beneficiario di rispettare gli stessi ;sia che all’atto sia seguito un contratto e la pretesa alla prestazione da un lato, e alla controprestazione dall’altro, si radichi in questo.
Tale orientamento è presente nelle pronunce che si sono occupate, ad esempio, della decadenza dall’assegnazione degli alloggi economici e popolari disposta a seguito della mancata occupazione degli stessi da parte degli assegnatari ( Cass. SS. UU. , n.2999 del 1962, n.10829 del 1993, n.13459 del 2005 ).
In sintesi, l’amministrazione può intervenire sui vantaggi attribuiti in precedenza :
- incidendo sull’atto attributivo per vizi originari dello stesso;
- incidendo sull’evoluzione del rapporto, non concretatasi in un contratto, per l’inottemperanza agli impegni assunti dal beneficiario, in base ad una valutazione vincolata;
- incidendo sull’evoluzione del rapporto, non concretatasi in un contratto, per l’inottemperanza agli impegni assunti dal beneficiario, in base ad una valutazione discrezionale;
- incidendo sull’evoluzione del rapporto concretatasi in un contratto per la violazione dello stesso da parte del privato.
Il quadro, già complesso, assume un assetto maggiormente articolato ove si tenga conto che l’atto attributivo menziona spesso gli impegni ma non disciplina espressamente la sanzione per l’inottemperanza agli stessi.
In questo caso ed anche quando la sanzione dell’inadempimento è espressa, l’irruzione nell’ordinamento interno del principio di derivazione comunitaria di proporzionalità ( peraltro già presente nel nostro ordinamento, ad esempio nella previsione dell’art. 1455 c.c.) comporta l’illegittimità di una previsione rigida e di conseguenza l’attribuzione del carattere della discrezionalità a valutazioni che l’amministrazione ritiene vincolate, sicchè il giudice competente a conoscere le relative controversie viene ad essere diverso da quello individuabile in base alla conformazione che all’atto contestato è stata data dall’amministrazione.A ciò si aggiunga che la qualificazione come vincolato dell’atto che incide su vantaggi già attribuiti, ove l’incisione non incontri un assetto contrattualmente definito, non comporta necessariamente la qualificazione come diritto soggettivo della posizione del privato.
E’ infatti necessario indagare la finalità perseguita dalla norma che prevede l’impegno e quindi la qualificazione come diritto o interesse legittimo della relativa pretesa, se questa è volta a definire la posizione del privato nell’ambito di un rapporto equiordinato e quindi la misura della tutela attribuitagli ( come è, ad esempio, nella revoca della patente prevista dall’art. 120 del d.lgs. n.285 del 1992 per il venir meno dei requisiti morali, revoca che è finalizzata non alla tutela dell’interesse pubblico alla sicurezza della circolazione ma solo ad assicurare, in capo al soggetto abilitato o da abilitare alla guida, il possesso dei requisiti morali richiesti), o nell’ambito di un rapporto che vede preminente l’interesse pubblico ( una fattispecie di valutazione vincolata a fronte della quale sussiste l’interesse legittimo è, ad esempio, quella relativa alla valutazione, in base alla previsione del bando, dei titoli utili in un concorso di ammissione ai pubblici impieghi ).Il fascio delle posizioni giuridiche esistente nelle situazioni esaminate ha portato il legislatore a prevedere, con l’art. 5 della legge n.1034 del 1971, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nella materia delle concessioni di beni e di servizi pubblici, tranne che nelle ipotesi espressamente previste ( “le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” ), ipotesi nelle quali l’esistenza di diritti soggettivi è indiscutibile e gli stessi sono facilmente individuabili.
Il fine perseguito è stato, evidentemente, quello di permettere facilmente l’individuazione del giudice fornito di giurisdizione, evitando una diseconomia giudiziaria, l’impegno ai fini dell’individuazione del giudice “ competente “ di mezzi più proficuamente utilizzabili nella definizione delle controversie, in sintesi quello di perseguire l’obiettivo del giusto processo, consacrato poi nell’art. 111 della Costituzione.
II – La semplificazione del quadro cognitivo e conseguentemente di quello operativo ha incontrato, come è ovvio, delle difficoltà, frapposte sia dal legislatore – che nell’art. 11, tredicesimo comma, del d.P.R. n. 1035 del 1972 ha previsto il ricorso al giudice ordinario avverso il decreto di decadenza adottato per la mancata occupazione dell’alloggio di edilizia economica e popolare da parte dell’assegnatario, sia - e principalmente- dalla varietà delle situazioni nelle quali l’amministrazione pubblica attribuisce vantaggi ai privati e quindi dai dubbi circa la riconducibilità delle varie situazioni al genus delle concessioni amministrative di beni e servizi.
A prescindere dalla ancora oggi irrisolta qualificazione come concessoria della fattispecie relativa alla assegnazione degli alloggi di edilizia economica e popolare,
è nozione da lungi acquisita che la concessione riguarda i beni ed i servizi pubblici e che i beni pubblici concedibili sono i beni demaniali e quelli del patrimonio indisponibile.L’elaborazione dottrinaria ha individuato espressamente ipotesi di concessione solo in relazione a questi beni ( si veda Ranelletti : Teoria generale delle autorizzazioni e concessioni amministrative. Concetto e natura ; Forti : Natura giuridica delle concessioni amministrative; Silvestri: Natura giuridica dei diritti nascenti dalle concessioni amministrative di beni demaniali – si chiede in proposito venia per la violazione dell’art. 118, terzo comma, delle disposizioni di attuazione, ma la citazione ha solo rilievo storico ); e questo non solo in Italia ( si veda Stengel: Konzessionen). Dell’adesione a tale indirizzo da parte della giurisprudenza è ampia prova nella produzione giurisprudenziale della Corte di cassazione, prima sinteticamente citata.
Ha quindi la forza e la natura di un “ intervento a gamba testa “ , volto a spazzare via non l’avversario calcistico ma la pluralità delle interpretazioni e delle soluzioni giurisprudenziali l’art. 12 della legge n. 241 del 1990 , che qualifica come concessioni le “sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”.
Della portata innovativa di questa norma non è lecito dubitare alla luce del chiaro orientamento dottrinale vigente all’epoca della introduzione della stessa ( che limitava la qualificazione di concessione all’attribuzione di diritti reali o personali su beni demaniali o del patrimonio indisponibile degli enti pubblici ) e dell’altrettanto univoco atteggiamento della Corte di cassazione, che escludeva l’applicazione dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 alla concessione di finanziamenti e agevolazioni finanziarie da parte dell’ente pubblico.
La sintesi di questo orientamento giurisprudenziale è proprio nella sentenza della Corte di cassazione, resa a Sezioni Unite, n.12641 del 2008, della quale si trascrive il passo per la chiarezza dell’esposizione :“Qui si discute solo, invece, se l'oggetto di tale disputa sia un diritto soggettivo o un interesse legittimo, oppure se - per adoperare un'espressione della decisione impugnata - si sia in presenza di "un nodo gordiano tra posizioni di diritto soggettivo ed interesse legittimo" da cui debba farsi discendere l'affermazione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.3. Quest'ultima ipotesi, che il Consiglio di Stato ( nella decisione non definitiva pubblicata il 16 febbraio 2005 con la quale era stata rigettata l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, n.d.r ) formula richiamando la previsione della L. n. 1034 del 1971, art. 5, in tema di controversie attinenti alla concessione di beni pubblici, non sembra però affatto condivisibile, perchè non lo è l'equiparazione tra concessione di beni ed erogazione di denaro.Che anche il denaro possa essere annoverato nella categoria dei beni è vero; ma questo non autorizza a confondere la figura della concessione a privati di beni pubblici, che presuppone l'uso temporaneo da parte del concessionario di detti beni per le indicate finalità di pubblico interesse, con quella del finanziamento, che implica un tipo di rapporto giuridico del tutto diverso: in forza del quale il finanziato acquisisce la piena proprietà del denaro erogatogli ed eventualmente assume l'obbligo di restituirlo in tutto o in parte ad una determinata scadenza. Ben altrimenti, nell'uno e nell'altro caso, le finalità pubbliche s'intrecciano con l'interesse del concessionario o del finanziato, e le ragioni di non agevole distinguibilità tra posizioni di diritto soggettivo e d'interesse legittimo, che sottostanno alla scelta legislativa di attribuire alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di concessione di beni o servizi pubblici (con l'eccezione di quelle indicate nel secondo comma del citato art. 5), non necessariamente ricorrono nei rapporti di finanziamento. Nè, d'altronde, il carattere eccezionale della giurisdizione esclusiva ne consente l'applicazione al di là dei casi indicati dalla legge.”
Quindi, se per l’innanzi la differenza fra il denaro e un bene demaniale o del patrimonio indisponibile impediva di ricomprendere il primo nell’ambito dei beni oggetto di concessione e quindi di ascrivere le relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la qualificazione normativa come concessione dell’atto amministrativo che abbia ad oggetto il denaro nella forma di contributo o agevolazione finanziaria comporta di necessità l’attribuzione di dette controversie alla giurisdizione esclusiva.
Tanto non è stato espressamente contraddetto dalla produzione giurisprudenziale, successiva alla norma citata, della Corte di cassazione, che ha semplicemente ripetuto la distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi, radicando la giurisdizione ordinaria, in tema di revoca delle attribuzioni in parola, sulla qualificazione della stessa come sanzione della violazione degli impegni assunti nell’ambito di un rapporto che si articola nel binomio diritto – obbligo.
III – Una volta che la concessione di sovvenzioni o agevolazioni finanziarie sia ricondotta nell’ambito dell’istituto della concessione di beni, a seguito dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990, non si può dubitare che le relative controversie siano attribuite alla cognizione del giudice amministrativo.
In proposito sovviene la chiara lettera dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 e l’interpretazione che di questa norma è data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004.
In tale arresto il giudice delle leggi ha ritenuto confliggente col dettato costituzionale che il riparto della giurisdizione si fondi sul criterio dei "blocchi di materie", nelle quali "la commistione di diritti soggettivi ed interessi legittimi non si debba ricercare nelle varie tipologie delle singole controversie ma nell'atteggiarsi dell'azione della pubblica amministrazione in settori determinati, anche se molto estesi, connotati da una significativa presenza dell'interesse pubblico”, anzicchè nel criterio dello << "inestricabile nodo gordiano" ravvisabile in specifiche controversie correlate all'interesse generale >>.
L’estensione della giurisdizione esclusiva informata all’applicazione di quest’ultimo criterio, infatti, “ non appare... confliggente con alcun parametro costituzionale in quanto...... pur sempre limitata a specifiche controversie connotate non già da una generica rilevanza pubblicistica, bensì dall'intreccio di situazioni soggettive qualificabili come interessi legittimi e come diritti soggettivi “. L’attento scrutinio della Corte ha quindi espressamente sancito la legittimità costituzionale della giurisdizione esclusiva, attinente a diritti soggettivi ed interessi legittimi, attribuita al giudice amministrativo, in tema di concessione di beni e servizi dall’art. 5 della legge n.1034 del 1971, siccome determinata dallo << "inestricabile nodo gordiano" ravvisabile in specifiche controversie correlate all'interesse generale >>.La chiara disposizione contenuta nell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 porta poi ad affermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie relative a concessioni di beni, siano esse di beni demaniali o del patrimonio indisponibile o di denaro pubblico.
IV – La delimitazione dell’ambito rimesso alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo impone di indagare l’ambito sottratto allo stesso, cioè quello delle “ indennità, canoni ed altri corrispettivi”.
La formulazione della deroga prevista dall’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, in un periodo in cui la concessione di beni riguardava solo beni demaniali e del patrimonio indisponibile, individua con evidenza plastica la differenza fra le controversie attribuite alla cognizione del giudice amministrativo e quelle assegnate al giudice ordinario : le prime riguardano il bene demaniale o del patrimonio indisponibile, le seconde riguardano una res fisicamente diversa, cioè il corrispettivo.
La differenziazione degli ambiti, nella concessione di sovvenzioni ed agevolazioni finanziarie, non è plasticamente così evidente, ma è parimenti esistente.
Se la concessione riguarda un bene ( il denaro al pari del bene demaniale o del patrimonio indisponibile ),la revoca o la decadenza ( che nella concessione di beni del demanio o del patrimonio indisponibile non riguardano con evidenza corrispettivi ) nella concessione di sovvenzioni ed agevolazioni finanziarie riguardano anch’esse il bene attribuito, non il corrispettivo del godimento dello stesso.A seguito del venir meno dell’attribuzione, sorge l’obbligo della restituzione, che non riguarda però un corrispettivo, dato che il venir meno del titolo dell’attribuzione comporta l’obbligo di restituire il bene attribuito cioè il denaro erogato; questo costituisce, al momento della erogazione e in quello della restituzione, l’oggetto della concessione, non il ( canone, indennità o altro ) corrispettivo del godimento.
V - Una contraddizione di quanto disposto dalla combinazione dell’art. 5 della legge n.1034 del 1971 e dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 non si può, infine, individuare nell’art.133, primo comma lett. z sexies, del codice del processo amministrativo, introdotto dall’art. 49,secondo comma,della legge 24 dicembre 2012, n. 234, che attribuisce alla cognizione esclusiva del giudice amministrativo “ le controversie relative agli atti ed ai provvedimenti che concedono aiuti di Stato in violazione dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e le controversie aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999, a prescindere dalla forma dell'aiuto e dal soggetto che l'ha concesso “.
Innanzi tutto, si deve precisare che la norma citata è correlata all’art. 49, primo comma della stessa legge n.234 del 2012, che inserisce la lettera m quinquies nell’art. 119, primo comma, del codice del processo amministrativo e prevede la celebrazione con rito abbreviato delle controversie relative a “ gli atti e i provvedimenti adottati in esecuzione di una decisione di recupero di cui all'articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 “.
Se la previsione dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971 e dell’art. 12 della legge n. 241 del 1990 avesse comportato, anche nella interpretazione consolidata del giudice della nomofilachia, l’ascrizione alla giurisdizione esclusiva delle controversie relative a “sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere “, in quanto ricondotte nel più ampio genus delle “ concessioni “, l’adozione del citato art. 49, primo e secondo comma, della legge n. 234 del 2012 farebbe a buona ragione dubitare della portata attribuita ai citati artt. 5 e 12 e, di conseguenza, porterebbe a ritenere l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva solo delle controversie relative a sovvenzioni ecc...espressamente contemplate dal citato art. 49, primo comma.
Una prima ragione che porta ad escludere tale conclusione è costituita dalla irragionevolezza di una interpretazione che attribuisca ad una norma di carattere speciale portata abrogatrice di una norma di carattere generale.
La ragione dell’inserzione nell’ordinamento di una disposizione che prevede l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva di una species di controversie che rientra in un più ampio genus ascritto alla giurisdizione esclusiva è, per contro, facilmente individuata ove si faccia riferimento al “ diritto vivente “, cioè allo stato della elaborazione giurisprudenziale.Questa, quale fluisce dal giudice della nomofilachia, ascrive alla giurisdizione ordinaria senza tentennamenti le controversie in tema di sovvenzioni e, in particolare, quelle relative al recupero di sovvenzioni elargite in contrasto con “ espresse decisioni della Commissione CEE “ ( in tal senso la sentenza della Corte di cassazione,SS.UU., n. 12641 del 2008 ).
E’ quindi ampiamente giustificabile che il legislatore abbia ribadito l’ascrizione alla giurisdizione esclusiva delle controversie in tema di sovvenzioni, e ciò in ragione dell’appartenenza delle stesse all’ordinamento europeo e del conflitto in corso in tema di riparto della giurisdizione sul punto, nell’ambito nazionale.
Si potrebbe anche affermare, con spirito grandemente critico, che la formulazione dell’art. 49, secondo comma, della legge n. 234 del 2012, avrebbe potuto essere diversa e tener conto della esistenza di una norma che già attribuiva al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in tema di sovvenzioni ed agevolazioni finanziarie e richiamarla per collocarsi nel suo alveo.
La risposta a tale interrogativo è anch’essa facile, dato che la legge n. 234 del 2012 ha un ambito limitato, circoscritto nell’art. 1, che recita “La presente legge disciplina il processo di partecipazione dell'Italia alla formazione delle decisioni e alla predisposizione degli atti dell'Unione europea e garantisce l'adempimento degli obblighi e l'esercizio dei poteri derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, in coerenza con gli articoli 11 e 117 della Costituzione, sulla base dei principi di attribuzione, di sussidiarietà, di proporzionalità, di leale collaborazione, di efficienza, di trasparenza e di partecipazione democratica.”.
L’art. 49, secondo comma, citato ha, quindi, avuto ad oggetto solo ciò di cui si poteva occupare.
C – A prescindere da quanto sopra, la vicenda in questione rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche secondo l’orientamento seguito dalla decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6 del 2014, che aderisce all’ insegnamento consolidato della Corte di cassazione.
L’atto impugnato si fonda sull’asserita realizzazione dell’impianto ad opera di un’unica società con caratteristiche similari alla realizzazione mediante l’istituto denominato “ chiavi in mano “.
Ciò avrebbe determinato, da un lato, una “ rifatturazione “ ,con la non ammissibilità ai benefici concessi dei beni oggetto di rifatturazione, dall’altro la violazione di quanto previsto al punto 3.9 della circolare ministeriale 14 luglio 2000 n.900315, cioè l’obbligo di comunicare la variazione del programma di investimenti col ricorso alla modalità di realizzazione “ chiavi in mano “
Posto che la “ rifatturazione “ è coessenziale alla realizzazione chiavi in mano, poiché ciò che è necessario ( macchinari ecc..) è acquistato dalla ditta realizzatrice, fatturato una prima volta e poi rifatturato al committente, le violazioni imputate dall’amministrazione al ricorrente si riducono alla realizzazione dell’impianto con la modalità “ chiavi in mano “ senza aver comunicato ciò in violazione di quanto previsto dalla circolare ministeriale 14 luglio 2000 n. 900315, al punto 3.9. Tale ipotesi non è riconducibile ad alcuna delle situazioni nelle quali il decreto 9 aprile 2001 n.91204 ( cioè il decreto col quale sono state concesse le agevolazioni relative al programma di investimenti in questione ), nell’art. 3, primo e secondo comma ( che richiama il D.M. 20 ottobre 1995 n.527, che nell’art. 8, primo comma, contempla specifiche ipotesi ), prevede la revoca delle agevolazioni concesse.
Non si è, quindi, verificata alcuna delle violazioni che giustificano la revoca delle agevolazioni concesse, sicchè da un lato non è insorto in capo all’amministrazione il diritto di procedere alla revoca ( secondo l’orientamento del giudice della nomofilachia ), con la conseguente esclusione della giurisdizione del giudice ordinario nella presente controversia, dall’altro gli atti impugnati sono viziati per violazione delle disposizioni che regolano il procedimento.Sono assorbite le altre censure.
All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento dell’atto impugnato. Sussistono valide ragioni per disporre la compensazione delle spese.P .Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto lo accoglie e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Antonio Cavallari, Presidente, Estensore
Claudia Lattanzi, Primo ReferendarioRoberto Michele Palmieri, Referendario
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