Consiglio di Stato, Sezione V, 16 aprile 2014, n. 1892
1. La controversia concernente la decadenza della concessione di un bene pubblico appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, co.1, lett. b) del c.p.a. (le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennita', canoni ed altri corrispettivi e quelle attribuite ai tribunali delle acque pubbliche e al Tribunale superiore delle acque pubbliche).
2. E' pacifica la natura di beni pubblici (indisponibili) degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e poiché il provvedimento di assegnazione (di un bene patrimoniale indisponibile) ha natura concessoria (abbia o meno per oggetto un alloggio o un altro bene pubblico), risulta applicabile la sopra riportata lettera b) ( in cui è stato trasfuso l'art. 5, primo comma, L 1034/71 tornato sostanzialmente in vigore con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale.
3. Dovendosi applicare una disposizione di legge che comporta la giurisdizione amministrativa esclusiva - non possono trovare applicazione i consueti criteri di riparto di giurisdizione, basati sulla distinzione tra diritti ed interessi
4. Quanto all'ambito di applicazione della medesima lettera b), vanno richiamati i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria non solo con la sentenza n. 28 del 1995, ma anche con la sentenza n. 6 del 2014 (che pur ha escluso che nella nozione di 'bene pubblico' rientri il denaro erogato dalla pubblica amministrazione), da cui si evince che essa di per sé si riferisce ad ogni controversia concernente gli atti di autotutela, tra cui senz'altro rientra la decadenza della concessione, da considerare – allo stesso tempo - quale atto estintivo del precedente rapporto concessorio, nonché quale presupposto giustificativo per il consequenziale rilascio della concessione in favore di altro soggetto che ne abbia titolo.
SENTENZA
Sull'appello n. 226 del 2014, proposto dalla signora Maghera Bocci, rappresentata e difesa dall'avv. Paolo Urbani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giuseppe Marchi, 3;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Guglielmo Frigenti, e domiciliato in Roma, alla via del Tempio di Giove n. 21;
Ater del Comune di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Edmonda Rolli, e domiciliato in Roma, alla via F. Paulucci De Calboli n. 20/e;
per l'annullamento
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: sez. III quater n. 8520/2013, resa tra le parti, con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione sul ricorso di primo grado n. 5085 del 2013;Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e di Ater del Comune di Roma;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2014 il Pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti gli avvocati Paolo Urbani e Guglielmo Frigenti;1. Con l'atto n. 30 dell'11 febbraio 2013, l'Ater del Comune di Roma ha disposto nei confronti dell'appellante la decadenza della assegnazione dell'alloggio sito in Roma, alla via Centocelle n. 15, per la mancanza della sua stabile occupazione.
2. Con il ricorso di primo grado n. 5085 del 2013 (proposto al TAR per il Lazio), l'odierna appellante ha impugnato l'atto di decadenza, chiedendone l'annullamento.
3. Il TAR, con la sentenza appellata, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, rilevando che tra le parti sussisterebbe un rapporto contrattuale di natura privatistica, di cui conosce il giudice civile.
4. Con il gravame in epigrafe, l'appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, sia dichiarata la sussistenza della giurisdizione amministrativa, con rimessione della causa al giudice di primo grado.
A fondamento delle sue deduzioni, l'appellante ha rilevato che nella specie di tratta dell'atto di decadenza di una concessione di un bene pubblico.
5. Nel corso dell'udienza dell'11 febbraio 2014, il collegio ha prospettato alle parti che la causa sarebbe stata definita con una sentenza in forma semplificata.
6. Ritiene la Sezione che l'appello sia fondato e vada accolto.
6.1. Gli alloggi di cui è titolare l'Ater del Comune di Roma sono qualificabili come beni pubblici.
Essi, indiscutibilmente, fanno parte del patrimonio indisponibile del Comune (cfr. l'art. 1 del d.lg. 30 dicembre 1972, n. 1035, e l'art. 1 della legge 24 dicembre 1993, n. 560).
Per la loro assegnazione (dopo la costruzione ovvero a seguito della decadenza disposta nei confronti di un assegnatario), sono emanati provvedimenti autoritativi (di accoglimento o di diniego), di per sé incidenti su interessi legittimi.
Quanto alla cessazione degli effetti di un atto di assegnazione ovvero del conseguente contratto, l'amministrazione può avvalersi o degli strumenti di diritto privato o di quelli del diritto amministrativo.
In questo secondo caso, anche per l'esigenza di ottenere rapidamente la disponibilità dell'alloggio da assegnare ad altri che ne abbia titolo, l'amministrazione può emanare un atto di autotutela, ad es. nel caso di illegittimità dell'originaria assegnazione o nel caso di perdita dei relativi requisiti, per sopravvenuta non occupazione dell'alloggio.
In relazione a tali atti di autotutela, la legge – in attuazione dell'art. 113 della Costituzione – ben può individuare il giudice avente giurisdizione per le relative controversie, applicandosi altrimenti i criteri generali di riparto della giurisdizione.
6.2. Come ha rilevato l'Adunanza Plenaria di questo Consiglio (con la sentenza 5 settembre 1995, n. 28), il d.lg. n. 1035 del 1972 individua le fattispecie devolute alla giurisdizione del giudice civile, non esaurendo tutti i casi in cui l'amministrazione emani atti di autotutela riguardanti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica: il suo art. 11, tredicesimo comma, infatti, si è riferito unicamente al caso in cui sia disposta la decadenza per mancanza della stabile occupazione dell'alloggio entro 30 giorni, da parte del suo assegnatario.
6.3. Non rientrando il caso di specie nell'ambito di applicazione del medesimo art. 11, tredicesimo comma, è irrilevante in questa sede approfondire la questione se esso vada considerato ancora in vigore, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, che ha riformato il procedimento civile di cognizione, senza riportare o contenere disposizioni sull'opposizione avverso l'ordinanza di rilascio dell'alloggio.
6.4. In materia, per i casi in cui non si applicano le specifiche disposizioni di legge che attribuiscano la giurisdizione delle relative controversie al giudice civile, non può essere considerato rilevante (come ha già rilevato Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2007, n. 755; Sez. Un. 26 maggio 2006 n. 12546) l'art. 33, comma 1, del d.lg. n. 80 del 1998 (trasfuso nella legge n. 205 del 2000), a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, non potendosi più annoverare la gestione degli alloggi pubblici – ai fini della giurisdizione - nell'ambito di un pubblico servizio in senso tecnico.
Tale sentenza ha però comportato la reviviscenza delle disposizioni dell'art. 5, primo comma, della legge n. 1034 del 1971, poi trasfuse nell'art. 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo, sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per "le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi".
6.5. Orbene, poiché è pacifica la natura di beni pubblici (indisponibili) degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e poiché il provvedimento di assegnazione (di un bene patrimoniale indisponibile) ha natura concessoria (abbia o meno per oggetto un alloggio o un altro bene pubblico), risulta applicabile la sopra riportata lettera b): così come la sentenza dell'Adunanza Plenaria ha ritenuto applicabile l'art. 5, primo comma, della legge n. 1034 del 1971, così questo Collegio ritiene applicabile la medesima lettera b), in cui è stato trasfuso l'art. 5, primo comma, tornato sostanzialmente in vigore con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale.
Ne discende che – dovendosi applicare una disposizione di legge che comporta la giurisdizione amministrativa esclusiva - non possono trovare applicazione i consueti criteri di riparto di giurisdizione, basati sulla distinzione tra diritti ed interessi (distinzione invece rilevante, ove si attribuisca rilievo non all'art. 5 della legge n. 1034 del 1971 e alla corrispondente disposizione del codice del processo amministrativo, ma ad una distinzione non presa in considerazione dalla legge, tra la fase antecedente ed a quella successiva alla instaurazione del rapporto locatizio-concessorio: cfr. Cass. Sez. Un., 23 novembre 2012, n. 20727; 8 marzo 2012, n. 3623).
6.6. Quanto all'ambito di applicazione della medesima lettera b), vanno richiamati i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria non solo con la sentenza n. 28 del 1995, ma anche con la sentenza n. 6 del 2014 (che pur ha escluso che nella nozione di 'bene pubblico' rientri il denaro erogato dalla pubblica amministrazione), da cui si evince che essa di per sé si riferisce ad ogni controversia concernente gli atti di autotutela, tra cui senz'altro rientra la decadenza della concessione (da considerare – ad un tempo - quale atto estintivo del precedente rapporto concessorio, nonché quale presupposto giustificativo per il consequenziale rilascio della concessione in favore di altro soggetto che ne abbia titolo).
7. Per le ragioni che precedono, l'appello risulta fondato e va accolto, sicché – ai sensi dell'art. 105 del c.p.c. – la causa va rimessa all'esame del TAR per il Lazio.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi della presente fase del giudizio.P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) accoglie l'appello n. 226 del 2014 e, in riforma della sentenza impugnata, dichiara la sussistenza della giurisdizione amministrativa a conoscere del ricorso di primo grado n. 5085 del 2013.
Dispone che la riassunzione del giudizio può aver luogo ai sensi dell'art. 105, comma 3, del codice del processo amministrativo.
Compensa tra le parti le spese e gli onorari dei due gradi della presente fase del giudizio.
sentenza 4270/2014
Estratto:
« 7.2.- Come ha rilevato l'Adunanza Plenaria di questo Consiglio (con la sentenza 5 settembre 1995, n. 28), il d.lgs. n. 1035 del 1972 individua le fattispecie devolute alla giurisdizione del giudice civile, non esaurendo tutti i casi in cui l'amministrazione emani atti di autotutela riguardanti gli alloggi di edilizia residenziale pubblica: il suo art. 11, tredicesimo comma, infatti, si è riferito unicamente al caso in cui sia disposta la decadenza per mancanza della stabile occupazione dell'alloggio entro 30 giorni, da parte del suo assegnatario.7.3.- Non rientrando il caso di specie nell'ambito di applicazione del medesimo art. 11, tredicesimo comma, è irrilevante in questa sede approfondire la questione se esso vada considerato ancora in vigore, a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 150 del 2011, che ha riformato il procedimento civile di cognizione, senza riportare o contenere disposizioni sull'opposizione avverso l'ordinanza di rilascio dell'alloggio.
7.4.- Come rilevato dalla Sezione con detta sentenza del 16 aprile 2014, n. 1892, in materia, per i casi in cui non si applicano le specifiche disposizioni di legge che attribuiscano la giurisdizione delle relative controversie al giudice civile, non può essere considerato rilevante (come ha già rilevato Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2007, n. 755; Sez. Un. 26 maggio 2006 n. 12546) l'art. 33, comma 1, del d.lg. n. 80 del 1998 (trasfuso nella legge n. 205 del 2000), a seguito della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, non potendosi più annoverare la gestione degli alloggi pubblici – ai fini della giurisdizione - nell'ambito di un pubblico servizio in senso tecnico. Tale sentenza ha però comportato la reviviscenza delle disposizioni dell'art. 5, primo comma, della legge n. 1034 del 1971, poi trasfuse nell'art. 133, comma 1, lettera b), del codice del processo amministrativo, sulla sussistenza della giurisdizione esclusiva per "le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi".
7.5.- Orbene, poiché è pacifica la natura di beni pubblici (indisponibili) degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, e poiché il provvedimento di assegnazione (di un bene patrimoniale indisponibile) ha natura concessoria (abbia o meno per oggetto un alloggio o un altro bene pubblico), risulta applicabile la sopra riportata lettera b): così come la sentenza dell'Adunanza Plenaria ha ritenuto applicabile l'art. 5, primo comma, della legge n. 1034 del 1971, così la sezione, conformemente a quanto ritenuto con la propria sentenza 16 aprile 2014, n. 1892, già citata, ritiene applicabile la medesima lettera b), in cui è stato trasfuso l'art. 5, primo comma, tornato sostanzialmente in vigore con la sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale. A tanto consegue che – dovendosi applicare una disposizione di legge che comporta la giurisdizione amministrativa esclusiva - non possono trovare applicazione i consueti criteri di riparto di giurisdizione, basati sulla distinzione tra diritti ed interessi (distinzione invece rilevante, ove si attribuisca rilievo non all'art. 5 della legge n. 1034 del 1971 e alla corrispondente disposizione del codice del processo amministrativo, ma ad una distinzione non presa in considerazione dalla legge, tra la fase antecedente ed a quella successiva alla instaurazione del rapporto locatizio-concessorio: cfr. Cass. Sez. Un., 23 novembre 2012, n. 20727; 8 marzo 2012, n. 3623).
7.6.- Quanto all'ambito di applicazione della medesima lettera b), vanno richiamati i principi enunciati dalla Adunanza Plenaria non solo con la sentenza n. 28 del 1995, ma anche con la sentenza n. 6 del 2014 (che pur ha escluso che nella nozione di 'bene pubblico' rientri il denaro erogato dalla pubblica amministrazione), da cui si evince che essa di per sé si riferisce ad ogni controversia concernente gli atti di autotutela, tra cui senz'altro rientra la decadenza della concessione, da considerare – allo stesso tempo - quale atto estintivo del precedente rapporto concessorio, nonché quale presupposto giustificativo per il consequenziale rilascio della concessione in favore di altro soggetto che ne abbia titolo
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