CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO (04.11.1950) 47 Stati (2013)
La Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848, sino ad oggi è stata ratificata da quarantasette paesi aderenti al Consiglio d'Europa (dal Portogallo alla Russia), tra cui i ventisette membri dell'Unione Europea.
Con questa Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ogni Stato si è obbligato al rispetto dei diritti garantiti dalla stessa Convenzione nell'ambito del proprio ordinamento giuridico nazionale ed a favore di qualunque persona, senza distinzioni di alcuna specie, come di sesso, di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di appartenenza a una minoranza nazionale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
Tra i più importanti diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo: il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale, ad un ricorso effettivo davanti ad un giudice, ad un'equa amministrazione della giustizia (davanti ad un giudice indipendente ed imparziale ed entro un termine ragionevole, soprattutto durante la carcerazione preventiva, diritto ad un doppio grado di giurisdizione in materia penale, diritto di risarcimento in caso di errore giudiziario, diritto a non essere giudicato o punito due volte), diritto al rispetto della vita privata e familiare, al rispetto del domicilio e della corrispondenza, alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, alla libertà di espressione e di opinione, alla libertà di riunione e di associazione, compreso il diritto di creare sindacati e di aderirvi, il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia (uguaglianza degli sposi), il diritto al rispetto dei propri beni, protezione della proprietà, diritto all'istruzione, alla libertà di circolazione e di scegliere la propria residenza, di lasciare qualsiasi paese, compreso il proprio, diritto a libere elezioni, garanzie procedurali in caso di espulsioni di stranieri.
Tra i più importanti divieti a carico degli Stati: la tortura e le pene o trattamenti inumani o degradanti, la schiavitù, la servitù e il lavoro forzato, nessuna pena senza legge, la retroattività delle leggi penali, le discriminazioni nel godimento dei diritti e delle libertà garantiti dalla Convenzione, l'espulsione da parte di uno Stato dei propri cittadini, l'espulsione collettiva di stranieri, l'imprigionamento per debiti, l'abuso del diritto, la pena di morte. All'accertamento delle violazioni alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, commesse dagli Stati, presiede la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ha sede a Strasburgo presso il Consiglio d'Europa.
LA Convenzione prevedeva anche una Corte internazionale di controllo sugli Stati che l'avessero accettata (CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO -COUR EUROPÉENNE DES DROITS DE L'HOMME -EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS).
anno 1959. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo è stata istituita nel 1959 ed ha sede a Strasburgo (Francia) presso il Consiglio d'Europa ed ha emesso la sua prima sentenza il 14 novembre 1960.
Il sistema di controllo giurisdizionale internazionale, previsto programmaticamente per la prima volta nel mondo, nel 1950, era così rivoluzionario (dei principi del diritto internazionale allora vigenti, la non ingerenza negli affari interni), che era possibile agli Stati, di ratificare la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, senza però ancora accettare il controllo giurisdizionale della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e questo doppio livello di accettazione della Convenzione Europea era rimesso alla discrezionalità degli Stati.
anno 1973. Ad esempio l'Italia, che pur aveva ratificato la Convenzione fin dall'agosto 1955, accettò il controllo giurisdizionale della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo soltanto a decorrere dal 1° agosto 1973.
anno 2000. Oggi questa possibilità di escludere il controllo giurisdizionale della Corte non è più consentita, di talché oggi TUTTI gli Stati membri del Consiglio d'Europa (quarantuno, dal Portogallo alla Russia), sono obbligatoriamente soggetti all'intervento della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a seguito di una semplice lettera-denuncia inviata da coloro che hanno visto negati i loro diritti fondamentali da parte dei giudici dello Stato di appartenenza. Sulla base di questa semplice lettera-denuncia la Corte, all'esito della procedura, può condannare lo Stato che ha violato i diritti umani nei confronti di quella persona.
Pertanto, la vera rivoluzione di questa Convenzione Europea risiede proprio nella giustiziabilità internazionale delle norme della stessa Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, con la possibilità di ottenere, da parte di una Corte internazionale, una condanna a carico degli Stati per eventuali violazioni da loro commesse in danno delle persone sottoposte alla loro giurisdizione e potere autoritativo. La condanna comporta anche una sanzione di contenuto economico satisfattivo e risarcitorio per la persona riconosciuta come vittima.
Per tale sua giustiziabilità, la Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo rappresenta quasi l'inizio di una nuova epoca, soprattutto prima e dopo la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo.
Tutte le altre Carte e Convenzioni internazionali, fino a quando non hanno previsto un sistema di giustiziabilità internazionale più o meno perfetto, sono rimaste allo stadio della mera pronuncia di buoni propositi, perché lo Stato sovrano, anche se non proprio il dittatore, potrà sempre imporre ai suoi giudici leggi che negano nella sostanza i diritti fondamentali della persona.
Ma dovendo trarre delle conclusioni, a livello mondiale, possiamo ben dire che tra tutti gli organi di controllo internazionale <<per la salvaguardia >> dei Diritti dell'Uomo, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo resta la migliore e quella che più di tutte le altre garantisce il più elevato grado (anche se non interamente satisfattivo) di effettività della salvaguardia e della giustiziabilità dei diritti fondamentali della persona.
Questa Corte, sia per la procedura di ricorso immediato e diretto da parte della vittima, (senza ostacoli da parte degli Stati), sia per il prodotto della sua giurisprudenza, può rappresentare un esempio che deve essere imitato da tutte le altre Corti o Comitati di controllo internazionali, attualmente esistenti, fino a giungere all'istituzione di una futura, unica, "Corte Universale dei Diritti dell'Uomo" che potrebbe sostituire, in prima o in seconda istanza, tutte le varie Corti e Comitati internazionali, già esistenti, anche a livello regionale.
Nell'anno duemila, tale ipotesi non appare più inverosimile se si è già istituita (per i reati di genocidio, crimini contro l'umanità, crimini di guerra e crimini di aggressione) nell'ambito delle Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale (International Criminal Court), il cui Statuto è stato approvato a Roma il 17 luglio 1998.
Infatti, la "Corte Universale dei Diritti dell'Uomo" è giustificata dall'esigenza che la sola "globalizzazione" per cui vale la pena di combattere si fonda sulla tutela effettiva, cioè sulla "giustiziabilità", dei diritti umani.

 

Rango delle norme CEDU nell'ordinamento interno:
le due tesi (a) valore di norme interposte, b) comunitarizzazione)

1. TESI DELLA CORTE COSTITUZIONALE nn. 348 e 349 / 2007 (senenze gemelle).
Norme CEDU hanno valore di norme interposte (art.117c.1 cost)

La Corte costituzionale con due decisioni in tema di occupazione acquisitiva e di espropriazione (Corte Cost nn. 348 e 349 / 2007) si è pronunciata sulla posizione della CEDU nel nostro ordinamento riconoscendo alle disposizioni della stessa, come interpretare dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, il valore di norme interposte che integrano il parametro costituzionale di cui all'art. 117 c.1 Cost.nella parte in cui lo stesso impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Secondo queste pronunce in caso di contrasto tra una norma interna ed una disposizione della CEDU, il giudice comune non puo' disapplicare la prima (come è previsto nel caso di contrasto con le norme comunitarie), ma deve sottoporla a scrutinio di costituzionalità per violazione dell'art. 117 c.1 Cost.

 

A) Nei rapporti delle norme CEDU e quelle nazionali la Corte Cost ha esclusoche si possa far riferimento all'10 c.1 COST.
Le norme CEDU sono norme pattizie (ancorchè generali contenute in tratttati internazionali bilateralio multilaterali).
Pertanto non rientrano nell'ambito di operatività dell'art. 10 c. 1 cost (L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute) che fa riferimento alle norme consuetudinarie e ne dispone l'adattamento automatico

B) Nei rapporti delle norme CEDU e quelle nazionali la Corte Cost ha esclusoche si possa far riferimento all'art. 11 COST (...consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni ) non essendovi stata alcuna accettazione di limitazione di sovranità dello Stato per effetto dell'adesione alla Convenzione

 

CONTRASTO TRA NORMA INTERNA E CEDU. (c. Cost. 264/2012)

Il giudice deve preventivamente verificare la praticabilità di un'interpretazione della normativa interna  conforme alla norma costituzionale.
Nel caso in cui il contrasto non possa essere risolto in via interpretativa, non potendo il giudice disapplicare la norma interna dovrà denunciare l'incompatibilità sollevando la questione di legittimità costituzionale in riferimento all'art. 117 cost ovvero all'art. 10 c.1 cost (ove di tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma di diritto internazionale)


La completa operatività delle norme interposte deve superare il vaglio della loro compatibilità con l'ordinamento costituzionale italiano, che non puo' essere modificato da fonti esterne specie se queste non derivano da organizzazioni internazionali rispetto alle qauli siano state accettate limitazioni di sovranità come quelle previste dall'art.11 Cost
(Consiglio di Stato - in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria) - n. 7/2015)

CONTRASTO TRA CEDU E COSTITUZIONE (C COST 49/2015)

Il dovere del giudice comune di interpretare il diritto interno in senso conforme alla CEDU è subordinato al prioritario compito di adottare una lettura costituzionalmente conforme, poiché tale modo di procedere riflette il predominio assiologico della Costituzione sulla CEDU. Nelle ipotesi in cui non sia possibile percorrere tale via, è fuor di dubbio che il giudice debba obbedienza anzitutto alla Carta repubblicana e sia perciò tenuto a sollevare questione di legittimità costituzionale della legge di adattamento.

2. TESI DELL'INTERVENUTA COMUNITARIZZAZIONE


il tema del rapporto tra normativa interno e CEDU è destinato a variare in conseguenza dell'entrata in vigore il 1 gennaio 2009 del trattato di lisbona che ha modificato il trattato sull'unione europea, con la modifica dell'art 6 che nella nuova formulazione stabilisce che "

1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.
Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni.
2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.
3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.

 

Comunque, non convince quella giurisprudenza Consiglio di Stato, sezione IV, 2 marzo 2010, n. 1220 e TAR Lazio, sezione II bis, 18 maggio 2010 n. 11984 per le qualile norme CEDU vengono a beneficiare del medesimo statuto di garanzia delle norme comunitarie: non più, pertanto, norme internazionali e parametro interposto di legittimità costituzionale di norme domestiche ex art. 117 Cost., bensì norme comunitarie (in quanto "comunitarizzate" con il Trattato di Lisbona) le quali in virtù del primatè del diritto comunitario legittimano alla non applicazione di norme interne con esse contrastanti

Infatti, diverso è il valore giuridico che assumono la Carta di Nizza  e la CEDU
Il primo paragrafo si riferisce alla Carta di Nizza ed afferma che la Carta che "acquisisce lo stesso valore giuridico dei Trattati"
Il secondo e terzo paragrafo si riferisce alla CEDU ed afferma che "consente l'adesione dell'Unione alla stessa"

Il ruolo solo strumentale della CEDU è  stato ribadito dalla Corte Cost n. 80/2011 per la quale deve escludersi che dalla «qualificazione [...] dei diritti fondamentali oggetto di disposizioni della CEDU come principi generali del diritto comunitario» - operata dapprima dalla Corte di giustizia, indi anche dall'art. 6 del Trattato - possa farsi discendere la riferibilità alla CEDU del parametro di cui all'art. 11 Cost. e, con essa, la spettanza al giudice comune del potere-dovere di non applicare le norme interne contrastanti con la Convenzione.
Né ha pregio l'argomento tratto dalla prevista adesione dell'Unione europea alla CEDU, per l'assorbente ragione che l'adesione non è ancora avvenuta, sicché, la statuizione del paragrafo 2 del nuovo art. 6 del Trattato resta, allo stato, ancora improduttiva di effetti.
Quanto, poi, al richiamo alla CEDU contenuto nel paragrafo 3 del medesimo art. 6 - secondo cui i diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione «e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali» - si tratta di una disposizione che riprende lo schema del previgente paragrafo 2 dell'art. 6 del Trattato sull'Unione europea: evocando, con ciò, una forma di protezione preesistente al Trattato di Lisbona; dal che discende l'impossibilità, nelle materie cui non sia applicabile il diritto dell'Unione, di far derivare la riferibilità alla CEDU dell'art. 11 Cost. dalla qualificazione dei diritti fondamentali in essa riconosciuti come «principi generali» del diritto comunitario (oggi, del diritto dell'Unione). Va infine escluso che la Carta costituisca uno strumento di tutela dei diritti fondamentali oltre le competenze dell'Unione europea; infatti presupposto di applicabilità della Carta di Nizza è che la fattispecie sottoposta all'esame del giudice sia disciplinata dal diritto europeo e non già da sole norme nazionali prive di ogni legame con tale diritto. Nel caso di specie - attinente all'applicazione di misure personali e patrimoniali ante o praeter delictum - detto presupposto difetta: la stessa parte privata, del resto, non ha prospettato alcun tipo di collegamento tra il thema decidendum del giudizio principale e il diritto dell'Unione europea. In senso analogo, v. citate sentenze n. 1/2011, n. 196, n. 187, n. 138 e 93/2010; n. 349, 348/2007; 188/1980

DIFFERENTI effetti delle pronunce della Corte di giustizia e della Corte EDU sono differenti

da un lato, l’efficacia diretta delle norme dell’UE determina il dovere dei giudici nazionali di disapplicare le norme nazionali incompatibili (artt. 11 e 117, comma 1, Cost.) [ v. Corte giust., 9.3.1978, causa 106/77 (caso Simmenthal); e di recente Corte giust., 26.2.2013, causa C-617/10 (caso Åklagaren)]; dall’altro lato, in caso di contrasto fra norme interne e norme convenzionali – considerate “interposte” tra la Costituzione e la legge ordinaria – che non possa essere risolto in via interpretativa, è necessario l’intervento della Corte costituzionale (art. 117, comma 1, Cost.) [v. Corte cost., 24.10.2007, n. 348 e n. 349; Corte cost., 26.11.2009, n. 311; Corte cost., 8.3.2010, n. 93; Corte cost., 21.6.2010, n. 227, Corte cost., 10.3.2011, n. 80; Corte cost., 7.4.2011, n.113]. Con l’adesione all’UE il nostro ordinamento, infatti, è stato incorporato in “un sistema più vasto” di natura sopranazionale, comprensivo di trasferimenti di sovranità e di peculiari meccanismi di garanzia, che non possono essere estesi a favore delle norme della CEDU attraverso una “comunitarizzazione” delle stesse (Tesauro).

L'impatto della CEDU sul diritto amministrativo nazionale

IL DIRITTO SOSTANZIALE

Rafforzamento dei diritti fondamentali dell'uomo ed innalzamneto della tutela

- Acquisizione sanante
- Indennizzabilità dei vincoli preordinati all'espropriazione

IL DIRITTO PROCESSUALE

L'art. 1 cpa dispone che "la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo".

 

 

»»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» 


Informazioni generali sul sito