Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell'art. 1 della Legge n. 147 del 2013
Si deve premettere che la tassa sui rifiuti (TARI) a norma dell’art. 1, commi 639 e seguenti della legge 27 dicembre 2013, n. 147 è diretta a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti; per cui il comma 654 prevede che “in ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente”.
Sulla base di tali principi il consiglio comunale delibera, entro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del bilancio di previsione, le tariffe TARI in conformità al piano finanziario che, a norma del comma 683, deve essere redatto dal soggetto che svolge il servizio di gestione dei rifiuti e deve essere approvato dal consiglio comunale stesso o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia.
A decorrere dall’anno in corso, il comma 653 (la cui efficacia è stata prorogata fino al 2017) introduce un ulteriore elemento di cui i comuni devono tenere conto in aggiunta a quelli già ordinariamente utilizzati per il piano finanziario, dal momento che “a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”.
Va in proposito osservato che i fabbisogni standard del servizio rifiuti possono rappresentare solo un paradigma di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio rifiuti e che quelli attualmente disponibili sono stati elaborati avendo come riferimento finalità perequative e quindi pensati come strumento da utilizzare per la ripartizione delle risorse all’interno del Fondo di solidarietà comunale e come tali potrebbero non corrispondere integralmente alle finalità cui sottende la disposizione recata dal comma 653 in commento.
Ed invero, anche in considerazione della circostanza che il 2018 è il primo anno di applicazione di tale strumento – per cui può essere ritenuto un anno di transizione in attesa di poter più efficacemente procedere ad una compiuta applicazione della norma – l’indicazione della legge deve essere letta in coordinamento con il complesso processo di determinazione dei costi e di successiva ripartizione del carico su ciascun contribuente. È infatti fuor di dubbio che i comuni sono solo uno dei soggetti che partecipano al procedimento tecnico e decisionale che porta alla determinazione dei costi del servizio, che vede la propria sede principale nel piano finanziario rinnovato annualmente e redatto a cura del gestore del servizio. Il comma 653 richiede pertanto che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio raccolta e smaltimento rifiuti, sulla cui base potrà nel tempo intraprendere le iniziative di propria competenza finalizzate a far convergere sul valore di riferimento eventuali valori di costo effettivo superiori allo standard che non trovino adeguato riscontro in livelli di servizio più elevati.
Sempre in considerazione dell’attuale fase di prima attuazione della norma in questione, nonché della scadenza del termine per l’approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali, si ritiene che i comuni che hanno già approvato i propri piani finanziari e conseguentemente deliberato le tariffe della TARI, non siano tenuti a rivedere detti provvedimenti.
E’ comunque opportuno precisare di seguito la fonte che meglio si adatta alla previsione del citato comma 653 per individuare il fabbisogno standard di riferimento di ciascun comune e al contempo fornire alcune indicazioni allo scopo di offrire un supporto di orientamento per la valutazione del costo del servizio, fermo restando che, come sopra indicato, la disciplina della TARI presenta già una sua completezza in termini di individuazione dei costi per predisporre il piano finanziario.
A questo proposito, occorre precisare che:
- le risultanze dei fabbisogni standard di cui al comma 653 non sono quelle attualmente reperibili sul sito internet “OpenCivitas”, bensì quelle contenute nella “Tabella 2.6: Stime puntuali OLS dei coefficienti della funzione di costo - Smaltimento rifiuti” della “Revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni” del 13 settembre 2016, adottata con il DPCM del 29 dicembre 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 44 del 22 febbraio 2017;
- le linee interpretative di cui si effettua la pubblicazione è diretta a coadiuvare i comuni nell’applicazione delle risultanze dei fabbisogni standard in vista della predisposizione del piano finanziario;
- la norma recata dal comma 653 non è applicabile nei confronti dei comuni delle regioni a statuto speciale, poiché ad oggi l’elaborazione dei fabbisogni standard è prevista per legge solo per le regioni a statuto ordinario.
- Le presenti linee interpretative hanno la finalità di semplificare la lettura della “Tabella 2.6”, riportata nell’Allegato 1, che nel resto del testo sarà identificata come “Tabella 2.6”.
La Tabella 2.6 riporta utili informazioni per poter ottemperare a quanto previsto dal comma 653 dell'art. 1 della legge n. 147 del 2013. Il fabbisogno standard finale di ogni comune è il risultato del prodotto di due grandezze:
il costo standard di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti;
le tonnellate di rifiuti gestiti.
1 Per i dettagli sulla metodologia di calcolo dei fabbisogni standard del servizio rifiuti e sul calcolo delle singole variabili si rimanda al capitolo 2 della nota “Revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni” approvata dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard il 13 settembre 2016 e al capitolo 2 della nota “Aggiornamento a metodologia invariata dei fabbisogni standard dei comuni per il 2018” approvata dalla stessa Commissione il 13 settembre 2017, entrambi i documenti sono pubblicati sul sito della Commissione (https://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/ctfs/index.html).
Il valore così ottenuto viene poi pubblicato sotto forma di coefficiente di riparto per essere utilizzato con scopi perequativi. 1Per le finalità della norma in discussione, quindi, le “risultanze dei fabbisogni standard” non possono corrispondere al fabbisogno standard finale approvato per ogni comune (un solo numero per ogni ente) in quanto questo valore non fornisce un’informazione direttamente utile alla definizione di un costo standard di riferimento sia perché pubblicato come coefficiente di riparto sia perché nella sua individuazione il costo standard di riferimento viene moltiplicato per le quantità storiche del servizio offerto le quali, nella versione più aggiornata (si veda Allegato 3), sono riferite all’annualità 2015.
Per l’individuazione delle “risultanze dei fabbisogni standard” si ritiene invece necessario far riferimento al “costo standard“ di gestione di una tonnellata di rifiuti le cui componenti sono riportate nella colonna della Tabella 2.6 evidenziata. Tali componenti colgono gli aspetti statisticamente rilevanti per la differenziazione del costo standard di riferimento sulla base sia delle caratteristiche del servizio offerto sia delle caratteristiche del comune.
Prima di chiarire il significato delle varie componenti è necessario puntualizzare che solo alcune di esse sono state utilizzate per il calcolo del fabbisogno standard sulla base delle scelte effettuate dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard per l’utilizzo di tale dato con finalità perequative. Queste scelte, compresa l’identificazione dell’insieme delle caratteristiche rilevanti per la definizione dei costi standard, saranno oggetto di revisione metodologica sia nell’ambito della fisiologica evoluzione tecnica del calcolo dei fabbisogni standard comunali, sia nell’ambito della definizione puntuale dei criteri di attuazione della norma in esame.
Appare altresì opportuno precisare che la metodologia impiegata nella stima dei fabbisogni standard determina per ciascun comune un valore caratteristico di fabbisogno, esprimibile come euro a tonnellata. La metodologia indica a tal fine per ciascuna variabile contemplata in Tabella 2.6 il rispettivo effetto medio, che non può tener conto della grande eterogeneità delle specifiche configurazioni produttive nelle quali i gestori e i comuni si trovano ad operare. A questo proposito, si consideri che le dotazioni impiantistiche entrano nel calcolo in termini di numerosità delle diverse tipologie di impianti, senza poterne considerare le specifiche caratteristiche tecnologiche alle quali sono associati rendimenti differenziati. Allo stesso modo, il fabbisogno standard così come descritto dalla Tabella 2.6 non può dar conto delle caratteristiche specifiche della morfologia territoriale nella quale si svolge il servizio nei singoli comuni e neppure delle eventuali differenze qualitative del servizio stesso. Gli eventuali divari fra quanto desumibile in termini di fabbisogno standard e quanto contenuto nei piani finanziari vanno quindi considerati anche alla luce di questi profili metodologici.
Di seguito si elencano le componenti del costo standard riportate nella Tabella 2.6 con una breve descrizione del loro significato economico.
In particolare, il parametro più rilevante è l’intercetta del modello, che riporta la stima del costo medio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, corrispondente a 294,64 euro, rispetto alla quale il costo standard di riferimento di ogni comune può discostarsi, verso l’alto o verso il basso, in ragione delle seguenti caratteristiche:
la quota di raccolta differenziata rilevata in più o in meno rispetto alla media nazionale pari al 45,3% (l’1% in più di raccolta differenziata rispetto alla media nazionale produce un incremento del costo standard di 1,149 euro per tonnellata);
la distanza fra il comune e gli impianti cui vengono conferite le differenti tipologie di rifiuto, rilevata in km rispetto alla media nazionale pari a 32,34 km (1 km di distanza in più rispetto alla media nazionale aumenta il costo standard di 0,41 euro per tonnellata);
lo scostamento percentuale del prezzo della benzina rilevato a livello comunale rispetto alla media nazionale (lo scostamento dell’1% in più rispetto alla media nazionale produce un incremento del costo standard di 1,22 euro per tonnellata);
il numero e la tipologia degli impianti presenti a livello provinciale (ad esempio, per ogni impianto di compostaggio il costo standard si riduce di 2,15 euro per tonnellata);
- la forma di gestione associata del servizio (ad esempio, la gestione in unione mostra mediamente un costo standard più basso di 5,81 euro per tonnellata);
la regione di appartenenza, tenendo presente che per la regione Liguria, presa a riferimento della stima, lo scostamento è nullo rispetto alla media nazionale, mentre per le altre regioni si evidenzia la stima degli scostamenti rispetto alla media nazionale di 294,64 euro;
- il cluster o gruppo omogeneo di riferimento del comune, tenendo presente che per il cluster 4, preso a riferimento della stima, lo scostamento è nullo rispetto alla media nazionale, mentre per ciascuno degli altri gruppi omogenei si evidenzia la stima degli scostamenti rispetto alla media nazionale di 294,64 euro2;
la variabile denominata “inverso dei rifiuti urbani totali prodotti” assume rilevanza solo nel calcolo finale del fabbisogno standard dei piccolissimi comuni, in quanto evidenzia la stima di un costo fisso indipendente dalle tonnellate di rifiuti gestiti, pari a 6.321,84 euro, volto a cogliere gli effetti delle diseconomie di scala.
La variabile in questione ha quindi effetti di qualche rilevanza soltanto per i comuni di dimensione demografica minore, con corrispondente ridotta quantità di rifiuti prodotti.
Per maggiore chiarezza, nell’Allegato 2 si riporta un esempio di modalità di calcolo delle risultanze dei fabbisogni standard.
Come ulteriore avvertenza è necessario puntualizzare che le componenti del costo standard riportate nella Tabella 2.6 sono state stimate con riferimento ai dati dell’annualità 2013. Va precisato, quindi, che la proiezione di un costo standard di riferimento va fatta tenendo in considerazione che tale tabella registra una situazione del passato, mentre nella determinazione dei costi contenuti nel piano finanziario 2018 si deve2 Per una descrizione dei cluster comunali si rimanda alla Tabella “D.2 Descrizione cluster – Smaltimento rifiuti” redatta nell’ambito della “Revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni” adottata con il DPCM del 29 dicembre 2016 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale n. 44 del 22 febbraio 2017.
considerare che molti fattori possono cambiare in quanto dipendenti dalle scelte più recenti che il gestore del servizio ha attuato o si appresta ad attuare nel corso dell’anno. Le componenti della Tabella 2.6 saranno soggette, di conseguenza, a variazione nel momento in cui si prenderà a riferimento una base dati più aggiornata nell’ambito di una fisiologica e periodica revisione della metodologia dei fabbisogni standard.
Al fine di poter utilizzare al meglio le informazioni contenute nella Tabella 2.6, si precisa che:
il dato sulle tonnellate totali di rifiuti prodotti e smaltiti e sulla quota di raccolta differenziata si riferisce a quanto il comune prevede di gestire in termini di tonnellate totali e all’obiettivo di raccolta differenziata che si prefigge di raggiungere. Tale informazione è dunque parte integrante del Piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani (a titolo di esempio si portano nell’Allegato 3 i valori riferiti alle tonnellate e alla percentuale di raccolta differenziata relativi all’annualità 2015 utilizzati per la stima dei fabbisogni standard);
le informazioni relative al prezzo della benzina a livello comunale (espresso in scostamento percentuale dalla media nazionale), di fonte Ministero dello Sviluppo Economico, sono indicate nell’Allegato 3 con riferimento all’annualità 2015 considerata nel calcolo del fabbisogno standard. Tale informazione può essere utilizzata qualora il comune non disponga di un valore più aggiornato;
per la distanza media dagli impianti, la valutazione è rimandata al comune, tenendo conto che tale valore può variare per effetto delle diverse scelte gestionali e di raccolta fatte dal comune stesso. Nello specifico, la distanza fra il comune e gli impianti si ottiene calcolando la media delle distanze, in km, fra il comune e gli impianti di conferimento, ponderata per la quantità di rifiuti, in tonnellate, trasportata verso ciascun impianto. In considerazione della complessità del calcolo richiesto si riportano nell’Allegato 3 i valori calcolati con i dati disponibili all’annualità 2013 utilizzati nel calcolo del fabbisogno standard. Tale informazione può essere presa in considerazione qualora il comune non disponga di un valore più aggiornato;
- il numero degli impianti presenti in ambito provinciale è disponibile presso la banca dati del Catasto Rifiuti messa a disposizione da ISPRA: https://www.catasto-rifiuti.isprambiente.it/index.php?pg=findimpianto.
da ultimo, nell’Allegato 3, si riporta il cluster di appartenenza di ogni comune.
In conclusione, si precisa che nell’Allegato 3 l’anagrafica dei comuni delle regioni a statuto ordinario è quella al 31 dicembre 2017 comprendente 6627 comuni, inoltre per le modalità di calcolo delle singole variabili si rimanda al capitolo 2 della nota “Revisione della metodologia dei fabbisogni standard dei comuni” approvata dalla Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard il 13 settembre 2016 e al capitolo 2 della nota “Aggiornamento a metodologia invariata dei fabbisogni standard dei comuni per il 2018” approvata dalla stessa Commissione il 13 settembre 2017. Entrambi i documenti sono pubblicati sul sito della Commissione Tecnica per i Fabbisogni Standard (https://www.mef.gov.it/ministero/commissioni/ctfs/index.html).
»»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»» »»»»»» »»»»»