Costi del servizio rifiuti e considerazione delle risultanze dei fabbisogni standard (co. 653 della legge n. 147 del 2013) Nota di approfondimento IFEL
Premessa e inquadramento normativo
Come noto, l’articolo 1, comma 653, della legge di stabilità 2014 (Legge n.147/2013 e s.m.i.) prevede che “A partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”. Nell’intento di approfondire, anche sotto il profilo operativo, quanto illustrato nelle Linee guida interpretative comma 653, art. 1, L.147/13, a cura del Mef - Dipartimento delle Finanze (d’ora in poi Linee guida), si ritiene opportuno richiamare l’attenzione su alcuni aspetti delle stesse Linee guida e fornire ulteriori strumenti per l’applicazione della norma.
La nuova disposizione, sarebbe dovuta entrate in vigore già a partire dal 1° gennaio 2016 ma, a seguito delle ripetute richieste di proroga rappresentate anche dall’Anci, la sua applicazione è slittata al 2018. Le motivazioni delle richieste di proroga – reiterate anche nel corso dell’esame parlamentare del ddl Bilancio 2018, ma non accolte – erano legate all’esigenza di approfondire le analisi che sono svolte nell’ambito della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, così da assicurare dei riferimenti anche specificati ed aggiornati per grandi categorie di costo, nonché un congruo periodo ed adeguate modalità di convergenza dei contratti di servizio con i soggetti gestori, per i casi di evidente ed ingiustificato scostamento dei costi effettivi. Tali cautele si giustificano in primo luogo per la diversità dei soggetti che, oltre ai Comuni, interagiscono nel sistema di gestione dei rifiuti urbani. Le motivazioni in questione risultano peraltro rafforzate dalla previsione, recata dalla stessa legge di bilancio 2018 (co. 527-530), di costituzione dell’ARERA, con compiti molto ampi sulla riorganizzazione del mercato dei servizi di gestione dei rifiuti, che consentirebbero – e, si auspica, consentiranno – di perseguire in modo più efficace le finalità di trasparenza e contenimento dei costi certamente sottese al comma 653.
Tuttavia, l’operatività della norma a partire dal corrente anno ha fatto emergere l’urgenza di mettere a disposizione dei Comuni un quadro interpretativo idoneo ad individuare il fabbisogno standard di ciascun ente e un orientamento per la valutazione del costo del servizio, di massima da inserire nel Piano economico finanziario (PEF) o nella delibera ad esso collegata. Tale esigenza ha trovato valido riscontro nelle “Linee guida interpretative per l’applicazione del comma 653 dell’art. 1 della legge n.147 del 2013”, elaborate dal Mef e pubblicate l’8 febbraio u.s. (https://www.finanze.gov.it/opencms/it/archivio- evidenza/evidenza/TARI-Fabbisogni-standard-Art.-1-comma-653-della-legge-n.-147-del- 2013-Anno-2018-Pubblicazione-delle-linee-guida./).
Le Linee guida, cui si rimanda integralmente per una corretta applicazione della disposizione in questione, forniscono utili chiavi di lettura della norma che non costituisce una semplice prescrizione, bensì introduce un ulteriore elemento di raffronto in un quadro normativo che “presenta già una sua completezza in termini di individuazione dei costi per predisporre il piano finanziario”. La novella normativa viene quindi opportunamente letta in coordinamento con il complesso processo che già caratterizza la determinazione dei costi e il percorso di integrale copertura degli stessi da parte della platea contributiva delle famiglie e delle imprese. Va a questo proposito sottolineato che i Comuni rappresentano, per così dire, solo l’“ultimo miglio” del procedimento tecnico e decisionale che porta alla determinazione dei costi del servizio. La sede principale del processo va certamente individuata nel PEF, rinnovato annualmente e redatto a cura del gestore del servizio sulla base dei principi specificati nel cosiddetto “metodo normalizzato” disciplinato dal D.P.R. n. 158 del 1999, in conformità al quale devono essere definite le tariffe Tari, approvate dal Comune con delibera consiliare (cfr. commi 651 e ss., 682 e 683 della legge n. 147 del 2013).
Il comma 653, come osservano le Linee guida, “richiede pertanto che il comune prenda cognizione delle risultanze dei fabbisogni standard del servizio raccolta e smaltimento rifiuti, sulla cui base potrà nel tempo intraprendere le iniziative di propria competenza finalizzate a far convergere sul valore di riferimento eventuali valori di costo effettivo superiori allo standard che non trovino adeguato riscontro in livelli di servizio più elevati”.Il Mef sottolinea inoltre che l’attuale fase va considerata di prima attuazione del comma 653, ritenendo il 2018 un anno di transizione, “in attesa di poter più efficacemente procedere ad una compiuta applicazione della norma”, elemento che porta a considerare non obbligatoria la revisione del piano economico finanziario e delle delibere tariffarie se già oggetto di approvazione, anche alla luce dell’incombenza del termine per la deliberazione dei bilanci (spostato dal 28 febbraio al 31 marzo nei giorni scorsi). Si ritiene che tale impostazione, anche considerando nel concreto la natura della prescrizione recata dal comma 653, debba comportare – nel caso di non ancora avvenuta formale approvazione delle delibere in questione – un percorso di presa d’atto delle risultanze dei fabbisogni standard che può ben essere intrapreso nell’ambito del normale iter di esame delle delibere stesse, sulla base delle indicazioni delle Linee guida e degli ulteriori elementi di seguito forniti in questa nota.
Sulla base della natura dei fabbisogni standard, va sottolineato che ogni riferimento standard (fabbisogno e relative componenti di costo) non costituisce un termine di raffronto immediato per valutare correttamente i costi effettivi del servizio rifiuti, per due ordini di motivi:
- come richiamato dalle Linee guida, i fabbisogni standard relativi al servizio rifiuti, ma anche quelli calcolati sulle altre funzioni fondamentali degli enti locali, si limitano a determinare effetti medi che provengono da un insieme di variabili caratteristiche, ma non possono tener conto “della grande eterogeneità delle specifiche configurazioni produttive nelle quali i gestori e i comuni si trovano ad operare”: dalla diversa capacità o rendimento degli impianti, alla morfologia dei territori, che, per il singolo Comune, possono produrre differenze di costo di rilevante entità;
- gli elementi qualitativi (una maggiore – o minore – intensità o accuratezza del servizio) costituiscono, di norma, altrettanti veicoli di scostamento dai valori standard di fabbisogno o di ciascuna delle componenti di costo considerate.
La metodologia impiegata nella stima dei fabbisogni standard, dunque, permette di individuare un livello medio e non “ottimale” del costo, potendo considerare soltanto alcune delle caratteristiche territoriali e di fornitura del servizio che incidono sul costo. Le Linee guida sottolineano in proposito che “eventuali divari fra quanto desumibile in termini di fabbisogno standard e quanto contenuto nei piani finanziari vanno quindi considerati anche alla luce di questi profili metodologici”. È evidente infatti che l’assenza di cautele, o l’effettuazione di confronti puramente numerici, può portare a conclusioni del tutto errate in termini di giudizi di efficienza del servizio o di gravosità del costo sopportato dagli utenti/contribuenti.
Analogamente, il riferimento temporale dei fabbisogni standard deve essere aggiornato alle effettive dimensioni previsionali del servizio, cosicché l’ammontare dei rifiuti trattati, la quota di raccolta differenziata e le altre variabili considerate siano coerenti con i costi considerati nel PEF.
In conclusione le Linee guida Mef, alla luce delle specificità dei fabbisogni standard osservano che questi “possono rappresentare solo un paradigma di confronto per permettere all’ente locale di valutare l’andamento della gestione del servizio rifiuti e che quelli attualmente disponibili sono stati elaborati avendo come riferimento finalità perequative e quindi pensati come strumento da utilizzare per la ripartizione delle risorse all’interno del Fondo di solidarietà comunale e come tali potrebbero non corrispondere integralmente alle finalità cui sottende la disposizione recata dal comma 653”.
Le modalità di aggiornamento e calcolo delle risultanze dei fabbisogni standard
Di seguito, in relazione alle componenti di costo che determinano il fabbisogno standard del servizio di gestione dei rifiuti urbani, vengono ripresi alcuni elementi di descrizione già presenti nelle Linee guida, completandoli con una serie di indicazioni operative, predisposte allo scopo di fornire un ausilio per il Comune nel calcolo del costo standard per tonnellata di rifiuti trattati, attraverso l’utilizzo dell’Applicativo di simulazione (file Excel allegato), costruito utilizzando un formato del tutto simile all’esempio di cui all’Allegato 2 delle Linee guida.
Una volta aperto il file, per visualizzare i dati relativi al proprio Ente, l’operatore deve inserire la user ID e la password utilizzate per l’accesso all’area riservata del sito IFEL rispettivamente nelle celle F5 e F6. Nel caso di perdita delle credenziali di accesso, è possibile richiederne il duplicato esclusivamente via mail (info@fondazioneifel.it).
I valori che appaiono di default si riferiscono a quanto utilizzato in sede di stima ed aggiornamento dei Fabbisogni standard per l’annualità 2018. In particolare, si tratta delle informazioni richiamate nelle Linee guida e nei relativi allegati, arricchite da dati di maggior dettaglio sulla dotazione di impianti di ciascuna provincia, tratte dalla banca dati ISPRA (pure richiamata nelle stesse Linee guida)
In alternativa, solo con riferimento alle grandezze modificabili (celle a sfondo celeste), l’operatore può impiegare quantificazioni più aggiornate inserendole nelle corrispondenti celle vuote a sfondo azzurro. Si precisa che l’Applicativo utilizza i valori prestabiliti se le celle a sfondo azzurro non sono valorizzate. Qualora si voglia tornare al calcolo del costo standard in base ai valori prestabiliti è necessario annullare le modifiche apportate. In alcuni casi, di seguito evidenziati, l’impiego di valori più aggiornati è fortemente consigliato.
Di seguito si riepilogano le grandezze rilevanti per il calcolo, con le eventuali possibilità di intervento da parte del Comune.
Costantedelmodello.E’ilparametropiùrilevantecheriportalastimadelcostomedio nazionale di riferimento per la gestione di una tonnellata di rifiuti, corrispondente a 294,64 euro, rispetto alla quale il costo standard di riferimento di ogni Comune può discostarsi, verso l’alto o verso il basso, in ragione delle caratteristiche descritte nel seguito.
Per questa variabile non è previsto alcun intervento da parte del Comune.
Regione di appartenenza. Per ogni Regione è stato stimato un effetto derivante dalle specificità geografiche locali. Si chiarisce che la regione Liguria, essendo quella convenzionalmente presa a riferimento nella stima, presenta un effetto nullo rispetto alla media nazionale.
Per questa variabile non è previsto alcun intervento da parte del Comune
Cluster o gruppo omogeneo di riferimento. La stima ha individuato 15 gruppi omogenei di riferimento, che presentano rilevanti analogie in termini di natura orografica, caratteristiche demografiche e sociali. Il Cluster 4, essendo quello convenzionalmente preso a riferimento nella stima, presenta un effetto nullo rispetto alla media nazionale.
Per questa variabile non è previsto alcun intervento da parte del Comune.
Forma di gestione associata. La stima ha individuato costi specifici associati a ciascuna forma di gestione. Ad esempio, la gestione in Unione mostra mediamente un costo standard più basso di 5,81 euro per tonnellata.
Per questa variabile il Comune può accettare la forma che appare di default o, in presenza di variazioni, può selezionare dal menu a discesa una tra le seguenti opzioni:
Unione di comuni
Consorzio tra comuni
Convenzione tra comuni Assenza di servizio
Gest. diretta/indirettaTonnellate totali di rifiuti prodotti e smaltiti. Questa variabile si riferisce a quanto il comune prevede di gestire in termini di tonnellate totali.
Per questa variabile il Comune dopo aver visualizzato il valore che appare di default, deve impiegare la quantificazione più aggiornata presente nel PEF del servizio di gestione dei rifiuti urbani.
Dotazione provinciale di infrastrutture. Il costo di smaltimento dipende dalla tipologia degli impianti presenti a livello provinciale. Ad esempio, per ogni impianto di compostaggio il costo standard si riduce di 2,15 euro per tonnellata.
Per questa variabile il Comune può accettare i valori che appaiono di default oppure imputare valori più aggiornati, disponibili presso la banca dati del
Catasto Rifiuti messa a disposizione da ISPRA (https://www.catasto- rifiuti.isprambiente.it/index.php?pg=findimpianto).
7. Prezzomediocomunaledellabenzina.Questagrandezzaentranelcalcolodellastima come scostamento percentuale rispetto alla media nazionale (1,6 €, valore utilizzato dal modello dei fabbisogni standard).
Per aggiornare il proprio valore di default, l’operatore potrà utilizzare l’apposito campo a sfondo azzurro indicando il prezzo medio comunale della benzina al litro. Il risultato viene calcolato tenendo conto della differenza percentuale tra il nuovo valore inserito nella cella a fondo azzurro e il valore medio di riferimento del modello (1,6€).
8. Quota di raccolta differenziata. La quota di raccolta differenziata entra nel calcolo come differenza rispetto alla media nazionale pari al 45,3%. Un 1% in più di raccolta differenziata rispetto alla media nazionale produce un incremento del costo standard di 1,149 euro per tonnellata1.
Per questa variabile il Comune, dopo aver visualizzato il valore che appare di default, deve reperire l’informazione più aggiornata dal PEF del servizio di gestione dei rifiuti urbani.
Si ponga particolare attenzione al fatto che un valore pari al 55,5% di raccolta differenziata nella Tavola di simulazione va indicato il numero 55,5 e non 0,555.9. Distanzafrailcomuneeilluogodiconferimento.Sitrattadelladistanzamediatra il Comune e gli impianti cui vengono conferite le differenti tipologie di rifiuto, rilevata in km, rispetto alla media nazionale pari a 32,34 per chilometro. Un km di distanza in più rispetto alla media nazionale aumenta il costo standard di 0,41 euro per tonnellata.
Per questa variabile il Comune può accettare il valore che appare di default, oppure reperire una informazione più aggiornata in quanto il valore può variare per effetto delle diverse scelte e configurazioni gestionali locali. In considerazione della sua complessità, il calcolo della distanza media viene esemplificato nel Box 1, di seguito nel testo. Si ricorda infine che per il calcolo della distanza si debbono considerare anche gli impianti fuori provincia, qualora essi siano effettivamente utilizzati.
1 La correlazione positiva tra la percentuale della raccolta differenziata e il costo del servizio non deve essere interpretata erroneamente. Tale risultato è dovuto al fatto che la percentuale della raccolta entra nel modello del costo pro-tonnellata. Se invece tale variabile fosse considerata in un modello di stima del costo procapite, il segno della relazione cambierebbe, indicando che l’aumentare di raccolta differenziata a parità di tonnellate fa aumentare il costo, ma allo stesso tempo riduce il numero di tonnellate prodotte, il che produce – di norma – un risparmio nel costo totale.
BOX 1 – Esempio di calcolo della distanza fra il comune e gli impianti
10. Economie/diseconomie di scala. Si tratta di una variabile che assume rilevanza solo nel calcolo del costo standard dei piccolissimi comuni, in quanto evidenzia la stima di un costo fisso indipendente dalle tonnellate di rifiuti gestiti, pari a 6.321,84 euro, volto a cogliere gli effetti delle economie di scala.
Per questa variabile non è previsto alcun intervento da parte del Comune in quanto l’applicativo ne calcola l’effetto utilizzando il valore di tonnellate di rifiuti che il Comune ha già precedentemente accettato o imputato.
Pericomunifusirecentemente,chesonoinfasediriorganizzazionedeiprocessi di produzione/erogazione dei servizi e in quanto tali non ancora in grado di sfruttare le economie di scala che mediamente caratterizzano un comune della dimensione post fusione, si consiglia di tenere in considerazione diverse quantificazioni di costo standard. Il confronto tra tali diverse quantificazioni consente di individuare le economie di scala che il modello propone con riferimento al complesso dei Comuni fusi rispetto alla situazione (presumibilmente di maggior costo) dei singoli Comuni più piccoli partecipanti alla fusione stessa. Le quantificazioni sono:
(a) il costo che emerge per il complesso dei Comuni fusi, con le avvertenze ricordate nei punti precedenti
(b) la somma dei costi dei singoli comuni originari, ottenuti utilizzando i valori comuni per tutte le variabili tranne le grandezze relative alle tonnellate di rifiuti che invece devono essere propri degli enti facenti parte della fusione.
Si ritiene infine che al costo complessivo calcolato a seguito dell’aggiornamento dei dati debbano essere aggiunte due poste di natura fiscale e amministrativa, che non erano considerate dal modello di calcolo dei fabbisogni standard. particolare, di:
costi amministrativi della gestione/riscossione del tributo o tariffa corrispettiva, che nella nomenclatura del piano finanziario sono identificati dalla sigla CARC;
costi derivanti dalle mancate riscossioni per crediti inesigibili, che sono anche menzionati dal comma 654-bis della legge n. 147 del 2013, con riferimento alle inesigibilità emergenti dalle precedenti versioni del tributo: Tares, Tia1, Tia2.
2018_02_19_Applicativo_calcolo_standard_RSU_Excel_97-2003.xls
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