Corte Cass. SS.UU. 12310 del 15/06/2015
Le Sezioni Unite, componendo il relativo contrasto, hanno affermato che la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio e senza che, perciò solo, si determini la compromissione delle potenzialità difensive della controparte, ovvero l’allungamento dei tempi processuali. Ne consegue l’ammissibilità della modifica, nella memoria ex art. 183 cod. proc. civ., dell’originaria domanda formulata ex art. 2932 cod. civ. con quella di accertamento dell’avvenuto effetto traslativo.
Corte Cass IV Sentenza n. 174 del 09/01/2015
si può profilare una netta distinzione tra mutamenti di orientamenti costanti di giurisprudenza della Corte di cassazione riguardanti I’interpretazione di norme sostanziali e mutamenti che concernono norme processuali, dovendosi per i primi confermare il carattere in via di principio retrospettivo dell’efficacia del precedente giudiziario. In questa direzione si è espressa, del resto, Cass.S.U. n. 13676/14, affermando che "...affinchè si possa parlare di prospective overruling, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto overruling comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte (Cass. nn. 28967 del 2011, 6801 e 13087 del 2012, 5962 e 20172 del 2013)."
.. l'attività interpretativa delle norme giuridiche compiuta da un Giudice, in quanto consustanziale allo stesso esercizio della funzione giurisdizionale, non possa mai costituire limite alla attività esegetica esercitata da un altro Giudice, dovendosi richiamare al proposito il distinto modo in cui opera il vincolo determinato dalla efficacia oggettiva del giudicato ex art. 2909 c.c. rispetto a quello imposto, in altri ordinamenti giuridici, dal principio dello "stare decisis" (cioè del "precedente giurisprudenziale vincolante") che non trova riconoscimento nell'attuale ordinamento processuale"- cfr. Cass. n. 23723/2013; conf. Cass. n. 24438/2013; Cass. n. 24339/13; Cass. n. 23722/13.
"...benché non esista nel nostro sistema processuale una norma che imponga la regola dello "stare decisis", essa tuttavia costituisce un valore o, comunque, una direttiva di tendenza immanente al l’ordinamento, in base alla quale non ci si può discostare da una interpretazione del giudice di legittimità, investito istituzionalmente della funzione nomofilattica, senza delle forti ed apprezzabili ragioni giustificative...", pure aggiungendosi che l’introduzione dell'art.380 bis c.p.c. "...ha accentuato maggiormente l’esigenza di non cambiare l'interpretazione della legge in difetto di apprezzabili fattori di novità (Cass. S U. 5-5-2011 n. 9847), in una prospettiva di limitazione dell'accesso al giudizio di legittimità coerente con l’esercizio della funzione nomofilattica".
Nel processo civile, il giudice dovrà considerare le prove che sono state presentate dalle parti nonchè i fatti che non sono stati specificataemten contestati dalle altre parti costituite. L’attuale formulazione dell’art. 115 c.p.c., (legge n. 69/2009), statuisce che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti e i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. La disciplina anteriore prevedeva che prove civiliaffinché il fatto allegato da una parte potesse considerarsi pacifico, non era sufficiente la mancata contestazione ed occorreva che la controparte ammettesse esplicitamente il fatto o che impostasse il sistema difensivo su circostanze e argomentazioni logicamente incompatibili con la sua negazione.
Cassazione civile, sez. I , 20 dicembre 1985, n. 6525 - Pres. Scanzano - Est. Caizzone.
Società - Di persone fisiche - Società semplice - Scioglimento - Cause - In genere - Domanda di accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento - Liquidazione della quota di un socio ed eventuale ripartizione dell'altro da parte del giudice adito - Necessità del consenso di tutti i soci.
Il giudice adito con domanda di accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento di una società di persone non può procedere alla liquidazione della quota di un socio, ed alla eventuale ripartizione dell'attivo, quando manchi una concorde istanza di tutti i soci, atteso che, all'infuori di tale ipotesi, la suddetta liquidazione e ripartizione restano affidate al procedimento contemplato dagli artt. 2275-2283 cod. civ., nello ambito del quale l'intervento dell'autorità giudiziaria non può essere esteso, senza il consenso di tutti i soci, al di là dei casi tassativamente contemplati.
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