LOCAZIONE

 

Il contratto di locazione secondo il Codice Civile

La disciplina delle locazioni trova regolamentazione sia nel codice civile (artt. Da 1571 a 1614 c.c.) sia in diverse leggi specifiche (locazione ad uso abitativo: L. 392/1978 e L. 431/1998; locazione ad uso commerciale: L. 392/1978).


Prima di analizzare gli aspetti più specifici del contratto di locazione è opportuno operare un discrimine tra il significato di locazione e quello di affitto, poichè spesso tali termini vengono usati come sinonimi e quindi adoperati impropriamente.
-Con il termine locazione ci si riferisce ad un bene mobile od immobile.
-Con il termine affitto ci si riferisce ad un contratto che abbia ad oggetto una cosa: mobile, immobile o anche un’universalità di mobili (come l'azienda), avente carattere produttivo .

La locazione è il contratto con il quale una parte (tecnicamente definita “locatore”) si obbliga a far godere di un proprio bene, sia mobile che immobile, un'altra parte (tecnicamente “conduttore” o “locatario”), per un periodo di tempo determinato, in cambio di un corrispettivo in denaro.
Il contratto di locazione ha natura consensuale, poichè si perfeziona nel momento in cui le parti, locatore e conduttore, pongono in essere un valido scambio del consenso in seguito al raggiungimento dell'accordo; non risulta, infatti, necessario che vi sia la consegna materiale della cosa.
Secondo un altro aspetto, quello di locazione, è un contratto “a effetti obbligatori”, poiché da esso non deriva l'acquisizione, in capo al destinatario, di alcun diritto reale sul bene, ma semplicemente il diritto di godere e di usare quel bene per un tempo determinato e solo per l'uso consentito e specificato nel contratto medesimo.

Gli elementi essenziali del contratto di locazione

Il contenuto dei contratti di locazione può variare in relazione alla tipologia contrattuale che le parti, intendono porre in essere e delle clausole che le stesse inseriscono nell'ambito della loro autonomia negoziale, tenendo però conto di eventuale nullità che potrebbe derivare da eventuali patti contra legem.
Nonostante la possibilità di adozione di svariati modelli contrattuali e indipendentemente dalla tipologia degli stessi, risulta possibile l'individuazione di elementi tipici cui il locatore e il conduttore devono attenersi nella redazione di un contratto di locazione.

Gli elementi essenziali saranno quindi:

1) la data di stipula del contratto;
2) l'indicazione dettagliata delle generalità delle parti;
3) l'identificazione del bene;
4) il prezzo del canone di locazione;
5) la durata della locazione.

Passiamo ora ad esaminare più nel dettaglio tali elementi.

1) La data di stipula del contratto
Per data di stipula si intende la data in cui è avvenuta la firma del contratto, a partire dalla quale inizia ufficialmente il decorso dello stesso, come pattuito e fissato dalle parti.
Nel caso in cui la data di stipula e la data di decorrenza (la quale può essere anteriore a quella della stipula) fossero coincidenti, inizierebbe a decorrere il termine concesso alle parti per la registrazione del contratto che, laddove prevista, deve essere effettuata entro trenta giorni (dalla data della stipula o, se questa è posteriore, da quella di decorrenza).
La legge prevede che tutti i contratti di locazione siano obbligatoriamente registrati dal locatore o dal conduttore, versando le imposte dovute (in base al regime, ordinario o sostitutivo, prescelto), qualunque sia l'ammontare del canone pattuito e la durata, salvo che la stessa non superi i trenta giorni complessivi nell'anno.

 

2) L'indicazione dettagliata delle generalità delle parti

Altro elemento necessario risulta essere l'indicazione dettagliata delle generalità delle parti, dove per parti, in questo specifico caso si intendono i soggetti che stipulano il contratto di locazione, cioè: il locatore e il conduttore.
I dati occorrenti per entrambe le parti sono: nome e cognome (o ragione sociale se si tratta di un'azienda), data e luogo di nascita, indirizzo di residenza (o sede sociale), codice fiscale (o partita iva).

3) Identificazione del bene
Tale elemento risulta necessario al fine di identificare l'oggetto del contratto.
Nel caso del contratto di locazione con oggetto un bene immobile, sarà necessario indicare tutti i dati idonei alla sua identificazione.
Oltre all'indirizzo completo, con la precisazione di eventuale scala e piano, all'ubicazione nel comune di pertinenza, devono essere riportati anche i dati catastali dell'immobile (partita, sezione, categoria, zona censuaria, ecc.), i locali e i servizi di cui si compone, oltre alle eventuali pertinenze, e l'uso per cui viene ceduto in locazione (abitazione, ufficio, albergo, laboratorio, ecc.).

4) Il prezzo del canone di locazione
Il codice civile, all'art. 1571, indica la necessità di determinazione (o almeno di determinabilità) del corrispettivo spettante al locatore per la cessione del bene al conduttore, nel caso in cui l'ammontare del corrispettivo non risulti determinato o determinabile si potrà avere un'ipotesi di nullità del contratto.
Il corrispettivo è definito anche come canone di locazione ed equivale alla somma che il conduttore si obbliga a versare, periodicamente, al locatore (o a un suo valido rappresentante).
Nel codice, la determinazione del canone è affidata alla libera pattuizione delle parti, sebbene, attraverso varie leggi, tale libertà sia stata notevolmente limitata.
Il canone pattuito in sede di stipula del contratto può subire, nel corso della durata della locazione variazioni e aggiornamenti sulla base degli indici medi accertati dall'Istat. Le parti, all'interno del contratto, possono di specificare le voci di cui si compone il corrispettivo dovuto.
A tal proposito, è bene distinguere tra: corrispettivo annuo, spese annue e rata pattuita.
Per "corrispettivo annuo" è da intendersi il prezzo concordato per la locazione dell'immobile, escluse le spese.
Le "spese annue", d'altro canto, comprendono tutte le somme dovute per gli oneri accessori connessi, essenzialmente, alle spese per le utenze (acqua, spazzatura, ecc.) e a quelle condominiali (compenso del portiere, manutenzione dell'ascensore, riscaldamento, ecc.), o ad altre voci eventualmente specificate, in genere ripartite addebitando al conduttore gli oneri relativi all'ordinaria amministrazione e alla fornitura di servizi comuni, prevedendo, invece, a carico del locatore quelli relativi alle opere di straordinaria manutenzione.
La "rata pattuita", infine, è la cifra da pagare ad ogni scadenza specificata nel contratto ed è il risultato della somma delle due voci precedenti (corrispettivo annuo e spese annue) suddiviso per il numero delle rate annue previste (dodici se il pagamento è mensile, quattro se è quadrimestrale, e così via).

5) La durata del contratto di locazione
La determinazione della durata è requisito essenziale del contratto locatizio.
Il codice civile stabilisce il limite massimo alla locazione che, secondo l'art. 1573 c.c., non può superare i trent'anni, non prescrivendo, tuttavia alcuna durata minima, lasciando alle parti ogni determinazione al riguardo, e rimandando, qualora le stesse non stabiliscano alcun termine, alle locazioni senza determinazioni di tempo previste dall'art. 1574 c.c.
La durata del contratto è normalmente stabilita dalle diverse leggi speciali emanate in materia che si occupano di definire i termini di decorrenza (ad es. 4 anni per i contratti ad uso abitativo, ex l. n. 431/98; 6 anni per i contratti ad "uso diverso" e 9 anni per uso alberghiero ex l. n. 392/78, ecc.), quelli previsti per il rinnovo (ad es. 4+4 per i contratti ad uso abitativo) e le condizioni per esercitare, nei tempi e nelle modalità previste dalla legge, la disdetta del contratto.
Per quanto riguarda la forma del contratto di locazione, il legislatore ha previsto la forma scritta a pena di nullità.

La nullità del contratto in generale (art. 1418 c.c.)

La nullità del contratto può essere intesa come la conseguenza che si verifica ogni qual volta il negozio giuridico presenta un vizio particolarmente grave (mancanza di un elemento essenziale, illiceità del negozio o della causa o dei motivi) che non può essere eliminato attraverso meccanismi di sanatoria .
È possibile quindi affermare che la nullità è la patologia più grave in quanto fa venire meno tutti gli effetti del contratto, è come se il contratto non fosse mai stato posto in essere dai contraenti.
Risulta pertanto interessante analizzare le conseguenze della nullità nel processo giurisdizionale.
In primo luogo il legislatore ha previsto l'azione di nullità, che è un'azione di accertamento, cioè il giudice si limita ad accertare che il negozio giuridico sia affetto da nullità e quindi la sentenza non potrà che essere una sentenza dichiarativa.
Le caratteristiche principali relative alla nullità possono essere individuate negli articoli 1421 (legittimazione all’azione di nullità) e 1422 (imprescrittibilità dell’azione di nullità) del Codice Civile e possono essere così riassunte:

  1. legittimazione ad agire molto ampia, in quanto chiunque vi abbia interesse può farla valere in giudizio
  2. azione di accertamento
  3. rilevabilità d’ufficio

La nullità nel contratto di locazione 
Il contratto di locazione è stato oggetto di molteplici interventi legislativi oltre che di numerosi dibattiti giurisprudenziali vertenti sia sul merito che sulla legittimità. Attualmente sono configurabili tre tipologie di nullità del contratto di locazione:
- Nullità per mancanza di forma scritta (art.1 comma quarto l. 431/1998)
- Nullità dei patti contrari alla legge (art.13 l. 431/1998)
- Nullità per omessa registrazione del contratto di locazione Art. 1,comma 346 l.311/2004 e d.lgs n. 23/2011 Analizziamo di seguito le diverse tipologie di nullità :

1 - Nullità per mancanza di forma scritta

Con questa disciplina è possibile comprendere che il legislatore nel 1998 ha introdotto un requisito essenziale del contratto di locazione e cioè la forma scritta.
Il legislatore ha quindi derogato il principio della libertà delle forme secondo cui la volontà può essere manifestata attraverso qualsiasi strumento o modalità idonea a renderla conoscibile.
Essendo questo un principio generale del nostro ordinamento, per essere derogato è risultata necessaria un’espressa previsione normativa individuabile nell’art.1 comma 4 della l. 431/1998.
Tale comma prevede testualmente che, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, “per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta ciò per una pluralità di ragioni: risponde alla finalità di attribuire alle parti (specialmente al conduttore) certezza dei propri diritti ed obblighi, per garantire la certezza dei rapporti giuridici, per stabilizzare un canone che, seppur liberalizzato, doveva rimanere quello indicato nel contratto per tutta la durata del rapporto e poi, al fine di assicurarne una più ampia pubblicità, allo scopo di contrastare l’evasione fiscale. Pur non essendo la forma scritta prevista espressamente a pena di nullità secondo la formula dell’art. 1325, n. 4, c.c., la ricordata norma equivale in tutto alla previsione della forma scritta quale requisito essenziale del contratto, in precedenza limitata ai contratti ultranovennali ex art. 1350, n. 8, c.c..
Si può dunque ritenere che la nullità per difetto di forma scritta abbia carattere assoluto, e che, non essendo disposta nell’interesse di una parte piuttosto che ddi un’altra, non sia sanabile e sia rilevabile d’ufficio ex art. 1421 c.c con efficacia ex tunc. L’accertamento della nullità travolge l’intero assetto contrattuale e priva di causa le prestazioni delle parti, che tuttavia potranno trovare riequilibrio in applicazione dell’art. 2041 c.c., atteso che l’occupante dovrà rilasciare l’immobile, ma avrà diritto alla restituzione di quanto pagato, pur riconoscendo al proprietario un importo corrispondente all’uso dell’immobile, tendenzialmente sulla base del canone di mercato; il proprietario dovrà così restituire solo l’eventuale eccedenza rispetto a tale misura del canone, poiché, diversamente, l’occupante verrebbe ad arricchirsi senza causa dell’intero valore dell’uso dell’immobile.
Unica eccezione all’insanabilità prevista da tale disposizione era rappresentata dall’art 13 co 5 l. 431/1998 (prima della legge di stabilità del 2006). Fa eccezione all’ insanabilità il caso del locatore che abbia preteso la forma verbale, condizionando alla stessa l’instaurazione di un rapporto di locazione in violazione dell’art. 1, comma 4. In tal caso il rapporto di fatto che ne deriva è soggetto alla diversa disciplina dell’art 13, comma 5, legge n. 431/1998, la quale, in deroga ai principi generali della insanabilità del contratto nullo, riconosce al conduttore la possibilità di esperire una specifica azione finalizzata alla sanatoria del rapporto contrattuale di fatto venutosi a costituire in violazione di una norma imperativa .
Per contro, nel caso in cui la forma verbale sia stata pretesa dal conduttore, la nullità colpirà entrambe le parti del contratto secondo i principi generali in tema di contratto nullo. Ne seguirà il diritto del locatore di agire per il rilascio dell’immobile occupato senza alcun titolo, e quello del conduttore di ottenere la (parziale) restituzione delle somme versate a titolo di canone nella misura eccedente quella del canone di mercato, poiché, come già osservato, la restituzione di tutto quanto pagato sarebbe causa di un ingiustificato arricchimento dell’occupante.

La dichiarazione di nullità ad ogni modo determina:

  1. il diritto del conduttore alla ripetizione dei canoni pagati (art. 2033 c.c.);
  2. il diritto del locatore alla restituzione dell’immobile ed a trattenere i canoni riscossi quale corrispettivo dell’occupazione (art. 2041 commi secondo e primo c.c.)

Diverse sono le tesi elaborate dalla giurisprudenza di merito:
Tesi 1)la forma scritta del contratto di locazione è richiesta ad substantiam. La norma speciale, infatti, secondo alcune pronunce, andrebbe letta in combinato disposto con l'art. 1418 cod. civ. - che sanziona con la nullità la mancanza di uno dei requisiti di cui all'art. 1325 cod. civ. ivi compresa la forma del contratto se prevista a pena di nullità -, mentre, secondo altre, andrebbe coniugata con il disposto dell'art. 1350 n. 13 - che contempla, tra gli atti che devono farsi per iscritto a pena di nullità, anche quelli "specificamente indicati dalla legge" . Un ultimo gruppo di sentenze evocano, infine, le norme di cui agli artt. 1352 e 2739 cod. civ. quanto al significato da attribuire al requisito di forma in difetto di univoche prescrizioni

Tesi 2) la mancanza di un’espressa previsione della sanzione della nullità dovrebbe indurre a ritenere che la forma scritta richiesta per il contratto di locazione di immobile ad uso abitativo sia soltanto ad probationem e non sia un requisito essenziale del contratto.

Tesi 3) necessaria la forma scritta ad essentiam, limitando, peraltro, la rilevabilità della nullità in favore del solo conduttore nella specifica ipotesi di cui all'art. 13, comma 5 della l. n. 431 del 1998, che gli accorda una speciale tutela nel caso in cui gli sia stato imposto, da parte del locatore, un rapporto di locazione di fatto, stipulato soltanto verbalmente (nella formulazione vigente prima della modifica di cui alla legge di Stabilità 2016).

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, però, si sono orientate verso il terzo filone riferendosi ad una forma scritta ad essentiam che, ad ogni modo, non si pone in contrasto con il primo filone giurisprudenziale (nullità ad substantiam) poichè regolano due fattispecie diverse.
Le Sezioni Unite in conclusione affermano che il contratto di locazione, ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta richiesta dall’art.1 comma 4 della l. 431/1998 è affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio, attesa la ratio pubblicistica di contrasto all’evasione fiscale, eccettuata l’ipotesi in cui la forma verbale sia stata imposta dal locatore, nel qual caso l’invalidità è una nullità di protezione del conduttore, solo da lui denunciabile.

2) Nullità per patti contrari alla legge

La seconda tipologia di nullità del contratto di locazione è quella per patti contrari alla legge. Il riferimento normativo a questa tipologia di nullità, è inserito all'interno della legge 431/1998 all'art 13, rubricato ''patti contrari alla legge''.
Il primo comma riporta :'' E' nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato''. Infatti la nullità colpisce la sola pattuizione nel corso dello svolgimento del rapporto locatizio di un canone più elevato rispetto a quello risultante dal contratto originario, non colpisce invece,il contratto scritto e registrato che continua ad essere valido.
La norma,infatti, è espressione del principio della invariabilità del canone fissato nel contratto per tutto il tempo della durata del rapporto di locazione.
Il terzo comma dello stesso articolo riporta: ''E' nulla ogni pattuizione volta a derogare i limiti di durata del contratto stabiliti dalla presente legge'' , quindi per contratti a canone libero e per quelli c.d. convenzionali.
Con il contratto a canone libero il locatore mette a disposizione del conduttore un immobile destinato ad abitazione dietro pagamento di un corrispettivo liberamente determinato dalle parti canone libero . Il contratto di locazione convenzionato (o a canone concordato), è invece una forma di contratto d’affitto che prevede un canone più basso di quello di mercato e agevolazioni fiscali a favore del proprietario per compensarlo dell’eventuale minor reddito.

La giurisprudenza in materia ha contribuito ad un migliore inquadramento della materia.

- Secondo la Cass civ, III Sez., 19568/2004, la nullità per patti contrari alla legge fa riferimento ai soli contratti di locazione di immobili adibiti ad uso abitativo ma non si applica alle c.d. abitazioni in villa, cioè agli immobili inclusi nella categoria catastale A/8. Per le abitazioni in villa non è prevista alcuna nullità collegata a limiti di durata del rapporto o misura del canone,per questo non è possibile usufruire della speciale azione del conduttore di riconduzione del rapporto a condizioni conformi allo schema di validità.

- Secondo la Cass.Civ., III Sez., 16089/2003 questa ipotesi di nullità non si riferisce alle ipotesi di simulazione relativa del contratto di locazione rispetto alla misura del corrispettivo.
Infatti sulla base di una lettura costituzionalmente orientata dell'art 13 non rileva tra le parti la totale omissione di adempimento fiscale. Non può sostenersi infatti che un simile tipo di nullità abbia voluto sanzionare la meno grave delle ipotesi della sottrazione all'imposizione fiscale di una parte soltanto del corrispettivo, cioè quello eccedente il canone risultante dal contratto scritto e registrato, mediante una pattuizione scritta ma non registrata.

-Ultima, ma non meno importante, è la sentenza della Cass. Civ. ,SS UU, 18213/2015 in tema di locazione immobiliare ad uso abitativo. In questo la nullità prevista dall'art 13 della legge 431/1998 sanziona esclusivamente il patto occulto di maggiorazione del canone oggetto di un procedimento simulatorio mentre resta valido il contratto registrato e resta dovuto il canone apparente. Il patto occulto in quanto nullo non è sanato dalla registrazione tardiva in quanto si tratta di un fatto extranegoziale inidoneo a influire sulla validità civilistica. In questo caso il riferimento è ad un contratto stipulato prima del 2005, cioè prima della legge finanziaria di quell'anno che, all'art 1 co. 346, fa riferimento alla nullità per omessa registrazione del contratto.

3 - Nullità per omessa registrazione del contratto

La disciplina di riferimento per la nullità per omessa registrazione del contratto è la Legge n 311/2004 (finanziaria 2005) dove l’art.1 comma 346 dispone: “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti reali di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.”
La norma si applica ai contratti di locazione di immobili sia per uso abitativo che per uso diverso sia per i contratti che attribuiscono un diritto di godimento.

COSA SUCCEDE SE SI PROCEDE AD UNA REGISTRAZIONE TARDIVA DEL CONTRATTO?
LA GIURISPRUDENZA DI MERITO HA ELABORATO TRE TESI DIFFERENTI SECONDO CUI LA TARDIVA REGISTRAZIONE DEL CONTRATTO DI LOCAZIONE COMPORTA TRE DIFFERENTI CONSEGUENZE:

  1. La tardiva registrazione del contratto di locazione sana con effetti ex tunc la nullità del contratto in quanto l’adempimento previsto dalla normativa fiscale deve essere considerato alla stregua di condicio iuris con la conseguenza che gli effetti retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto a norma dell’articolo 1360 comma primo, come stabilito anche da TRIBUNALE MODENA 12 GIUGNO 2006;
  2. La tardiva registrazione del contratto di locazione sana con effetti ex nunc la nullità del contratto e quindi prima della registrazione il contratto è improduttivo di effetti ( TRIB. BARI ORD 24 OTTOBRE 2011 E SENT 852/12);
  3. La tardiva registrazione del contratto di locazione non sana la nullità del contratto perché si verte in ipotesi di nullità assoluta rilevabile d’ufficio ossia come manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.1 comma 346, sollevata dal Tribunale ordinario di Torino (ord.1 giugno 2006) nella parte in cui prevede che i contratti di locazione sono nulli se non sono registrati, pur ricorrendo i presupposti per effettuare tale registrazione, per contrasto con l’art.24 della Costituzione, perché, subordinando il rapporto civilistico all’adempimento di un onere, qual è la registrazione, che ha finalità esclusivamente fiscali, condizionerebbe all’adempimento di tale onere l’esercizio del diritto del locatore di agire in giudizio. La norma non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 codice civile.

 

E’ da ritenere maggiormente condivisibile la terza tesi come anche confermato dalla Corte Costituzionale nella suddetta sentenza ma anche dalla Corte di Cassazione.

Ai fini di ricostruire al meglio la vicenda in funzione di quanto ha statuito la sentenza Travaglino (SS.UU. 18213/2015), occorre, in primis, partire dal dato normativo e dalla sua frammentazione e frammentarietà. Come è stato più volte precisato nel corso di questa trattazione, vige nel nostro ordinamento un (presunto) principio della libertà delle forme che, probabilmente ,rileva, più che per la sua reale portata ed applicazione, per le innumerevoli deroghe ed eccezioni che ad esso vengono collegate.
L’art 1350 cod.civ., a tal proposito, elenca gli atti per cui la forma scritta è prevista a pena di nullità (n.9: durata superiore ai 9 anni).
Numerose pronunce della Giurisprudenza di merito avevano ammesso la sanabilità ex tunc della nullità per omessa registrazione mediante registrazione tardiva. L’adempimento previsto dalla normativa fiscale deve essere quindi considerato condicio iuris, con la conseguenza che gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono nel tempo (“attesa la finalità eminentemente fiscale della norma in esame la registrazione ancorchè tardiva, determinando l’emersione del contratto non registrato e l’applicabilità delle relative sanzioni, comporta la sanatoria ex tunc della nullità”). (Per tutte: Tribunale di Torino, sentenza 4515/13 est G.A Morbelli).
Secondo un altro orientamento della Giurisprudenza di merito, la sanatoria avverrebbe ex nunc e, conseguentemente, ciò importerebbe la nullità del contratto e la relativa improduttività degli effetti prima della registrazione.
La terzi tesi osserva che la tardiva registrazione non sana la nullità del contratto perché siamo dinanzi a nullità assoluta (1418 cod.civ.) e rilevabile d’ufficio.
Quest’ultima tesi si ricollega alla pronuncia della Corte Costituzionale n.420/2007 sulla manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.1 , comma 346 della n. 311/2004 (Finanziaria 2005), sollevata dal Tribunale ordinario di Torino (ord.1 giugno 2006), nella parte in cui prevede che i contratti di locazione sono nulli se non son registrati. Tale norma, evidentemente, pur non producendo un ostacolo al ricorso alla tutela giurisdizionale ex art. 24 Cost (che con l’ordinanza de qua era tatto invece prospettato), sicuramente eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la cui violazione determina la nullità del negozio ai sensi dell’art 1418 cod. civ.
Le Sezioni Unite n. 18213/2015 richiamano le tesi di cui sopra e la tesi della c.d. “invarianza del canone” ed affermano che la questione della tardiva registrazione è mal posta poiché “manca proprio l’oggetto (e il presupposto) della sanatoria”. L’atto negoziale avente successiva funzione di controdichiarazione che emerge dal procedimento simulatorio è insanabilmente affetto da nullità per contrarietà a una norma imperativa. Da ciò ne consegue, in maniera sillogistica, che non può predicarsi una nullità sopravvenuta dell’atto in presenza della registrazione, che costituisce un requisito extraformale di un negozio che , identico al primo, differisce da esso solo per l’indicazione del canone maggiore. Da qui il rigetto del ricorso.
Il legislatore, prendendo atto delle riflessioni della giurisprudenza, aveva infatti espressamente previsto la possibilità di registrazione tardiva con sanatoria ex nunc (secondo quanto disposto dal d. lgs. n. 23/2011 agli art. 3 commi 8 e 9 in materia di Federalsimo Fiscale Municipale) a beneficio del solo conduttore motivo per il quale, ancora una volta, ben 5 Tribunali hanno sollevato questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 23, 41, 42,53, 55, 70, 76, 97.
La Corte Costituzionale, riuniti i giudizi, si pronuncia con la sentenza 50/2014 dichiarando l’illegittimità costituzionale della disciplina per eccesso di delega (art. 76 Cost.) della legge delega n.42 del 2009 secondo cui il legislatore delegato si sarebbe dovuto attenere ai principi sanciti dallo Statuto del diritti del contribuente (l. 212/2000).
In particolare, all’art 10 comma 3 del suddetto Statuto, è sancito che “le violazioni di disposizione di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”. La Corte Costituzionale ribadisce che il sindacato di legittimità costituzionale sulla delega legislativa si esplica attraverso il confronto tra le risultanze di due “processi ermeneutici paralleli”. Il primo riguarda l’oggetto, i principi e i criteri direttivi indicati dalla legge di delegazione nella individuazione delle ragioni e delle relative finalità. Il secondo riguarda le disposizioni stabilite dal legislatore delegato, da interpretarsi nel significato compatibile con i principi e i criteri direttivi della delega. Suggerisce ancora la corte la necessità che il legislatore delegato introduca disposizioni che costituiscano il diretto sviluppo di quei principi frutto delle indicazioni fornite dal legislatore delegante.
Argomentando la Corte in relazione al caso di specie ammette, che il ricorso è fondato con riferimento ad un eccesso di delega profilatosi circa quanto sancito all’art 10 comma 3 della l. 212/2000 “Statuto dei diritti del contribuente” con la conseguenza che la mera inosservanza del termine per la registrazione di un contratto di locazione non può legittimare una novazione del canone o della durata. Inoltre, gli obblighi di informazione del contribuente risulterebbero omessi operando la sostituzione contrattuale in maniera automatica. La Corte Costituzionale dichiara quindi la illegittimità costituzionale dei commi 8 e 9 dell’art. 3 del d. lgs. 23/2011 per contrasto con l’art.76 della Costituzione, assorbendo gli ulteriori profili di illegittimità prospettati.

In occasione dell'Expo 2015, il nostro Legislatore ha reintrodotto temporaneamente, gli effetti di altra norma già dichiarata illegittima dalla Corte stessa che serviva a fronteggiare l'emergenza abitativa, rilanciare il mercato delle costruzioni e, più in generale, si occupava della lotta all’occupazione abusiva di immobili”. La legge 80/2014 ha convertito il decreto legge 47/2014 recante misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015. Il decreto si occupava nello specifico degli effetti giuridici dei contratti di locazione registrati tardivamente.
Secondo i Giudici di merito che hanno sollevato la questione, la nuova norma contrasterebbe anzitutto con l’art. 136 Cost., poiché si reintroduce nell'ordinamento una norma già dichiarata incostituzionale e con l’art. 3 Cost., perché introducendo un limite temporale avrebbe introdotto un ingiustificato regime discriminatorio.
Secondo la Consulta la questione di illegittimità è fondata proprio perchè la norma proroga gli effetti di una norma già dichiarata incostituzionale. Dai lavori parlamentari emerge che la ratio di questa norma è quella di tutelare i soggetti che hanno applicato la legge, poi soggetta ad incostituzionalità, facendo beneficiare gli inquilini di una prorogatio che altrimenti non avrebbe trovato applicazione nel nostro ordinamento. Se è vero che la Corte non può sostituirsi al legislatore, è anche vero che il legislatore non può vanificare una pronuncia della Corte Costituzionale con l’introduzione di una legge che reintroduca, sia pure in via transitoria, la norma già dichiarata illegittima.


 

 

 

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