L’errore, quale vizio del consenso, è di due tipi: si parla di errore vizio, se insorge nella formazione della volontà o nella sua dichiarazione ed è l’errore vero e proprio; si tratterà invece di errore ostativo, se consiste in un’anomalia della dichiarazione.
Volendo fornire delle nozioni generali introduttive di tale fattispecie di vizio, ricordiamo che l'errore può insorgere sia nella formazione della volontà negoziale che nella dichiarazione della stessa:
nella prima ipotesi si tratterà di “errore vizio” della volontà negoziale, nella seconda invece opererà quale anomalia della dichiarazione, indicandosi come "errore ostativo".
Per l’art. 1428 l’errore è causa di annullamento del contratto solo se essenziale e riconoscibile.
Per l'art. 1433 le disposizioni relative all'errore vizio si applicano anche all'errore ostativo: anche l'errore ostativo è rilevante come causa di annullamento solo se essenziale e riconoscibile.
L' errore vizio è l’errore vero e proprio, quale vizio della volontà, consistente in una falsa rappresentazione della realtà rilevante nella formazione del consenso.
La nozione di contratto può prescindere dalla volontà interna dei dichiaranti ma non può prescindere dal significato sociale del contratto quale atto decisionale delle parti. Il regolamento non è contrattuale perché regola il rapporto dei contraenti ma perché trova la sua fonte nell'accordo di questi. La mancanza di una volontà interna corrispondente a quella manifestata non esclude quindi la formazione del contratto ma pone un altro problema e cioè quello della tutela del dichiarante e dei limiti di questa. Nella disciplina contrattuale il limite fondamentale è dato dalla riconoscibilità dell'errore e cioè dall'affidamento della controparte.
L’errore vizio consiste in una falsa rappresentazione della realtà. Esso può essere un errore di fatto e di diritto: l
L' errore di fatto cade su una circostanza di fatto la cui falsa rappresentazione incide nella determinazione dell'assetto di interessi. (Ad esempio un visitatore acquista un determinato quadro ad un prezzo elevato per averlo attribuito ad un pittore di prestigiosa scuola.)
L'errore di diritto cade sull'esistenza o interpretazione di una norma giuridica che regola fatti o rapporti la cui rappresentazione incide su una regolamentazione di interessi.
Per l`art. 1428 c.c, l’errore è causa di annullamento del contratto quando è essenziale e riconoscibile dall'altro contraente.
Bisogna dunque verificare se un soggetto delle medesime qualità personali e professionali destinatario della dichiarazione, nelle circostanze di fatto in cui il contratto è stato concluso, era o meno in grado di riconoscere l'errore in cui è caduto il dichiarante.
Secondo l’articolo 1429,errore è essenziale quando:
- Riguarda la natura o l’oggetto del contratto;
- Cade sull’identità o su una qualità dell’oggetto, che risultano determinanti per il consenso;
- Riguarda l’identità o una qualità della persona dell’altro contraente;
- Trattandosi di errore di diritto questo rappresenta la ragione unica o principale che ha determinato il consenso
Secondo l’art. 1431, l’errore è riconoscibile quando una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo (in base al contenuto, alle circostanze del contratto o alla qualità delle parti
L'errore riconoscibile è l'errore palese ed è causa di invalidità del contratto anche se inescusabile. La non scusabilità dell'errore incide per altro sul tema della responsabilità precontrattuale. In giurisprudenza su ritiene che la riconoscibilità non sia un requisito necessario nel caso di errore comune o bilaterale. L'argomento principale in tal senso è che non vi è un affidamento da tutelare. L'argomento è criticato in dottrina. Nell'errore comune riscontrabile quando entrambi i contraenti danno per vera una circostanza falsa la parte è appunto a conoscenza della rappresentazione falsa dell'altra. In tal caso la ragione dell'affidamento viene meno perché ciascuna parte sa che l'altra ha stipulato sulla base di quella rappresentazione e sul presupposto della sua rispondenza al vero. In quanto il requisito della riconoscibilità dell'errore è posto a tutela dell'affidamento ne consegue che a maggior ragione deve rilevare la conoscenza effettiva della controparte in ordine all'errore del dichiarante. Trattandosi di errore ostativo si pone anzi il problema se il contratto possa dirsi concluso secondo il testo della dichiarazione quando la controparte è a conoscenza che la dichiarazione è stata erroneamente formulata o trasmessa e non esprime pertanto la reale volontà della parte. Su tale contenuto non potrebbe dirsi quindi che si sia raggiunto l'accordo.
A conferma di tali nozioni generali, possiamo citare la sentenza della Corte di Appello di Palermo che, con sentenza sez.1 num. 8 del 13/01/2016, ha accolto la domanda con la quale le parti avevano chiesto l'annullamento, per errore, dell'accordo intercorso con il comune in ordine alla misura dell'indennità per espropriazione del loro fondo per la realizzazione di un parcheggio.
I proprietari del fondo avevano dichiarato di accettare l'indennità di espropriazione che era stata loro offerta con provvedimento nel quale si specificava che la somma da corrispondere, non doveva essere assoggettata a ritenuta del 20% in quanto il territorio ricadeva in particolare zona omogenea, così come certificato dal comune.
Successivamente,invece, a ciascuno degli attori è stata corrisposta dal comune una indennità decurtata del 20% sulla base di un successivo accertamento che rilevava che gli appezzamenti di terreno ricadevano in zone assoggettabili a un diverso regime fiscale.
Precedentemente le parti si erano rivolte al Tribunale di Palermo, che però ha invece rigettato la richiesta delle parti; Il giudice di primo grado infatti ha ritenuto che non fosse ravvisabile un errore sull'oggetto del contratto. In generale,infatti, l'oggetto di un contratto e' rappresentato dal regolamento degli interessi conflittuali delle parti mentre ,nel caso specifico, l'accordo riguarda la determinazione dell'indennità e non l'individuazione della zona in cui si trova il fondo.
Lo stesso giudice poi non ha ravvisato un errore di diritto perché l'errata applicazione della normativa in questione non sembrava essere stata la ragione prevalente dell'accordo.
Il giudice ha infine escluso la sussistenza di un errore essenziale ricadente sulla qualità del bene poiché il tipo di zona non sembrava poter esse considerata come determinante per il consenso.
Le parti, a questo punto, ricorrono in appello e , richiamando l'attenzione della corte sul fatto che non avevano mai fatto riferimento a un errore di diritto, ribadiscono che il loro consenso era viziato da un errore di fatto essenziale e riconoscibile sull'oggetto del negozio e sulle qualità del bene per valutazioni errate compiute dal comune.
La corte ritiene di dover dare risposta positiva alla questione, dal momento che effettivamente accerta che si tratta di un errore essenziale e riconoscibile dall’altro contraente.
Essa giunge a tale conclusione per i seguenti motivi:
L’errore sulla qualità dell’ oggetto, già qualificato come essenziale, merita quindi di essere qualificato anche come riconoscibile da una Amministrazione di ordinaria diligenza.
I proprietari avevano quindi accettato l’indennità di espropriazione solo perché indotti in errore proprio dal Comune circa la classificazione urbanistica del fondo.
Per questi motivi la Corte di Appello ha annullato l’accordo tra le parti in ordine alla misura dell’indennità di espropriazione e ha condannato il comune alla rifusione delle spese processuali sostenute dagli appellanti nei due gradi di giudizio.
Corte di Appello di Palermo del 2016 sull’errore di calcolo:
La Corte accoglie l’appello di una parte, annullando per errore un contratto.
Le parti avevano stipulato un contratto di espropriazione di un immobile con il Comune di Palermo, accettando l’espropriazione perché il Comune affermava che quell’immobile si travava nella zona F, cioè zona in cui se gli immobili sono espropriati, l’indennità dovuta ai soggetti espropriati non viene decurtata del 20%.
Poi però alle parti viene decurtata l’indennità, perché dopo ulteriori accertamenti il Comune ritiene che quegli immobili sono situati nelle zone A e B, soggette a decurtazione.
Così le parti chiedono in giudizio l’annullamento del contratto per errore sull’oggetto dello stesso.
Il Tribunale inizialmente ritiene che si tratti di errore di diritto, perché il comune aveva ignorato le norme sulla disciplina fiscale relativa all’espropriazione; in seguito, però, rigetta la domanda.
Così i proprietari espropriati appellano la Corte di Palermo, ritenendo che si trattasse di errore di fatto, perché cadeva su una circostanza materiale del contratto (l’oggetto).
L’appello risulta fondato, perché l’errore incideva sulla qualità dei beni del negozio ed era essenziale.
Era inoltre riconoscibile, perché il Comune non aveva, all’inizio, usato una diligenza ordinaria, ma era stata superficiale nel valutare la zona degli immobili come zona F.
La Corte di Appello annulla il contratto tra le parti e il Comune e condanna questi nella persona del Sindaco al pagamento delle spese processuali.
l'errore quale vizio del consenso e causa di annullabilità del contratto dev'essere tenuto nettamente distinto rispetti all'inadempimento.
Nell'alienazione di cosa determinata il fatto che la cosa non abbia la qualità dovuta integra la fattispecie dell'errore. In realtà se l'alienante non rispetta l'impegno assunto non sussiste un errore dell'acquirente quale causa d'invalidità del contratto ma piuttosto la fattispecie dell'inadempimento. L'errore dell'acquirente è dato infatti da una falsa conoscenza circa la qualità della prestazione. Se l'impegno non viene rispettato ci sarà violazione del contratto con i rimedi propri dell'inadempimento e tra questi il risarcimento del danno nella misura dell'interesse positivo e non dell'interesse negativo. La questione se siano accumulabili i rimedi dell'inadempimento e dell'annullamento del contratto per errore non ha quindi fondamento per il nostro diritto. Per accertare se si tratta di un errore sull'oggetto della prestazione o invece inadempimento occorre evidentemente interpretare il contratto per accertare che cosa spetta all'acquirente. L'indagine può non essere agevole.
l'errore sul motivo può essere decisivo per la parte ma di regola esso non è causa di annullamento del contratto.
Una deroga è contenuta nella disciplina della donazione la quale può essere impugnata per errore sul motivo, se questo risulta dall'atto ed è il solo che ha determinato il donante a compiere la liberalità. L'irrilevanza dell'errore sul motivo trova spiegazione nella normale irrilevanza delle finalità e presupposti che inducono il soggetto a stipulare il contratto se queste finalità e presupposti non entrano nel contenuto del contratto. Il fatto che la controparte si sia accorta di tale errore non giustifica comunque l'annullamento del contratto: elementare esigenza di certezza della contrattazione.
Una diversa considerazione deve tuttavia essere riservata alle qualitò della prestazione cioè a quegli attributi che ne esprimono la funzionalità, l'utilità e il pregio. Se la qualità non è dovuta essa non entra nel contenuto del contratto. La sua mancanza non costituisce allora inadempimento ma può rilevare sotto il profilo dell'errore quando quella qualità abbia costituito la ragione determinante del consenso.
errore di diritto è l'errore che cade su norme giuridiche. Esso è causa di annullamento quando abbia costituito la ragione unica o principale del consenso. L'errore di diritto deve pur sempre vertere sui presupposti oggettivi o gli effetti giuridici del contratto o della prestazione.
Un problema ricorrente concerne l'esistenza di oneri e limitazioni di natura pubblicistica e soprattutto limitazioni edilizie. Spesso si tratta dell'alienazione di immobili che risultano colpiti da particolari divieti di edificabilità imposti dal piano regolatore ed esulanti dalle normali limitazioni della proprietà immobiliare. È dubbio che i piani regolatori siano norme di legge ma soprattutto deve contestarsi la proposizione secondo la quale la legge si presume conosciuta da parte del cittadino. Però la legge si applica a prescindere dalla conoscenza che di essa ne abbiano i destinatari.
Tribunale e Corte di Trento sull’errore, poi Cassazione:
La società Camu conviene in giudizio la Om Ton per rettificare un contratto stipulato tra le stesse, affermando, la prima, di essere debitrice di circa 14.500€ e non di circa 20.000€ verso la seconda.
La convenuta Om Ton resiste e chiede al Tribunale di Trento il pagamento dell’importo originariamente concordato (circa 20.000); così, il Tribunale rigetta la domanda dell’attore.
La Corte di Appello di Trento riforma la sentenza, accertando l’errore di calcolo e affermando che l’importo dovuto sia circa 14.500€, perché così risultava da fatture allegate dalla Camu alla citazione.
La Om Ton ricorre in Cassazione, ritenendo che la Corte avesse non rettificato, ma sostituito l’accordo delle parti con uno diverso, che desse rilievo solo alla volontà della Camu e non a quella di entrambe le società.
Questo motivo risulta fondato per la Cassazione, che accoglie il ricorso della Om Ton, cassando e rinviando alla Corte di appello la decisione.
Infatti, in questo caso non c’è stato errore di calcolo, come sostenuto in precedenza dalla Corte di Appello.
Ex art. 1430, l’errore di calcolo (o materiale) viene commesso dal giudice che, per inesperienza, incorre in una svista, ed è rilevabile ictu oculi; esso non comporta annullamento, ma solo correzione, tranne nel caso in sui sia un errore sulla quantità, determinante per il consenso.
In questo caso, invece, l’errore consiste nel mancato calcolo di uno dei termini da computare (cioè la cifra iniziale).
Già nel 1995, la Cassazione definisce l’errore di calcolo come una svista del giudice nelle operazioni aritmetiche.
Quindi, secondo l’art. 1430, l’errore di calcolo non dà luogo ad annullamento ma solo a correzione del contratto, tranne nel caso in cui incide sulla quantità e quindi determini il consenso.
Per l'art. 1433 le disposizioni relative all'errore vizio si applicano anche all'errore ostativo: anche l'errore ostativo è rilevante come causa di annullamento solo se essenziale e riconoscibile.
L'errore quale vizio della volontà va distinto rispetto alla falsa descrizione (falsa demonstratio) che si ritiene irrilevante in quanto in quanto non rende incerta l'identificazione del suo oggetto. Essa può tuttavia attestare un errore del dichiarante in ordine a qualità determinanti del consenso ovvero indurre in tale errore la controparte. L'errore non essenziale non invalida il contratto ma può rilevare in termini di responsabilità precontrattuale.
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