Per risoluzione negoziale si intende l’estinzione del contratto per atto di autonomia negoziale. La risoluzione negoziale unilaterale prende il nome di revoca o di recesso.
- Revoca → atto negoziale estintivo di negozi unilaterali.
- Recesso → indica l’atto negoziale estintivo dei contratti in genere La dottrina ha una distinzione più rigorosa:
- oggetto della revoca → atto giuridico
- oggetto del recesso → rapporto
L’accordo delle parti che estingue un precedente con efficacia retroattiva prende il nome di mutuo dissenso, che può definirsi quindi come lo scioglimento consensuale del contratto. È espressione dell’autonomia contrattuale. La possibilità che l’accordo delle parti abbia ad oggetto l’estinzione di un precedente rapporto contrattuale rientra nella stessa definizione normativa del contratto.
Il mutuo dissenso rimane distinto rispetto ai contratti restitutori mediante i quali le parti senza risolvere il contratto originario tendono a realizzare una vicenda contrattuale inversa.
Col mutuo dissenso ciascuna delle parti perde il vantaggio derivante dal contratto originario. Il mutuo dissenso richiede la stessa forma del contratto revocato. Lo scioglimento per mutuo dissenso non pregiudica i diritti dei terzi aventi causa e dei creditori che abbiano compiuto atti di esecuzione sui beni che per effetto dello scioglimento del contratto tornano nella sfera giuridica dell’altra parte. Stesso regime di opponibilità del contratto originario.
In generale il negozio giuridico unilaterale può essere revocato dal suo autore salvo che a seguito del negozio sia sorto in capo al terzo un diritto incompatibile con la revoca. Il contratto non può essere di regola sciolto unilateralmente dalla parte. Successivamente alla sua conclusione la revoca del consenso è infatti preclusa dal principio della vincolarità del contratto. Lo stesso contratto può tuttavia accordare ad una delle parti o a entrambe il potere di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale.
La disciplina del contratto indica tale facoltà come potere di recesso. Il recesso è atto negoziale unilaterale e recettizio che richiede la stessa forma prescritta per il contratto revocato. Secondo la previsione normativa il potere negoziale attribuito alla parte di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale può essere esercitato finché il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione. In generale si ha principio di esecuzione quando l’effetto reale si è in tutto o in parte realizzato o quando la prestazione obbligatoria è stata in tutto o in parte adempiuta. Nei contratti di alienazione la facoltà di recesso deve essere quindi esercitata prima che si produca l’effetto traslativo salva comunque diversa volontà delle parti. In deroga alla disciplina legale le parti possono infatti disporre che il potere di recesso sia esercitabile anche dopo che il contratto sia stato in tutto o in parte eseguito. La giurisprudenza è ferma nella soluzione negativa. Che il recesso possa avere ad oggetto contratti ad effetti reali è confermato dalla norma che fa salvi i patti in deroga alla disciplina legislativa del recesso. Il diritto di riscatto attribuito all’alienante può essere indicato come un tradizionale esempio di potere negoziale di recesso. I diritto di riscatto è tuttavia contenuto entro rigorosi limiti di tempo, operanti ogni qual volta il recesso sia attribuito all’alienante a titolo oneroso. In tal caso la restituzione del corrispettivo è non superiore a quella originaria.
Nei contratti a prestazione continuata o periodica il recesso si configura come l’esercizio del potere della parte di interrompere il rapporto contrattuale. Il diritto di recesso è conferito ad uno o ad entrambi i contraenti da un precedente accordo e può essere anche attribuito dalla legge. Sia il contratto che la legge possono conferire alla parte il potere di recedere come rimedio contro l’inadempimento o come rimedio per l’onerosità o intollerabilità della prosecuzione del rapporto. L’esercizio del diritto è rimesso esclusivamente all’autonoma decisione del titolare salvo il limite generale del principio di buona fede.
Il recesso dai contratti a prestazione continuata o periodica è anch’esso un atto negoziale unilaterale e recettizio: l’atto si perfeziona con la manifestazione di volontà del recedente ma per la sua efficacia dev’essere comunicato all’altra parte. L’atto di recesso deve avere la forma prescritta per il contratto originario ovvero quella forma stabilita dalle parti o dalla legge. Il recesso ha efficacia non retroattiva nel senso che lascia ferme le prestazioni già eseguite. In generale il rispetto del principio di buona fede esige tra l’altro che il potere di recesso unilaterale sia esercitato in maniera da salvaguardare l’interesse dell’altra parte se ciò non comporti per il recedente un apprezzabile sacrificio. La specifica previsione normativa o convenzionale di un termine minimo di preavviso deve intendersi di regola nel senso che il recesso produce il suo effetto estintivo alla scadenza di tale termine. In mancanza di una specifica previsione legale non spetta egualmente alla parte il diritto di recedere dal contratto ad esecuzione continuata o periodica. L’inerzia delle parti successivamente alla scadenza del termine può per altro importare secondo la previsione della legge il rinnovo del termine.
Nei contratti ad esecuzione periodica possono rientrare i contratti d’appalto e d’opera. Un potere legale di recesso è qui attribuito al committente anche se sia stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio con l’obbligo però del rimborso delle spese e salvo il diritto d’indennizzo dell’appaltatore per il mancato guadagno. Un potere legale di recesso è ora attribuito all’acquirente di beni nelle vendite fuori dei locali dell’impresa. Vari sono gli interessi che la legge tutela nell’accordare ad una parte il diritto di recesso. Una funzione di autotutela assolve il recesso per giusta causa che esula però dalla figura del recesso ordinario.
Il potere di recesso ordinario, convenzionale o legale è un potere arbitrario che la parte può esercitare liberamente senza che occorra darne giustificazione seppure sempre nel rispetto del principio di buona fede. Rispetto al recesso ordinario va pertanto nettamente distinto il recesso per giusta causa che costituisce propriamente un rimedio stragiudiziale di risoluzione del contratto per inadempimento. È previsto per il contratto di lavoro subordinato.
La multa penitenziale
Per l’esercizio del potere di recesso può essere prevista una prestazione a carico del recedente detta multa penitenziale. In tal caso la revoca ha effetto solo a seguito dell’esecuzione della prestazione prevista. Non rappresenta una penale ma è piuttosto il prezzo del recesso. Può essere stabilita in forma di caparra penitenziale.
La caparra penitenziale
È la somma versata al momento della conclusione del contratto da valere eventualmente come corrispettivo del recesso. Implica il diritto di recesso dal contratto che può essere previsto a favore di entrambe le parti. Il contraente che esercita il recesso perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella ricevuta. Si accompagna alla preventiva dazione della somma relativa. Per chi la riceve la caparra costituisce pertanto la garanzia di un immediato soddisfacimento del diritto a ricevere il corrispettivo del recesso. Trova applicazione la regola generale che al di fuori dei contratti a esecuzione continuata o periodica consente alla parte di esercitare il potere di recesso fino a quando il contratto non abbia avuto il principio di esecuzione. Se il potere di recesso o di revoca non viene esercitato la caparra dev’essere restituita salvo che abbia a contenuto beni dello stesso genere della prestazione principale. In tal caso essa può essere imputata alla prestazione dovuta.
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