Occorre distinguere l’integrazione del contratto cioè le determinazioni del rapporto che hanno titolo nella legge o in altre fonti esterne al contratto. Il contratto obbliga le parti non solo a quanto è nel medesimo espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge o in mancanza secondo gli usi e l’equità. Altra fonte di diritto obiettivo del rapporto contrattuale è la buona fede. L’integrazione può essere
- Cogente → quando determina coattivamente il rapporto contrattuale nonostante una diversa volontà delle parti
- Suppletiva → quando determina il contenuto del rapporto contrattuale in mancanza di una diversa previsione delle parti.
Il contratto è un’operazione delle parti che ne determinano la causa e il contenuto essenziale. Gli effetti extraconvenzionali sono sempre integrativi del rapporto contrattuale, non ne mutano la natura e rimangono assorbiti nell’ambito della sua disciplina. Anche l’integrazione può dar luogo a ulteriori obblighi delle parti.
Fondamentale principio di integrazione del contratto che assurge a criterio generale di determinazione di tutti gli aspetti non determinabili dalle parti, dalle leggi o dagli usi. Non è un principio di giustizia morale ma esprime l’esigenza dell’equilibrio contrattuale → quale principio di integrazione del contratto,
l’equità è precisamente il criterio del giusto contemperamento dei diversi interessi delle parti in relazione allo scopo e alla natura dell’affare. Lo stesso criterio opera nei contratti a titolo gratuito. Sebbene la grave iniquità possa costituire un limite di validità del contratto, nell’esercizio della loro autonomia contrattuale le parti non sono tenute specificamente ad attenersi al criterio di equità. Il precetto dell’equità è a carico del terzo al quale è affidata la determinazione dell’oggetto del contratto salvo che le parti vogliano il mero arbitrio. Deve anche attenersi il giudice che sostituisce il terzo nella determinazione del contratto e tutte le volte che occorra determinare alcuni elementi del contratto già perfezionato. Il contratto può perfezionarsi anche nel silenzio delle parti in ordine alla controprestazione di beni o servizi se la legge ne indica i criteri di determinazione, tra cui il criterio equitativo. L’equità opera anche nell’interpretazione del contratto in funzione di chiarimento del significato dell’accordo.
Si pongono tra i principi di giustizia contrattuale. L’equità delimita diritti e doveri delle parti mentre la buona fede richiede anche un impegno di solidarietà che va oltre e che obbliga ciascuna parte a tener conto dell’interesse dell’altra pur se si tratta di un interesse che non trova specifica tutela nella pretesa contrattuale o in altri diritti. L’impegno di buona fede prevale su quanto le parti hanno stabilito → fondamentale principio etico dell’ordinamento.
L’equità può invece essere disattesa dalle parti perché alla loro decisione è rimessa la determinazione del contratto. La violazione del criterio equitativo ha tuttavia una sua rilevanza in quanto rende annullabile o rescindibile il contratto quando l’iniquità ha causa nell’incapacità naturale del contraente o nella sua eccezionale situazione di bisogno o necessità. La rescissione scioglie il contratto salvo che l’altra parte offra modifica sufficiente per ricondurlo a equità: in questo caso equità necessaria. Attualmente il nostro ordinamento non appresta alcun rimedio se l’iniquità del contratto è il risultato della diversa forza contrattuale dei contraenti. A questa concezione di fondo si ispira la nuova normativa a tutela del contraente debole: cap. VI.
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