Danno da “perdita di chance” o “danno alla concorrenza”
L’espressione danno da “perdita di chance” o “danno alla concorrenza” indica il danno subito dall’Amministrazione nel caso in cui non vengano osservate le regole di evidenza pubblica che subordinano la stipulazione dei contratti di acquisto dei beni o servizi al previo espletamento di una gara.
Ogni contratto della p.a. da cui derivi un'entrata o una spesa deve essere preceduto da una gara, salvo che non ricorrano le ipotesi eccezionali in cui si possa far ricorso alla trattativa privata - pur essendo stato dettato con specifico riferimento alle amministrazioni statali, è espressione di un principio generale che ha ispirato anche le discipline delle altre Amministrazioni pubbliche, ivi compresa quella degli enti territoriali (vedasi l'art. 192 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ed è applicabile anche dopo l'entrata in vigore del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”. - art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440 (legge di contabilità di Stato) - Cons. St., Sez. V, 4 marzo 2008 n. 889 -
Ove sia omessa qualsiasi procedura concorsuale, anche nella forma di semplice gara informale tra più operatori economici, la prova dell’effettività del danno possa essere individuata nel fatto notorio che il confronto concorrenziale delle offerte di più operatori economici avrebbe consentito all’amministrazione aggiudicatrice di conseguire condizioni più vantaggiose di quelle ottenute contrattando con un’unica ditta. Ed invero, nei casi di omissione delle prescritte procedure concorrenziali, la perdita delle condizioni più favorevoli non costituisce una mera ipotesi da provare, ma rappresenta una ragionevole probabilità.
E' stata riconosciuta la sussistenza del danno alla concorrenza nell’ipotesi in cui non sia stata avviata una procedura selettiva di tipo concorsuale nel procedimento per la concessione in locazione di aree di proprietà comunale, per la gestione di un impianto sciistico, ritenendo erroneamente che il diritto di prelazione della precedente società concessionaria escludesse tale possibilità (Corte conti, sez. giurisd. Abruzzo, 5 gennaio 2012, n.1).
Quantificazione del Danno
Criterio della valutazione equitativa previsto dall’art. 1226 c.c. (cfr.: Sezione Giurisdizionale Liguria, sent. n. 209/2007).
Quanto alla possibilità di mutuare le percentuali utilizzate dal giudice amministrativo per quantificare il danno subito dall’impresa illegittimamente esclusa dalla gara, la Sezione Seconda Giurisdizionale d’Appello (sent. n. 198/2011), ha avuto modo di affermare che “nel versante della responsabilità amministrativa il “danno alla concorrenza” – ove sia effettivamente provato nell’an – può non corrispondere nel quantum a quelle misure percentuali, potendo oltrepassarle sia nel valore minimo (del 5%) che in quello massimo (del 10%) in relazione alla peculiarità del caso concreto..”.
Petanto il “danno alla concorrenza” (non diversamente da ogni altra forma di danno patrimoniale) deve essere provato nell’an per, poi, essere quantificato, sia pur equitativamente, tenendo conto della specificità del caso concreto.
Esclusione danno alla concorrenza
La sentenza nr. 50 del 2014 (sez. giurisd Piemonte) ha disposto l’assoluzione nel merito di quattro funzionari di un Ente locale dalla contestazione di danno alla concorrenza, per difetto dell’elemento strutturale del pregiudizio in parola, con riferimento alle procedure di affidamento di alcuni appalti nel settore dei lavori nell’ambito delle quali i convenuti, che avevano rivestito a vario titolo il ruolo di componenti e/o Presidente delle Commissioni di gara, avrebbero alterato, secondo l’ipotesi accusatoria formulata dalla Procura Regionale, i punteggi rivenienti dalla valutazione dell’offerta tecnica a vantaggio di determinate imprese. Il Collegio ha sottolineato che, nel caso specifico, a prescindere dall’esito del processo penale, ancora pendente allorquando è stata esercitata l’azione per responsabilità amministrativa, e dall’eventuale accertamento definitivo nel relativo giudizio del contestato reato di abuso di ufficio, nessun danno alla concorrenza è stato causato dal comportamento dei convenuti, in quanto gli appalti sono stati assegnati dall’Ente locale, mediante una procedura di gara aperta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alle imprese che avevano certamente presentato le condizioni migliori senza alcun margine di 33 dubbio, alla luce del criterio di selezione prescelto, salvaguardando in tal modo sia l’interesse generale alla tutela della concorrenza e del mercato, sia quello specifico della stazione appaltante di ottenere il rapporto più conveniente qualità-prezzo.
In altre parole, mentre l’evento naturalistico del reato di abuso d’ufficio, come d’altro canto del reato di turbata libertà degli incanti, può essere costituito dall’alterazione della gara o da un suo turbamento, situazione quest’ultima che si verifica quando la condotta fraudolenta o collusiva abbia anche soltanto influito sulla regolare procedura della gara medesima, o di una sua singola fase, essendo irrilevante che si produca un’effettiva alterazione del risultato, e, quindi, che il risultato della gara sia o meno conforme a quello che si sarebbe prodotto senza tali interferenze, perché ciò che conta è soltanto lo sviamento del processo decisionale per l’individuazione del vincitore (ex multis Corte di Cassazione, Sez. VI, Sentenza nr. 40304 del 2014), nel caso del danno alla concorrenza, al contrario, l’effettiva e conclamata lesione dei principi fondamentali dell’evidenza pubblica rappresenta il fulcro imprescindibile, caratterizzante ed assorbente di siffatta figura peculiare di pregiudizio erariale, con l’effetto che il nocumento in rassegna deve essere sempre ampiamente suffragato in concreto mediante l’esperimento del basilare strumento ricognitivo legato alla prova di resistenza. »»» »»»
Onere probatorio (art. 2727 - 2729 cc)
La prove dell'effettività del danno puo' esser desunta dal fatto notorio che il confronto concorrenziale avrebbe consentito condizioni piu' vantaggiose.
L’omessa applicazione dei precetti legali finalizzati a garantire l’interesse pubblico al “miglior prezzo” relativamente ai contratti stipulati dalla p.a. (fatto noto) sembra circostanza idonea a lasciar presumere che una negoziazione svoltasi al di fuori di dette disposizioni (trattativa privata) risulta senz’altro configurabile come svantaggiosa per l’amministrazione-contraente (fatto ignoto). La non applicazione delle regole sull’evidenza pubblica (omessa gara) ben consente di lasciar presumere ex artt. 2727-2729 c.c. che l’offerta in concreto “selezionata” dai pubblici amministratori non possa affatto essere considerata la “più vantaggiosa”.
Resta ferma la possibilità per la procura regionale di comprovare il danno alla concorrenza “con il ricorso a ogni idoneo mezzo di prova, quale può essere la comparazione con i prezzi o con i ribassi conseguiti a seguito di gara per lavori o servizi dello stesso genere di quello in contestazione“ (Corte Conti, Sez. Giuris. Centrale di Appello, 20 aprile 2011 n. 198)