REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL PIEMONTE
composta dai seguenti Magistrati:
Dott. Giovanni COPPOLA Presidente
Dott. Tommaso PARISI Consigliere relatore
Dott. Walter BERRUTI Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al nr. 19290 del Registro di Segreteria, promosso dal Procuratore Regionale contro SILVA Caterina, nata a Novara il 02.09.1964, ACERBO Marco, nato a Vercelli il 28.04.1972, SGUOTTI Marzio, nato a Vercelli il 10.05.1975 e BELLO Paolo, nato Vercelli il 06.10.1972;
Uditi, nella pubblica Udienza dell’08 aprile 2014, il relatore Consigliere Dott. Tommaso PARISI, il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Corrado CROCI, e gli Avvocati Remigio BELCREDI, Teodosio PAFUNDI e Michele PRETTI, legali dei convenuti;
Esaminati gli atti ed i documenti tutti della citata causa;
Ritenuto in
FATTO
Con Decreto ex articolo 429 del C.P.P. in data 18.10.2011 il G.U.P. presso il Tribunale di Vercelli disponeva, su richiesta della Procura della Repubblica, il rinvio a giudizio, tra gli altri, degli odierni convenuti SILVA, ACERBO, SGUOTTI e BELLO, in qualità, rispettivamente, all’epoca dei fatti, di dirigente del Settore LL.PP. della Provincia di Vercelli e di funzionari tecnici in servizio presso la medesima articolazione del prefato Ente locale, per i reati previsti e puniti dagli articoli 476, 479 e 323 del C.P., in relazione alle procedure di affidamento inerenti ad alcuni appalti di lavori pubblici da parte del suddetto Ente territoriale, nel corso delle quali i menzionati dipendenti avevano ricoperto il ruolo di componenti e/o segretario delle diverse Commissioni di gara preposte all’aggiudicazione delle opere.
In particolare, il primo appalto oggetto dell’atto di citazione promosso dal Pubblico Ministero contabile riguardava le opere di manutenzione per gli anni 2009-2012 delle strade provinciali rientranti nella zona denominata “Giurisdizione A”, con importo a base d’asta di Euro 3.375.150,00; il bando di gara è stato adottato con provvedimento del 15.05.2009. L’appalto in questione è stato affidato con procedura di gara aperta mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; Presidente della Commissione giudicatrice era stata nominata la menzionata SILVA, mentre per la valutazione delle offerte tecniche era stata designata una seconda Commissione, presieduta sempre dal prefato dirigente ma composta da due membri tecnici. Conformemente al disposto dell’articolo 91 del D.P.R. nr. 554 del 1999, le operazioni inerenti all’affidamento si sono articolate nell’esame, dapprima, dell’offerta tecnico-organizzativa, in seduta riservata, con la Commissione in composizione tecnica, quindi nell’esame dell’offerta economica, contenuta in una busta separata, in seduta pubblica, e nella successiva proclamazione dei risultati con la Commissione nella sua prima composizione. I lavori sono stati aggiudicati all’A.T.I. formata dalle società BERTINI s.r.l. e SO.D.I.S. s.r.l.; l’importo finale dell’appalto è stato pari ad Euro 4.424.993,13. Secondo la tesi espressa dall’Ufficio Requirente, alla luce del contenuto dei capi di imputazione D) ed E) esplicitati nel citato Decreto del G.U.P. presso il Tribunale di Vercelli, la convenuta SILVA avrebbe alterato i punteggi tecnici attribuiti ai concorrenti modificando a posteriori il verbale della seconda seduta riservata del 19.06.2009, in modo da favorire la A.T.I. BERTINI s.r.l. ed altri, assicurando loro un vantaggio prima che venisse assegnato il punteggio automatico per la valutazione dell’offerta economica. Al riguardo, preme evidenziare una circostanza riconosciuta espressamente dalla stessa Procura Regionale nell’atto introduttivo del giudizio, che emerge in modo palese dagli atti versati nel fascicolo processuale, nel senso che la richiamata A.T.I. sarebbe risultata comunque vittoriosa nella procedura di gara in rassegna, in quanto aveva ottenuto nettamente ed in modo incontrovertibile il punteggio complessivo più alto, con riferimento sia all’elemento tecnico che a quello economico.
Il secondo appalto riguardava i lavori denominati “Miglioramento sicurezza circolazione S.P. 299”, lotto 1, con importo a base d’asta di Euro 2.530.000,00; il bando di gara è stato adottato con provvedimento dell’08.04.2008. L’appalto in questione è stato affidato con procedura di gara aperta mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; Presidente della Commissione giudicatrice era stato nominato il suddetto ACERBO, mentre per la valutazione delle offerte tecniche era stata designata una seconda Commissione, presieduta sempre dal menzionato funzionario, ma composta da un membro tecnico. Le funzioni di segretario verbalizzante erano state demandate al nominato BELLO. Per la valutazione delle offerte economiche era stata individuata una terza Commissione, presieduta anch’essa dal medesimo funzionario. Conformemente al disposto dell’articolo 91 del D.P.R. nr. 554 del 1999, le operazioni inerenti all’affidamento si sono articolate nell’esame, dapprima, dell’offerta tecnico-organizzativa, in seduta riservata, con la Commissione in composizione tecnica, quindi nell’esame dell’offerta economica, contenuta in una busta separata, in seduta pubblica, e nella successiva proclamazione dei risultati con la Commissione nella sua prima composizione. I lavori sono stati aggiudicati all’A.T.I. formata dalle società BERTINI s.r.l. e FIP INDUSTRIALE s.p.a.; l’importo finale dell’appalto è stato pari ad Euro 2.603.867,18. Secondo la tesi espressa dall’Ufficio Requirente, alla luce del contenuto dei capi di imputazione F) ed G) esplicitati nel citato Decreto del G.U.P. presso il Tribunale di Vercelli, i convenuti ACERBO e BELLO, in concorso tra loro, avrebbero alterato i punteggi tecnici attribuiti ai concorrenti modificando a posteriori il verbale della seconda seduta riservata del 10.06.2009, in modo da favorire la A.T.I. BERTINI s.r.l. ed altri, assicurando loro un vantaggio prima che venisse assegnato il punteggio automatico per la valutazione dell’offerta economica. Al riguardo, preme evidenziare una circostanza riconosciuta espressamente dalla stessa Procura Regionale nell’atto introduttivo, che emerge in modo palese dagli atti versati nel fascicolo processuale, nel senso che la richiamata A.T.I. sarebbe risultata comunque vittoriosa nella procedura di gara in parola, in quanto aveva ottenuto nettamente ed in modo incontrovertibile il punteggio complessivo più alto, con riferimento sia all’elemento tecnico che a quello economico.
Il terzo appalto riguardava i lavori denominati “Variante Ghislarengo”, lotto 1, con importo a base d’asta di Euro 4.970.000,00; il bando di gara è stato adottato con provvedimento del 31.07.2008. L’appalto in questione, cui hanno partecipato 11 operatori economici, è stato affidato con procedura di gara aperta mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; Presidente della Commissione giudicatrice era stata nominata la suddetta SILVA, mentre gli altri componenti erano i citati ACERBO e SGUOTTI, nonché l’Avvocato Antonio ROSCI, responsabile dell’Ufficio Legale dell’Ente locale. Conformemente al disposto dell’articolo 91 del D.P.R. nr. 554 del 1999, le operazioni inerenti all’affidamento si sono articolate nell’esame, dapprima, dell’offerta tecnico-organizzativa, in seduta riservata, quindi nell’esame dell’offerta economica, contenuta in una busta separata, in seduta pubblica, e nella successiva proclamazione dei risultati. I lavori sono stati aggiudicati all’A.T.I. formata dalle società LAURO VALSESIA COSTRUZIONI s.p.a., F.LLI SOGNO s.r.l. e F.LLI BAZZANI s.p.a.; gli importi dell’appalto sono stati ad oggi integralmente saldati a seguito dell’esito positivo del collaudo, approvato con determina del 23.04.2013, ed ammontano ad Euro 4.847.074,56. Secondo la tesi espressa dall’Ufficio Requirente, alla luce del contenuto dei capi di imputazione B) e C) esplicitati nel citato Decreto del G.U.P. presso il Tribunale di Vercelli, il contratto stipulato con la predetta A.T.I. costituirebbe il frutto delle condotte illecite poste in essere dai commissari SILVA, ACERBO e SGUOTTI, i quali, in concorso tra loro, avrebbero attestato falsamente la partecipazione dell’Avvocato ROSCI alle operazioni di gara e avrebbero compilato, per suo conto, la scheda di valutazione delle offerte tecniche, contestate come falso ideologico e materiale e come abuso di ufficio dalla Procura della Repubblica di Vercelli; in tale prospettiva, parte pubblica ha sottolineato che dalle indagini esperite nel procedimento penale è emerso, da un lato, che i citati convenuti, nella veste di commissari, hanno proceduto alla valutazione dei titoli dei partecipanti per un tempo di circa 9 ore e ciò contrariamente al vero, posto che per tali giudizi sarebbe stato necessario un tempo non inferiore a 40 ore, dall’altro, che il suddetto legale ha dichiarato di non aver mai compilato la scheda di valutazione e di non avere partecipato alle sedute riservate della Commissione dedicate all’esame delle offerte tecniche.
Ravvisata, in merito ai fatti in trattazione, l’esistenza di profili di responsabilità amministrativa a carico dei quattro dipendenti sopra indicati, per il danno patrimoniale alla concorrenza cagionato con la propria condotta alla Provincia di Vercelli, la Procura Regionale ha emesso nei loro confronti l’invito a dedurre, ai sensi dell’articolo 5, 1° comma, del D.L. 15 novembre 1993, nr. 453, convertito, con modificazioni, dalla Legge 14 gennaio 1994, nr. 19. Alla contestazione di danno non sono pervenute controdeduzioni scritte da parte dei convenuti.
Per quanto esposto in narrativa, l’Ufficio Requirente adottava consequenzialmente atto di citazione in giudizio in data 16.09.2013, con cui veniva contestato agli stessi il danno alla concorrenza provocato all’Ente locale di appartenenza, pari al 10% del valore di ogni affidamento, liquidato a carico di ciascuno dei convenuti come di seguito indicato: alla nominata SILVA veniva addebitato l’importo di Euro 442.499,31 in relazione al primo appalto in precedenza descritto; ai suddetti ACERBO e BELLO, in solido tra loro, l’importo di Euro 260.386,72 con riferimento al secondo affidamento; ai predetti SILVA, ACERBO e SGUOTTI, in solido tra loro, l’importo di Euro 484.707,45 in funzione del terzo appalto, oltre rivalutazione monetaria ed interessi per tutte le tre voci di pregiudizio, e le spese di giustizia.
In previsione del dibattimento la convenuta SILVA si è costituita in giudizio con comparsa depositata in data 03.04.2014, avvalendosi del patrocinio degli Avvocati Remigio BELCREDI, Luigi RODINI e Massimo ANDREIS. Nel libello difensivo i legali, nel contestare in radice i presupposti della domanda attrice, hanno eccepito, in via pregiudiziale, da un lato, che i contratti di appalto stipulati dalla Provincia di Vercelli non possono essere considerati nulli, atteso che l’eventuale commissione di un reato non determina necessariamente siffatta conseguenza, dall’altro, che gli atti amministrativi di aggiudicazione non sono stati dichiarati nulli, né annullati e neppure impugnati dai controinteressati che hanno partecipato alle rispettive gare; in relazione al merito delle contestazioni di parte pubblica, i patrocinatori hanno dedotto il palese difetto di prova circa la sussistenza del danno alla concorrenza, precisando, in ordine all’appalto denominato “Giurisdizione A”, che non vi è stata alcuna alterazione dei punteggi bensì una mera inversione materiale tra i dati riportati nel file predisposto dal nominato BELLO e che, quanto al profilo legato al nesso causale, non si configura alcun collegamento tra il presunto reato e la conclusione del contratto, sul rilievo assorbente che l’A.T.I. aggiudicataria sarebbe risultata comunque ampiamente vittoriosa, mentre con riferimento all’affidamento definito “Variante Ghislarengo”, hanno chiarito che l’Avvocato ROSCI, in qualità di membro dell’Organo collegiale, ha sicuramente partecipato alla terza seduta della Commissione in cui è stata assunta la definitiva e decisiva valutazione tecnica, che lo stesso non ha negato di avere firmato la scheda di valutazione e che non avendo una specifica qualificazione tecnica non avrebbe potuto minimamente influire sull’attribuzione dei punteggi assegnati agli operatori economici. Il collegio difensivo, infine, in via del tutto subordinata, ha evidenziato l’esigenza di prendere in considerazione, in ogni caso, l’apporto causale degli altri componenti delle diverse Commissioni e di suddividere le poste di danno in ragione del principio della parziarietà dell’obbligazione risarcitoria, atteso che la condotta della propria assistita potrebbe al massimo integrare il requisito della colpa grave, chiedendo in conclusione anche l’applicazione del potere riduttivo.
Il convenuto BELLO si è costituito in giudizio con memoria versata in atti in data 03.04.2014, conferendo la rappresentanza agli Avvocati Teodosio PAFUNDI, Aldo CASALINI e Massimo MUSSATO. I patrocinatori hanno eccepito, in via principale, il difetto di prova circa l’alterazione dei punteggi a favore dell’A.T.I. aggiudicataria, mettendo in risalto che la discrasia degli stessi sarebbe comunque minima e del tutto ininfluente ai fini dell’individuazione dell’offerta migliore, che lievi rettifiche hanno riguardato tutti i concorrenti, che il raggruppamento vincitore ha presentato l’offerta nettamente più favorevole e che la Procura Regionale non ha mai contestato la congruità dei punteggi attribuiti in modo definitivo ai singoli operatori economici; nella medesima visuale, inoltre, il collegio difensivo ha dedotto che nella fattispecie in esame non può sussistere la nullità dei contratti stipulati dall’Ente locale, anche in funzione delle specifiche disposizioni in materia di appalti rivenienti dal Diritto Comunitario, che difetta il requisito soggettivo del dolo e della colpa grave e che appare manifestamente carente l’elemento strutturale del danno alla concorrenza teorizzato dall’Ufficio Requirente, atteso che nessun pregiudizio erariale è stato arrecato alla Provincia di Vercelli in qualità di stazione appaltante. I legali, infine, hanno censurato, in subordine, la quantificazione del nocumento operata da parte pubblica, evidenziando l’esigenza di tenere conto, in ogni caso, dell’apporto causale del terzo componente della Commissione di gara e di altri soggetti interni all’Ente territoriale, al fine di assicurare il rispetto del principio della parziarietà dell’obbligazione risarcitoria; in via del tutto gradata hanno chiesto l’applicazione del potere riduttivo.
Il convenuto SGUOTTI si è costituito in giudizio con comparsa depositata in data 03.04.2014, assistito dall’Avvocato Michele PRETTI. Il legale ha avanzato istanza, in via pregiudiziale, di sospensione del giudizio in attesa della definizione del processo penale e di integrazione del contraddittorio con il citato ROSCI, quale quarto componente della Commissione di gara, mentre nel merito ha dedotto che il consulente di parte nell’ambito del menzionato procedimento ha confutato puntualmente le osservazioni espresse dal perito nominato dal Pubblico Ministero penale, precisando, tra l’altro, che l’apporto del giudizio del predetto membro non tecnico dell’Organo collegiale risulta del tutto ininfluente ai fini della classifica finale dell’appalto; il patrocinatore, inoltre, dopo aver sottolineato che non sussiste la nullità del contratto stipulato dalla Provincia di Vercelli, che nessuna azione diretta a far valere siffatto vizio è stata intentata dall’Ente locale in parola e dall’A.T.I. aggiudicataria e che, comunque, l’asserita nullità invocata dalla Procura Regionale non è minimamente provata in quanto il processo penale è ancora pendente in primo grado, ha contestato il difetto del dolo e della colpa grave nonché la stessa sussistenza del danno alla concorrenza, sul rilievo che nessun pregiudizio patrimoniale è stato patito dal prefato Ente locale in relazione al descritto affidamento. In via subordinata, la difesa ha chiesto, da un lato, di prendere in considerazione anche il contributo causale del suddetto ROSCI, nella veste di quarto componente della Commissione, dall’altra, l’applicazione di un ampio potere riduttivo.
Il convenuto ACERBO si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 04.04.2014, avvalendosi del patrocinio degli Avvocati Teodosio PAFUNDI e Massimo MUSSATO. I legali hanno eccepito, in via principale, per quanto concerne l’appalto “Miglioramento sicurezza circolazione S.P. 299”, il difetto di prova circa l’alterazione dei punteggi a favore dell’A.T.I. aggiudicataria, mettendo in risalto che la discrasia degli stessi sarebbe comunque minima e del tutto ininfluente ai fini dell’individuazione dell’offerta migliore, che lievi rettifiche hanno riguardato tutti i concorrenti, che il raggruppamento vincitore ha presentato l’offerta nettamente più favorevole e che la Procura Regionale non ha mai contestato la congruità dei punteggi attribuiti in modo definitivo ai singoli operatori economici; nella medesima visuale, inoltre, il collegio difensivo ha dedotto che nella fattispecie in esame non può sussistere la nullità dei contratti stipulati dall’Ente locale, anche in funzione delle specifiche disposizioni in materia di appalti rivenienti dal Diritto Comunitario, che difetta il requisito soggettivo del dolo e della colpa grave e che appare manifestamente carente l’elemento strutturale del danno alla concorrenza teorizzato dall’Ufficio Requirente, atteso che nessun pregiudizio erariale è stato arrecato alla Provincia di Vercelli in qualità di stazione appaltante. In ordine all’affidamento relativo alla “Variante Ghislarengo”, la difesa ha sottolineato, da un lato, che l’Avvocato ROSCI ha sottoscritto i verbali della gara in rassegna e non ha mai disconosciuto la propria firma, dall’altro, che il medesimo ha condiviso i giudizi tecnici espressi dagli altri componenti del seggio di gara, mentre con riferimento al tempo impiegato per l’espletamento delle sedute riservate hanno chiarito che si tratta di un numero di ore adeguato in funzione, tra l’altro, dell’altissima preparazione e competenza dei funzionari preposti. I legali, infine, hanno censurato, in subordine, la quantificazione del nocumento operata da parte pubblica, evidenziando l’esigenza di tenere conto, in ogni caso, dell’apporto causale di tutti i componenti delle Commissioni di gara e di altri soggetti interni all’Ente territoriale, al fine di assicurare il rispetto del principio della parziarietà dell’obbligazione risarcitoria; in via del tutto gradata hanno chiesto l’applicazione del potere riduttivo.
In apertura del dibattimento il nominato SGUOTTI, già costituito in giudizio, ha depositato nuovo atto di delega con il quale ha conferito la rappresentanza anche all’Avvocato Giorgio MALINVERNI, che ha richiamato tutte le conclusioni, pregiudiziali e di merito, indicate dal suddetto Avvocato PRETTI nella prima comparsa.
Nel corso dell’articolata discussione sviluppatasi nell’ambito dell’odierna Udienza, il Procuratore Regionale, dopo aver richiamato l’atto introduttivo del giudizio e le sue conclusioni, si è opposto, in via pregiudiziale, alle istanze di sospensione della causa e di integrazione del contraddittorio formulate dalla difesa del convenuto SGUOTTI, mettendo in risalto la piena autonomia del giudizio di responsabilità rispetto a quello penale e precisando che la contestazione è a titolo di dolo e che, comunque, anche nell’ipotesi di colpa grave la presenza degli altri soggetti evocati dai legali non si appalesa indispensabile e necessaria, attesa la possibilità di dedurre in astratto la quota del danno riconducibile agli eventuali concorrenti; per quanto concerne gli elementi strutturali della condotta e del requisito soggettivo, parte pubblica ha evidenziato che i diversi convenuti, a vario titolo, hanno modificato intenzionalmente i punteggi tecnici prima dell’apertura dei plichi contenenti le offerte economiche, allo scopo di favorire le A.T.I. risultate poi aggiudicatarie, in relazione ai primi due appalti in precedenza descritti, mentre con riferimento al terzo affidamento di lavori hanno alterato la procedura selettiva di gara mediante la palese inosservanza dei principi fondamentali di evidenza pubblica, ponendosi in aperto contrasto con l’articolo 1418 del Codice Civile che prevede la nullità del contratto per violazione di norme imperative; ha chiarito, inoltre, che la Direttiva ricorsi nr. 2007/66/CE non è applicabile alla presente controversia in quanto al momento della pubblicazione dei bandi di gara afferenti a ciascun appalto non era ancora scaduto il periodo di franchigia temporale fissato dalla fonte comunitaria in rassegna per il suo recepimento nell’ordinamento nazionale.
L’Avvocato BELCREDI, difensore della convenuta SILVA, nel ribadire tutte le deduzioni prospettate nel libello difensivo, da un lato, ha sottolineato, per quanto riguarda l’appalto denominato “Giurisdizione A”, che si è verificata una mera inversione dei punteggi tecnici attribuiti nel confronto a coppie, dall’altro, in merito all’appalto inerente alla “Variante Ghislarengo”, che la Procura Regionale non ha addotto prove sufficienti con riferimento all’affermazione circa l’asserita omessa partecipazione alle operazioni di gara del nominato ROSCI, che lo stesso ha sottoscritto sia la scheda di valutazione che il verbale relativo all’affidamento e che, comunque, i punteggi tecnici sono stati assegnati in via definitiva nell’ultima seduta riservata, alla quale il citato componente della Commissione ha dichiarato di essere stato presente.
L’Avvocato PAFUNDI, patrocinatore in modo contestuale dei convenuti ACERBO e BELLO, dopo aver richiamato tutte le censure sollevate nelle rispettive comparse, ha avanzato richiesta istruttoria, in via pregiudiziale, di acquisizione di tutta la documentazione attinente alla fase dibattimentale del processo penale, con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dai testimoni; per quanto concerne il merito della controversia, ha posto l’accento sulla circostanza che non sussiste alcun tipo di danno alla concorrenza, alla luce della prevalente giurisprudenza di questa Corte, in quanto i lavori sono stati ultimati e collaudati con esito favorevole, che l’A.T.I. BERTINI, in ogni caso, ha ottenuto un punteggio tecnico nettamente superiore rispetto a quello conseguito dal secondo classificato e che, infine, il verbale di gara riferito all’appalto denominato “Variante Ghislarengo” è stato sottoscritto dal prefato ROSCI, che ne ha quindi condiviso integralmente il contenuto e le conclusioni non avendo mai disconosciuto la propria firma.
L’Avvocato PRETTI, legale del convenuto SGUOTTI, nel confermare tutte le eccezioni, pregiudiziali e di merito, formulate nella memoria di costituzione, per un verso, si è associato all’istanza istruttoria di acquisizione documentale promossa dalla precedente difesa, per altro verso, ha evidenziato che le dichiarazioni espresse dal suddetto ROSCI nei verbali di sommarie informazioni testimoniali sono generiche, imprecise e nel complesso inattendibili e che, inoltre, il proprio assistito era del tutto estraneo al presunto sistema di favoritismi a beneficio di alcune aziende nell’assegnazione degli appalti da parte della Provincia di Vercelli, teorizzato dall’Ufficio Requirente nell’atto di citazione quale sfondo di carattere generale alla domanda azionata.
Considerato in
DIRITTO
Come si evince dall’esposizione dei fatti delineati in premessa, il giudizio sottoposto all’esame del Collegio riguarda, in sostanza, il danno patrimoniale alla concorrenza, pari al 10% del valore degli appalti sopra menzionati, che sarebbe stato cagionato dai convenuti alla Provincia di Vercelli, secondo la ricostruzione di parte pubblica, in relazione alla presunta condotta illecita dei medesimi posta in essere nel corso della fase pubblicistica degli affidamenti, tesa a favorire determinate imprese a discapito degli altri operatori che avevano partecipato alle correlate procedure di gara.
Prima di passare all’esame del merito della controversia, la Sezione deve farsi carico di affrontare le due questioni pregiudiziali formulate dai legali del convenuto SGUOTTI nelle memorie di costituzione e quella sollevata, in modo parallelo, dall’Avvocato PAFUNDI e dall’Avvocato PRETTI nel corso della discussione.
La richiesta di sospensione del presente giudizio in attesa della definizione del processo penale, attualmente pendente in primo grado dinanzi al Tribunale di Vercelli, non sollecita il favorevole scrutinio di questi Giudici e deve essere disattesa.
Al riguardo, preme evidenziare che, nonostante il corretto principio di autonomia e separatezza invocato dal Pubblico Ministero contabile, e pur in presenza dell’indirizzo giurisprudenziale riveniente dal nuovo articolo 111 della Costituzione che postula una lettura restrittiva dell’articolo 295 del C.P.C., poiché il valore della sollecita definizione del giudizio diviene, in linea di massima, prevalente rispetto al valore della tendenza alla coerenza tra i giudicati (ex multis Sezioni Riunite, Ordinanza nr. 1 del 2012), la richiesta di sospensione coltivata dalla difesa del convenuto SGUOTTI potrebbe rivelarsi in astratto ampiamente giustificata, non certo come scelta necessaria ed obbligata, considerati i suddetti canoni che appaiono ormai del tutto consolidati (ex multis Corte di Cassazione, SS.UU., nr. 1768 del 2011), bensì come espressione di una valutazione discrezionale di opportunità rimessa al prudente apprezzamento del Collegio, in funzione della circostanza inerente alla sussistenza nella fattispecie in rassegna dell’indispensabile presupposto rappresentato da un chiaro nesso di dipendenza e di pregiudizialità giuridica oltre che logica; non è superfluo rammentare, infatti, che la Suprema Corte ha più volte propugnato il principio secondo cui l’idoneità del procedimento pregiudicante a produrre una decisione che acquisisca forza di giudicato nel procedimento pregiudicato, consente di ritenere realizzato il presupposto della sospensione di quest’ultimo, a mente del suddetto articolo 295 C.P.C., in attesa della definizione di quello (ex multis Corte di Cassazione, II Sez., nr. 22646 del 2013). In altri termini, e con maggiore ampiezza esplicativa, l’eventuale Sentenza penale definitiva di condanna o di assoluzione pronunciata a seguito del dibattimento farebbe stato, a tenore degli articoli 651 e 652 del C.P.P., nel presente giudizio di responsabilità con riferimento all’accertamento del fatto materiale, atteso che la condotta attribuita ai convenuti nell’atto di citazione, dalla quale discenderebbe il reclamato pregiudizio erariale, si fonda proprio sull’imputazione formulata dal G.U.P. presso il Tribunale di Vercelli dei reati previsti e puniti dagli articoli 476, 479 e 323 del C.P.. Del resto, la pretesa risarcitoria rivendicata dall’Ufficio Requirente muove esclusivamente dalle risultanze emerse nella fase delle indagini preliminari, comunque contestate ed avversate integralmente dagli odierni convenuti, senza che le stesse siano state ancora vagliate e riscontrate almeno dal Giudice penale di primo grado, difettando nel caso specifico, di conseguenza, al cospetto di figure penalmente rilevanti alquanto complesse in termini di dimostrazione della loro sussistenza, quali i delitti di falso, ideologico e materiale, e di abuso d’ufficio, anche quell’elemento formale minimo che, in via generale, determina la naturale trasposizione dall’ipotesi di sospensione necessaria di cui al prefato articolo 295 del C.P.C. alla figura gradata della sospensione facoltativa contemplata dall’articolo 337 del Codice di rito, ossia la definizione del giudizio pregiudicante con Sentenza non passata in giudicato, secondo l’orientamento a questo punto del tutto maggioritario accreditato dalla Corte di legittimità (ex multis SS.UU. nr. 10027 del 2012). In definitiva, la ragione assorbente della reiezione dell’istanza di sospensione di questo giudizio, che, in astratto, nel caso specifico sottoposto alla cognizione della Sezione, potrebbe palesarsi del tutto persuasiva e convincente, in virtù dell’esperimento dell’azione di responsabilità soltanto sulla base delle risultanze degli accertamenti, allo stato certamente controversi, effettuati dal Pubblico Ministero penale nella fase delle indagini preliminari, interamente mutuati dalla Procura Regionale senza allegare ulteriori riscontri, risiede nella palmare constatazione che, in concreto, il comportamento realizzato dai convenuti, anche laddove fosse effettivamente acclarato come reato, con Sentenza irrevocabile, all’esito del relativo processo, non sarebbe tuttavia idoneo, in ogni caso, a determinare quelle conseguenze automatiche sostenute dall’Ufficio Requirente in punto di configurazione della figura peculiare di danno patrimoniale alla concorrenza, come meglio sarà chiarito nei successivi passaggi della motivazione attinente al presente provvedimento.
Venendo alla seconda doglianza di carattere pregiudiziale, deve essere respinta l’istanza di integrazione del contraddittorio con il nominato ROSCI, in qualità di quarto componente della Commissione di gara nell’appalto relativo alla “Variante Ghislarengo”, sempre sollevata dalla difesa del nominato SGUOTTI.
Esclusa in radice la sussistenza di una fattispecie connotata da ipotesi di litisconsorzio necessario, in disparte la questione afferente alla diatriba sorta in giurisprudenza in ordine alla compatibilità del potere sindacatorio riconosciuto al Giudice contabile con i principi del giusto processo consacrati nell’articolo 111 della Costituzione, ma rammentando, comunque, la circostanza secondo cui l’ordine di integrazione da parte del Collegio riveste carattere assolutamente eccezionale (ex multis I Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 92 del 2011), è sufficiente osservare, come correttamente evidenziato dall’attore nel corso del dibattimento, che la contestazione promossa dalla Procura Regionale è a titolo di dolo, per cui in caso di condanna sarebbe applicabile nella fase esecutiva il canone della responsabilità solidale per l’intero nocumento; ma anche qualora intervenisse una pronuncia di condanna per colpa grave, troverebbe spazio la necessaria delibazione in astratto, nell’ottica del nesso eziologico, dell’eventuale concorso causale riconducibile ad altri soggetti, non convenuti dal Pubblico Ministero contabile o non convenibili per qualsiasi causa, ai fini dell’individuazione della precisa quota da addebitare a coloro che sono stati evocati in giudizio dall’Ufficio Requirente, in relazione al principio della parziarietà dell’obbligazione risarcitoria consacrato dall’articolo 1, comma 1 quater, della Legge nr. 20 del 1994.
Anche la terza questione pregiudiziale, concernente la richiesta istruttoria di acquisizione documentale del contenuto delle testimonianze rese nella fase dibattimentale nell’ambito del processo penale, attesa la perfetta identità dei fatti da accertare, manifestata in apertura del proprio intervento dall’Avvocato PAFUNFI, alla quale si è successivamente associato l’Avvocato PRETTI, non intercetta il positivo avviso del Collegio.
In tale prospettiva, questi Giudici ritengono che la predetta istanza non sia da considerarsi ammissibile, in quanto del tutto irrilevante ed ininfluente o, comunque, non determinante ai fini della decisione; in altre parole, giova sottolineare che nel copioso materiale documentale allegato e riversato nel fascicolo processuale dalle parti trovano sufficiente riscontro tutti gli elementi per giungere ad una analitica ricostruzione della cornice che definisce la dinamica degli avvenimenti caratterizzanti la presente fattispecie. A tal proposito, cade opportuno evidenziare che nella giurisprudenza della Suprema Corte si sono accreditati sul tema delle richieste istruttorie due orientamenti diversi ma complementari: secondo il primo, più restrittivo, l’accoglimento delle prefate istanze è rimesso al prudente apprezzamento del Giudice di merito, che non è tenuto a specificare le ragioni per le quali ritiene di non avvalersene (ex multis nnrr. 12997 del 2004, 12493 e 10 del 2002 e 15983 del 2000); alla luce di altro indirizzo, più estensivo, pur essendo ammesso il sindacato in sede di legittimità, per vizio di motivazione, dei provvedimenti positivi o negativi sulle richieste in parola, resta comunque ferma la necessità di dimostrare la decisività, ai fini della risoluzione della controversia, del punto sul quale la motivazione è stata omessa o mal formulata. Il richiedente, in definitiva, è sempre gravato dell’onere di mettere in risalto l’esistenza di uno specifico rapporto di causalità logica tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere, attraverso un giudizio di ragionevole certezza, che quella circostanza, ove fosse stata considerata, avrebbe potuto invece portare ad una diversa soluzione della lite (ex multis nr. 15466 del 2002). Ove la decisività della richiesta istruttoria pretermessa non sia configurabile, infatti, torna applicabile il principio per il quale soltanto al Giudice del merito spetta individuare le fonti del proprio libero convincimento, valutare le prove e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (ex multis nr. 1892 del 2002). Ciò chiarito, l’istanza istruttoria avanzata in Udienza dai legali dei convenuti, come sopra precisato, indipendentemente dall’adesione ad una delle due concezioni in rassegna, non appare né decisiva, né determinante o rilevante ai fini della decisione della causa e, di conseguenza, originerebbe un’inutile aggravio del giudizio, anche in relazione al principio della ragionevole durata del processo di cui all’articolo 111 della Costituzione, tenendo conto, peraltro, di quanto esplicitato nel prosieguo della motivazione.
Una volta vagliate tutte le questioni pregiudiziali, il Collegio procederà alla disamina delle argomentazioni di merito poste a fondamento della suddetta azione di responsabilità da parte dell’Ufficio Requirente, e delle correlate controdeduzioni formulate dai difensori dei convenuti, molte delle quali presentano una connotazione comune a tutte le difese.
In tale ottica, la Sezione reputa necessario prendere l’abbrivo da una valutazione di fondo che abbraccia in modo diretto tutto il successivo ordito motivazionale: la Procura Regionale fonda la propria pretesa risarcitoria su due presupposti connessi ed interdipendenti, i quali, tuttavia, appaiono errati nella loro prospettazione ed inficiano irrimediabilmente le conclusioni cui perviene l’Ufficio Requirente nell’atto introduttivo del giudizio: il primo attiene all’asserita dimostrazione del fatto materiale, con riferimento al presunto comportamento illecito realizzato dai convenuti nella gestione dei descritti appalti, mentre il secondo riguarda il teorizzato automatismo tra l’eventuale accertamento del reato e la nullità virtuale del contratto prevista dall’articolo 1418, comma 1, del Codice Civile; entrambe le suddette deduzioni di parte pubblica devono essere respinte.
In primo luogo, la Sezione ritiene che il Pubblico Ministero contabile non abbia addotto prove sufficienti ed univoche per avvalorare in modo convincente l’ipotesi accusatoria, nell’ottica della condotta posta in essere dai nominati SILVA, ACERBO BELLO e SGUOTTI, sotto il profilo della commissione di una o più fattispecie penalmente rilevanti o, comunque, di un contegno antigiuridico che possa essere qualificato come illecito. In merito agli appalti denominati “Giurisdizione A” e “Miglioramento sicurezza circolazione S.P. 299”, infatti, le affermazioni dei convenuti interessati che hanno chiarito nelle proprie deduzioni il ricorrere di mere discrasie, errori materiali ed episodiche inversioni dei punteggi assegnati, peraltro riguardanti anche altri operatori economici, nonché la circostanza che comunque i punteggi tecnici finali attribuiti ai concorrenti corrispondono esattamente alle medie risultanti dalle schede di valutazione dei commissari allegate al verbale di gara, costituiscono tesi difensive non certo inverosimili ed irrazionali dal punto di vista oggettivo, che ben potrebbero costituire valide giustificazioni del loro operato ovvero integrare semplici irregolarità; al riguardo, non è superfluo rammentare che è colui che agisce in giudizio il soggetto deputato a suffragare, ai sensi dell’articolo 2697 del Codice Civile, i fatti che costituiscono il fondamento del diritto rivendicato, ma l’Ufficio Requirente, come sopra precisato, non ha soddisfatto siffatto onere tassativo con elementi di prova solidi ed incontrovertibili, sul rilievo che i fattori dedotti da parte pubblica non sono assistiti, a parere della Sezione, da elevato rigore logico unidirezionale. Del resto, cade opportuno sottolineare che tutti i dati e le operazioni contenuti nei files di lavoro dei convenuti, qualificabili come meri brogliacci, non possono che rivestire carattere precario e provvisorio prima della definitiva verbalizzazione, che ne suggella la rilevanza esterna e conferisce loro la natura di prova legale tipica dell’atto pubblico, con il corollario che gli stessi sono sempre suscettibili di rettifiche prima della sottoscrizione del verbale per sanare eventuali errori materiali e di calcolo. Certamente sarebbe sempre preferibile, in linea generale, procedere alla verbalizzazione contestuale al termine di ogni singola seduta riservata, con la riapertura dell’atto nel momento della ripresa delle operazioni di gara, procedura che assicura la massima trasparenza e le migliori garanzie, ma indubbiamente l’articolo 78 del Codice sui contratti pubblici di cui al Decreto Legislativo nr. 163 del 2006 consente anche la verbalizzazione riassuntiva alla fine della fase di valutazione delle offerte tecniche, alla luce dell’orientamento assolutamente maggioritario accreditato dal Giudice amministrativo (ex multis Consiglio di Stato, Sez. VI, Sentenza nr. 1575 del 2008). In dettaglio, è stato propugnato il principio secondo il quale deve considerarsi pienamente legittimo il verbale redatto in un unico documento per più sedute, nel caso in cui lo stesso, nella sua materialità, distingua chiaramente le operazioni svolte nelle singole sedute; il documento, infatti, sebbene unico, in realtà contiene più verbali distinti, che solo materialmente sono accorpati nell’ambito di un unico documento cartaceo. Quanto al terzo appalto relativo alla “Variante Ghislarengo”, merita evidenziare, da un lato, che l’Avvocato ROSCI ha sottoscritto sia il verbale in corrispondenza di tutte le sedute pubbliche e riservate svolte dalla Commissione di gara, sia la scheda di valutazione tecnica allegata, senza avere mai disconosciuto formalmente la propria firma, con il precipitato che, allo stato, rimane perfettamente integra ed intangibile la prova legale derivante dalla forza estrinseca dell’atto pubblico, dotato di fede privilegiata (ex multis Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Decisione nr. 8 del 2014), tenendo conto, peraltro, che comunque lo stesso legale ha dichiarato nel verbale di assunzione di informazioni in data 09.06.2010 di essere stato presente alla terza seduta riservata del 26.02.2009, quella decisiva per l’assegnazione dei punteggi tecnici, per altro verso, il tempo impiegato dai componenti dell’Organo collegiale per l’esame delle offerte tecniche, reputato del tutto inattendibile dalla Procura Regionale, potrebbe invece essere considerato congruo ed adeguato in funzione dell’altissima qualificazione ed esperienza in materia dei convenuti SILVA, ACERBO e SGUOTTI, trattandosi di funzionari in servizio presso il Settore LL.PP. della Provincia di Vercelli chiamati a gestire periodicamente diverse procedure di affidamento, nonché delle altre argomentazioni manifestate dal consulente di parte nel procedimento penale, Prof. Ing. Guido CAPOSIO, nella sua perizia del 21.02.2014, le quali appaiono in astratto sicuramente plausibili nell’ottica del criterio guida della ragionevolezza. D’altra parte, la stessa giurisprudenza amministrativa ha precisato, in termini generali, che il tempo dedicato dalla Commissione giudicatrice alle operazioni di scrutinio non rappresenta un elemento che possa invalidare, di per sé, i giudizi conclusivi, la cui logicità e ragionevolezza devono essere valutate sulla base di quanto oggettivamente espresso negli atti contestati, nel senso che rispetto alla conclusione della procedura valutativa rileva non il tempo dedicato all’esame delle offerte e della documentazione allegata, ma la verifica della correttezza dei risultati alla stregua dei consueti parametri di legittimità della funzione amministrativa, rispetto ai quali l’elemento “tempo” rimane un fattore estrinseco, che può assumere una ipotetica rilevanza solo nel caso in cui, alla brevità delle operazioni concorsuali, si accompagni un esito del tutto irrazionale ed illogico (ex multis Consiglio di Stato, Sez. V, Sentenza nr. 3768 del 2009).
In secondo luogo, accogliendo le puntuali deduzioni formulate da tutte le difese che si sono ampiamente soffermate sullo specifico profilo, con dovizia di richiami alle pronunce più significative dei diversi plessi giurisdizionali, anche laddove si volesse aderire alla tesi postulata dal Pubblico Ministero contabile circa la sussistenza di condotte penalmente rilevanti, a tutto concedere alla ricostruzione attorea, non convince tuttavia l’affermazione perentoria di parte pubblica secondo la quale dai reati commessi dai convenuti deriverebbe in modo automatico e necessitato, a cascata, la nullità del contratto stipulato dalla stazione appaltante con gli operatori economici risultati vincitori, in quanto si tratta di una forzatura inaccettabile che mira a sovrapporre la realtà giuridica a quella fattuale che si staglia in modo cristallino nelle operazioni di gara, ponendosi in aperto contrasto con gli approdi della dottrina e della giurisprudenza in materia. Nell’ambito della categoria dei reati “in contratto”, cui si attaglia la fattispecie in esame, essendo del tutto aliena l’altra categoria dei reati “contratto”, in cui opera una vera e propria immedesimazione del reato con il negozio giuridico, ed esclusa evidentemente la possibilità di applicare la suddetta Direttiva ricorsi, atteso che il periodo di franchigia temporale, indipendentemente dal carattere autoesecutivo o meno della stessa fonte comunitaria, scadeva in data successiva alla pubblicazione dei bandi di gara afferenti agli affidamenti in rassegna, occorre focalizzare l’attenzione sulla norma di cui all’articolo 1418, comma 1, del Codice Civile, che recita : “il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la Legge disponga diversamente”. La disposizione in parola prevede la cosiddetta nullità virtuale, cioè quella nullità che non attiene alla mancanza o alla patologia degli elementi strutturali della fattispecie, quali appunto la carenza della causa o dell’oggetto o l’illiceità della causa, ma alla violazione di norme imperative la cui identificazione è rimessa alla valutazione dell’interprete, ricorrendo una figura di carattere atipico. Allo scopo di comprendere quale sia l’ambito di operatività della nullità virtuale, merita evidenziare che, in base all’orientamento propugnato dalla giurisprudenza di legittimità, le norme imperative che essa richiama attengono agli elementi cosiddetti “intrinseci” della fattispecie negoziale, i quali però non coincidono con gli elementi strutturali del contratto; nella nozione di elementi “intrinseci” offerta dalla citata giurisprudenza, pertanto, rientrano altri elementi, non strutturali, quali ad esempio il contenuto che, richiamando la norma di cui all’articolo 1322 del Codice Civile, riguarda proprio la libertà dei contraenti di stabilire il medesimo e di determinarlo nei limiti imposti dalla Legge. Con tali premesse, cade opportuno sottolineare che in merito alle conseguenze sul contratto nell’ipotesi della commissione di reati si confrontano due indirizzi in contrasto tra loro: l’uno, cosiddetto “pan – penalistico”, del tutto minoritario, tendente a riconoscere una prevalenza del precetto penale, nel senso che l’illiceità penale non può che provocare anche un’illiceità civile e determinare la nullità del contratto; l’altro, definito “autonomistico”, che, ispirato da ragioni di conservazione contrattuale ma non per questo meno rigoroso, ritiene che la sanzione della nullità debba essere applicata tenendo conto non del mero dato letterale della norma penale violata, ma del fondamento del divieto in essa previsto e della possibilità che dalla violazione della norma imperativa derivi sia la sanzione penale che la nullità dell’atto; in altre parole, la teoria “autonomistica” muove dall’esigenza imprescindibile di diversificare il piano delle disposizioni penali effettivamente violate da quello delle norme civilistiche, ciò in quanto la violazione del precetto penale non è condizione sufficiente a determinare la nullità di un contratto se prima non si effettua una puntuale e completa riqualificazione della condotta integrante il reato anche sotto il profilo civilistico. Ciò chiarito, secondo la concezione “autonomistica”, assolutamente prevalente nella giurisprudenza di legittimità e di merito, solo nel caso in cui la condotta incriminatrice abbia determinato, all’esito della prefata riqualificazione, anche la violazione di una regola di validità potrà essere comminata la più grave sanzione della nullità contrattuale, mentre nell’ipotesi di violazione di una regola comportamentale o di una norma di azione questa potrà condurre, al più, all’annullabilità del contratto a seguito di istanza della parte che vi abbia interesse ovvero rilevare sul piano della responsabilità nella fase delle trattative.
Trasferendo le descritte coordinate ermeneutiche, di matrice civilistica, sul terreno specifico degli appalti pubblici, la mancata osservanza di norme imperative cui consegue la nullità virtuale del contratto, indipendentemente dalle ipotesi tipizzate di inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni contemplate dapprima nell’articolo 9 del Decreto Legislativo nr. 53 del 2010, di attuazione della prefata Direttiva 2007/66/CE, e successivamente trasfuse nell’articolo 121 del Decreto Legislativo nr. 104 del 2010, norme tuttavia non applicabili all’odierna fattispecie, è costituita esclusivamente dalla violazione dei canoni fondamentali ed imprescindibili che disciplinano la fase pubblicistica dell’evidenza pubblica, a garanzia del mercato e della concorrenza, come nel caso di omessa gara, laddove venga illegittimamente invocata, fuori dei casi consentiti, la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara o quella in economia, ovvero di procedura competitiva meramente apparente o artificiosa e priva di un reale confronto tra i partecipanti in seguito a comportamenti illeciti degli organi interni della stazione appaltante, ovvero al ricorrere di altri gravissimi vizi della procedura di affidamento che in modo insanabile mortificano e minano in concreto il superiore interesse al buon andamento ed all’imparzialità dell’azione amministrativa, presidiati dall’articolo 97 della Costituzione, sotteso alla cornice di riferimento delle norme nazionali, di derivazione comunitaria, che impongono di individuare gli operatori economici cui assegnare gli appalti pubblici mediante regole competitive di natura tassativa e cogente; al di fuori di siffatte evenienze che circoscrivono un ben delimitato perimetro, pertanto, non vi è alcuno spazio residuo per teorizzare la nullità virtuale del contratto. In definitiva, con riferimento alla specifica dinamica inerente alla fase di evidenza pubblica degli appalti oggetto del presente giudizio, ha errato il Pubblico Ministero contabile nel ritenere che la realizzazione di uno o più reati sia condizione sufficiente per invocare la nullità virtuale del contratto sottoscritto dalla stazione appaltante, poiché la citata sanzione si fonda, come sopra lumeggiato, non certo sulla natura penalmente rilevante della condotta posta in essere dagli organi interni dell’Amministrazione, bensì sugli effetti pregiudizievoli che il comportamento antigiuridico abbia eventualmente generato sulla corretta esplicazione e valorizzazione dei principi fondamentali dell’evidenza pubblica e della piena trasparenza posti a tutela del bene giuridico essenziale della concorrenza. D’altro canto, preme mettere in risalto la circostanza, in diretta connessione e ad ulteriore conforto delle osservazioni in precedenza delineate, che anche per quanto riguarda la nullità del provvedimento di aggiudicazione definitiva, atto prodromico alla successiva stipula del contratto, di cui ne costituisce l’indispensabile presupposto, l’articolo 21 septies della Legge nr. 241 del 1990 e successive modificazioni non contempla alcun riferimento espresso e diretto alla figura del reato quale possibile causa di applicazione della predetta sanzione; in dettaglio, il citato articolo 21 septies stabilisce che “è nullo il provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali, che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla Legge”. In tale visuale, indubbiamente rilevante per confutare la tesi che potrebbe predicare, tra l’altro, la nullità derivata dei contratti di appalto quale conseguenza diretta della nullità degli atti di aggiudicazione presupposti, il Giudice amministrativo ha più volte chiarito il canone secondo cui i provvedimenti amministrativi che siano stati adottati a seguito di una o più condotte costituenti reato contro la fede pubblica e contro la Pubblica Amministrazione o la cui emanazione abbia comportato la commissione di siffatti reati non sono affetti da radicale nullità ma da semplice annullabilità, con l’ulteriore conseguenza che tali provvedimenti sarebbero annullabili in via di autotutela solo dall’Amministrazione interessata (ex multis Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza nr. 5266 del 2013).
Prendendo l’abbrivo dai descritti presupposti, avallati dalla prevalente giurisprudenza, civile ed amministrativa, giova rimarcare che nella fattispecie oggetto dell’atto di citazione gli appalti sono tutti stati affidati mediante una reale procedura di gara aperta, che offre le massime garanzie nell’ottica dell’apertura del mercato, individuando come criterio di aggiudicazione quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con la partecipazione di numerosi operatori economici effettivamente interessati all’attribuzione dei contratti; lo stesso consulente del Pubblico Ministero penale, Architetto Marco Giovanni AIMETTI, con riferimento all’affidamento inerente alla “Variante Ghislarengo”, ha dichiarato testualmente nella sua perizia dell’08.06.2010 che “l’analisi del bando, i contenuti, il sistema di assegnazione dei punteggi e le modalità di calcolo degli stessi portano ad affermare che il documento redatto è sostanzialmente rispettoso dei criteri fondamentali delle norme di Legge. In particolare, si esprime un parere positivo in merito al criterio di aggiudicazione adottato, agli elementi di valutazione indicati e al loro peso in termini di punteggio assegnato”. Da quanto sopra esposto, si evince in modo nitido e palese che i comportamenti contestati ai convenuti dalla Procura Regionale, anche qualora fossero definitivamente accertati nella loro ontologica esistenza lungo la direttrice prospettata da parte pubblica, non sarebbero stati certamente idonei a causare una lesione dei canoni fondamentali dell’evidenza pubblica da cui dedurre la gravissima sanzione di nullità del contratto di appalto stipulato dalla stazione appaltante, trattandosi di condotte che, lungi dall’infirmare radicalmente la legittimità e la regolarità delle procedure di affidamento così come sono state condotte, integrerebbero, al contrario, la violazione di regole comportamentali e procedimentali attinenti allo svolgimento di singole e circoscritte fasi delle operazioni di gara, tenendo conto, peraltro, delle successive considerazioni espresse dalla Sezione in ordine alla configurazione strutturale del danno alla concorrenza.
Passando alla disamina attinente al suddetto pregiudizio, quale elemento centrale della fattispecie di responsabilità dedotta dalla Procura Regionale, tutte le difese ne hanno contestato in modo deciso la sussistenza con molteplici ed articolate argomentazioni, alcune specifiche altre a fattore comune.
Nella prospettiva del peculiare danno alla concorrenza, si stima utile rammentare i più recenti indirizzi della giurisprudenza della Corte dei Conti sulla specifica tematica (ex multis I Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 809 del 2012, Sezione Giurisdizionale Lombardia, Sentenze nr. 980 del 2008 e nr. 598 del 2009, Sezione Giurisdizionale Piemonte, Sentenze nr. 221 del 2009 e nr. 96 del 2010, nr. 35 e nr. 44 del 2011, nr. 142 del 2012, Sezione Giurisdizionale Abruzzo, Sentenza nr. 23 del 2011), ispirati anche dalle ultime Decisioni del Giudice amministrativo sul punto (ex multis Consiglio di Stato, VI Sezione, Sentenza nr. 1750 del 2008, V Sezione, Sentenza nr. 4089 del 2011) secondo i quali l’integrale illegittimità della procedura di scelta del contraente determina una lesione concreta ed attuale del fondamentale postulato in parola, di derivazione comunitaria, che informa tutta la materia degli appalti pubblici ed è stato più volte messo in risalto anche dalla Corte Costituzionale in alcune note pronunce (ex multis Sentenze nr. 303 del 2003, nr. 401 del 2007, nr. 160 del 2009, nr. 45 del 2010 e nr. 259 del 2013). In questi casi, caratterizzati dalla violazione dei basilari principi di buon andamento ed imparzialità di cui all’articolo 97 della Carta, il contratto stipulato dall’Amministrazione con l’operatore economico, a seguito di una procedura di affidamento viziata in modo insanabile dalla lesione del canone della concorrenza, rappresenta un mero guscio vuoto, un semplice simulacro giuridico, con il corollario che l’imprenditore non ha diritto di percepire l’utile connesso al corrispettivo dell’appalto ma soltanto la somma correlata all’arricchimento senza causa, ai sensi dell’articolo 2041 del Codice Civile; del resto, appare chiaro che in tale evenienza l’impresa aggiudicataria dell’appalto, dando esecuzione al contratto viziato e ricevendone il corrispettivo, ha conseguito un profitto indebito che non avrebbe ottenuto se la procedura di affidamento si fosse svolta in modo legittimo, trattandosi di un rapporto “sine titulo” basato su un negozio giuridico successivamente dichiarato inefficace dal Giudice. A tal proposito, anche la Suprema Corte, con giurisprudenza ormai del tutto consolidata (ex multis SS.UU. nnrr. 23385 del 2008 e 1875 del 2009), ha precisato in modo netto che, in presenza di contratti di appalto tra operatori economici privati e Pubbliche Amministrazioni, affetti da nullità assoluta per violazione delle norme di evidenza pubblica, che rappresentano regole inderogabili costituenti un vero e proprio sistema rigido e vincolante, ricollegabile al principio del buon andamento di dette Amministrazioni in un quadro di certezza e di trasparenza, è ammesso esclusivamente il pagamento dell’indennizzo previsto dall’articolo 2041 del Codice Civile, nei limiti del depauperamento subito dal privato, con esclusione dei benefici e delle aspettative connessi con il corrispettivo pattuito, con particolare riferimento al “profitto di impresa”. Proprio il menzionato utile di impresa, normalmente quantificato in via presuntiva con una percentuale variabile tra il 5% ed il 10% dell’importo del contratto, a seconda dell’oggetto dell’appalto (beni e servizi ovvero lavori), in funzione della disposizione contemplata dall’articolo 134 del Codice di cui al Decreto Legislativo nr. 163 del 2006, costituisce il parametro utilizzato abitualmente dalla giurisprudenza del Giudice contabile per la liquidazione del suddetto danno alla concorrenza che viene posto a carico del personale della stazione appaltante autore della violazione. Non mancano nel panorama giurisprudenziale, tuttavia, alcune pronunce che hanno offerto un’interpretazione maggiormente restrittiva, le quali, rifuggendo in modo netto dalla teoria del danno alla concorrenza, hanno precisato che il valore differenziale fra le condizioni contrattuali concretamente applicate e quelle che sarebbero scaturite da un legittimo ricorso al mercato, deve essere sempre oggetto di apposita prova o, almeno, di inizio di prova, con il precipitato che lo stesso non può essere frutto di presunzioni (ex multis II Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenze nr. 198 del 2011 e nr. 130 del 2013, Sezione Giurisdizionale Puglia, Sentenza nr. 768 del 2007, Sezione Giurisdizionale Umbria, Sentenza nr. 122 del 2009). Tale ultima concezione, in definitiva, esclude in radice la possibilità di contestare il pregiudizio alla concorrenza quale autonoma fattispecie di danno riveniente dalla violazione delle regole di evidenza pubblica che disciplinano l’appalto.
Venendo alla contestazione formulata dal Pubblico Ministero contabile nell’atto introduttivo, anche volendo assicurare continuità al primo orientamento sopra riportato, più volte accreditato anche da questa Sezione Giurisdizionale nel corso degli ultimi anni, ma, è bene sottolinearlo, sempre in corrispondenza di ipotesi di omessa gara o di procedura competitiva meramente apparente o fittizia, l’impossibilità di invocare la nullità dei contratti stipulati dalla Provincia di Vercelli, per i motivi già esposti, travolge in modo irrimediabile e globale la suddetta ricostruzione su cui si fonda la figura del danno alla concorrenza. In ogni caso, a parere del Collegio, deve essere posto in risalto un ulteriore elemento inoppugnabile sul quale si infrangono tutte le argomentazioni espresse dalla Procura Regionale: la prova di resistenza. Dall’analisi analitica delle operazioni di gara concernenti i tre appalti sopra descritti, si evince in modo incontestabile che la migliore offerta tecnico-economica è stata quella depositata dalle imprese che sono poi risultate aggiudicatarie degli affidamenti. In relazione agli appalti “Giurisdizione A” e “Miglioramento sicurezza circolazione S.P. 299”, le due A.T.I. vittoriose, anche deducendo i punti relativi all’elemento tecnico che secondo l’Ufficio Requirente sarebbero stati aggiunti dai convenuti per favorirle nel confronto con gli altri partecipanti, avrebbero ottenuto nettamente la valutazione complessiva più alta con un notevolissimo vantaggio sugli operatori economici secondi classificati, rispettivamente, di circa 20 e 30 punti, non trascurando di considerare che ambedue le suddette A.T.I. hanno offerto il ribasso maggiore con riferimento al fattore prezzo. L’obiezione preventivamente dedotta dal Pubblico Ministero contabile nell’atto di citazione, secondo cui l’asserita alterazione delle risultanze della valutazione delle offerte tecniche è stata compiuta prima dell’apertura delle buste contenenti le offerte economiche, quando ancora non si conosceva il contenuto del ribasso proposto dagli altri concorrenti e, dunque, in un momento in cui il divario tra il punteggio tecnico degli operatori economici poteva essere facilmente colmato dal punteggio che si sarebbe poi dovuto attribuire all’offerta economica, appare assolutamente inconferente. Ai fini della dimostrazione del danno alla concorrenza, infatti, nessuna rilevanza può assumere il presunto requisito soggettivo intenzionale dei convenuti teso a favorire determinati concorrenti, ma occorre valutare in concreto soltanto la realtà fattuale quale risultante dallo svolgimento delle operazioni di gara, cioè che i due appalti in parola sono stati aggiudicati alle A.T.I. che avevano presentato, senza ombra di dubbio, l’offerta migliore. Anche per l’appalto denominato “Variante Ghislarengo” può essere richiamato il medesimo assunto, sul rilievo che l’A.T.I. vittoriosa ha ottenuto il punteggio complessivo più alto, con un vantaggio di oltre 10 punti rispetto all’operatore economico secondo classificato; in dettaglio, l’A.T.I. in parola ha conseguito il punteggio tecnico maggiore, con valutazione concorde da parte di tutti i commissari, ed il secondo migliore ribasso percentuale, pari al 19,37221%, in termini di prezzo, superata per quest’ultimo elemento esclusivamente dall’A.T.I. BETON VILLA s.p.a. che, tuttavia, era classificata soltanto al sesto posto della graduatoria provvisoria all’esito del giudizio sull’offerta tecnica, con un punteggio non certo elevato. Quanto alla posizione dell’Avvocato ROSCI, la stessa deve essere considerata ininfluente, nell’ottica del riscontro relativo alla sussistenza in concreto del danno alla concorrenza, sempre in virtù della suddetta prova di resistenza, vero e proprio architrave della presente motivazione: se anche il legale non avesse realmente partecipato alle sedute riservate della Commissione, il suo mancato apporto, in ogni caso, non sarebbe stato decisivo ai fini dell’individuazione della migliore offerta, essendo l’unico membro dell’Organo collegiale a non possedere una specifica qualificazione di natura tecnica, assicurata dagli altri tre componenti, odierni convenuti, e tale asserzione, specularmente, può essere proiettata nell’ipotesi alternativa di effettiva presenza del medesimo alle operazioni di gara, come attestata dalle firme apposte sul verbale e sulla scheda di valutazione tecnica, nel senso che il suo giudizio su tale versante non poteva che allinearsi, in linea di massima, a quello manifestato dagli altri commissari dotati di elevata esperienza e professionalità. In effetti, focalizzando nuovamente la realtà fattuale si evince con certezza che il peso del giudizio espresso dal nominato ROSCI appare veramente minimale, come risulta dalla stessa simulazione effettuata dal menzionato consulente di parte nel procedimento penale, il quale ha rielaborato i dati di gara omettendo i voti dal medesimo assegnati: ebbene, il risultato è che l’apporto del giudizio del prefato legale risulta del tutto ininfluente ai fini della classifica finale, sul rilievo che la graduatoria rimane immutata fatto salvo per il quinto e sesto classificato, con impercettibili differenze in termini di punteggi complessivi riportati dai singoli partecipanti.
Tirando le fila delle precedenti considerazioni, a prescindere dall’esito del processo penale e dall’eventuale accertamento di reati, nessun danno alla concorrenza è stato causato dal comportamento dei convenuti, in quanto i tre appalti menzionati nell’atto di citazione sono stati assegnati dalla Provincia di Vercelli alle imprese che avevano certamente presentato le offerte migliori alla luce del criterio di selezione prescelto, salvaguardando in tal modo sia l’interesse generale alla tutela della concorrenza e del mercato, sia quello specifico della stazione appaltante di ottenere il rapporto più conveniente qualità-prezzo. La nota Sentenza della Corte Costituzionale nr. 401 del 2007, in precedenza citata e richiamata anche dall’Ufficio Requirente nell’atto introduttivo, ha inteso infatti enfatizzare, tra l’altro, proprio il principio secondo cui il rigoroso adempimento delle prescrizioni comunitarie e nazionali di evidenza pubblica garantisce il rispetto delle regole dell’efficacia e dell’efficienza dell’attività dei pubblici poteri, in quanto la selezione della migliore offerta assicura la piena attuazione degli interessi pubblici in relazione al bene o al servizio oggetto dell’aggiudicazione e, allo stesso tempo, l’osservanza dei predetti vincoli funzionali realizza la tutela della concorrenza per il mercato attraverso procedure di garanzia in grado di proteggere il rispetto dei valori comunitari e costituzionali in materia. Del resto, quali ulteriori elementi atti a corroborare la precedente affermazione circa l’evidente assenza di qualsivoglia pregiudizio alla concorrenza, merita evidenziare, da un lato, che l’Ufficio Requirente, pur essendo naturalmente noto alla Sezione il principio del tutto consolidato secondo cui il giudizio dei commissari costituisce espressione paradigmatica di un potere tecnico-discrezionale di norma insindacabile, salve le ipotesi nelle quali le valutazioni, attraverso il prisma dell’eccesso di potere e delle sue figure sintomatiche, appaiano manifestamente abnormi, illogiche, irrazionali o arbitrarie, ovvero siano affette da palesi errori di fatto, non ha minimamente messo in discussione la congruità e l’adeguatezza dei punteggi tecnici attribuiti dai singoli componenti nell’ambito degli appalti in questione, incentrando invece la propria istruttoria su altri aspetti che si sono rivelati del tutto marginali, dall’altro, che non risultano contenziosi promossi dalle imprese controinteressate che hanno partecipato agli appalti e che le opere eseguite dagli aggiudicatari sono state collaudate con esito favorevole.
In conclusione, ha errato il Pubblico Ministero contabile dapprima nel reputare pacifici due presupposti, quello afferente alla condotta materiale dei convenuti e quello legato alla conseguente nullità dei contratti, smentiti invece dal Collegio con le motivazioni sopra tratteggiate, in adesione alle articolate eccezioni sollevate da tutte le difese, e poi nel sostenere, attraverso un ulteriore passaggio dal tenore giuridico controverso, la sussistenza della peculiare figura del danno patrimoniale alla concorrenza che, al contrario, risulta assolutamente carente nella realtà fattuale in modo incontestabile, come emerge dalla piana lettura degli atti versati nel fascicolo processuale che illumina con forza la suddetta prova di resistenza.
Per quanto esposto in narrativa, i convenuti SILVA Caterina, ACERBO Marco, SGUOTTI Marzio e BELLO Paolo devono essere mandati assolti dagli addebiti che gli sono stati contestati dalla Procura Regionale attrice.
Con riferimento al diritto inerente al rimborso delle spese legali sostenute dai suddetti convenuti, prosciolti nel merito, il Collegio, ai sensi dell’articolo 10 bis, comma 10, del D.L. nr. 203 del 2005, convertito dalla Legge nr. 248 del 2005, come modificato dall’articolo 17, comma 30 quinques, del D.L. nr. 78 del 2009, convertito dalla Legge nr. 102 del 2009, liquida gli onorari in via forfetaria, in assenza di apposite notule, applicando i parametri di cui al D.M. nr. 55 del 2014, nella misura di Euro 4.000,00 (quattromila//00) per ciascuna delle quattro difese, indipendentemente dal numero dei legali che hanno svolto il patrocinio, somma da considerarsi comprensiva di spese generali, oltre IVA e CPA se dovuti.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando,
ASSOLVE
SILVA Caterina, ACERBO Marco, SGUOTTI Marzio e BELLO Paolo dagli addebiti che gli sono stati contestati.
Le spese legali sostenute dai convenuti sono liquidate nella misura di Euro 4.000,00 (quattromila/00) per ciascuna difesa, somma comprensiva di spese generali, oltre IVA e CPA se dovuti.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Torino, nella Camera di consiglio dell’08 aprile 2014.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(F.to Dott. Tommaso Parisi) (F.to Dott. Giovanni Coppola)
Depositata in Segreteria il 15 Maggio 2014
Per Il Direttore della Segreteria
(F.to Riccardo Ravaschio)