L.160/2019 art. 1 c. 741 lett. b
nella definizione di fabbricato dettata dall’art. 1, comma 741, lett. a) della legge n. 160/2019, è considerata “parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza esclusivamente ai fini urbanistici, purché accatastata unitariamente…”.
Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativ
Il regolamento comunale non può indicare ulteriori limitazioni per l’individuazione della pertinenza, come invece succedeva in ambito ICI, quali ad esempio la distanza dall'abitazione principale.
Circolare n° 3/DF del 18 maggio 2012
Per quanto riguarda la definizione delle pertinenze dell’abitazione principale, l’art. 13, comma 2, del D. L. n. 201 del 2011, stabilisce che “per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo”. Sulla base del chiaro dettato normativo, possono intendersi quali pertinenze soltanto le unità immobiliari accatastate nelle categorie:
• C/2: magazzini e locali di deposito; cantine e soffitte se non unite all’unità immobiliare abitativa;
• C/6: stalle, scuderie, rimesse, autorimesse;
• C/7: tettoie.
Il contribuente può considerare come pertinenza dell’abitazione principale soltanto un’unità immobiliare per ciascuna categoria catastale, fino ad un massimo di tre pertinenze appartenenti ciascuna ad una categoria catastale diversa, espressamente indicata dalla norma. Rientra nel limite massimo delle tre pertinenze anche quella che risulta iscritta in catasto unitamente all’abitazione principale. Entro il suddetto limite il contribuente ha la facoltà di individuare le pertinenze per le quali applicare il regime agevolato. Se, per esempio, possiede 3 pertinenze di cui una cantina accatastata come C/2 e due garages classificati come C/6, sarà lo stesso contribuente ad individuare fra questi ultimi la pertinenza da collegare all’abitazione principale. Se, però, la cantina risulta iscritta congiuntamente all’abitazione principale, il contribuente deve applicare le agevolazioni previste per tale fattispecie solo ad altre due pertinenze di categoria catastale diversa da C/2, poiché in quest’ultima rientrerebbe la cantina iscritta in catasto congiuntamente all’abitazione principale. Le eventuali ulteriori pertinenze sono assoggettate all’aliquota ordinaria. Bisogna anche tenere conto dell’evenienza in cui due pertinenze, di solito la soffitta e la cantina, siano accatastate unitamente all’unità ad uso abitativo. In tale caso, in base alle norme tecniche catastali, la rendita attribuita all’abitazione ricomprende anche la redditività di tali porzioni immobiliari non connesse. Pertanto, poiché dette pertinenze, se fossero accatastate separatamente, sarebbero classificate entrambe in categoria C/2, per rendere operante la disposizione in esame, si ritiene che il contribuente possa usufruire delle agevolazioni per l’abitazione principale solo per un’altra pertinenza classificata in categoria catastale C/6 o C/7. I comuni non possono intervenire con una disposizione regolamentare in ordine all’individuazione delle pertinenze e tale affermazione è avvalorata dall’abrogazione ad opera dell’art. 13, comma 14, lett. b), del D. L. n. 201 del 2011, della lett. d), comma 1, dell’art. 59 del D. Lgs. n. 446 del 1997, che consentiva agli enti locali, nell’esercizio della potestà regolamentare, di “considerare parti integranti dell’abitazione principale le sue pertinenze, ancorché distintamente iscritte in catasto”. Le eventuali pertinenze eccedenti il numero di tre sono, ovviamente, assoggettate all’aliquota ordinaria. In tal modo, il legislatore ha fornito chiarezza su un aspetto che nel passato ha causato diversi problemi applicativi garantendo un uniforme trattamento normativo su tutto il territorio nazionale. In merito all’individuazione delle pertinenze, occorre precisare che la Corte di Cassazione nella sentenza n. 25127 del 30 novembre 2009, ha affermato che “ai sensi dell’art. 817 c.c., sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa” e, pertanto, ai fini dell’attribuzione della qualità di pertinenza occorre basarsi “sul criterio fattuale e cioè sulla destinazione effettiva e concreta della cosa al servizio od ornamento di un’altra, secondo la relativa definizione contenuta nell’art. 817 c.c. (Cass. 19161/2004)...
In materia fiscale, attesa la indisponibilità del rapporto tributario, la prova dell’asservimento pertinenziale, che grava sul contribuente (quando, come nella specie, ne derivi una tassazione attenuata) deve essere valutata con maggior rigore rispetto alla prova richiesta nei rapporti di tipo privatistico. Se la scelta pertinenziale non è giustificata da reali esigenze (economiche estetiche, o di altro tipo), non può avere valenza tributaria, perché avrebbe l’unica funzione di attenuare il prelievo fiscale, eludendo il precetto che impone la tassazione in ragione della reale natura del cespite”.
Cassazione sentenza n. 6281/2023 - Non può essere qualificata come pertinenza l’unità immobiliare che il contribuente non ha indicato nell’apposita dichiarazione I.C.I. /IMU.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. M. M. ha impugnato l'avviso di accertamento con cui il Comune di Cagliari ha determinato l'i.c.i. per l'anno 2007 per due immobili di sua proprietà, eccependo la decadenza dal potere impositivo e la natura pertinenziale delle aree.
2. La Commissione tributaria provinciale ha rigettato il ricorso, con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale. Nella sentenza impugnata si legge che "l'atto in questione, di cui è stata data comunicazione il 27 dicembre del 2007,risulta essere stato notificato nel tempo previsto .....il rapporto tributario in materia di imposta ici ... si instaura solo con la denuncia del contribuente, il quale lega il riconoscimento dello stato pertinenziale alla presentazione della dichiarazione ici ....lo stato di pertinenzialità di un'area e la quantificazione del suo valore deriva pur sempre da una scelta del contribuente, che nel caso di specie non ha mai presentato alcuna dichiarazione ici relativamente all'area in oggetto, relativamente al suo carattere di pertinenzialità, ma assolutamente a conoscenza dell'esistenza di un problema di edificabilità".
3. Avverso tale sentenza la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, formulando sei motivi.
4. Il Comune si è costituito con controricorso.
5. La Procura Generale presso la Cassazione ha depositato le conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il quinto motivo di ricorso e rigettarsi gli altri. 6. L'udienza pubblica del 2 febbraio 2023, in virtù della proroga, da parte dell'art. 8 del d.l. n. n. 198 del 2022, della disciplina dettata dagli artt. 23, comma 8-bis, del d.l. n. 137 del 2020, conv. in l. n. 176 del 2020, e 16, comma 1, del d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, si è celebrata, in assenza della richiesta delle parti, senza la loro partecipazione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il ricorrente ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., dell'art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 504 del 1992, che non impone, a carico del contribuente, l'onere di indicare all'ente impositore la natura pertinenziale dell'area, sicché tale omissione è emendabile nel corso del processo, come già ritenuto dalle Sezioni Unite n. 13378 del 2016 e da Sez. 5, n. 19125/2016; 2) la violazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., dell'art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 504 del 1992, errando la sentenza nel considerare irrilevante ai fini della pertinenzialità l'accatastamento unitario delle aree; 3) la violazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., dell'art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che la pertinenzialità si fonda sulle reali e non fittizie esigenze della destinazione di un bene a servizio di un altro, ma non può esigere la sussistenza di opere di difficile rimozione ai fini della realizzazione di tale vincolo; 4) la violazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3 cod.proc.civ., dell'art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. n. 504 del 1992, risultando irrilevante l'edificabilità dell'area ai fini del riconoscimento del vincolo pertinenziale; 5) il difetto di motivazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, cod.proc.civ., visto che le affermazioni che hanno portato ad escludere il vincolo pertinenziale sono tautologiche; 6) l'omesso esame, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, cod.proc.civ., del fatto decisivo consistente nell'impossibilità di qualsiasi ulteriore sviluppo edificatorio.
1. La prima censura è infondata, atteso che, secondo l'orientamento consolidato di questa Corte, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), al contribuente che non abbia evidenziato nella dichiarazione l'esistenza di una pertinenza non è consentito contestare l'atto con cui l'area asseritamente pertinenziale viene assoggettata a tassazione, deducendo solo nel giudizio la sussistenza del vincolo di pertinenzialità (v., da ultimo, Sez. 5, n. 27573 del 30/10/2018, Rv. 650959 - 02; cfr. anche Sez. 6 - 5, n. 13017 del 24/07/2012, Rv. 623398, ed, in motivazione, tra le altre, Cass. n. 9790 del 2017; n. 2901 del 2017; n. 6139 del 2016; Cass. n. 25027 del 2009 e n. 19639 del 2009; del tutto isolata e smentita dalle successive pronunce risulta, al contrario, l'affermazione contenuta in Sez. 5 n. 19125 del 2016, in cui si legge che "la necessità della preventiva dichiarazione al Comune dell'esistenza di una pertinenza può essere superata dalla prova offerta dal contribuente, nel procedimento contenzioso instaurato per contestare la pretesa tributaria"). Il ricorrente ha richiamato il principio affermato dalle Sezioni Unite relativamente alle imposte sui redditi, rispetto alle quali è espressamente previsto l'istituto della correzione/integrazione della dichiarazione presentata. Più precisamente Sez. U, n. 13378 del 30/06/2016, Rv. 640206 - 01 hanno affermato che, in caso di errori o omissioni nelle dichiarazioni, anche successivamente alla scadenza dei termini previsti dagli artt. 2 e 8 del d.P.R. n. 322 del 1998 per la correzione o integrazione, il contribuente può opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria. Tale principio (che, peraltro, è stato successivamente esplicitato dal legislatore, intervenuto proprio sugli artt. 2 e 8 citati, con l'introduzione della seguente disposizione: "resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull'obbligazione tributaria, determinando l'indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d'imposta o, comunque, di un minore credito") non può, tuttavia, essere esteso all'imposta comunale sugli immobili relativamente alla dichiarazione del rapporto di pertinenzialità, da cui deriva l'esonero dall'imposizione. Difatti, il vincolo di pertinenzialità è collegato ad una precisa scelta del contribuente (il cd. elemento soggettivo e, cioè, la scelta di destinare l'area a servizio dell'immobile principale), che deve essere necessariamente esplicitata per assumere rilievo. In altre parole, la dichiarazione/denuncia i.c.i., in ordine all'esistenza di un vincolo di pertinenzialità, assume non il valore di mera dichiarazione di scienza, ma (anche) di volontà, visto che il rapporto di pertinenzialità è collegato, oltre che all'elemento oggettivo e, cioè, alla destinazione durevole di un bene a servizio di un altro, in primo luogo ad un elemento soggettivo ovvero ad una scelta di destinazione - ex art.817 cod.civ. - del proprietario dell'immobile o di chi abbia un diritto reale sul bene. Alle medesime conclusioni questa Corte è pervenuta anche con riferimento all'i.m.u. (v. Sez. V n. 2143 del 24/1/2023, in cui si legge che "pur essendo venuto meno l'obbligo di dichiarazione i.c.i. dal 18 dicembre 2007 ...., ai sensi dell' art. 37, comma 53, del d.l. n. 223 del 2006, conv. in l. n. 248 del 2006, tale disposizione espressamente prevede che restano fermi gli adempimenti attualmente previsti in materia di riduzione dell'imposta, sicché, ai fini dell'esclusione dell'autonoma imponibilità dell'area in esame, in quanto pertinenziale, è necessaria la specifica dichiarazione, da parte del contribuente, di tale qualifica"). 2. Il rigetto del primo motivo comporta l'assorbimento di tutti gli altri, visto che il loro eventuale accoglimento non consentirebbe di superare la mancata denuncia dell'area in esame come pertinenziale.
P.Q.M. La Corte: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di lite, che liquida in complessivi euro 500,00, oltre euro 200,00 per spese vive, spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge; ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della società ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Concetto di pertinenza nella normativa civilistica
L’art. 817 c.c., precisa che : “Sono pertinenze le cose destinate in modo durevole a servizio o ad ornamento di un’altra cosa. La destinazione può essere effettuata dal proprietario della cosa principale o da chi ha un diritto reale sulla medesima”. Vengono richiesti due requisiti:
a) presupposto oggettivo
la destinazione ad ornamento di un’altra cosa, che costituisce il bene principale, in maniera durevole e con un rapporto che non deve essere meramente occasionale;
b) presupposto soggettivo
La volontà del proprietario o titolare di un diritto di godimento di attribuire il ruolo di pertinenza ad una delle due “cose”.