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Consiglio di Stato – Decisione n. 7625 DEL 27 Ottobre 2010. La retribuibilità delle prestazioni di lavoro straordinario è condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione


Consiglio di Stato Sez. Quinta - Dec. del 26.10.2010, n. 7625

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello r.g.n. 4034/2009, proposto da:
Di B. Giancarlo,

contro

Regione Lazio, in persona del presidente della Giunta regionale in carica;
A.s.l. Roma E, in persona del legale rappresentante in carica;
per la riforma

della sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sezione III, n. 11160 del 10 dicembre 2008, resa tra le parti e concernente la corresponsione di somme per lavoro straordinario.

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio della regione Lazio e dell’A.s.l. Roma E;

visti tutti gli atti e le memorie di causa;

relatore, all’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2010, il Consigliere Carlo Saltelli e udito, per la parte appellante, l’avv. F.;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 
FATTO

1. Il T.a.r. Lazio, Roma, sez. III, con la sentenza n. 11160 del 10 dicembre 2008, ha respinto il ricorso proposto dal dott. Giancarlo Di B. , volto ad ottenere il pagamento delle prestazioni di lavoro straordinario, asseritamente prestato dal 1° gennaio 1997 al 30 giugno 1998, in espletamento del servizio di guardia medica, quale aiuto medico di ruolo presso il Presidio ospedaliero di Villa Betania, facente parte dell’A.u.s.l. RM E.

Secondo il Tribunale, infatti, non risultavano emessi formali provvedimenti autorizzatori per lo svolgimento delle prestazioni di lavoro straordinario di cui si richiedeva il pagamento, essendo inconferente a tal fine la produzione dei tabulati delle presenze che si limitavano ad evidenziare un dato di fatto, quale la presenza del ricorrente in servizio, senza tuttavia che da ciò potesse presumersi l’esistenza di un’autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro straordinario.

2. Con atto di appello, notificato a mezzo del servizio postale il 24 aprile 2009, l’interessato ha chiesto l’annullamento della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità alla stregua di tre motivi di gravame, rubricati rispettivamente “incongruità ed insufficienza della motivazione”, “omessa disamina di presupposti determinanti” ed “eccesso di potere per sviamento e travisamento - incongrua valutazione delle risultanze acquisite attraverso l’adempimento dell’ordinanza collegiale”, rilevando che, a differenza di quanto frettolosamente ed immotivatamente ritenuto dai primi giudici, proprio dalla documentazione versata in atti sarebbe emersa non solo l’effettività, ma anche la necessità delle prestazioni rese, dal che sarebbe discesa, al di là di ogni ragionevole dubbio, la spettanza della retribuzione richiesta, ingiustamente negata dall’amministrazione.

Hanno resistito al gravame la regione Lazio e l’A.u.s.l. Roma E, chiedendone il rigetto siccome inammissibile ed infondato.

All’udienza del 28 settembre 2010, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

3. L’appello è infondato e deve essere respinto, potendo pertanto prescindersi dall’esame dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dalla costituita A.u.s.l. Roma E.

3.1. Come correttamente rilevato dai primi giudici, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, la circostanza che il dipendente abbia effettuato prestazioni eccedenti l’orario d’obbligo non è da sola sufficiente a radicare il suo diritto alla relativa retribuzione (e l’obbligo dell’amministrazione di corrisponderla), atteso che, altrimenti, si determinerebbe quoad effectum l’equiparazione del lavoro straordinario autorizzato rispetto a quello per il quale non sia intervenuto alcun provvedimento autorizzativo, compensando attività lavorative svolte in via di fatto, di cui non sia stata accertata la rispondenza a concrete ed effettive necessità (C.d.S., sez. V, dec. 23 marzo 2004 n. 1532).

È noto infatti che la retribuibilità delle prestazioni di lavoro straordinario è condizionata all’esistenza di una formale autorizzazione allo svolgimento di prestazioni di lavoro eccedenti l’orario d’ufficio: detta autorizzazione svolge una pluralità di funzioni, tutte riferibili alla concreta attuazione dei principi di legalità, imparzialità e buon andamento cui, ai sensi dell’articolo 97,Costituzione, deve essere improntata l’azione della pubblica amministrazione.

Invero, sotto un primo profilo, essa (che di regola dev’essere preventiva, ma che tuttavia può assumere eccezionalmente anche la forma del provvedimento in sanatoria, ex post) implica la verifica in concreto della sussistenza delle ragioni di pubblico interesse, che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, dec. 24 dicembre 2003 n. 8522; sez. V, dec. 10 febbraio 2004 n. 472, dec. 27 giugno 2001 n. 3503 e dec. 8 marzo 2001 n. 1352; sez. VI, dec. 14 marzo 2002 n. 1531); inoltre, essa rappresenta anche lo strumento, più adeguato, per evitare, per un verso, che attraverso incontrollate erogazioni di somme di danaro, per compensare prestazioni di lavoro straordinario, si possano superare i limiti di spesa fissati dalle previsioni di bilancio (con grave nocumento dell’equilibrio finanziario dei conti pubblici) e, per altro verso, che i pubblici dipendenti siano assoggettati a prestazioni lavorative che, eccedendo quelle ordinarie (individuate come punto di equilibrio fra le esigenze dell’amministrazione e il doveroso rispetto delle condizioni psico - fisiche del dipendente), possano creare per l’impiegato nocumento alla sua salute ed alla sua dignità di persona.

Sotto altro profilo, poi (e con particolare riferimento al principio del buon andamento), la formale preventiva autorizzazione al lavoro straordinario deve costituire, per l’amministrazione, anche lo strumento per l’opportuna ed adeguata valutazione delle concrete esigenze dei propri uffici (quanto al loro concreto funzionamento, alla loro effettiva capacità di perseguire i compiti assegnati ed espletare le funzioni attribuite dalla legge, nonché all’organizzazione delle risorse umane ed alla loro adeguatezza), onde evitare che il sistematico ed indiscriminato ricorso alle prestazioni straordinarie costituisca elemento di programmazione dell’ordinario lavoro di ufficio.

Deve anche aggiungersi che la preventiva autorizzazione allo svolgimento di prestazioni lavorative straordinarie costituisce assunzione di responsabilità, gestionale e contabile, per il dirigente che la emette.

La giurisprudenza ha anche affermato che il principio della indispensabilità dell’autorizzazione allo svolgimento del lavoro straordinario subisce eccezione quando l’attività sia svolta per obbligo d’ufficio (al riguardo si parla di autorizzazione implicita), ma, nel rispetto dei principi costituzionali sopra ricordati, deve pur sempre trattarsi di esigenze indifferibili ed urgenti (C.d.S., sez. V, dec. 9 marzo 1995 n. 329).

In tale ottica, devono essere considerate positivamente (tanto più, quando esse siano condivise e/o concordate con le organizzazioni sindacali rappresentative degli interessi dei lavoratori) quelle misure concretamente adottate dall’amministrazione che, in presenza di accertate, indilazionabili e quotidiane esigenze di servizio, anche per rispettare i ristretti limiti finanziari, entro cui sia consentito liquidare le prestazioni di lavoro straordinario, prevedano la possibilità di compensare le predette prestazioni lavorative straordinarie con riposi compensativi, in modo da salvaguardare altresì l’integrità psico - fisica del lavoratore.

3.2. Sulla scorta di tali consolidati e condivisibili principi l’appello in esame non può trovare favorevole considerazione.

3.2.1. E’ pacifico, invero, in punto di fatto che le prestazioni di lavoro straordinario di cui l’interessato chiede il pagamento non siano mai state autorizzate, né in via preventiva, come di norma dovrebbe avvenire, né successivamente in via di sanatoria, come pure è ammesso in casi eccezionali.

Ciò trova documentale conferma nella relazione dell’A.s.l. Roma E (prot. DAPO 4610 del 27 giugno 2008), resa in ottemperanza all’ordinanza istruttoria disposta dal giudice di primo grado, in cui si evidenzia non solo che dai dati con essa forniti non emerge l’asserita situazione di carenza di organico o di superlavoro, addotti dall’interessato a sostegno della propria richiesta, quanto alla mancata necessaria autorizzazione preventiva alla prestazione di lavoro straordinario (da emettersi dal responsabile del servizio), senza contare che “il lavoro straordinario per la dirigenza è di norma non soggetto a remunerazione, poiché il surplus di orario è uno degli elementi che concorrono al raggiungimento degli obiettivi ed ai fini dell’indennità di risultato (art. 17, comma 1, c.c.n.l 1994 - 1997, confermato dal successivo c.c.n.l 1998/2001″).

È poi alla luce di tale considerazione che deve essere letta la precedente affermazione, pure contenuta nella predetta relazione (altrimenti equivoca e sibillina), secondo cui “Dalla visura dell’orario di servizio svolto (dall’interessato), lo straordinario risulta derivare da prolungamenti dell’orario normale”: invero, il fatto che le prestazioni lavorative si siano protratte oltre l’orario di lavoro non deriva da situazioni eccezionali, che avrebbero giustificato il lavoro straordinario, ma soltanto dalla necessità di terminare le visite mediche, regolarmente iniziate nell’orario ordinario (attività che, evidentemente, non può trovare interruzione).

Ciò rende priva di qualsiasi rilievo, come puntualmente osservato dai primi giudici, la circostanza che nei tabulati mensili delle presenze, relative al periodo compreso tra il 1° gennaio 1997 ed il 30 giugno 1998, siano indicate anche ore di lavoro straordinario, trattandosi evidentemente del frutto di una mera operazione aritmetica ed automatica, prevista dall’elaboratore, mancando qualsiasi elemento indiziario da cui ricavare che alla ricordata contabilizzazione (e differenziazione) automatica (in ordinarie e straordinarie) delle ore di servizio prestate corrisponda un’autorizzazione implicita (o una sanatoria quanto) alla prestazione di lavoro straordinario.

3.2.2. D’altra parte, è appena il caso di rilevare che, anche a voler prescindere da quanto evidenziato dall’amministrazione nella ricordata relazione (sulla quale nessuna significativa contraria osservazione o controdeduzione è stata svolta dall’interessato), la stessa disciplina invocata sin dal primo grado a sostegno della pretesa azionata (art. 80 del d.P.R. 28 novembre 1990 n. 384 ed artt. 19 e 62 del c.c.n.l), lungi dal riconoscere la libera prestazione di lavoro straordinario, ne circoscrive l’ammissibilità a situazioni contingenti ed eccezionali ed a ben precisi limiti temporali.

Completezza espositiva impone di rilevare ancora che non è utilizzabile, al fine di dimostrare la presunta carenza di personale, quale circostanza legittimante lo svolgimento di lavoro straordinario, la delib. n. 263/P.2271 del 9 marzo 1993 dell’U.s.l. RM 11, atteso che quest’ultima, come risulta dal suo indiscutibile tenore letterale, autorizza l’esecuzione di lavoro straordinario solo per l’anno 1993.

4. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello dev’essere respinto.

La risalenza della controversia giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal dott. Giancarlo Di B. , avverso la sentenza del T.a.r. Lazio, Roma, sez. III, n. 1160 del 10 dicembre 2008, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parte le spese e gli onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/10/2010