Procedimento disciplinare: il regolamento dell'ente non può derogare ai termini di decadenza previsti dalla legislazione e in particolare da quanto previsto dall'articolo 55 bis del d.lgs. 165/2001. (Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 17153 del 26 agosto 2015)

Il regolamento comunale non può derogare ai termini di decadenza previsti dalla legislazione e in particolare da quanto previsto dall'articolo 55 bis del d.lgs. 165/2001.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 17153 del 26 agosto 2015.

Nel caso di specie, un dipendente comunale sul presupposto della decadenzialità dei termini previsti dall'articolo 55-bis, comma 3, del d.lgs 165/2001 e dal relativo regolamento comunale aveva contestato la legittimità del procedimento disciplinare e della conseguente sanzione del licenziamento irrogata nei suoi confronti.

La Corte di Cassazione ha affermato che per gli illeciti disciplinari di maggiore gravità, imputabili al pubblico impiegato, come quelli che comportano il licenziamento, l'articolo 55 bis contiene due previsioni:

  • al comma 3, è imposto al dirigente della struttura amministrativa, in cui presta servizio il dipendente coinvolto, la trasmissione degli atti all'ufficio disciplinare "entro cinque giorni dalla notizia del fatto";
  • al comma 4, si prescrive all'ufficio disciplinare la contestazione dell'addebito al dipendente "con l'applicazione di un termine" pari al doppio di quello stabilito nel comma 2, ossia quaranta giorni.
    Lo stesso comma 4 prevede che la violazione dei termini "di cui al presente comma" comporta per l'amministrazione la decadenza dal potere disciplinare.

La Corte ha, in proposito, chiarito che la decadenza sanziona soltanto l'inosservanza del termine oggetto della seconda previsione concernente la contestazione dell'addebito al dipendente da parte dell'ufficio disciplinare, in relazione al termine di quaranta giorni decorrente dalla ricezione degli atti.

Con il termine posto dall'articolo 55 bis, aggiunge la Corte, non è vanificato, né viene irragionevolmente sacrificato l'interesse dell'impiegato alla sollecita definizione del procedimento disciplinare.

Il termine di cinque giorni ha scopo sollecitatorio, per cui la sanzione disciplinare è illegittima se la trasmissione degli atti al dirigente venga ritardata in misura tale da rendere troppo difficile l'esercizio del diritto di difesa spettante al dipendente coinvolto, tale da rendere tardiva la contestazione dell'illecito.

Con riferimento ai termini di decadenza contenute nel regolamento comunale, la Suprema Corte ha chiarito che tale atto non può derogare la previsione imperativa del decreto legislativo, il quale al comma 5 dell'art. 55 bis prevede espressamente che "E' esclusa l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo".

Pertanto, la disciplina regolamentare che preveda termini diversi è illegittima.

 

SENTENZA

sul ricorso 7320-2014 proposto da:

(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI PALERMO C.F. (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato (OMISSIS), giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI PALERMO, SETTORE RISORSE UMANE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1862/2013 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 26/09/2013 r.g.n. 2187/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2015 dal Consigliere Dott. FEDERICO ROSELLI;

udito l'Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 26 settembre 2013 la Corte d'appello di Palermo confermava la decisione, emessa dal Tribunale, di rigetto della domanda proposta da (OMISSIS) contro il datore di lavoro, Comune di Palermo, ed intesa alla dichiarazione d'illegittimita' del licenziamento disciplinare intimato il 12 dicembre 2001.

La Corte respingeva la tesi dell'appellante, secondo cui il termine di cinque giorni, previsto dal Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55 bis, comma 3, introdotto dal Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, articolo 69, e imposto al responsabile della struttura per la trasmissione degli atti all'ufficio disciplinare, avesse natura decadenziale. La decadenza era prevista dall'articolo 55 bis, comma 4 soltanto per la contestazione dell'addebito al dipendente da parte dell'ufficio disciplinare ed in relazione al termine di quaranta giorni decorrente dalla ricezione degli atti. Ne' alla fattispecie concreta poteva applicarsi un termine di decadenza previsto, per la trasmissione degli atti al dirigente dell'ufficio disciplina, dal regolamento per gli uffici e servizi del Comune di Palermo, poiche' quest'atto non poteva derogare alla previsione imperativa del decreto legislativo.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione la (OMISSIS) mentre il Comune resiste con controricorso. Memoria della ricorrente.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 55, comma 1, articolo 55 bis, commi 3, 4, 5 e articolo 55 quater, modif. dal Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 e articolo 12 preleggi, per non avere la Corte d'appello ritenuto la natura decadenziale del termine imposto al responsabile della struttura (o al dirigente) dall'articolo 55 bis cit., comma 3 per la trasmissione degli atti all'ufficio disciplinare. L'esclusione della natura decadenziale porta, ad avviso della ricorrente, alla vanificazione del termine, in contrasto con la natura imperativa delle norme in materia, stabilita dall'articolo 55, comma 1 (la ricorrente parla di "perentorieta' intrinseca").

Col secondo motivo ella deduce la violazione delle norme suddette, degli articoli 2965 e 2968 cod. civ., della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, articolo 5 per avere la Corte d'appello disapplicato il regolamento del Comune di Palermo, che imponeva lo stesso termine a pena di decadenza.

Col terzo motivo la medesima, invocando ancora l'articolo 55 bis cit., si duole che sia stato ritenuto assorbito un motivo d'appello concernente una doppia contestazione disciplinare.

I primi due motivi, da esaminare insieme perche' connessi, non sono fondati.

Per gli illeciti disciplinari di maggiore gravita, imputabili al pubblico impiegato, come quelli che comportano il licenziamento, l'articolo 55 bis, contiene due previsioni: con la prima (comma 3) e' imposto al dirigente C.3 della struttura amministrativa in cui presta servizio l'impiegato la trasmissione degli atti all'ufficio disciplinare "entro cinque giorni dalla notizia del fatto"; con la seconda (comma 4) si prescrive all'ufficio disciplinare la contestazione dell'addebito al dipendente "con l'applicazione di un termine" pari al doppio di quello stabilito nel comma 2 (ossia quaranta giorni).

Lo stesso comma 4 dice che la violazione dei termini "di cui al presente comma" comporta per l'amministrazione la decadenza dal potere disciplinare.

E' evidente percio' che la decadenza sanziona soltanto l'inosservanza del termine oggetto della seconda previsione, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente.

Il termine posto dall'articolo 55 bis non e' vanificato, ne' viene irragionevolmente sacrificato l'interesse dell'impiegato alla sollecita definizione del procedimento disciplinare. Il termine di cinque giorni ha scopo sollecitatorio onde la sanzione disciplinare e' illegittima se la trasmissione degli atti al dirigente venga ritardata in misura tale da rendere troppo difficile l'esercizio del diritto di difesa spettante all'incolpato ossia da rendere tardiva la contestazione dell'illecito. Eventualita' neppure prospettata dalla ricorrente, che parla di un ritardo di undici giorni dovuto ad un erroneo avvio della procedura.

L'articolo 55 bis, comma 5 dice: "E' esclusa l'applicazione di termini diversi o ulteriori rispetto a quelli stabiliti nel presente articolo", d'onde l'inapplicabilita' della decadenza prevista nel suddetto regolamento comunale (vedi a contrario Cass. 4 maggio 2011 n. 9767).

Il terzo motivo e' inammissibile poiche' la Corte d'appello ha esattamente ritenuto assorbita la questione concernente la duplice contestazione disciplinare.

Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro 100,00 oltre ad euro tremila/00 per compenso professionale, piu' accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da' atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Dipendenti pubblici, Renzi: 'Chi timbra e va via cacciato in 48 ore', ma già lo prevede il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 che all'art. Art. 55-quater disciplina il licenziamento disciplinare.

L'art. 55-quater del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 dispone che si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento, senza preavviso, nel caso di falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l'alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalita' fraudolente, ovvero giustificazione dell'assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia.»»»»