PRIVACY DEL DIPENDENTE: TUTELA PIENA PER L'UTILIZZO DI INTERNET E DELLA POSTA ELETTRONICA, MA NON PER LE INFORMAZIONI CHE IL DATORE DI LAVORO PUO' TRARRE DAI SOCIAL NETWORK.
La tutela della privacy dei dipendenti (privati e pubblici) assume livelli differenziati a seconda che si atteggia nei confronti dell'utilizzo di internet, posta elettronica ovvero social netwok. La Cassazione sez. pen. con sentenza n. 4375 del 23 febbraio 2010 ha ribadito che il datore di lavoro pubblico o privato non può controllare con delle apparecchiature elettroniche gli accessi a internet ed alla posta elettronica fatti dai dipendenti, precisando, altresì, che "i programmi informatici che consentono il monitoraggio della posta elettronica e degli accessi Internet sono necessariamente apparecchiature di controllo nel momento in cui, in ragione delle loro caratteristiche, consentono al datore di lavoro di controllare a distanza e in via continuativa durante la prestazione, l'attività lavorativa e se la stessa sia svolta in termini di diligenza e di corretto adempimento (se non altro, nel nostro caso, sotto il profilo del rispetto delle direttive aziendali)".
Pertanto, la Corte richiamando dei propri precedenti (v. Cass. 3-4-2002 n. 4746, Cass. 17-7-2007 n. 15892) ha affermato che "ai fini dell'operatività del divieto di utilizzo di apparecchiature per il controllo a distanza dell'attività dei lavoratori previsto dalla L. n. 300 del 1970, art. 4, è necessario che il controllo riguardi (direttamente o indirettamente) l'attività lavorativa, mentre devono ritenersi certamente fuori dell'ambito di applicazione della norma sopra citata i controlli diretti ad accertare condotte illecite del lavoratore (cosiddetti controlli difensivi), quali, ad esempio, i sistemi di controllo dell'accesso ad aule riservate o gli apparecchi di rilevazione di telefonate ingiustificate". L' art. 4, infatti, sancisce, al c. 1, il divieto di utilizzazione di mezzi di controllo a distanza sul presupposto - espressamente precisato nella Relazione ministeriale - che la vigilanza sul lavoro, ancorchè necessaria nell'organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione "umana", e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro. Lo stesso articolo, tuttavia, al c.2, prevede che esigenze organizzative, produttive ovvero di sicurezza del lavoro possano richiedere l'eventuale installazione di impianti ed apparecchiature di controllo, dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori. In tal caso è prevista una garanzia procedurale a vari livelli, essendo la installazione condizionata all'accordo con le rappresentanze sindacali aziendali o con la commissione interna, ovvero, in difetto, all'autorizzazione dell'Ispettorato del lavoro.
Sul tema del divieto di monitorare gli accessi ad internet dei propri dipendenti, era già inteventuto il Garante della privacy con delibera n. 13 del 1 marzo 2007 e con circolare n. 328 del 22 settembre 2009. Nel caso sottoposto all'attenzione del garante, una società aveva monitorato per nove mesi la navigazione on line di un lavoratore attraverso un software in grado di memorizzare " in chiaro" le pagine ed i siti web visitati, il numero di connessioni, il tempo trascorso sulle singole pagine. In base alle Linee guida fissate dall'Autorità, i datori possono procedere ad eventuali controlli ma in modo graduale, mediante verifiche di reparto, d'ufficio, prima di passare a controlli individuali.
Di rango rigotto è la tutela della privacy del dipendente, rispetto all'utilizzo di social networK (ad es. FacebooK) in considerazione che quest'ultimi non rappresentano un sistema chiuso (ad es. consentendo l'accesso al profilo utente anche agli amici degli amici). In merito ai rischi connessi all'uso dei social network il Garante per la privacy ne ha descritto le criticità nella guida "Social Network: Attenzione agli effetti collaterali".
28-Set-2010