Limiti che derivano dalla disciplina pubblicistica sulla procedimentalizzazione dell’azione dell’amministrazione e l’effetto di detti limiti sulla figura contrattuale disciplinata dall’art. 1472 c.c. - VENDITA DI COSA FUTURA

 

Il Consiglio di Stato, nel prendere atto che si era sviluppato “in seno alla magistratura contabile, un atteggiamento di forte sfavore per l’uso di tale istituto privatistico da parte di pubbliche amministrazioni..”, e nel ricordare tutte le norme che si ispirano al principio generale secondo il quale i contratti dai quali derivi una spesa per lo Stato o per gli enti pubblici debbono essere preceduti da gare mediante pubblico incanto o licitazione privata, si è espresso nel senso che anche a ritenerne in astratto l’ammissibilità, “il ricorso alla vendita di cosa futura non può non ritenersi eccezionale”.

Il Consiglio di Stato, al fine di arginare il rischio che il ricorso da parte della Pubblica amministrazione all’istituto della vendita di cosa futura possa risolversi in situazioni di “abuso del diritto” ha poi fornito uno “schema procedimentale paradigmatico” per esplicitare “i rigorosi e angusti limiti entro i quali va circoscritta la possibilità del ricorso all’istituto contrattuale in parola.

Consiglio di Stato in Adunanza Generale con il parere n. 2 del 17/2/2000 - MINISTERO DELL’INTERNO – Quesito in ordine alla possibilità di acquisto di fabbricato su progetto per la sede del comando prov.le dei VV.FF. di Latina – Parere facoltativo

Non basta dunque verificare la legittimazione negoziale del soggetto pubblico, sotto il profilo del diritto comune, ma occorre altresì appurare che non vi siano limiti derivanti dalla disciplina pubblicistica che ha procedimentalizzato l’azione dell’Amministrazione. Anzi quest’ultima verifica presenta carattere preliminare, in quanto delimita il campo dell’agire possibile; ossia consente di definire l’ambito tipologico nel quale effettuare la scelta del contratto da utilizzare. Tale verifica va compiuta in relazione a due distinti ambiti ordinamentali: quello interno regolato dal diritto nazionale e l’altro comunitario governato dal diritto dell’Unione europea.

La Corte dei Conti infatti - in sede di controllo degli atti relativi all’acquisto di immobili da parte dell’amministrazione delle Finanze, comunemente noto come scandalo dei “palazzi d’oro”, che, secondo l’accurata e minuziosa ricostruzione dello stesso giudice contabile, è costato alla collettività quasi ottocento miliardi per l’acquisto, da parte del Ministero delle Finanze, di numerosi complessi immobiliari ancora in costruzione o da ultimare per renderli agibili all’uso – andando parzialmente in contrario avviso a taluni suoi precedenti (Sez. Contr. Stato, 3.3.1992 n. 16), ha dichiarato che il contratto di vendita di cose (o case) future è nullo perché comporta una serie di procedure atipiche che inducono a ritenere che il sistema prescelto sia in realtà rivolto a dissimulare un contratto d’appalto, con finalità, o quantomeno risultati, elusive della normativa interna e comunitaria in tema di opere pubbliche [sez.. Stato, 24.11.1995 n. 150].

Il giusto presupposto e rilievo esiliato da cui muove il Giudice contabile, e cioè l’utilizzazione in concreto dell’istituto contrattuale come strumento per il raggiungimento di finalità illecite rilevate anche in sede penale, porta tuttavia, ad avviso dell’Adunanza, a conclusioni non condivisibili sul piano astratto dei principi, quale la declaratoria di nullità, sempre e comunque, della compravendita di cosa futura: conclusione, che, peraltro, oltre a non apparire coerente con la previsione degli artt.1414 e 1415 (inefficacia – inapplicabilità del contratto simulato e non nullità), neppure appare condivisa da quanti, animati dalle medesime preoccupazioni di uso distorto dell’Istituto, non ne propugnano l’abolizione, ma la sua riconduzione nell’ambito della disciplina sugli appalti pubblici. »»» »»»

ANAC - Oggetto: Istanze di parere per la soluzione delle controversie ex articolo 6, comma 7, lettera n) del D.Lgs. n. 163/2006 presentate dalla società Edilnova soc. coop. a r.l. e dall’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Pordenone - Acquisizione di immobili da destinare alla locazione in regime di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata nell’ambito del territorio dei Comuni di Cordenons, fiume Veneto e Zoppola - S.A.: Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Pordenone - Protocollo PREC 187/09/F

 

Al riguardo occorre premettere che l’unanime orientamento della prassi dell’Autorità nonché della giurisprudenza dei Giudici Amministrativi riconosce che l’istituito della vendita di cosa futura, disciplinato dall’articolo 1472 cod. civ., costituisce una fattispecie del tutto eccezionale e marginale per l’acquisizione di immobili da parte di Pubbliche Amministrazioni, dovendo le stesse verificare preliminarmente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione di opere pubbliche previste dal Codice dei contratti pubblici e, solo qualora sia accertata la non praticabilità di tali procedure in ragione di specialissime, motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, è possibile acquisire l’immobile secondo la procedura della compravendita di cosa futura (cfr. AVCP, deliberazione n. 105 del 9 giugno 2004; Consiglio di Stato, Adunanza Generale, n. 2 del 17 febbraio 2000).

In particolare, sono stati fissati rigorosi limiti interni ed esterni al potere dell’Amministrazione di contrattare, stipulando un acquisto di cosa futura, volti ad evitare che il ricorso a tale strumento possa, di fatto, concretizzarsi in una elusione della normativa interna e comunitaria in materia di contratti pubblici.

Il ricorso all’acquisto di cosa futura è, pertanto, consentito solo ove si verifichi la non praticabilità delle ordinarie procedure di affidamento di un contratto pubblico in relazione a specialissime e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità.

Più precisamente è stato chiarito che il ricorso all’acquisto di cosa futura possa avvenire a tali condizioni: a) l’espletamento di una preventiva gara informale, qualora l’area non sia puntualmente localizzabile; b) l’immobile da acquistare possegga caratteristiche che lo rendono infungibile; c) l’immobile abbia la destinazione urbanistica prevista dal PRG; d) sia compiuta una valutazione costi-benefici; e) il titolo di proprietà dell’area sia stato acquisito dal venditore in epoca “non sospetta” rispetto alla determinazione dell’Amministrazione di munirsi del bene; f) l’oggetto del contratto sia esaustivamente determinato sin dal momento della stipula; g) si proceda alla verifica del possesso, da parte del venditore, di sufficienti requisiti di capacità economica che valgano ad assicurare in via preventiva l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, requisiti che devono preesistere alla stipulazione del contratto.

Inoltre, il legittimo ricorso all’istituto presuppone che l’Amministrazione, sulla base di una puntuale, completa e trasparente attività istruttoria, dia conto di una serie complessa di accertamenti e valutazioni, che giustifichino la scelta discrezionale di addivenire alla formalizzazione della tipologia contrattuale de qua.

 

Deliberazione ANAC 105 del 09.06.2014. Oggetto: Oggetto: Acquisti di cosa futura, gestione dell'INAIL.

- Sul piano negoziale infine, cioè nella fase di esecuzione del rapporto ormai instaurato, dovranno evitarsi comportamenti che generino confusione sul ruolo dell'amministrazione, come soggetto cioè che assuma i comportamenti di un reale acquirente e non di un dissimulato appaltante. L'amministrazione cioè dovrà astenersi da ogni ingerenza sul processo di produzione del bene, limitandosi soltanto a quelle attività eventuali di verifica collaborazione in corso d'opera, insite nelle clausole generali della buona fede, correttezza e diligenza, che tuttavia non debbono assumere forme di compartecipazione nelle cure, rischi, iniziative, e spese che restano tutte di competenza esclusiva del venditore.

- il ricorso alla compravendita di cosa futura, disciplinato dall'art. 1472 del codice civile, costituisce un'ipotesi eccezionale e marginale per l'acquisizione di immobili da parte di pubbliche amministrazioni, dovendo queste ultime sempre valutare preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche di cui alla legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. e, solo ove ne verifichino la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, possono acquisire l'immobile con la procedura della compravendita di cosa futura, purchè sussistano i presupposti e siano rispettate le condizioni all'uopo indicate dall'Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000, nel parere n. 38/99;

 

 

 

 

DOTTRINA

 

GIURISPRUDENZA

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