EDILIZIA PRIVATA: La validità ovvero l'efficacia dell'ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un'istanza ex art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se da un lato la presentazione dell'istanza ex art. 36 determina inevitabilmente un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un'opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall'altro, occorre ritenere che l'efficacia dell'atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l'atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.
All'esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell'istanza, l'ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell'accertata conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell'originario carattere abusivo dell'opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell'istanza, l'ordine di demolizione riacquisterà la sua efficacia.
La proposizione di un'istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, in tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione, incide, in definitiva, unicamente sulla possibilità dell'Amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione.
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In aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, più volte fatto proprio da questo Tribunale, il silenzio dell'Amministrazione sulla richiesta di concessione in sanatoria (ora sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria) ha un valore legale tipico di rigetto, vale a dire costituisce un'ipotesi di silenzio-significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego.
Pertanto, il silenzio-diniego formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale, senza però la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo l'obbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione della istanza, disposti dal sopra richiamato art. 36.
Il diritto di difesa dell'interessato, tuttavia, non viene ad essere vulnerato dall'anzidetta limitazione all'attività assertiva, ben potendo egli dedurre (e validamente provare) che l'istanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformità urbanistica delle opere abusivamente realizzate: operazione del tutto scevra da valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo.

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SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3682 del 2006, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Bifulco Teresa, rappresentata e difesa dall’avv. Enrica Guerriero, con domicilio eletto presso l’avv. Antonio Sasso in Napoli, via Toledo, n. 156;

contro

Comune di Terzigno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Anna Cristina Falciano, con domicilio eletto in Napoli, vico II S. Nicola alla Dogana, n. 9 presso lo studio dell’avv. Federica Bergamo;

per l'annullamento

- quanto al ricorso introduttivo: dell’ordinanza n. 25 (prot. n. 3264) dell’8/3/2006, recante l’ingiunzione a demolire opere abusive realizzate in Terzigno alla via De Martino n. 43; della relazione dell’U.T.C. in data 22/2/2006; nonché degli atti connessi;

- quanto ai motivi aggiunti: dell’ordinanza n. 62 del 2013, concernente l’acquisizione al patrimonio comunale dell’opere abusive con relativa area di sedime e pertinenze; nonché degli atti connessi;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Terzigno;

Viste le produzioni delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2015 il dott. Fabio Donadono e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 10/5/2006, Bifulco Teresa, nella dedotta qualità di proprietaria di un’unità immobiliare sita in Terzigno alla via De Martino n. 43 composta da due piani realizzati con regolare autorizzazione anteriormente agli anni 80 e da una mansarda sita al terzo piano realizzata nel 2004, proponeva l’impugnativa in epigrafe contro gli atti con i quali il Comune ha disposto la demolizione delle opere abusive realizzate al terzo piano ed il ripristino dello stato dei luoghi.

Il Comune di Terzigno si costituiva in giudizio resistendo al gravame.

Con ordinanza n. 1699 dell’8/6/2006 la domanda incidentale di sospensione è stata respinta.

Con atto notificato il 9, 10 e 19/7/2013, la ricorrente impugnava altresì la sopravvenuta acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive.

L’ulteriore domanda di sospensione proposta con i motivi aggiunti non è stata trattata essendo cancellata dal ruolo cautelare.

La ricorrente ha rinnovato l’istanza di fissazione d’udienza ai sensi dell’art. 82 c.p.a. dichiarando la permanenza dell’interesse alla decisione della controversia.

DIRITTO

1. Con il ricorso introduttivo sono dedotti i seguenti motivi contro l’ordinanza di demolizione:

- la domanda di sanatoria ex art. 36 del d. lgs. n. 380 del 2001 paralizzerebbe l’esecuzione dell’atto sanzionatorio; l’ordinanza di demolizione avrebbe disatteso la citata disposizione;

- l’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, richiamato nell’ordinanza impugnata, non sarebbe applicabile in quanto l’opera in questione sarebbe già ultimata in data 14/9/2005;

- mancherebbe un’adeguata istruttoria; sarebbe ignorata l’istanza di sanatoria e l’ultimazione dei lavori; sarebbero violati gli artt. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990;

- sarebbe erroneo il presupposto in ordine alla sussistenza di vincoli ambientali; la particelle su cui insisterebbe il presunto abuso sarebbero diverse e ricadrebbero in zone diversamente individuate; comunque mancherebbe una congrua motivazione.

1.1. Giova premettere che i provvedimenti di repressione degli abusi edilizi sono atti dovuti con carattere essenzialmente vincolato e privi di margini discrezionali.

Ne consegue che per l’adozione dell’ordine di demolizione è sufficiente la mera enunciazione dei presupposti di fatto e di diritto rilevanti ai fini della individuazione della fattispecie di illecito e dell’applicazione della corrispondente misura sanzionatoria prevista dalla legge.

Inoltre, in applicazione dell'art. 21-octies, della legge n. 241 del 1990, è da escludere l’annullabilità del provvedimento adottato per vizi di carattere procedimentale (cfr. Cons. St., sez. IV, 31/7/2014, n. 4043).

1.2. Nella specie è indicata in dettaglio nell’ordinanza impugnata la natura e consistenza delle opere realizzate in mancanza di titolo edificatorio e le prescrizioni urbanistiche vigenti per l’area interessata.

In particolare si riferisce la realizzazione in assenza del permesso di costruire, su suolo censito in catasto al fl. 6, p.lle 739 e 1294, di una mansarda occupante una superficie di mq. 198 per un volume di 646 mc., al terzo piano di un fabbricato esistente, costituita da pilastri e telaio in ferro che sorreggono la copertura a falde inclinate in lamiere coibentate, completa di tompagnature, tramezzatura, intonaco interno ed esterno, impianti tecnologici, pavimentazione quasi completa, alcuni pezzi igienici.

I dati plano-volumetrici coincidono sostanzialmente con quelli risultanti dalla relazione tecnica prodotta dalla stessa ricorrente, dalla quale risulta che “la realizzazione abusiva del manufatto occupa in pianta una superficie di mq. 190 circa, con un’altezza di mt. 3.20 ... la struttura ... è posto al terzo piano, adibito a civile abitazione ...”.

Nella stessa relazione di parte è allegato l’estratto mappa catastale del foglio 6, p.lla 739.

Inoltre, l’effettuazione di un’adeguata istruttoria a sostegno del provvedimento emerge dall’accertamento tecnico dell’UTC richiamato a sostegno dell’ordinanza impugnata. Invero l’amministrazione resistente non si è premurata di depositare in giudizio la relativa relazione prot. n. 2570 del 22/2/2006. Tuttavia l’esecuzione di incombenti istruttori al riguardo sarebbe superflua e quindi contraria ai principi di economia processuale, posto che dalla stessa ordinanza di demolizione emergono gli elementi necessari e sufficienti a sorreggere la determinazione impugnata.

1.3. La presente impugnazione riguarda la legittimità dell’ordine di demolizione, che va valutata sulla base dei presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento dell’emanazione dell’atto impugnato.

Le vicende successive all’emanazione dell’atto potranno semmai influire sull’adozione degli atti consequenziali o sulla procedibilità del ricorso, ma non incidono sulla decisione di merito.

Pertanto, la mera presentazione di una domanda di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 non è in grado di vanificare, né tanto meno di viziare ex post il precedente ordine di demolizione delle opere abusive e quindi neppure può influire direttamente sulla relativa impugnativa in sede giurisdizionale (cfr. Cons. St., sez. VI, 6/5/2014, n. 2307).

Peraltro neppure risulta che l’istanza di sanatoria abbia avuto un esito favorevole, come pure non risulta che l’interessata abbia contestato la reiezione, espressa o tacita, della propria istanza.

1.4. L’ordinanza impugnata richiama nel preambolo anche l’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001, riguardante in generale la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio comunale per assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.

Tuttavia l’ingiunzione di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi è disposta in applicazione dell’art. 31 dello stesso testo unico delle disposizioni in materia edilizia, pure richiamata dall’ordinanza medesima, come emergenze inequivocamente dalle avvertenze che fanno espresso riferimento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale in caso di inottemperanza e che fanno inoltre mera riserva di successiva adozione delle misure previste dall’art. 27, co. 2, del citato d.P.R. n. 380.

Considerato dunque che la sanzione applicata è quella sancita dall’art. 31 per gli abusi edilizi, non sono pertinenti le contestazioni dedotte dalla ricorrente con riferimento all’art. 27 ed ai vincoli paesaggistico-ambientali ed archeologico richiamati nell’ordinanza impugnata (cfr. Cons. St., sez. VI, 18/4/2013, n. 2150).

1.5. E’ appena il caso di soggiungere, con riferimento agli elaborati depositati dalla ricorrente presso il Settore provinciale del Genio Civile, che l’esercizio della potestà repressiva in materia edilizia non è certamente esclusa dall’esecuzione degli adempimenti previsti dall’art. 2 della legge regionale n. 9 del 1983, recante norme in materia di difesa del territorio dal rischio sismico.

2. Con i motivi aggiunti, rivolti contro l’acquisizione al patrimonio comunale delle opere abusive, la ricorrente deduce, oltre a profili di illegittimità derivata dai vizi dell’atto presupposto, che mancherebbe un’adeguata istruttoria; sarebbe stata depositata al settore provinciale del Genio civile della Regione la relazione tecnica ai sensi della legge regionale n. 9 del 1983; il Comune non avrebbe risposto all’istanza di sanatoria ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001; l’acquisizione al patrimonio comunale sarebbe sopravvenuta dopo oltre 7 anni dall’ordinanza di demolizione; la ricorrente avrebbe titolo alla sanatoria; mancherebbe una congrua motivazione.

2.1. L’infondatezza delle censure contro l’ordinanza di demolizione si riflette sulle doglianze dedotte per illegittimità derivata dell’atto conseguenziale.

2.2. L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale costituisce una misura di carattere sanzionatorio che consegue automaticamente alla mancata esecuzione dell’ingiunzione di demolizione.

Pertanto non può avere rilevanza il tempo trascorso dalla realizzazione dell'abuso o dall’ordinanza di demolizione, né il difetto di una motivazione specifica sulle ragioni di interesse pubblico perseguite con l'acquisizione (cfr. Cons. St., sez. V, 7/8/2014, n. 4213).

2.3. In base all’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, la mancata risposta sull’istanza di sanatoria equivale ad un tacito diniego.

Orbene, non risultando tempestivamente e ritualmente impugnato il silenzio-rigetto, le censure dedotte in ordine all’inerzia del Comune ed alla sanabilità degli abusi sono in questa sede inammissibili, in disparte ogni considerazione sulla loro fondatezza (cfr. Cons. St., sez. IV, 6/6/2008, n. 2691).

3. In conclusione il ricorso in esame va quindi respinto, con conseguente condanna alle spese della ricorrente soccombente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Terza) respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna Bifulco Teresa al pagamento, in favore del Comune di Terzigno, delle spese di giudizio, liquidate nella misura di euro 1.500,00 (millecinquecento) oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Sabato Guadagno, Presidente

Fabio Donadono, Consigliere, Estensore

Giuseppe Esposito, Primo Referendario

 

 

EDILIZIA PRIVATA: La validità ovvero l'efficacia dell'ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un'istanza ex art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se da un lato la presentazione dell'istanza ex art. 36 determina inevitabilmente un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un'opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall'altro, occorre ritenere che l'efficacia dell'atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l'atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.
All'esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell'istanza, l'ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell'accertata conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell'originario carattere abusivo dell'opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell'istanza, l'ordine di demolizione riacquisterà la sua efficacia.
La proposizione di un'istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, in tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione, incide, in definitiva, unicamente sulla possibilità dell'Amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione.
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In aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, più volte fatto proprio da questo Tribunale, il silenzio dell'Amministrazione sulla richiesta di concessione in sanatoria (ora sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria) ha un valore legale tipico di rigetto, vale a dire costituisce un'ipotesi di silenzio-significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego.
Pertanto, il silenzio-diniego formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale, senza però la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo l'obbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione della istanza, disposti dal sopra richiamato art. 36.
Il diritto di difesa dell'interessato, tuttavia, non viene ad essere vulnerato dall'anzidetta limitazione all'attività assertiva, ben potendo egli dedurre (e validamente provare) che l'istanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformità urbanistica delle opere abusivamente realizzate: operazione del tutto scevra da valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo.

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Infondata è poi, per come prospettata, la censura secondo cui l'ordine demolitorio perderebbe tout-court efficacia per effetto della successiva presentazione, in data 19.05.2011, dell'istanza di accertamento di conformità, tenuto conto che "in tema di opere abusive, non può incidere sulla legittimità del provvedimento di demolizione il mancato esame di un'istanza di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 presentata successivamente i cui effetti l'amministrazione dovrà autonomamente valutare" (così, C.d.S., Sez. IV, 19.02.2008, n. 849).
La validità ovvero l'efficacia dell'ordine di demolizione non risultano pregiudicate dalla successiva presentazione di un'istanza ex art. 36, D.P.R. n. 380 del 2001, posto che nel sistema non è rinvenibile una previsione dalla quale possa desumersi un tale effetto, sicché, se da un lato la presentazione dell'istanza ex art. 36 determina inevitabilmente un arresto dell'efficacia dell'ordine di demolizione all'evidente fine di evitare, in caso di accoglimento dell'istanza, la demolizione di un'opera che, pur realizzata in assenza o difformità dal permesso di costruire, è conforme alla strumentazione urbanistica vigente, dall'altro, occorre ritenere che l'efficacia dell'atto sanzionatorio sia soltanto sospesa, cioè che l'atto sia posto in uno stato di temporanea quiescenza.
All'esito del procedimento di sanatoria, in caso di accoglimento dell'istanza, l'ordine di demolizione rimarrà privo di effetti in ragione dell'accertata conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso sia al momento della presentazione della domanda, con conseguente venir meno dell'originario carattere abusivo dell'opera realizzata. Di contro, in caso di rigetto dell'istanza, l'ordine di demolizione riacquisterà la sua efficacia.
La proposizione di un'istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, in tempo successivo all'emissione dell'ordinanza di demolizione, incide, in definitiva, unicamente sulla possibilità dell'Amministrazione di portare ad esecuzione la sanzione, ma non si riverbera sulla legittimità del precedente provvedimento di demolizione (cfr. TAR Campania, VI Sezione, 24.09.2009 n. 5071).
A maggior ragione inconferente, attesa l'autonomia dei relativi procedimenti, deve ritenersi la dedotta pendenza della domanda di compatibilità paesaggistica ex artt. 167 e 181 e del d.lgs. n. 42 del 2004, inidonea a refluire sulla legittimità della sanzione qui avversata, comminata ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 27 del testo unico sull'edilizia.
Le considerazioni fin qui svolte esplicano una diretta incidenza anche in relazione agli ulteriori motivi di censura articolati in via aggiuntiva con atto depositato in data 26.11.2011 e riferiti al provvedimento di reiezione implicita dell'istanza di accertamento di conformità inoltrata, ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 36 e/o 37 del D.P.R. n. 380 del 2001, in data 19.05.2011.
Ed, invero, la ricorrente ripropone qui il proprio costrutto, sopra già disatteso, secondo cui l'intervento eseguito, riconducibile alla tipologia del risanamento conservativo e/o ristrutturazione edilizia non valutabile in termini di volumi, non sarebbe soggetto a permesso di costruire. Proprio muovendo da siffatta premessa, assume, infatti, che il procedimento di sanatoria attivato con la citata istanza del 19.05.2011 dovrebbe essere ricondotto alla distinta fattispecie di cui all'articolo 37 del D.P.R. n. 380 del 2001, che non contemplerebbe ipotesi di silenzio-significativo, di talché l'inerzia serbata dall'Amministrazione intimata andrebbe qualificata come silenzio inadempimento. Ove il Comune avesse, pertanto, inteso avvalersi del disposto di cui all'articolo 36 cit., tale atto legale implicito dovrebbe ritenersi, per ciò solo, illegittimo.
Sul punto, in disparte l'articolazione in forma ipotetica della domanda impugnatoria qui in rilievo, è sufficiente fare rinvio alle considerazioni già sopra svolte, da intendersi integralmente richiamate, in ordine alla insussistenza di conferenti argomenti (e soprattutto di pertinenti elementi probatori) a sostegno di tale assunto ed alla conseguente necessità di qualificare l'opera in addebito come nuova costruzione soggetta a permesso di costruire, con conseguente sussunzione del procedimento di sanatoria attivato dalla ricorrente sotto l'egida dell'articolo 36 del D.P.R. n. 380 del 2001.
In aderenza ad un diffuso orientamento giurisprudenziale, più volte fatto proprio da questo Tribunale, occorre soggiungere che il silenzio dell'Amministrazione sulla richiesta di concessione in sanatoria (ora sulla richiesta di permesso di costruire in sanatoria) ha un valore legale tipico di rigetto, vale a dire costituisce un'ipotesi di silenzio-significativo al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento esplicito di diniego (cfr., ex multis, Cons. Stato, sezione quarta, 06.06.2008, n. 2691, 03.04.2006, n. 1710 e 14.02.2006 n. 598; sezione quinta, 11.02.2003, n. 706; Tar Campania-Napoli, questa sesta sezione, sentenze 06.09.2010, n. 17306, 15.07.2010, n. 16805, 25.05.2010, n. 8779, 17.03.2008, n. 1364 e 07.09.2007, n. 7958; sezione settima, 24.06.2008, n. 6118 e 07.05.2008, n. 3501; sezione ottava, 15.04.2010, n. 1981; Sezione staccata di Salerno, sezione seconda, 04.04.2008, n. 478; Tar Liguria, sezione prima, 24.06.2007, n. 1114; Tar Lombardia, Milano, sezione seconda, 21.03.2006, n. 642; Tar Piemonte-Torino, sezione prima, 08.03.2006, n. 1173; Tar Sicilia-Catania, sezione prima, 17.10.2005, n. 1723).
Natura provvedimentale che non è smentita dalla qualificazione operata dall'art. 43 della L.R. Campania n. 16 del 2004 (peraltro successivamente abrogato dall'art. 4, comma 1, lettera n), della L.R. 05.01.2011, n. 1, a decorrere dal 150° giorno successivo a quello della sua pubblicazione) in ordine al silenzio serbato dalle amministrazioni comunali (sulle ripetute domande di accertamento di conformità ex art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001) che "non può riverberare sulla disciplina processuale, di esclusiva competenza statale, posta per la tutela giurisdizionale contro il silenzio della pubblica amministrazione", fermo che "la previsione di cui alla norma regionale si limita, di fatto, a prevedere e disciplinare un rimedio alternativo, meramente amministrativo (attivabile d'ufficio o a cura di parte), avverso la mancata pronuncia delle amministrazioni comunali sulle richieste di accertamento di conformità, senza con ciò interferire sulla qualificazione giuridica del silenzio impugnabile in sede giurisdizionale e sul relativo rito azionabile" (cfr., in tali espliciti sensi, sempre questa Sezione n. 8779 del 25.05.2010 e, per implicito, Cons. Stato n. 598 del 2006 cit.).
Pertanto, il silenzio-diniego formatosi a seguito del decorso del termine di 60 giorni può essere impugnato nel prescritto termine decadenziale, senza però la possibilità di dedurre vizi formali propri degli atti, quali difetti di procedura o mancanza di motivazione, non sussistendo l'obbligo di emanare un atto scritto, ripetitivo degli effetti di reiezione della istanza, disposti dal sopra richiamato art. 36.
Il diritto di difesa dell'interessato, tuttavia, non viene ad essere vulnerato dall'anzidetta limitazione all'attività assertiva, ben potendo egli dedurre (e validamente provare) che l'istanza di sanatoria sia meritevole di accoglimento per la sussistenza della prescritta doppia conformità urbanistica delle opere abusivamente realizzate: operazione del tutto scevra da valutazioni discrezionali e riconducibile a mero accertamento comparativo.
In ossequio alle divisate coordinate di riferimento il ricorso per motivi aggiunti non può, dunque, essere accolto siccome imperniato sul presunto obbligo di provvedere e sul difetto di motivazione del silenzio rigetto; inoltre, sotto diverso profilo, non può essere condivisa l’affermazione della conformità dell'opera realizzata alle prescrizioni dello strumento urbanistico e del P.T.P. vigenti anche in ragione del fatto -più volte evidenziato- che viene qui in rilievo l'esecuzione di abusivi interventi di nuova costruzione in zona vincolata e non già di un intervento di risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia (al riguardo, è sufficiente rammentare che le disposizioni del codice dei beni culturali –d.lgs. n. 42/2004 cfr. artt. 146 e 167– precludono il rilascio di autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria quando siano stati realizzati nuovi volumi).
Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni il ricorso, per come integrato dai motivi aggiunti, va respinto (TAR Campania-Napoli, Sez. VI, sentenza 18.02.2016 n. 932 - link a www.giustizia-amministrativa.it).

 

 

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