Atto nullo per violazione o elusione del giudicato
Il concetto di “giudicato” deve essere ricostruito utilizzando quali parametri di riferimento due norme della disciplina civilistica e processual-civilistica: l'art. 324 c.p.c. e l'art. 2909 c.c..
L'art. 324 c.p.c. consente di stabilire quando, dal punto di vista processuale, una sentenza può dirsi passata in giudicato;
l'art. 2909 c.c. permette di individuare gli effetti, di tipo sostanziale, che si ricollegano ad un accertamento giurisdizionale diventato incontrovertibile. In particolare, l'art. 324 c.p.c. consente di elaborare la nozione di giudicato formale, disponendo che «si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per Cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'art. 395 c.p.c.». L'art. 2909 c.c., invece, definisce il concetto di giudicato sostanziale, da un lato individuando gli effetti (sostanziali) riconducibili ad una pronuncia divenuta inoppugnabile, dall'altro delimitando l'ambito soggettivo entro cui gli stessi sono destinati a prodursi. In questo senso, la norma stabilisce che «L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.».Il giudicato può essere violato in senso giuridico, cioè proponendo un mezzo di impugnazione divenuto ormai inammissibile, sia in senso materiale, cioè non dandogli concreta esecuzione. In quest’ultima ipotesi soccorrono i mezzi di tutela esecutivi che nel giudizio amministrativo si identificano nel ricorso in ottemperanza (art. 112 ss c.p.a.).
Peraltro occorre considerare che talvolta è piuttosto complessa l’indagine da effettuare da parte del giudice amministrativo per pervenire alla distinzione tra atto amministrativo elusivo del giudicato e quello che potrebbe essere affetto da autonoma illegittimità, esistendo delle zone grigie di dubbia qualificazione, principalmente allorché l’autorità amministrativa tenuta all’ottemperanza è pur sempre dotata di ampia discrezionalità residua. In tale ipotesi gli strumenti utilizzabili dal giudice amministrativo possono consistere nelle tecniche tradizionalmente impiegate per individuare lo sviamento di potere e/o una giustificazione insufficiente/contraddittoria/irragionevole nel processo argomentativo dell’atto rinnovato rispetto al decisum.
Il problema è di stabilire la sorte degli atti rinnovati (dall’amministrazione o dal commissario ad acta) che esorbitano dall’ambito predefinito del giudicato e quindi fuoriescono dalle “questioni relative all’ottemperanza”.
Si ha nullità dell’atto adottato in violazione o elusione anche in caso di giudicato cautelare, come recentemente precisato ́(Cons. St. sez. V. 7.6.2013, n. 3133 )se il dato letterale della norma ha condotto parte della giurisprudenza di primo grado ad escludere la nullità dell’atto adottato in violazione od elusione delle statuizioni contenute in un'ordinanza cautelare ancorché non più soggetta a gravame, in base all'intrinseca provvisorietà che caratterizza le misure cautelari e nella inidoneità a regolare il rapporto in modo definitivo; oltre a poter essere oggetto di un provvedimento di revoca o di modifica (art. 58 Cod. proc. amm.), infatti, esse possono essere travolte da una decisione sul merito della causa di segno differente. Tuttavia, ragioni di effettività della tutela giurisdizionale, impongono di assicurare l'osservanza del provvedimento cautelare da parte della Pubblica amministrazione, nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice adito, giusto il disposto di cui all'art. 31 comma 4 c.p.a.