L’irregolarità del provvedimento.

L’irregolarità del provvedimento. Vizi non invalidanti.

 

L'irregolarità è la condizione del provvedimento caratterizzato da una difformità, rispetto allo schema normativo, il cui rilievo non è tale da viziare il provvedimento. Si tratta, quindi, di una condizione diversa dall'invalidità: a essa la giurisprudenza fa spesso riferimento proprio per evitare l'annullamento di atti la cui anormalità non sia tale da pregiudicare gli interessi tutelati dalle norme.
L'irregolarità è una figura applicata dalla giurisprudenza soprattutto per anomalie relative all'esternazione (difetto dell'intestazione; mancata indicazione della data o del numero di protocollo; errore nella citazione dei testi normativi o nell'indicazione degli atti preparatori; inesatta indicazione dei membri di un organo collegiale o dei loro nomi e così via) o per atti di organi collegiali (per esempio, l'irregolarità nella convocazione o nella fissazione dell'ordine del giorno è sanata dalla partecipazione di tutti i componenti alla riunione e dall'assenza di loro obiezioni sugli argomenti all'ordine del giorno).
Altri casi di irregolarità sono:

  • l’erronea indicazione di un dato relativo all’oggetto del provvedimento (ad es. un estremo catastale) che non ne impedisca l’identificazione;
  • il mancato inserimento nell’atto delle indicazioni richieste dall’art. 3 c. 4 della L 241/90 (cioè il termine di impugnazione e l’autorità cui proporre ricorso) ;

Cfr. Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 28 luglio 2015, n. 3710 per la quale la mancanza delle indicazioni richieste dall’art. 3, comma 4, della L. n. 241 del 1990, concernenti il termine per l’impugnazione e l’Autorità cui ricorrere, non solo non è causa autonoma di illegittimità, rappresentando soltanto una mera irregolarità, ma non giustifica, di per sé, neppure l’automatica concessione del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile. Ed infatti, tale riconoscimento può trovare applicazione solo qualora nel singolo caso sia apprezzabile una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario dell’atto, dovuta ad una situazione normativa obiettivamente ambigua o confusa, ad uno stato di obiettiva incertezza per le oggettive difficoltà di interpretazione di una norma, alla particolare complessità della fattispecie, a contrasti giurisprudenziali od al comportamento dell’Amministrazione idoneo, perché equivoco, ad ingenerare convincimenti non esatti, poiché, opinando diversamente, tale inadempimento formale si risolverebbe in un’assoluzione indiscriminata dal termine di decadenza, con gravi riflessi sulla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico.

- la mancata indicazione del responsabile del procedimento. (Cfr TAR Napoli, sez VI, 22 ottobre 2915, n. 4931 per la quale l’eventuale omessa indicazione del responsabile del procedimento, questa costituisce al più una mera irregolarità insuscettibile di determinare l’invalidità del provvedimento, posto che la relativa responsabilità si radica in capo al dirigente dell’ufficio).

L'irregolarità, comunque, non incide sulla validità né sull'efficacia del provvedimento, ma può rilevare ad altri fini, in particolare in ordine alla responsabilità del dipendente che ha predisposto o emanato il provvedimento stesso. Oltre alle ipotesi di invalidità ed irregolarità dell’atto amministrativo vi sono degli stati patologici caratterizzati dal fatto che il provvedimento, pur conforme allo schema legale, non è comunque idoneo a produrre effetti. Tali sono i casi di imperfezione (allorché non si sia ancora concluso il suo ciclo di formazione (D.P.R. non contro firmato dal Ministro), inefficacia quando l’atto, benché perfetto, non è idoneo a produrre gli effetti giuridici in quanto sono inesistenti i requisiti d’efficacia previsti dalla legge, dalla natura dell’atto ricettizio, dallo stesso provvedimento - condizione sospensiva, termine iniziale - o ineseguibilità quando l’atto, benché perfetto, non è idoneo a produrre gli effetti giuridici in quanto sono inesistenti i requisiti d’efficacia previsti dell’atto amministrativo.

La figura dell’irregolarità amministrativa ha assunto maggiore importanza con l’entrata in vigore dell’art. 21 octies c. 2 della L. 241/90, che opera sul piano sostanziale, comportando una vera e propria degradazione dei vizi teoricamente capaci di inficiare la legittimità dell’atto, come si evince dal disposto dell’art 21 nonies della L. 241/90 che al c.1 esclude il potere di annullamento in autotutela qualora il vizio risulti già emendato dall’art. 21 ocities. In base a quest’ultima disposizione non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Si tratta di una disposizione che da un lato recupera un ruolo primario del provvedimento amministrativo rispetto al procedimento e dall’altro contiene il rischio di svalutare alcune norme fondamentali per la partecipazione del privato, quale quella relativa all’obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, prevedendo che la loro violazione possa non condurre ad annullare il provvedimento finale (c.d. vizio non invalidante), qualora sia accertato in giudizio che comunque il provvedimento non poteva essere diverso.
La disposizione si divide in 2 parti.
La prima parte dell’art. 21-octies, secondo comma, della L. 7 agosto 1990 n. 241 prevede che il provvedimento non sia annullabile quando ricorrano necessariamente tutti questi elementi:
a) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti;

b) natura vincolata del provvedimento;
c) essere “palese” che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
La seconda parte è relativa ad un tipico vizio procedimentali (art. 7 della L. n. 241/90: violazione dell’obbligo di avvio del procedimento) e prevede che il provvedimento non sia annullabile “qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Non c’è il limite per l’attività vincolata e la norma opera, quindi, anche in caso di attività discrezionale. L’onere della prova è addossato espressamente a carico della P.A.; inoltre, la norma è riferita esclusivamente alla violazione dell’art. 7 e non anche del nuovo art. 10-bis (comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza; che rientra invece tra i possibili vizi non invalidanti disciplinati dalla prima parte del comma 2)


Secondo T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 8 agosto 2008 , n. 9932, tale seconda parte, pur essendo dettata espressamente in relazione alla violazione dell'art. 7 della medesima legge, è tuttavia sicuramente applicabile, per identità di ratio, anche alla violazione della comunicazione del c.d. preavviso di rigetto. Tale conclusione non è tuttavia condivisa da Cons. Stato, VI, 2 febbraio 2009 n. 552,

La valenza processuale della norma determina che il provvedimento non sia annullabile non perché assoggettato ad un diverso regime di invalidità o irregolarità, ma perché la circostanza che il contenuto non possa essere diverso, oggi accertabile dal giudice, priva il ricorrente dell’interesse a coltivare un giudizio, da cui non potrebbe ricavare alcuna concreta utilità. Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2007 n. 4614; sez. VI, 16 maggio 2006 n. 2763.

 


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