CdS 4/2011. Precisa i rapporti tra ricorso incidentale e ricorso principale
La questione sottoposta al vaglio della Plenaria ritorna sul tema già affrontato dalla stessa nel 2008 (Ad. Pl. 10 novembre 2008, n. 11) riguardante l'ordine di trattazione del ricorso principale e quello incidentale (nello specifico ambito di una gara di appalto, ove le sole due concorrenti ammesse tendevano ad escludersi a vicenda per pervenire alla rinnovazione della stessa
La scelta del Consiglio di Stato, in quella sede, fu quella di limitare l'efficacia paralizzante del ricorso incidentale su quello principale, in base ai criteri ermeneutici di imparzialità del Giudice e parità processuale delle parti (in ossequio al dettato normativo dell'art. 111 Cost. e dell'art. 6 C.E.D.U.) sull'assunto che l'esame di trattazione del ricorso (qualunque sia il primo ad essere valutato) non può precluderne la fondatezza dell'altro, poiché entrambe le parti sono titolari dell'interesse minore e strumentale all'indizione di una ulteriore gara. Solo allora il Giudice, secondo ragioni di logicità ed economia processuale, può dare priorità processuale al ricorso (principale o incidentale) che sia decisivo per dirimere la controversia.
Da queste premesse si inserisce la nuova sentenza del Consiglio di Stato che dà, invece, peso all'efficacia paralizzante del ricorso incidentale che, sorretto da questioni preliminari sul difetto di legittimazione del ricorrente principale, determina l'inammissibilità del ricorso principale.
a) il principio di parità delle parti e di imparzialità del giudice presiedono alla norma positiva enucleabile dal combinato disposto degli artt. 76, co. 4, c.p.a. e 276, co. 2, c.p.c., che impone di risolvere le questioni processuali e di merito secondo l'ordine logico loro proprio, assumendo come prioritaria la definizione di quelle di rito rispetto a quelle di merito, e fra le prime la priorità dell'accertamento della ricorrenza dei presupposti processuali (nell'ordine, giurisdizione, competenza, capacità delle parti, ius postulandi, ricevibilità, contraddittorio, estinzione), rispetto alle condizioni dell'azione (tale fondamentale canone processuale è stato ribadito dall'Adunanza plenaria 3 giugno 2011, n. 10); l'ordine di esame delle questioni pregiudiziali di rito non rientra nella disponibilità delle parti e non subisce eccezioni neppure se venga impugnata, da parte del ricorrente principale, la legge di gara;
b) l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo è soggetta – sulla falsariga del processo civile – a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione; tali condizioni sono:
I) il c.d. titolo o possibilità giuridica dell'azione - cioè la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero, come altri dice, la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo -;
II) l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (o interesse al ricorso, nel linguaggio corrente del processo amministrativo);
III) la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva, discendente dall'affermazione di colui che agisce/resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo);
c) in termini generali trova ingresso nel sistema della giustizia amministrativa anche la tutela del c.d. interesse ad agire strumentale, ma solo se ed in quanto collegato ad una posizione giuridica attiva, protetta dall'ordinamento, la cui soddisfazione sia realizzabile unicamente attraverso il doveroso rinnovo dell'attività amministrativa,
dovendosi rifiutare, a questi fini, il riferimento ad una utilità meramente ipotetica o eventuale che richiede per la sua compiuta realizzazione il passaggio attraverso una pluralità di fasi e atti ricadenti nella sfera della più ampia disponibilità dell'Amministrazione; pertanto <<la facoltà di agire in giudizio non è attribuita, indistintamente, a tutti i soggetti che potrebbero ricavare eventuali ed incerti vantaggi dall'accoglimento della domanda>>;
d) in materia di controversie aventi ad oggetto gare di appalto, il tema della legittimazione al ricorso (o titolo) è declinato nel senso che tale legittimazione deve essere correlata ad una situazione differenziata e dunque meritevole di tutela, in modo certo, per effetto della partecipazione alla stessa procedura oggetto di contestazione; chi volontariamente e liberamente si è astenuto dal partecipare ad una selezione non è dunque legittimato a chiederne l'annullamento ancorché vanti un interesse di fatto a che la competizione – per lui res inter alios acta – venga nuovamente bandita; a tale regola generale si può fare eccezione, per esigenze di ampliamento della tutela della concorrenza, solamente in tre tassative ipotesi e cioè quando: I) si contesti in radice l'indizione della gara; II) all'inverso, si contesti che una gara sia mancata, avendo 'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto; III) si impugnino direttamente le clausole del bando assumendo che le stesse siano immediatamente escludenti;
e) la mera partecipazione (di fatto) alla gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso; la situazione legittimante costituita dall'intervento nel procedimento selettivo, infatti, deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell'ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva; pertanto, la definitiva esclusione o l'accertamento retroattivo della illegittimità della partecipazione alla gara impedisce di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare gli esiti della procedura selettiva; tale esito rimane fermo in tutti i casi in cui l'illegittimità della partecipazione alla gara è definitivamente accertata, sia per inoppugnabilità dell'atto di esclusione, sia per annullamento dell'atto di ammissione e, soprattutto, indipendentemente dal numero dei partecipanti alla gara;
f) l'ordine di esame delle questioni risente di tali presupposti, pertanto, non è subordinato alla veste formale utilizzata per la loro deduzione, ma dipende dal loro oggettivo contenuto; ne discende che, qualora il ricorso incidentale abbia la finalità di contestare la legittimazione al ricorso principale, il suo esame assume carattere necessariamente pregiudiziale e la sua accertata fondatezza preclude, al giudice, l'esame del merito delle domande proposte dal ricorrente principale;
g) tali conclusioni sono pienamente compatibili con la disciplina del ricorso incidentale recata dal codice del processo amministrativo (art. 42): il dato più significativo riguarda la qualificazione formale del ricorso incidentale come strumento per la proposizione di «domande», il cui interesse sorge solo in dipendenza della proposizione del ricorso principale; si chiarisce, in questo modo, che il ricorso incidentale può assumere un contenuto complesso, ancorché innestato nella matrice comune della «difesa attiva» della parte intimata, rivestendo la fisionomia dell'atto con il quale la parte intimata: I) formula un'eccezione, eventualmente a carattere riconvenzionale; II) propone una vera e propria domanda riconvenzionale, diretta all'annullamento di un atto; III) articola una domanda di accertamento pregiudiziale, volta, comunque, ad ottenere una pronuncia che precluda l'esame del merito del ricorso principale;
h) in ossequio al superiore principio di economia processuale, il giudice può, in concreto, ritenere preferibile esaminare prioritariamente il ricorso principale, quanto meno nei casi in cui esso sia palesemente infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile, sulla scorta del paradigma sancito dagli artt. 49, co. 2, e 74 c.p.a.; questa facoltà non deve essere negata, a priori, sempre che il suo esercizio non incida sul diritto di difesa del controinteressato e consenta un'effettiva accelerazione della definizione della controversia; in linea di principio resta ferma la priorità logica della questione pregiudiziale, ma eccezionali esigenze di semplificazione possono giustificare l'esame prioritario di altri aspetti della lite.
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