Con l’ordinanza del 1 dicembre 2016, n. 24591, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario sugli atti di nomina e revoca degli amministratori o dei sindaci di una società partecipata da un ente pubblico, anche quando questa sia riconducibile alla particolare categoria di società titolari di affidamenti diretti secondo il modello del cd in house providing.

Il caso di specie da cui trae origine la decisione delle Sezioni Unite, emessa in sede di regolamento di giurisdizione, consiste in un’azione avverso la dichiarazione di decadenza del collegio sindacale di una società per azioni interamente partecipata da un Comune e da questo controllata secondo il modello in house. La dichiarazione di decadenza era intervenuta con un decreto del Sindaco del Comune azionista, poi recepito da una deliberazione dell’assemblea ordinaria della società, a seguito dell’insediamento del nuovo Consiglio comunale, secondo quanto previsto dall’art. 50, commi 8 e 9, del d.lgs. 267/2000 (Testo unico enti locali).

I sindaci revocati hanno convenuto società e Comune innanzi al giudice ordinario chiedendo la dichiarazione di nullità o di inefficacia, o ancora l’annullamento, degli atti con cui era stata dichiarata la loro decadenza, oltre al risarcimento del danno. La società convenuta ha proposto ricorso per regolamento di giurisdizione, evidenziando nel caso particolare la sussistenza del vincolo di subordinazione gerarchica tra gli organi sociali ed ente pubblico controllante, proprio delle società in house. Sulla base di tale particolare rapporto, riconosciuto dalle stesse Sezioni Unite per affermare la giurisdizione della Corte dei conti sui danni causati dagli amministratori delle società in house, la società riteneva dovesse affermarsi la giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, in quanto il potere di nomina e revoca riconosciuto al socio pubblico avrebbe dovuto, nel caso di specie, essere qualificato come un vero e proprio potere pubblico.

Le Sezioni Unite risolvono la questione processuale descritta sopra a favore della giurisdizione del giudice ordinario, basandosi sulla parificazione della condizione delle società in house con quella di qualsiasi altra società a partecipazione pubblica.
La Corte, nella motivazione della pronuncia, richiama infatti alcune sue precedenti decisioni riguardanti gli atti di nomina e revoca di organi di vertice delle società a partecipazione pubblica in generale (Tra cui la recente Cass. Civ., S.U., ord. 23 gennaio 2015, n. 1237, che riprende a sua volta le argomentazioni di Cass. civ., S.U., 15/04/2005, n. 7799), risolte a favore della giurisdizione del giudice ordinario.

L’indirizzo indicato si basa fondamentalmente sulla riconduzione delle società a partecipazione pubblica alla disciplina privatistica contenuta nel Codice civile, in ragione della previsione di cui all’articolo 4 del d.l. 95/2012 (oggi riproposta all’art. 1, comma terzo, del d.lgs. 175/2016). Alle società a partecipazione pubblica si applica dunque la disciplina di diritto comune, ove non

L’indirizzo indicato si basa fondamentalmente sulla riconduzione delle società a partecipazione pubblica alla disciplina privatistica contenuta nel Codice civile, in ragione della previsione di cui all’articolo 4 del d.l. 95/2012 (oggi riproposta all’art. 1, comma terzo, del d.lgs. 175/2016). Alle società a partecipazione pubblica si applica dunque la disciplina di diritto comune, ove non diversamente previsto da disposizioni speciali (e oggi dal Testo unico di cui al d.lgs. 175/2016). Da tale indicazione normativa deriva, secondo l'impostazione della Corte, un chiaro inquadramento in senso privatistico delle società a partecipazione pubblica: il rapporto tra soci (anche di controllo) e società assume dunque i connotati propri delle società di diritto comune. Tra tali connotati vi sono l'autonomia soggettiva e gestionale dell'ente rispetto ai suoi soci (specie in caso di società per azioni), nonchè la derivazione dei poteri speciali esercitabili dal socio pubblico dagli strumenti propri del diritto societario (statuto sociale e art. 2449 c.c.) e non dal diritto pubblico. In altre parole, nel momento in cui il soggetto pubblico sceglie di ricorrere allo strumento societario per lo svolgimento di funzioni o servizi istituzionali, esso deve sottostare alla disciplina generale privatistica sulle società e agisce esercitando i propri diritti di socio e non i poteri amministrativi. Gli atti di nomina e revoca degli organi sociali da parte del socio pubblico derivano dunque dal riconoscimento di un diritto potestativo di natura privatistica (proprio del diritto societario) e non da una potestà pubblica: a questo corrisponde una posizione di diritto soggettivo in capo agli amministratori e sindaci coinvolti. Non può dunque affermarsi né la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, limitata alle situazioni di interesse legittimo, né (in assenza di determinazioni di legge in tal senso) la giurisdizione esclusiva dello stesso giudice, ai sensi dell'art. 7 del Codice del processo amministrativo.
La Corte trova ulteriore conferma dell'impostazione di cui sopra in altri elementi:
• la Relazione al Codice civile del 1942, in cui si evidenziava l'«assoggettamento» degli enti pubblici alla disciplina delle società per azioni in caso di partecipazioni di proprietà pubblica;
• l'art. 2449 del Codice civile, il quale, pur attribuendo un potere speciale all'azionista pubblico, subordina tale potere alla sua affermazione esplicita nello statuto sociale e afferma i principi di irrilevanza della natura pubblica degli azionisti, di parità di status tra gli amministratori e di perfetta autonomia della società;
• la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentt. 23 ottobre 2007, causa C-112/05, Commissione c. Germania e 6 dicembre 2007, cause C-463/04 e C-464/04, Federconsumatori), secondo cui le disposizioni che comportano disparità di trattamento tra gli azionisti confliggono con i Trattati;
• la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana (sentt. 5 febbraio 1992, n. 35 e 16 giugno 2006, n. 233), secondo cui le regole su nomina e revoca di amministratori e sindaci sono da ricondurre al diritto privato, con esclusione dei principi di cui all'art. 97 Cost. in ragione dell'intuitus personae sotteso alle nomine;
• le nuove previsioni di cui al d.lgs. 175/2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica), che, come già ricordato sopra, hanno riaffermato il principio dell'applicabilità in via residuale delle norme di diritto privato alle società a partecipazione pubblica, oltre ad introdurre alcune regole volte a connotare in senso privatistico la disciplina delle stesse (in particolare, fallibilità delle società, anche se titolari di affidamenti in house, e affermazione generale dell'azione civile di responsabilità sociale nei confronti degli amministratori).
Le Sezioni Unite ritengono applicabili le argomentazioni di cui sopra anche alle società in house: le controversie relative alla nomina e alla revoca di amministratori e sindaci sono dunque soggette alla giurisdizione ordinaria anche in questo caso particolare. Tale conclusione non risulta incoerente, secondo la Cassazione, con le precedenti pronunce in cui le stesse Sezioni Unite hanno affermato la giurisdizione della Corte dei conti sui danni causati dagli amministratori di società in house (principio oggi recepito dall'art. 12 del d.lgs. 175/2016). È vero che tali pronunce si fondano proprio sul riconoscimento delle società in house come articolazioni interne alla pubblica amministrazione e non soggetti autonomi; questa affermazione però, secondo la Corte, vale unicamente ai fini dell'identificabilità del danno erariale nei casi particolari affrontati nelle pronunce di cui sopra, mentre non può tradursi in un'esclusione generale delle società in house dalla disciplina privatistica applicabile alle società a partecipazione pubblica, in assenza di precise disposizioni o ragioni di sistema che inducano a ritenere il contrario.

La pronuncia in commento offre un’indicazione importante in merito al riparto di giurisdizione in materia di nomine e revoche di organi di vertice nelle società in house, affermando chiaramente che i principi già espressi in generale per le società a partecipazione pubblica, nel senso del riconoscimento della giurisdizione del giudice ordinario, non trovano eccezione per le società in house. Questa conclusione sottende dunque, come visto, una riconduzione della disciplina delle società a partecipazione pubblica, considerate come insieme unitario, al diritto privato. Le questioni esaminate dalla Corte per la verità meritano una riflessione un po' più approfondita, che tenga conto delle particolarità legate alla natura pubblica del socio nei casi esaminati e dell'ulteriore particolarità propria delle società in house.
Un primo profilo riguarda la specialità del procedimento attraverso cui il socio pubblico esprime le proprie decisioni, comprese quelle riguardanti nomina e revoca di amministratori e sindaci delle società partecipate. Le decisioni assunte "a monte" dal socio pubblico sono soggette infatti a particolari regole sia sul piano sostanziale (si pensi ad esempio alle norme su inconferibilità e incompatibilità dettate dal d.lgs. 39/2013), sia sul piano procedurale (ad esempio le regole contenute per le nomine negli Statuti comunali o in particolari disposizioni regionali) che sembra difficile non ricondurre alla sfera del diritto amministrativo in senso proprio e – di conseguenza – alla posizione di interesse legittimo dei soggetti interessati. In ragione di ciò potrebbe essere utile adottare più esplicitamente un'impostazione che suddivida la fase pubblicistica relativa alla formazione della decisione del socio pubblico dalla conseguente fase privatistica relativa all'atto privatistico di nomina o revoca. Per la prima fase (atto amministrativo) sembra più corretto doversi affermare la giurisdizione del giudice amministrativo, mentre per la seconda fase (rapporto societario) è senz'altro coerente affermare la giurisdizione del giudice ordinario, anche nel caso di società in house, con l'eventuale potere di disapplicazione, se necessario, dell'atto amministrativo presupposto da parte dello stesso giudice. Questa impostazione è stata adottata anche dalle stesse Sezioni Unite, in casi riguardanti la decisione e le modalità di costituzione di una società da parte di un ente pubblico e la procedura di selezione di un nuovo socio. L'orientamento su cui si basa la pronuncia in commento ritiene gli atti di nomina e revoca degli organi di vertice come interamente "a valle" del procedimento amministrativo, che si esaurisce con la costituzione della società. Le Sezioni Unite non affrontano invece direttamente il problema nell'ordinanza in esame, se non in termini del tutto incidentali: poiché infatti nel caso esaminato le due "fasi" sopra illustrate si traducono in due atti distinti (rispettivamente il decreto del Sindaco del Comune che dichiara la decadenza del collegio sindacale e la delibera dell'assemblea degli azionisti che ne prende atto), la Corte afferma che «il decreto del Sindaco costituisce solo un presupposto amministrativo a monte, sicché l'azione concerne il rapporto e non l'atto». La pronuncia però non spiega se da questa considerazione debba discendere un potere di disapplicazione dell'atto amministrativo in capo al giudice ordinario, oppure l'irrilevanza della fase amministrativa e della sua eventuale illegittimità, dato che la posizione dei soggetti interessati va solo valutata sulla scorta del diritto societario. Queste distinzioni non hanno un valore puramente teorico: lo si può capire ipotizzando fattispecie diverse da quella considerata dalla Corte in occasione della pronuncia analizzata, ma in cui si pongano problemi simili, con il coinvolgimento di terzi "controinteressati". Si pensi, ad esempio, al caso in cui un Comune nomini direttamente un amministratore di una società partecipata sulla base di una procedura comparativa prevista dallo Statuto comunale e che la nomina risulti in violazione delle disposizioni sull'inconferibilità di cui al d.lgs. 39/2013. Che tipo di tutela (reale o risarcitoria) potrebbe ottenere e quale giudice dovrebbe adire un candidato alla carica che non sia stato selezionato nella procedura competitiva? La posizione di tale candidato, terzo rispetto al rapporto tra società e amministratore nominato, in questo caso sembra poter essere qualificabile come interesse legittimo: se così fosse, verrebbe meno il presupposto giuridico affermato nell'ordinanza in commento, per cui la giurisdizione del giudice ordinario è giustificata dall'esistenza di una posizione qualificabile come diritto soggettivo. Sul piano del merito, il terzo potrebbe essere considerato legittimato ad ottenere di fronte al giudice ordinario l'annullamento (o la dichiarazione di nullità) della nomina sulla base del solo diritto privato? Questi interrogativi potrebbero essere risolti in modo positivo, mantenendo comunque l'affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, ma non sembrano essere presi . Considerazioni conclusive in sufficiente considerazione dalla Cassazione né nell'ordinanza di cui trattasi né in precedenti pronunce in sufficiente considerazione dalla Cassazione né nell’ordinanza di cui trattasi né in precedenti pronunce7.

 

 

Sotto il profilo della particolarità ulteriore legata alla natura di società in house, si può osservare che la pronuncia in commento sembra in alcuni punti contraddittoria. La motivazione che conduce all’affermazione della giurisdizione ordinaria si basa infatti, come visto, in larga parte sull’affermazione dell’autonomia della società (specie in caso di spa) rispetto all’ente socio e sulla riconducibilità del potere esercitato dal socio pubblico ai canoni del diritto societario. D’altra parte però, la stessa pronuncia richiama, senza confutarla, la giurisprudenza relativa all’affermazione della giurisdizione contabile per le società in house, secondo cui tali società «costituiscono in realtà articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non soggetti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi», accomunando inoltre il rapporto tra organi sociali ed ente pubblico socio al rapporto «che intercorre tra la medesima amministrazione ed i propri dipendenti». La stessa Corte dunque riconosce che una delle condizioni qualificanti la società in house è proprio l’affermazione di un controllo del socio pubblico sulla stessa diverso e più stringente rispetto a quanto accade nelle società di diritto comune. Proprio per eliminare la contraddizione tra autonomia sociale nelle società per azioni e controllo analogo, il d.lgs. 175/2016 ha introdotto la possibilità di derogare nello statuto societario ai principi per cui la gestione dell’impresa spetta esclusivamente agli amministratori (articoli 2380-bis e 2409-novies del Codice civile). Sembra anche in questo caso che l’impostazione sottesa alla pronuncia in esame, secondo cui il “controllo analogo” proprio delle società in house rimane un controllo di tipo esclusivamente privatistico, avrebbe meritato un approfondimento maggiore nella motivazione delle Sezioni Unite.

 

ORDINANZA sul ricorso 15224-2015 proposto da: AMGAS S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio dell'avvocato FELICE 2016 EUGENIO LORUSSO, che la rappresenta e difende, per 432 delega in calce al ricorso; - ricorrente - contro BELMONTE CARMINE, STELLUTO ALFREDO, CAGGIANO LAURA, • elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LINA CAVALIERI 85/7, presso lo studio dell'avvocato CARMELINA MORABITO, rappresentati e difesi dall'avvocato MARCO SCILLITANI, per delega in calce al controricorso; - controricorrenti - nonchè contro COMUNE DI FOGGIA; - intimato - sul ricorso 15225-2015 proposto da: COMUNE DI FOGGIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio dell'avvocato FELICE EUGENIO LORUSSO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato DOMENICO DRAGONETTI, per delega in calce al ricorso; - ricorrente - contro BELMONTE CARMINE, CAGGIANO LAURA, STELLUTO ALFREDO , elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LINA CAVALIERI 85/7, presso lo studio dell'avvocato CARMELINA MORABITO, rappresentati e difesi dall'avvocato MARCO SCILLITANI, per delega in calce al controricorso; - controricorrenti - non chè contro AMGAS S.P.A.; - intimata - per regolamento di giurisdizione in relazione giudizio pendente n. 89/2015 del TRIBUNALE di BARI; uditi gli avvocati Eugenio Felice LORUSSO e Marco SCILLITANI; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/07/2016 dal Presidente Dott. ANGELO SPIRITO; lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale dott. Immacolata ZENO, il quale chiede il rigetto dei ricorsi e la declaratoria della giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda proposta dinanzi al Tribunale di Bari - Sezione imprese. R.G. 15224/15 + 15225/15 In fatto e in diritto 1 - L'AMGAS spa propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizio- ne (RG 15224/15), spiegando: • che i sigg. Stelluto, Belmonte e Caggiano l'hanno convenuta, insieme con il Comune di Foggia, innanzi al Tribunale di Bari (sezione specia- lizzata in materia d'impresa) perché siano annullati gli atti del Sindaco di Foggia e dell'assemblea ordinaria dei soci della società stessa, con i quali essi (in conseguenza dell'insediamento del nuovo Consiglio co- munale) sono stati dichiarati decaduti dalla carica di membri del col- legio sindacale di AMGAS spa., e perché, inoltre, i convenuti siano condannati al risarcimento del danno; • che il proprio capitale sociale è interamente sottoscritto dal Comune di Foggia, in favore del quale essa - a norma dello statuto - svolge la propria, prevalente attività secondo le modalità proprie dell'affidamento in house dei servizi, che il Comune esercita su di essa un controllo di gestione analogo a quello esercitato sui propri servizi, che, dunque, è stata costituita secondo il modello dell'in house provi- ding. Ciò premesso, la società sostiene che da tali caratteristiche deriverebbero conseguenze sia in ordine alla disciplina applicabile in materia di nomina e revoca degli organi sociali e di responsabilità per danni da questi arrecati al- la società, sia in ordine alla giurisdizione relativa alle controversie insorte in seno alla società, nonché tra la società ed il socio pubblico. In particolare - proprio in virtù del vincolo di subordinazione gerarchica che lega gli organi sociali all'ente partecipante, della dipendenza organica di derivazione pubbli- cistica e della natura pubblicistica/autoritativa degli atti organizzativi attra- verso i quali il rapporto viene disciplinato (tra cui l'atto sindacale di nomina dei vertici sociali ex art. 50, comma 8, D.Igs n. 267/2000) - conseguirebbe che, in occasione della nomina dei vertici societari, il Comune non agisce come socio privato, bensì quale autorità pubblica preposta al controllo ed al coordinamento della società, sicché le controversie in ordine alla designazio- ne o alla revoca degli organi sociali appart ebbero alla giurisdizione del giudice amministrativo. Cons irito est. 1 R.G. 15224/15 + 15225/15 1.1 - La ricorrente ritiene che le seguenti ragioni sostengano la propria tesi: • la particolarità dei rapporti che legano la società in house all'ente pubblico ha indotto queste SU a ritenere sussistente la giurisdizione della Corte dei Conti in ordine all'azione di responsabilità nei confronti degli organi sociali di una siffatta società per danni cagionati al patri- monio della stessa (sul punto è citata SU n. 26283/13); • il disposto dell'art. 7, comma 1, CPA (laddove devolve "alla giurisdi- zione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del po- tere amministrativo"), nella considerazione che gli atti del Sindaco di nomina e/o revoca dei componenti degli organi sociali di AMGAS si configurano come esercizio di poteri amministrativi, sfuggendo alle regole dettate in ambito privatistico per le società di capitali; • alcuni precedenti di queste SU (è fatto riferimento alle ordinanze nn. 1237/15 e 2505/15, chiamate a pronunciarsi in tema di revoca di amministratori di società partecipate da enti pubblici), che hanno af- fermato la giurisdizione del giudice ordinario o perché (nel primo ca- so) dallo statuto sociale non emergevano le caratteristiche proprie della società in house, o perché (nel secondo caso) nessuna delle par- ti aveva richiamato nei propri atti lo statuto stesso, dal quale potersi giustificare la sottrazione della controversia alla giurisdizione del giu- dice ordinario; • dai menzionati precedenti si desumerebbe - secondo la ricorrente - che: per determinare la giurisdizione in materia di nomina e revoca degli organi sociali, occorre tener conto della natura sostanziale della società e del rapporto intercorrente con l'azionista pubblico: elementi indiziari circa la natura di quei rapporti potrebbero essere ricavati dal- le previsioni statutarie ed, in particolare, dal cd. controllo analogo da parte dell'ente. 1.2 - Il Comune di Foggia ha, a sua volta, proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione (RG 15225/15), attraverso il quale perviene alle medesime conclusioni - sulla base delle stesse considerazioni - alle quali è pervenuta l'AMGAS.R.G. 15224/15 + 15225/15 2 - I ricorsi in esame e la loro particolare articolazione offrono alle SU l'occasione di definitivamente fugare ogni dubbio in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario nelle controversie concernenti atti di nomina o di revo- ca degli organi sociali di società in house. La giurisprudenza finora consolidatasi (ci si riferisce, in particolare a SU nn. 7799/05, 1235/15 e 2505/15) ha approfonditamente affrontato il tema at- traverso un'analisi sostanzialmente riferita all'intero fenomeno delle società a parziale o totale partecipazione pubblica, per giungere alla conclusione che spetta al giudice ordinario conoscere della controversia avente ad oggetto sia l'impugnazione del provvedimento di nomina e revoca dei rappresentanti dell'ente pubblico presso una società per azioni partecipata parzialmente o totalmente dallo stesso ente, sia le conseguenti domande di tutela reale e risa rcitoria . Le decisioni - le cui argomentazioni conviene qui sinteticamente ricordare - hanno preso le mosse dall'osservazione che a favore dell'attribuzione al giu- dice ordinario assume rilievo decisivo l'art. 4 (che reca la rubrica: Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche), comma 13, quarto periodo, del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgen- ti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore ban- cario), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, art. 1, comma 1, secondo cui "Le disposizioni del presente articolo e le altre disposizioni, anche di carattere speciale, in materia di società a totale o par- ziale partecipazione pubblica si interpretano nel senso che, per quanto non diversamente stabilito e salvo deroghe espresse, si applica comunque la di- sciplina del codice civile in materia di società di capitali". Disposizione, questa, che elimina qualsiasi dubbio circa l'inquadramento pri- vatistico delle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, la cui specifica disciplina sia contenuta esclusivamente o prevalentemente nello statuto sociale. Tale norma, infatti, ancorché introdotta in un provvedimento legislativo volto specificamente al contenimento della spesa pubblica (cosid- detta spending review), ha natura esplicitamente interpretativa e come tale efficacia retroattiva, si caratterizza quale clausola normativa ermeneutica generale (norma di chiusura) salvo deroghe espresse, ed impone all'inter- prete (il quale dubiti dell'interpretazione di ' posizioni, anche di carattere Cons. S ito est 3 R.G. 15224/15 + 15225/15 speciale, in materia di società a totale o parziale partecipazione pubblica) di optare comunque per l'applicazione della disciplina del codice civile in mate- ria di società di capitali. Da questa premessa i menzionati precedenti hanno dedotto che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché il Comune ne possegga, in tutto o in parte, le a- zioni, in quanto il rapporto tra società ed ente locale è di assoluta autonomi- a, al Comune non essendo consentito incidere unilateralmente sullo svolgi- mento del rapporto medesimo e sull'attività della società per azioni median- te l'esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società; con la conseguenza che è attribuita alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la domanda di annullamento di provvedimenti comunali di non approvazione del bilancio e conseguente revoca degli amministratori di so- cietà per azioni di cui il Comune sia unico socio, costituendo gli atti impu- gnati espressione non di potestà amministrativa ma dei poteri conferiti al Comune dalle ordinarie disposizioni del codice civile; sicché la posizione soggettiva degli amministratori revocati (che non svolgono né esercitano un pubblico servizio) è configurabile in termini di diritto soggettivo, dovendo i- noltre escludersi la riconducibilità di detta controversia al novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33 novellato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7. 2.1 - Si è pure aggiunto (sulla scorta di S.U. nn. 4989/95, 5085/97, 8454/98) che la società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché lo Stato o gli enti pubblici (Comune, Provincia, etc.) ne posseggano le azioni, in tutto o in parte, non assumendo rilievo alcuno, per le vicende della medesima, la per- sona dell'azionista, dato che tale società, quale persona giuridica privata, opera nell'esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collega- mento con l'ente pubblico: il rapporto tra la società e l'ente locale è di asso- luta autonomia, sicché non è consentito al Comune incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull'attività della società per a- zioni mediante l'esercizio di poteri autoritati o discrezionali. Invero, la leg- Cons. trito est. 4 R.G. 15224/15 + 15225/15 ge non prevede alcuna apprezzabile deviazione, rispetto alla comune disci- plina privatistica delle società di capitali, per le società miste incaricate della gestione di servizi pubblici istituiti dall'ente locale. La posizione del Comune all'interno della società è unicamente quella di so- cio di maggioranza, derivante dalla prevalenza del capitale da esso conferi- to; e soltanto in tale veste l'ente pubblico potrà influire sul funzionamento della società, avvalendosi non già dei poteri pubblicistici che non gli spetta- no, ma dei soli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. La controversia non rientra neppure nella giurisdizione generale di legittimi- tà del giudice amministrativo, atteso che, come sopra detto, la situazione giuridica di cui si chiede la tutela ha natura di diritto soggettivo e non certo di interesse legittimo. 2.2 - L'art. 2449 c.c. prevede che, se lo Stato o gli enti pubblici hanno par- tecipazione in una società, l'atto costitutivo può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci, disponendo anche che gli amministratori o sindaci, nominati a norma del comma precedente, possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. La facoltà attribuita all'ente pubblico dal citato art. 2449 c.c. è, quindi, sosti- tutiva della generale competenza dell'assemblea ordinaria, trovando la sua giustificazione nella peculiarità di quella tipologia di soci, e deve essere qua- lificata come estrinsecazione non di un potere pubblico, ma essenzialmente di una potestà di diritto privato, in quanto espressiva di una potestà attinen- te ad una situazione giuridica societaria, restando esclusa qualsiasi sua va- lenza amministrativa. Dalla configurazione dell'atto di revoca come espressione di una facoltà ine- rente la qualità di socio e, quindi, come manifestazione di una volontà es- senzialmente privatistica, deriva l'ulteriore conferma dell'esclusione della giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo. 3 - Concorrono alla dichiarazione della giurisdizione del giudice ordinario le seguenti ulteriori considerazioni. Già la Relazione al codice civile del 1942, nell'illustrare la disciplina delle so- cietà partecipate dallo Stato, affermava: ".... in questi casi, è lo Stato me- desimo che si assoggetta alla legge della società per azioni, per assicurare alla propria gestione maggiore snellezza di fo e e nuove possibilità realiz- Cons. Ss r o est. 5 R.G. 15224/15 + 15225/15 zatici; la disciplina comune della società per azioni deve, pertanto, applicarsi anche alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici, senza ec- cezioni, in quanto norme speciali non dispongano diversamente (n. 998)". L'art. 2449 cod. civ. - nella formulazione vigente consolidatasi nel 2008, an- che a seguito della nota sentenza della Corte di giustizia UE (Prima Sezione) 6 dicembre 2007 (nei procedimenti riuniti nn. C-463/04 e C-464/04, Feder- consumatori e AEM c. Comune di Milano) - individua nello statuto, cioè in un atto fondamentale della società di natura negoziale (art. 2328 c.c., comma 3), la fonte esclusiva dell'attribuzione allo Stato o all'ente pubblico della fa- coltà di nomina di amministratori in numero proporzionale alla propria par- tecipazione al capitale sociale, ed esprime i principi sia della irrilevanza per- sonale del socio di capitali, sia della parità di status di tutti gli amministratori, indipendentemente dalla nomina dell'assemblea o dell'ente pubblico titolare della partecipazione ("Essi hanno i diritti e gli ob- blighi dei membri nominati dall'assemblea"), sia - in definitiva - della perfet- ta autonomia della società, dei suoi organi e del suo funzionamento secondo la propria legge rispetto alle vicende della sua formazione e della partecipa- zione ad essa, mentre l'attribuzione esclusiva all'ente pubblico del potere di revoca degli amministratori dallo stesso nominati (gli amministratori e i sindaci, o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati a norma del comma 1 possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati) ha l'unica finalità di impedire la totale frustrazione della designazione effet- tuata, secondo statuto, dall'ente pubblico - uti socius, non jure imperii - e degli interessi di natura pubblica ad essa sottesi. Secondo l'ormai consolidato orientamento di queste Sezioni Unite (cfr. n. 30167 del 2011 e le successive conformi), la nomina e la revoca degli am- ministratori da parte dell'ente pubblico debbono essere ascritte agli atti so- cietari a valle della scelta di fondo di utilizzazione del modello societario e restano perciò interamente assoggettate alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito. 3.1 - L'inquadramento privatistico delle società con partecipazione dello Sta- to o di enti pubblici è conforme agli orientamenti espressi sia dalla Corte di giustizia UE - che, con le sentenze Volkswagen (sentenza 23 ottobre 2007, nella causa C-112/05) e Federconsumatori (sentenza 6 dicembre 2007, nei procedimenti riuniti nn. C-463/04 e C-464R A ), ha ritenuto collidenti con Cons. rito est. 6 R.G. 15224/15 + 15225/15 l'art. 56 del Trattato CE disposizioni che incidano sul principio della parità di trattamento tra gli azionisti - sia dalla Corte costituzionale che, con le sen- tenze n. 35 del 1992 e n. 233 del 2006 ha ricondotto al diritto privato le di- sposizioni sulla nomina e sulla revoca degli amministratori ed ha sottolineato che l'intuitus personae sotteso al rapporto di nomina degli amministratori esclude la rilevanza immediata dei principi di cui all'art. 97 Cost., comma 2, (buon andamento ed imparzialità). 3.2 - La riconduzione della materia in questione alla disciplina civilistica è attuata oggi dal D.Lgs n. 175 del 2016 (ovviamente, inapplicabile ratione temporis alla fattispecie), del quale vanno particolarmente segnalate tre di- sposizioni. Quella del terzo comma dell'art. 1, secondo cui: Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali del diritto privato. Quella dell'art. 12 (Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate), a norma della quale "I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità pre- viste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società in house". Quella dell'art. 14 (Crisi d'impresa di so- cietà a partecipazione pubblica), la quale non solo stabilisce che "Le società a partecipazione pubblica sono soggette alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo, nonché, ove ne ricorrano i presupposti, a quelle in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi", ma, soprattutto, testualmente menziona nell'ultimo comma la "dichiarazione di fallimento di una società a controllo pubblico titolare di affidamenti diret- ti", facendo così inequivoco ed esplicito riferimento alle società in house, che, appunto, sono le società titolari di affidamenti diretti (cfr. art. 16, 10 comma). Disposizioni, queste, che non solo definitivamente esplicitano la riconduzione delle società a partecipazione pubblica all'ordinario regime civilistico ma, so- prattutto, eliminano ogni dubbio circa il fatto che le società in house siano regolate dalla medesima disciplina che regola, in generale, le società parte- cipate, ad eccezione, quanto alle prime, della giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dai loro a inistratori e dipendenti. Cons. rito est. 7 R.G. 15224/15 + 15225/15 Risultano, così, legislativamente confermate (la stessa Relazione illustrativa al decreto legislativo in commento spiega che "le osservazioni volte a sot- trarre le società in house al diritto comune delle crisi d'impresa non sono state accolte") le conclusioni alle quali era ormai da tempo pervenuta la giu- risprudenza di legittimità, la quale, per un verso, ha riconosciuto la sottopo- nibilità a fallimento delle società partecipate (sul rilievo che la scelta del le- gislatore di consentire all'ente pubblico l'esercizio di determinate attività mediante società di capitali, e dunque di perseguire l'interesse pubblico at- traverso lo strumento privatistico, comporta che queste assumano i rischi connessi alla loro insolvenza, pena la violazione dei principi di uguaglianza e di affidamento dei soggetti che con esse entrano in rapporto ed attesa la ne- cessità del rispetto delle regole della concorrenza, che impone parità di trat- tamento tra quanti operano all'interno di uno stesso mercato con identiche forme e medesime modalità - cfr. Cass. sez. I n. 22209/13) e, per altro ver- so, ha assoggettato amministratori e dipendenti delle società in house alla giurisdizione della Corte dei conti per danno erariale (sulla stregua, dunque, della già menzionata SU n. 26283/13). In siffatto contesto si può affermare che le società a partecipazione pubblica costituiscono, in ambito societario, una categoria nella quale sono comprese, in termini di specialità, le società (non solo partecipate, ma) controllate da enti pubblici e le società in house; sicché il principio generale dettato dal ci- tato 3°comma dell'art. 1 è destinato a valere anche per le società in house, ove non vi siano disposizioni specifiche di segno diverso. Ed una disposizione specifica per le società in house si rinviene, nell'art. 12 che, come s'è visto, riguarda la giurisdizione in tema di azioni di responsabilità degli organi so- ciali, ma non anche per quel che attiene alle controversie in materia di no- mina o revoca degli organi sociali designati dal socio pubblico. 4 - Venendo ora alla fattispecie in trattazione, è agevole, sulla base di tutto quanto premesso, respingere la richiesta devoluzione della controversia al giudice amministrativo. Controversia nella quale le parti private domandano (come s'è già detto in precedenza): a) che siano dichiarati nulli, o siano an- nullati, o siano dichiarati inefficaci gli atti costituiti dal decreto del sindaco, nonché dalla deliberazione dell'assemblea ordinaria dei soci AMGAS, attra- verso i quali, in conseguenza dell'insediamento del nuovo Consiglio comuna- le, è stata dichiarata la decadenza del collegi 5fndacale della società stessa Cons. o est. 8 R.G. 15224/15 + 15225/15 (del quale essi facevano parte) e sono stati nominati nuovi componenti dell'organo di controllo; b) che i convenuti (Comune e AMGAS) siano con- dannati al risarcimento dei danni. A prescindere dall'accertamento della concreta ricorrenza di tutti i requisiti che denotano una società come in house, basta sinteticamente osservare che: 1) nella vicenda si discute di posizioni soggettive aventi incontroverti- bilmente natura di diritti soggettivi perfetti; 2) la controversia non rientra né nella giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo, né in quella esclusiva dello stesso; 3) l'atto posto alla base del dibattito è la deli- berazione dell'assemblea societaria che ha provveduto sulla revoca dei sin- daci societari, del quale il decreto del sindaco costituisce solo un presuppo- sto amministrativo a monte, sicché l'azione concerne il rapporto e non l'atto. 5 — Attraverso un'ultima annotazione occorre riconoscere che è, bensì, vero che le Sezioni unite di questa Corte, nella già menzionata sentenza n. 26283/13, hanno affermato che le società in house costituiscono in realtà articolazioni della pubblica amministrazione da cui promanano e non sogget- ti giuridici ad essa esterni e da essa autonomi; tuttavia, hanno altresì avuto cura di precisare che siffatta affermazione va intesa ai limitati fini del riparto di giurisdizione. Precisazione, questa, che si riferisce, ovviamente, al riparto di giurisdizione riguardante l'azione di responsabilità per danni arrecati dall'illegittimo comportamento degli organi sociali al patrimonio della socie- tà, che costituiva oggetto di quel giudizio. Il tipo di rapporto che lega gli organi di una società in house all'ente pubbli- co da cui la società promana è, infatti, fin troppo simile a quello che inter- corre tra la medesima amministrazione ed i propri dipendenti per poter giu- stificare un diverso regime di responsabilità, quanto alla giurisdizione ed ai riflessi sulle regole che presidiano la responsabilità di quei soggetti. Ciò non implica però, necessariamente, che anche sotto ogni altro profilo l'adozione del paradigma organizzativo societario che caratterizza le società in house sia irrilevante e che le regole proprie del diritto societario siano poste fuori gioco. Sarebbe illogico postulare che la scelta di quel paradigma privatistico per la realizzazione delle finalità perseguite dalla pubblica amministrazione sia giu- ridicamente priva di conseguenze, ed è viceversa del tutto naturale che quella scelta, ove non vi siano specifiche di osizioni in contrario o ragioni Cons frit° est 9 R.G. 15224/15 + 15225/15 ostative di sistema, comporti l'applicazione del regime giuridico proprio dello strumento societario adoperato. 6 - In conclusione, va enunciato il seguente principio di diritto: Le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sin- daci delle società a totale o parziale partecipazione pubblica sono sot

 

 

 

 

 

 

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