Le responsabilità della vigilanza bancaria

 

Il comma 6-bis, art. 24 della Legge 28 dicembre 2005, n. 262(Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari) recita: "Nell'esercizio delle proprie funzioni di controllo le Autorità di cui al comma 1 - Banca d'Italia, CONSOB, ISVAP, COVIP - e l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i componenti dei loro organi nonché i loro dipendenti rispondono dei danni cagionati da atti o comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave".

La configurazione delle responsabilità delle Authority è stata oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale, in particolare modo, nei giudizi aditi dai risparmiatori danneggiati, proprio in funzione del rilievo pubblicistico che caratterizza detti organi in termini di vigilanza e controllo sulla trasparenza e sulla correttezza delle attività degli intermediari nei settori finanziari, a tutela degli interessi dei risparmiatori.

Le varie pronunce della Cassazione hanno stabilito, infatti, che le funzioni attribuite alle Autorità sono, in genere, di natura preventiva, volte cioè ad evitare che il risparmiatore possa essere danneggiato dagli eventuali comportamenti scorretti degli intermediari e dai soggetti vigilati nell'ambito di una responsabilità extra-contrattuale ascrivibile, nel diritto comune, all' art. 2043 c.c.

L'impostazione del succitato comma 6-bis ripropone, con l'esclusione dell'imputabilità delle Autorità in caso di colpa lieve, le tipiche connotazioni della responsabilità generale della Pubblica Amministrazione, riducendo così la portata della certezza dell'azione preventiva cui sono sono adibite dette Autorità.

A ben guardare, però, alcune diversità sono desumibili dalla lettura di detto comma con la responsabilità della P.A. Con quest'ultima, infatti, possono rintracciarsi divergenze nella circoscritta responsabilità personale del dipendente al dolo e colpa grave di cui all' art. 22 del D.P.R. n. 3/1957 mentre quella dello Stato si estende anche alla colpa lieve, e il tipo di responsabilità delle Autorità di vigilanza viene assimilata a quella del prestatore d'opera intellettuale ( art. 2236 c.c. ) per cui la colpa grave atterrebbe i casi d'imperizia e non quelli di negligenza e imprudenza.

In ogni caso, nella responsabilità di dette Autorità vengono contemplati sia i fatti commissivi sia quelli omissivi, purché arrechino un ingiusto danno risarcibile.

Nell'alveo quindi delle responsabilità di controllo resterebbero, di fatto, solo quei comportamenti macroscopici dipendenti da dolo o colpa grave con tutte le difficoltà di provarne il nesso eziologico da parte del danneggiato.

Il pregio di detto comma 6-bis, comunque, risiede nel riconoscimento legislativo della responsabilità delle Autorità di vigilanza che prima, nel silenzio della norma, doveva eventualmente essere desunto.

D'altronde, le numerose condanne inflitte agli intermediari per risarcire i danni patiti dai clienti a causa di violazioni delle norme del TUF e/o del Regolamento Intermediari dimostrano che non vi è stata un'adeguata vigilanza preventiva e/o impeditiva.

Sull'argomento la Cassazione civile, sez. III, 23/03/2011, n. 6681 si pronunciava sulla responsabilità della Consob per carenza di vigilanza nell'autorizzazione all'esercizio rilasciata ad una S.I.M. (società d'intermediazione mobiliare) in relazione ai requisiti di affidabilità, onorabilità e trasparenza dell'intermediario per i conseguenti danni patiti dagli investitori.

Secondo la Corte, la Consob non rappresenta un organo di controllo meramente formale sul mercato finanziario, bensì è chiamata a valutare i requisiti sostanziali, nel caso in specie dell'intermediario, per cui la condotta omissiva possiede tutti gli elementi dell'illecito aquilano. Dopo aver analizzato i fatti, la Consob veniva condannata al risarcimento dei danni subiti dagli investitori.

La Corte ravvisava una colpa dell'Organo di vigilanza per non aver, in sede autorizzativa, esercitato un adeguato controllo sulla società e sull'onorabilità degli amministratori nonché per non avere evitato lo sperpero del denaro dei risparmiatori investiti dalla S.I.M., con la conseguenza di aver causato un ingiusto danno agli investitori.

Quale organo di garanzia di rilevanza costituzionale l'Autorità in questione deve tutelare i risparmiatori, e per tale inadempimento di natura extracontrattuale viene applicata la disciplina di cui all' art. 2043 c.c.

Più di recente le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione (Cassazione - Ordinanza 18 maggio 2015, n. 10095) sono intervenute in materia di omessa vigilanza della Consob lamentata da alcuni risparmiatori in relazione all'acquisto di azioni di una banca.

Secondo la Suprema Corte i risparmiatori, non essendo titolari di un diritto soggettivo, non possono agire attraverso l'intervento del giudice ordinario ma in sede amministrativa per l'eventuale lesione di un interesse legittimo.

Osservava la Corte: "la pretesa a che un'autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico non può sicuramente esser configurata come un diritto soggettivo di colui il quale quella pretesa voglia far valere in giudizio - né quando essa investa la scelta dell'amministrazione se esercitare o meno quel potere, in una situazione data, né quando sia volta a sindacare i tempi ed i modi in cui lo si è esercitato - né di certo varrebbe a dimostrare il contrario la circostanza che il cattivo o mancato esercizio doveroso del potere, qualora ne sia derivato un danno a terzi, legittima costoro a pretendere il risarcimento a norma dell'art. 2043 c.c., essendo ormai pacifico (a partire dalla nota pronuncia di queste sezioni unite n. 500 del 1999) che la tutela aquiliana è invocabile per la lesione non soltanto di diritti soggettivi, ma anche di interessi legittimi, o più in generale di interessi ad un bene della vita che risultino comunque meritevoli di protezione alla luce dell'ordinamento positivo.". E continuava:"può dunque solo eventualmente qualificarsi come interesse legittimoquello del privato ad ottenere o a conservare un bene della vita quando esso viene a confronto con un potere attribuito dalla legge all'amministrazione non per la soddisfazione proprio di quell'interesse individuale, bensì di un interesse pubblico che lo ricomprende, per la realizzazione del quale l'amministrazione è dotata di discrezionalità nell'uso dei mezzi a sua disposizione.".

Nel caso specifico, quindi, la valutazione circa il mancato esercizio dell'attività di vigilanza e di idonee misure di controllo spetterà al giudice amministrativo, che potrà decidere nel merito verificando se sia stato leso un interesse legittimo meritevole di tutela.

Conclude la Corte: "non può infine tacersi che anche se, nonostante quanto ora detto, si volesse nondimeno ipotizzare l'esistenza di una qualche posizione di diritto soggettivo facente capo a gli attori, la cui tutela essi richiedano in sede giurisdizionale, la questione ricadrebbe nell'ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, quale prevista dall'art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. - (codice del processo amministrativo) -, trattandosi incontestabilmente di una controversia relativa alla vigilanza sul mercato mobiliare.".

 

 

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