Consiglio di Stato
Sezione V
Sentenza 17 giugno 2015, n. 3051
Presidente: Pajno - Estensore: Tarantino
FATTO E DIRITTO
1. L'odierno giudizio trae origine dal ricorso proposto dinanzi al TAR Lazio, sezione staccata di Latina dall'avvocato Giulio S. in proprio e nella qualità di amministratore con poteri di rappresentanza dei signori, Pasquale e Margherita S. (proprietari del complesso denominato "Casone S.", sito in Sperlonga via Tiberio, località Angolo) e dal signor Luciano S. (locatario di una porzione di fabbricato destinata ad attività commerciale), per l'annullamento dell'ordinanza n. 144 del 24 agosto 2000, di sospensione lavori e demolizione opere eseguite.
Il provvedimento impugnato rilevava l'esistenza di opere abusive nei locali adibiti a Pizzeria - Bar - Ristorante e Bevande, eseguite dal signor S. successivamente al 2 maggio 1997, consistenti nell'annessione di parte del piano terra del "Casone" adibito ad abitazione con conseguente ampliamento del locale destinato a cucina di circa mq. 18.52 e h. m. 3.70, nella chiusura della preesistente veranda (mq 30 circa e h. m. 2.85) con infissi di alluminio e nella costruzione di un forno, ed ordinava la sospensione lavori e la demolizione.
2. Nel suddetto ricorso le parti lamentavano l'illegittimità del provvedimento impugnato per i seguenti motivi: 1) Violazione dell'art. 7 l. n. 241/1990; 2) Insussistenza dell'abuso. Violazione dell'art. 8 l. n. 47/1985 (e successive modifiche) con riferimento all'art. 7. Eccesso di potere per difetto di motivazione; 3) Violazione art. 9 l. n. 47/1985.
3. Il primo giudice annullava il provvedimento impugnato, sulla scorta della rilevata lesione del diritto alla partecipazione procedimentale dei destinatari dell'atto, ritenendo, da un lato, non ravvisabili quelle particolari esigenze di celerità o cautelari legislativamente previste, che potrebbero legittimare la mancata adozione dell'avviso di avvio; dall'altro, che potendo l'abuso edilizio essere soltanto formale e, quindi, suscettibile di sanatoria, non avrebbe potuto essere esclusa in radice l'utilità di un apporto partecipativo da parte del privato.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe ha proposto appello l'amministrazione comunale, evidenziando che: a) la sentenza sarebbe erronea non essendovi necessità di avviso di avvio del procedimento nel caso di abuso edilizio specie nell'ipotesi in cui si tratti di fattispecie che realizza al contempo un illecito penale ex art. 20, lett. c), l. 47/85 e art. 1-sexies, l. 431/85. Inoltre gli stessi ricorrenti avrebbero sollecitato l'intervento del comune, quindi, sarebbero stati edotti dell'apertura del procedimento. Inoltre sarebbe stata inutile la partecipazione dei responsabili al procedimento in quanto sarebbe incontestabile che: I) si tratta di abuso sanzionato ex art. 7 e 20, lett. c), l. 47/85; II) l'abuso ricade in zona plurivincolata; III) l'abuso è stato commesso in edificio storico. Inoltre ai destinatari dell'ingiunzione sarebbe stato offerto il termine di 90 giorni per provvedere ex art. 7 l. 47/85; b) infondato sarebbe anche il secondo motivo di ricorso non esaminato, perché i manufatti sarebbero successivi alla data del 2 maggio 1997, fissata per la condonabilità dall'art. 39, l. 724/94 al 31 dicembre 1993. Né rileverebbe l'interpretazione offerta dell'art. 8, l. 47/85, poiché la cucina sarebbe stata asservita all'esercizio commerciale; c) infondato sarebbe anche il terzo motivo di ricorso, perché gli originari ricorrenti non avrebbero alcun interesse all'immediata demolizione delle opere ex art. 9, l. 47/85, giacché resterebbe nella disponibilità dei responsabili la scelta di demolire spontaneamente le opere provvedendo alla riduzione in pristino ovvero subire la demolizione d'ufficio e l'acquisizione delle opere nella mano pubblica.
4. Gli originari ricorrenti hanno proposto appello incidentale condizionato con il quale, pongono in luce che: a) l'appello è infondato; b) richiama genericamente i motivi assorbiti dal giudice di prime cure, salvo che per quello con il quale si denuncia l'impossibilità del comune di acquisire al proprio patrimonio interventi abusivi su immobili già legittimamente edificati.
5. Con memoria del 7 marzo 2013 l'amministrazione appellante ha reiterato le proprie conclusioni.
6. Con sentenza del 21 maggio 2013 la Sezione ha dichiarato l'interruzione del processo, a norma dell'art. 79 c.p.a. in relazione all'art. 300 c.p.c.
7. Con ordinanza del 5 febbraio 2014 il Consiglio ha concesso termine all'appellante per rinnovare la notificazione dell'istanza ex art. 80 c.p.a. di prosecuzione del giudizio interrotto non andata a buon fine, in quanto la stessa è risultata nulla per cause non imputabili al notificante, come desumibile dagli avvisi di ricevimento depositati.
8. Con ordinanza del 22 dicembre 2014 l'amministrazione appellante ha ottenuto nuovo termine per notificare l'atto di prosecuzione del processo interrotto, non essendo riuscita a rispettare quello già assegnato con la citata ordinanza in quanto, a seguito di accertamenti compiuti, l'istante ha verificato che l'Avvocato Stelio Valentini risulta essere cancellato dall'Albo degli Avvocati di Roma dal 23 settembre 2004 e non iscritto presso altro Albo, sicché la notifica deve essere eseguita presso il domicilio reale di S. Pasquale e S. Margherita. Inoltre, lo stesso appellante principale ha accertato che, medio tempore, S. Margherita è deceduta e che necessita di un nuovo termine per perfezionare la notifica dell'istanza di prosecuzione agli eredi presso l'ultimo domicilio.
9. L'appello principale è fondato nella misura in cui evidenzia l'erroneità della sentenza di primo grado che ha rilevato una lesione del diritto di partecipazione procedimentale dei destinatari del provvedimento impugnato che non risulta sussistente, né rilevante.
Occorre, al riguardo, rammentare l'orientamento di questo Consiglio (C.d.S., Sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470; Id., Sez. II, 19 marzo 2008, n. 3702; Id., Sez. IV, 1° ottobre 2007, n. 5049) secondo il quale: "In tema di ordine di demolizione di opere edilizie abusive, non occorre la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell'art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241, trattandosi di atto dovuto e rigorosamente vincolato, con riferimento al quale non sono richiesti apporti partecipativi del destinatario, tenendo presente che ciò che appare necessario è che al privato sia data la possibilità di partecipare a quelle attività di rilevamento fattuale che preludono alla valutazione circa l'adozione dell'ordine in parola". Nella fattispecie deve rilevarsi come gli atti istruttori prodromici all'adozione del provvedimento impugnato siano stati posti in essere nel contraddittorio con gli originari ricorrenti. Ed, infatti, i comproprietari (Pasquale S. e Margherita S.) erano tutti edotti dell'apertura del procedimento ed hanno descritto qualità e natura degli abusi nell'esposto con il quale hanno chiesto l'intervento repressivo dell'amministrazione comunale dagli stessi firmato in data 6 giugno 2000, inoltre in data 27 luglio 2000 è stato fatto accertamento in loco dalla polizia municipale, ed in data 22 agosto 2000 S. Luciano è stato individuato come autore degli abusi, il ché deve ritenersi abbia reso edotto anche quest'ultimo del procedimento in corso. Ancora, la richiesta di completare l'accertamento del 27 luglio 2000 è stato comunicata anche all'altro comproprietario Giulio S. Pertanto, gli appellanti incidentali sono stati messi nelle condizioni di partecipare al procedimento sfociato nell'atto impugnato, sicché la mancata adozione di un formale avviso di avvio del procedimento non ha impedito loro di prendere parte all'iter procedimentale e non vale ad inficiare la legittimità dell'ordinanza dirigenziale del 24 agosto 2000.
10. L'appello incidentale proposto degli originari ricorrenti è in parte inammissibile ed in parte fondato. Sotto il primo profilo deve rilevarsi che il generico richiamo ivi contenuto ai motivi non esaminati dal primo giudice non è sufficiente a devolverne la cognizione al giudice d'appello, essendo invece necessaria una loro puntuale rappresentazione, sicché in questa parte l'appello incidentale è inammissibile.
L'unica doglianza non esaminata dal TAR, che può essere conosciuta dall'odierno giudicante è, quindi, quella relativa alla denunciata illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui dispone di acquisire al patrimonio del comune l'intero immobile e l'area di sedime.
La censura in questione deve ritenersi fondata, infatti, la sanzione della gratuita acquisizione al patrimonio comunale della struttura edilizia abusivamente realizzata e della relativa area di sedime, contemplata dall'art. 7, terzo comma, l. 28 febbraio 1985, n. 47, presuppone che l'intero organismo edilizio sia abusivo e non è applicabile nel caso in cui l'abuso riguardi solo una parte dello stesso; pertanto, in detta ipotesi, l'acquisizione gratuita si verifica nei limiti delle parti abusive, con esclusione delle altre parti dell'immobile e dell'area non interessate dall'abuso.
11. L'appello principale, pertanto, deve essere accolto, mentre l'appello incidentale deve essere in parte dichiarato inammissibile ed in parte deve essere accolto. Da ciò deriva l'accoglimento solo parziale del ricorso di primo grado. Nella reciproca soccombenza si ravvisano eccezionali motivi per compensare le spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, accoglie l'appello principale e in parte accoglie e in parte dichiara inammissibile l'appello incidentale e per l'effetto in riforma sentenza impugnata accoglie in parte nei sensi di cui in motivazione il ricorso di primo grado.
Spese doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.