LE LEGGI PROVVEDIMENTO. LIMITI
Rientrano nella categoria di leggi-provvedimento le leggi che contengono disposizioni dirette a destinatari determinati, ovvero incidono su un numero determinato e limitato di destinatari, che hanno contenuto particolare e concreto (Corte Costituzionale 20 novembre 2013, n. 2360).
Le disposizioni legislative configurabili quali "legge-provvedimento" non sono di per sé incompatibili con l'assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione. Tuttavia, in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di questo tipo, esse devono soggiacere a uno scrutinio stretto di costituzionalità, sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta legislativa.
La loro legittimità costituzionale deve quindi essere valutata in relazione al loro specifico contenuto e devono risultare i criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, nonché le relative modalità di attuazione Lo scrutinio deve essere, d'altro canto, tanto più rigoroso quanto più marcata sia la natura provvedimentale della disposizione.
Il sindacato di legittimità costituzionale non si arresta infatti alla valutazione del proposito del legislatore cioè alla verifica di una "ragion sufficiente", che basti a giustificare la scelta di intervenire con legge-provvedimento, ma si estende al giudizio di congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e al giudizio di proporzionalità della misura selezionata in vista dell'ottenimento di quello scopo. Il primo è teso a verificare la conformità del mezzo al fine, mentre il secondo è vòlto a saggiare la ragionevole proporzione tra lo strumento prescelto e le esigenze da soddisfare, in vista del minor sacrificio possibile di altri principi o valori costituzionalmente protetti. (Precedenti: S. 49/2021 - mass. 43676; S. 116/2020 - mass. 43333; S. 181/2019 - mass. 42797; S. 182/2017 - mass. 41812; S. 275/2013 - mass. 37459; S. 154/2013 - mass. 37169; S. 85/2013; S. 20/2012; S. 137/2009 - mass. 33381; S. 241/2008 - mass. 32654; S. 267/2007 - mass. 31529).
La proporzionalità del trattamento giuridico è uno degli aspetti essenziali della ragionevolezza, che va apprezzata tenendo conto del fine obiettivo insito nella disciplina normativa considerata in relazione agli effetti pratici prodotti o producibili nei concreti rapporti della vita. (Precedenti: S. 163/1993 - mass. 19540; S. 1130/1988 - mass. 12248).
La norma-provvedimento, poiché reca i contenuti tipici dell'atto amministrativo, rende necessario che siano intellegibili all'esterno le ragioni che ne sono alla base, nel rispetto degli interessi di ogni soggetto coinvolto e della trasversale esigenza della trasparenza. Pertanto - sebbene non esista, in via generale, un obbligo costituzionale di motivare la legge - la possibilità di desumere, anche dai lavori preparatori, la ratio legis, specie a fronte di un intervento normativo provvedimentale, può proficuamente contribuire a porne in luce le ragioni giustificatrici, agevolando l'interprete e orientando, in prima battuta, il sindacato di legittimità costituzionale. (Precedente: S. 168/2020 - mass. 42602).
CON LA SENTENZA 186 DEL 2022 la consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3 e 41 Cost., l'art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, che prevede l'erogazione di un contributo di quattro milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 al Teatro Eliseo di Roma, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione. La norma censurata dal Consiglio di Stato, che attribuisce una sovvenzione straordinaria al Teatro Eliseo - c.d. "extra-FUS" -, si può senz'altro definire "legge-provvedimento" o "norma-provvedimento", in quanto oggetto di sindacato è una "norma singolare" e dal carattere propriamente personale, che rinuncia alla sua naturale attitudine alla generalità.
Se la scelta di elargire un contributo finanziario straordinario, una tantum, a un teatro, come l'Eliseo, che ha una lunga tradizione nel panorama culturale della città di Roma, non è di per sé motivo di contrasto con l'art. 3 Cost., tuttavia il mezzo approntato per raggiungere il fine si rivela, per un verso, incongruo e, per altro verso, sproporzionato. Il beneficio in esame, infatti, non è legato alla realizzazione di programmi o eventi, né è accompagnato da indicazioni o vincoli di utilizzo dei fondi, trattandosi di risorse che il Teatro ha potuto impiegare per ogni spesa ritenuta utile e non, invece, per i soli scopi indicati dalla legge. L'assenza di previsioni sulle modalità di utilizzo delle ingenti risorse in parola - oltre a contraddire l'esigenza di trasparenza nella destinazione delle risorse pubbliche - rivela così un difetto di congruità della decisione legislativa. La sovvenzione censurata è, inoltre, sproporzionata per eccesso, perché, per un verso, è macroscopicamente eccentrica rispetto alle modalità di sostegno allo spettacolo che l'ordinamento conosce, e per altro verso supera, in misura ampia, quelle riconosciute a istituzioni promotrici di arte e cultura al ricorrere di occasioni specifiche o per la realizzazione di progetti particolari. La rilevata irragionevolezza, infine, si traduce ulteriormente nella violazione dell'art. 41 Cost., perché l'assegnazione di un aiuto finanziario di otto milioni di euro a un destinatario unico pone un problema di differenziazione delle condizioni degli operatori nel mercato; nella specie, nel mercato dell'organizzazione e dell'offerta di attività teatrali di prosa. Una volta accertata l'irragionevolezza del contributo, viene a mancare la giustificazione della differenziazione che il legislatore ha operato: essa assume, così, la valenza di un'alterazione della concorrenza nel mercato. (Precedenti: S. 125/2022 - mass. 44898; S. 137/2009 - mass. 33381).
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96, promosso dal Consiglio di Stato nel procedimento vertente tra Nuovo Sistina srl e altri e il Ministero dell’economia e delle finanze e altri, con ordinanza del 21 dicembre 2020, iscritta al n. 35 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 2021.
Visti gli atti di costituzione di Nuovo Sistina srl, Quirino srl e Officine Culturali srl, Eliseo srl – Teatro Nazionale dal 1918 Teatro Eliseo e Piccolo Eliseo;
udito nell’udienza pubblica del 26 aprile 2022 il Giudice relatore Franco Modugno;
uditi gli avvocati Roberto Colagrande e Alessandra Villanucci per Nuovo Sistina srl, Carlo Malinconico e Marco Orlando per Quirino srl e Officine Culturali srl e Massimo Luciani per Eliseo srl - Teatro Nazionale dal 1918 Teatro Eliseo e Piccolo Eliseo, quest’ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 26 aprile 2022.
Ritenuto in fatto
1.– Con ordinanza depositata il 21 dicembre 2020, iscritta al r.o. n. 35 del 2021, il Consiglio di Stato ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96, in riferimento agli artt. 3, 9, 33, 41 e 97 della Costituzione.
1.1.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio si è pronunciato, nel 2019, sul ricorso promosso dalle società che gestiscono i Teatri Sistina, Ambra Jovinelli, della Cometa, Parioli, Quirino e Vittoria, siti in Roma. Questi impugnavano il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 3 agosto 2017, n. 142791, con cui è stato istituito nel bilancio dello Stato il capitolo di spesa n. 6630, denominato «Contributo al Teatro Eliseo per le spese ordinarie e straordinarie in occasione del centenario»; tale decreto veniva adottato, in attuazione dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, che ha stabilito che «[i]n favore del teatro di rilevante interesse culturale “Teatro Eliseo”, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione è autorizzata la spesa di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018. Al relativo onere si provvede, quanto a 2 milioni di euro per l’anno 2017, mediante corrispondente quota delle risorse di cui all’articolo 24, comma l, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che restano acquisite all’erario, e, quanto a 2 milioni di euro per l’anno 2017 e a 4 milioni di euro per l’anno 2018, mediante corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307».
Le società ricorrenti, avendo presentato al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero per i beni e le attività culturali un’istanza-diffida di concessione di fondi straordinari, rimasta priva di seguito, presentavano una successiva istanza di accesso alla documentazione inerente alla speciale erogazione disposta a favore del Teatro Eliseo. Il 10 ottobre 2017, venivano informati dal Ministero dell’economia e delle finanze dell’adozione della nota del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del 4 ottobre 2017, n. 179352, nella quale si comunicava che, in applicazione dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, «con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze n. 142791 del 14 settembre 2017 è stato istituito, nello stato di previsione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il capitolo n. 6630 “Contributo al Teatro Eliseo per le spese ordinarie e straordinarie in occasione del centenario” con uno stanziamento di 4 milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018».
Nell’impugnare tale decreto, le ricorrenti ponevano in evidenza, in primo luogo, la violazione dei criteri fissati dalla legge 30 aprile 1985, n. 163 (Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo), che regola il sostegno finanziario dello Stato in favore delle attività teatrali, realizzato mediante la ripartizione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS). Infatti, l’attribuzione a un solo teatro, fuori dagli ordinari canali di finanziamento, di un contributo ulteriore di rilevante entità, sarebbe stata, a loro avviso, del tutto ingiustificata e avrebbe determinato un grave effetto distorsivo della concorrenza in danno degli altri teatri che attingono al medesimo bacino di utenti. In particolare, il ricorso si fondava su quattro ordini di motivi: 1) l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, per violazione degli artt. 3, 9, 33, 41, 97 e 117 Cost., e contestuale violazione delle «norme d’interposizione costituzionale» di cui alla legge n. 163 del 1985, al decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo l° luglio 2014 (Nuovi criteri per l’erogazione e modalità per la liquidazione e l’anticipazione di contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163) e alla legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); 2) la violazione dell’art. 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), come modificato dall’art. 2 del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130, «in materia di aiuti di Stato»; 3) la violazione e la falsa applicazione della legge n. 163 del 1985 e del d.m. 1° luglio 2014, nonché dei principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza; 4) l’eccesso di potere per sviamento, irragionevolezza, disparità di trattamento e ingiustizia manifesta. Peraltro, con motivi aggiunti, l’impugnazione veniva estesa al decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 12 dicembre 2017, n. 2148, recante l’autorizzazione dell’impegno di 4 milioni di euro per l’esercizio 2017 in favore del Teatro Eliseo, con relativo positivo riscontro della Ragioneria generale dello Stato del 22 gennaio 2018, e al decreto dello stesso Ministero 17 gennaio 2018, n. 7, con cui le risorse stanziate nel capitolo 6630 erano state assegnate al dirigente competente.
1.1.1.– Il TAR Lazio dichiarava il ricorso inammissibile e i motivi aggiunti in parte irricevibili e in parte inammissibili.
1.2.– La decisione è stata impugnata dalle società soccombenti. Dinanzi al Consiglio di Stato venivano riproposte le censure articolate in primo grado e non esaminate nel merito; si sono costituiti il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo e il Teatro Eliseo.
1.2.1.– Con sentenza non definitiva n. 8067 del 15 dicembre 2020 sono state riformate le statuizioni in rito del giudice del primo grado ed è stato respinto il secondo motivo di ricorso in primo grado, devoluto in appello, così escludendosi che la norma impugnata dia luogo a un aiuto di Stato in violazione del diritto dell’Unione europea. Con separata ordinanza, il Consiglio di Stato ha sollevato le presenti questioni di legittimità costituzionale.
1.3.– Le questioni sarebbero rilevanti, poiché gli atti impugnati troverebbero fondamento giuridico nella «disposizione-provvedimento che ha previsto un contributo straordinario in favore del teatro Eliseo al di fuori della disciplina e del procedimento ordinariamente previsti ai fini dell’intervento pubblico a sostegno dei soggetti operanti nel settore del teatro e dello spettacolo dal vivo»; l’esito della controversia dipenderebbe, dunque, proprio dalla legittimità di tale disposizione, rispetto alla quale i provvedimenti amministrativi avrebbero un contenuto del tutto vincolato. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte sull’assenza, nell’ordinamento italiano, di una “riserva di amministrazione”, il Collegio rimettente rileva, tuttavia, come le leggi-provvedimento – quale sarebbe quella oggetto di giudizio – siano da sottoporre ad uno scrutinio “stretto” di ragionevolezza e non arbitrarietà. La norma censurata, infatti, si riferirebbe a un singolo soggetto e a uno specifico rapporto e, perciò, andrebbe assoggettata a una rigorosa valutazione di rispondenza al principio di uguaglianza. D’altronde, tale norma imporrebbe un obbligo di esecuzione all’amministrazione, predeterminando l’an, il quando, il quid e il quomodo dell’erogazione, recando in sé la capacità di realizzare l’effetto cui tende. Conseguentemente, l’impugnazione degli atti applicativi diviene l’unica possibilità di tutela giurisdizionale per i soggetti che ne contestino la legittimità, deducendone l’illegittimità costituzionale.
1.4.– Nel motivare sulla non manifesta infondatezza delle questioni, il rimettente innanzitutto richiama le regole cui è informato il sistema di interventi pubblici nel settore dello spettacolo dal vivo: sono stanziate apposite risorse nel Fondo unico per lo spettacolo (FUS), le quali sono poi distribuite agli operatori del settore sulla base di procedure comparative regolate con criteri prefissati. Rileverebbero, nella specie, la legge n. 163 del 1985 e il d.m. 1° luglio 2014 sui criteri di distribuzione e liquidazione del FUS. La concessione dei contributi sarebbe condizionata dalla presentazione e positiva valutazione di un progetto triennale e di un programma annuale; inoltre, in base all’art. 46, comma 2, del predetto d.m., su iniziativa del ministro, sarebbe possibile finanziare progetti speciali, a carattere annuale o pluriennale. Alla ripartizione dei fondi, dal punto di vista soggettivo, concorrerebbero teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale, imprese di produzione teatrale e centri di produzione teatrale, i quali presenterebbero caratteristiche diverse in termini di monte ore di produzione teatrale e di giornate lavorative. Nella valutazione delle domande presentate, l’attribuzione del punteggio, che determina il contributo, sarebbe disciplinata dal decreto ministeriale in parola e dai suoi allegati. Si effettuerebbe, con queste regole, una valutazione comparativa dei requisiti oggettivi e del pregio artistico dei progetti presentati, il tutto in nome dell’interesse pubblico per il miglioramento dell’offerta culturale nel Paese.
Al Teatro Eliseo sarebbero stati corrisposti ingenti contributi, quale teatro di rilevante interesse culturale (art. 11 del d.m.) e per progetti speciali (art. 46 del d.m.); circostanza testimoniata dalla scheda di lettura del d.l. n. 50 del 2017, a cura del Servizio studi del Senato. In aggiunta, e indipendentemente dalla presentazione di un progetto artistico, l’Eliseo si sarebbe visto conferire risorse ulteriori, le quali, nella fase di conversione del decreto-legge, sono state fissate in 4 milioni per l’anno 2017 e 4 milioni per l’anno 2018. Tali previsioni configurerebbero, si torna a dire, norme-provvedimento, destinate a un soggetto individuato e sorrette dall’intento di consentire la prosecuzione dell’attività del Teatro Eliseo alla ricorrenza del centenario della sua fondazione. Secondo il Collegio rimettente, esse non supererebbero il vaglio di non arbitrarietà e ragionevolezza. Da un lato, la qualifica di teatro di rilevante interesse culturale non rappresenterebbe un’idonea giustificazione per “provvedere” a speciali erogazioni in denaro che non raggiungano gli altri teatri di prosa, peraltro limitrofi; dall’altro lato, non sarebbe veritiero affermare che l’Eliseo fosse l’unico teatro ad affrontare una crisi finanziaria.
Secondo la giurisprudenza costituzionale, per evitare la disparità di trattamento, occorrerebbe l’illustrazione chiara delle ragioni, che hanno condotto a svolgere un’attività a contenuto amministrativo, e i criteri ai quali s’ispirano le scelte effettuate. Nel caso odierno, questo non sarebbe accaduto. La finalità enunciata dalla norma sarebbe, infatti, generica e, dunque, «qualunque tipo di spesa potrebbe essere sovvenzionata», indipendentemente dalla realizzazione di progetti meritevoli di sostegno pubblico o dall’organizzazione di attività effettivamente legate al ricorrere del centenario. Sarebbe, perciò, violato l’art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di parità di trattamento, poiché le sovvenzioni in esame pregiudicherebbero le altre imprese che operano nello stesso settore di spettacolo (attività teatrali di prosa) e nella stessa area geografica. Inoltre, non sarebbe possibile avere chiarificazioni in merito alla scelta legislativa con l’esame dei lavori preparatori, che nulla direbbero sulle ragioni dell’elargizione e sui criteri applicativi. Secondo le amministrazioni appellate, sarebbe implicito e sufficiente l’interesse pubblico a che non cessi dall’attività un teatro di particolare valore storico-artistico di Roma. Tuttavia, il giudice rimettente osserva che nemmeno tale valutazione sarebbe sorretta da atti, documenti o studi, essendo viceversa notorio – si scrive – che anche i teatri ricorrenti vantano lunga tradizione nel panorama culturale capitolino. Peraltro, il riconoscimento dell’Eliseo come «teatro di rilevante interesse culturale», non riflettendo alcun giudizio di valore da parte dell’ordinamento, sarebbe funzionale solamente alla corretta classificazione dello stesso nella ripartizione dei fondi del FUS. Sarebbe l’attività teatrale e culturale in sé a meritare il sostegno pubblico, mediante i ricordati criteri, e non l’esigenza di risanamento finanziario di un solo teatro. Non emergerebbe, dunque, l’interesse pubblico sotteso alla differenziazione del beneficiario rispetto agli altri teatri romani, non potendosi rintracciare tale interesse nella sola ricorrenza del centenario, né nella presenza di difficoltà finanziarie, comuni invece a molti operatori del settore.
Dalla discriminazione dei teatri ricorrenti, strumenti di cultura e veicoli di espressione artistica, deriverebbe la violazione degli artt. 9 e 33 Cost., che tutelano la cultura e la libertà di espressione artistica e che fanno da sfondo all’intervento pubblico nel settore in esame.
Sarebbe, inoltre, leso l’art. 97 Cost.: la manifesta irragionevolezza della disciplina censurata causerebbe un vulnus al buon andamento e all’imparzialità dell’azione amministrativa. Rileverebbero, «quali norme interposte rispetto all’attuazione degli articoli 3 e 97 Cost.», l’art. 12 della legge n. 241 del 1990 – secondo cui i provvedimenti attributivi di benefici economici predeterminano e rendono pubblici i criteri di erogazione dei finanziamenti – e le norme, legislative e non, sulla ripartizione dei fondi pubblici per lo spettacolo dal vivo (legge n. 163 del 1985 e d.m. 1° luglio 2014, vigente ratione temporis).
Infine, sarebbe violato l’art. 41 Cost., perché le imprese appellanti agirebbero sullo stesso mercato e in concorrenza fra loro, senza che, ai presenti fini, possa valorizzarsi una «peculiarità dell’offerta culturale del teatro Eliseo»; sarebbe, dunque, chiaro come il finanziamento concesso dalla norma censurata alteri la concorrenza, attribuendo al beneficiario una posizione di vantaggio.
2.– Con atto depositato in data 12 aprile 2021, si sono costituite in giudizio le società Quirino srl e Officine culturali srl, che gestiscono, rispettivamente, i Teatri Quirino e Ambra Jovinelli, parti nel giudizio a quo, concludendo per l’ammissibilità e la fondatezza delle questioni. Sottolineano, in premessa, come i metodi utilizzati per l’attribuzione del FUS, ispirati alla corretta valutazione comparativa dei progetti degli operatori del settore, dovrebbero orientare qualsiasi ulteriore forma di finanziamento dell’attività artistica, specie se si tratta del sostegno a enti operanti nello stesso settore e nello stesso territorio. Ed è proprio in ragione del fatto che il legislatore, nell’approvare l’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, si sarebbe completamente discostato da essi, determinando gravi pregiudizi, che è sorta la controversia a qua, della quale si offre ampia ricostruzione. Nel merito, sarebbero violati gli artt. 3, 9, 33, e 97 Cost., per contrasto con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza. Il centenario dalla fondazione dell’Eliseo, peraltro, non ricorrerebbe nel 2017, ma nel 2019. Le difficoltà finanziarie, inoltre, rappresenterebbero «identica criticità» pure per altri teatri. Nessun particolare interesse pubblico, insomma, giustificherebbe l’elargizione prevista dalla norma censurata. Oltre ai parametri indicati dal Consiglio di Stato nell’ordinanza di rimessione, si deduce la violazione dell’art. 113 Cost., che garantisce la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi coinvolti nell’attività amministrativa. In conclusione, le società costituite suggeriscono a questa Corte l’autorimessione della questione di costituzionalità dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 101 e seguenti TFUE.
3.– Si è, inoltre, costituita in giudizio, con atto depositato il 13 aprile 2021, la società Nuovo Sistina srl, anch’essa parte nel giudizio a quo. Riepiloga le vicende di causa e le argomentazioni dell’ordinanza di rimessione, facendo seguire rilievi a sostegno dell’illegittimità costituzionale della norma censurata. La parte sottolinea che l’interesse pubblico rilevante dovrebbe essere quello al sostegno delle attività culturali in generale, ed esso sarebbe già soddisfatto dall’esistenza del FUS. Riprendendo, così, varie argomentazioni dell’ordinanza di rimessione, la parte specifica che, alterando la concorrenza nel mercato di riferimento, le sovvenzioni avrebbero consentito al Teatro Eliseo di coprire le spese e adottare prezzi più bassi, ottenendo un più significativo ritorno economico (per esempio, con politiche di sconti in biglietteria, con approntamento di più spettacoli dall’ampio riscontro popolare, con campagne pubblicitarie più incisive). Insiste, in tal modo, nella richiesta di dichiarare fondate le presenti questioni di costituzionalità.
4.– In data 13 aprile 2021, si è costituita in giudizio anche la società Eliseo srl – Teatro nazionale dal 1918 Teatro Eliseo e Piccolo Eliseo, concludendo l’inammissibilità e la non fondatezza delle questioni. Premette, ritenendole circostanze di fatto rilevanti per la comprensione delle vicende, che la nuova gestione dell’Eliseo sarebbe cominciata alla fine dell’anno 2014, a seguito del fallimento di quella precedente; che, al fine di riattivare l’offerta teatrale, sarebbe stato necessario sostenere ingenti spese, anche per rimediare a difficoltà organizzative e amministrative che non avrebbero consentito la regolare apertura delle sale al pubblico; che, a causa di tali opere di adeguamento, la stagione teatrale sarebbe iniziata con ritardo, con l’effetto di ottenere contributi FUS molto ridotti, sia rispetto agli anni passati, sia rispetto alla misura sufficiente a sostenere le attività di rilevante interesse culturale che l’Eliseo era tenuto a realizzare; che si avvicinava il periodo del centenario dalla fondazione del Teatro, importante occasione di rilancio delle attività; che, in questo peculiare contesto, è stato previsto in via straordinaria e una tantum il censurato contributo di 4 milioni di euro per il 2017 e altrettanti per il 2018.
Le censure sarebbero quindi, per un verso, inammissibili: dall’implausibilità delle conclusioni del Collegio rimettente sulla sussistenza dei presupposti per la legittima instaurazione del giudizio principale, specie dell’interesse ad agire in capo alle società ricorrenti, deriverebbe il difetto di rilevanza delle questioni. Non rappresenterebbe un ostacolo a questa soluzione il fatto che sia stata adottata la sentenza non definitiva n. 8067 del 2020, dato che – ritenendo altrimenti – ogni giudice a quo potrebbe sottrarsi alla verifica di plausibilità sull’esistenza dei presupposti dell’azione processuale con l’affiancamento di una sentenza parziale all’ordinanza di rimessione. I teatri ricorrenti non potrebbero considerarsi afferenti al medesimo settore in cui opera l’Eliseo, né concorrenti nell’offerta degli stessi servizi: l’essere un teatro di rilevante interesse culturale, infatti, comporterebbe oneri assai più gravosi e una diversa organizzazione dell’attività e del tipo di offerta culturale. Per operare nello stesso settore concorrenziale – si sostiene – non basterebbe essere ubicati nella stessa città. A dire della stessa difesa, il Teatro Sistina potrebbe considerare «suoi veri “concorrenti” […] il Teatro Brancaccio oppure il Teatro Olimpico, non certo il Teatro Eliseo, che offre una programmazione teatrale completamente differente!». Il Collegio rimettente avrebbe, dunque, dovuto escludere che i ricorrenti potessero vantare un interesse concreto, diretto e attuale a contestare la concessione della sovvenzione all’Eliseo; le questioni di legittimità costituzionale, pertanto, sarebbero palesemente irrilevanti.
Per altro verso, si deduce la non fondatezza di tutte le questioni, a partire da quella riferita all’art. 3 Cost. Si dovrebbero, in tesi, riprendere le considerazioni svolte per suffragare l’assenza di un interesse ad agire in capo alle società ricorrenti: esse non opererebbero nello stesso settore dell’Eliseo, e sarebbe, dunque, da escludere in radice l’esistenza del vizio di disparità di trattamento, dato che «non si verific[herebbe] una discriminazione perché non vi [sarebbe] parità di condizioni». Come già esposto, l’Eliseo e i Teatri ricorrenti non avrebbero la stessa qualificazione; non sarebbero assoggettati al medesimo regime giuridico; non offrirebbero una programmazione assimilabile e non si rivolgerebbero al medesimo «bacino di utenti». Peraltro, la giurisprudenza amministrativa affermerebbe che le imprese che operano nel medesimo mercato sono quelle che offrono alle stesse condizioni servizi interscambiabili (sono citate le sentenze Consiglio di Stato, sezione sesta, 15 luglio 2019, n. 4990 e 27 aprile 2020, n. 2674): tali circostanze non si verificherebbero nel caso in esame.
Con riguardo all’assenza di motivazioni dell’intervento normativo, la difesa dell’Eliseo pone in evidenza come l’eventuale inadeguatezza della motivazione esplicitata dal legislatore non possa ritenersi causa immediata di illegittimità costituzionale, come affermato nella sentenza di questa Corte n. 168 del 2020. Sarebbero chiari gli interessi pubblici sottesi all’intervento, i quali giustificherebbero la scelta legislativa di concedere un contributo aggiuntivo speciale all’Eliseo, in qualità di teatro storico romano e di rilevante interesse culturale. Per comprendere tali interessi, sarebbe sufficiente leggere la disposizione censurata, per la quale il sostegno è finalizzato alla continuità dell’offerta teatrale e alla celebrazione del centenario. Sarebbe stato sovrabbondante, quindi, ripetere le ragioni della scelta in una premessa o nella relazione di accompagnamento. Il contributo finanziario s’inserirebbe, infatti, «nella logica di tutti i contributi straordinari ex lege, dei quali è piena ogni legge finanziaria e (ora) di bilancio, contributi che sono praticamente sempre legati a eventi contingenti e ad attività straordinarie […]. In quanto accaduto nella vicenda di cui ci si occupa, insomma, non [vi sarebbe] nulla di particolare e di diverso rispetto a quanto avviene costantemente nell’attività legislativa».
Con il sostegno finanziario, oltre ad arricchire la programmazione, il beneficiario avrebbe posto in essere numerose iniziative, a partire dalla valorizzazione del patrimonio dell’Eliseo (con il riordino dell’archivio di interesse storico, soggetto a tutela della Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio) sino all’instaurazione di una fruttuosa collaborazione con il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che avrebbe consentito di organizzare manifestazioni che coinvolgessero le giovani generazioni e in specie le scuole. Tutte iniziative, queste, di indubbio interesse generale e che non sarebbe stato possibile realizzare senza il contributo statale censurato.
La difesa dell’Eliseo sostiene, inoltre, la non fondatezza delle censure riferite agli artt. 9 e 33 Cost. Tali censure sarebbero meramente ancillari rispetto alla dedotta violazione dell’art.3 Cost. Se, infatti, venisse meno la premessa secondo cui la sovvenzione in esame è discriminatoria, si comprenderebbe che le disposizioni censurate, viceversa, promuovono la cultura e l’arte, impedendo la chiusura di un importante teatro.
Non fondata sarebbe anche la censura riferita all’art. 97 Cost. Le leggi-provvedimento non sarebbero di per sé costituzionalmente illegittime, se non quando il procedimento amministrativo sia imposto direttamente dalla Costituzione. In particolare, secondo la recente decisione di questa Corte n. 116 del 2020 – si afferma – tali leggi dovrebbero sì sottoporsi a scrutinio stretto di costituzionalità, ma non dovrebbero, a priori, ritenersi contrarie alla Costituzione.
In conclusione, l’Eliseo deduce la non fondatezza della censura ex art. 41 Cost., la quale sarebbe intimamente connessa a quella riferita all’art. 3 Cost. Una volta verificato che i soggetti interessati dalla vicenda non agiscono nello stesso mercato, si dovrebbe escludere la violazione del principio di libera concorrenza. Quanto detto sarebbe pianamente desumibile dalle norme vigenti: l’art. 3 del d.m. 1° luglio 2014 indicherebbe l’esistenza dell’“ambito teatro”, il quale sarebbe suddiviso in diversi “settori”. In “settori” distinti, per l’appunto, sarebbero collocati l’Eliseo, da un lato, e i Teatri ricorrenti nel giudizio a quo, dall’altro lato. L’appartenenza all’uno o agli altri “settori” segnerebbe – e troverebbe ragione in – profonde differenze tra gli ambiti di attività, sia sul piano dell’organizzazione dell’attività, sia sul piano dell’offerta culturale.
5.– Il 5 aprile 2022, la difesa dei Teatri Quirino e Ambra Jovinelli ha depositato memoria.
Contesta, in primo luogo, che sussista l’inammissibilità, per originario difetto d’interesse al ricorso nel giudizio amministrativo, dedotta dall’Eliseo. Sarebbe difatti chiaro l’interesse a ripristinare le condizioni di concorrenza e pluralismo nel settore delle attività teatrali, che poteva essere perseguito solo tramite l’impugnazione degli atti esecutivi del censurato art. 22, comma 8.
Non avrebbero, inoltre, pregio le deduzioni sull’assenza della parità di condizioni fra i teatri coinvolti nelle odierne vicende: il far parte di distinti “settori” dello stesso ambito “teatro” avrebbe rilievo ai soli fini della corretta ripartizione del FUS, ma non darebbe diritto a ottenere sovvenzioni ulteriori e attribuite arbitrariamente. Il ricorrere del centenario e l’esigenza di contribuire alla continuità delle attività dell’Eliseo non rappresenterebbero ragioni meritevoli di un intervento finanziario così cospicuo.
Le censure riferite agli artt. 9 e 33 Cost., lungi dal presentarsi generiche, sarebbero fondate, perché sarebbero violati la parità di accesso agli incentivi alle attività culturali, posto che il sostegno pubblico dovrebbe rivolgersi agli operatori del settore – che ne dovrebbero beneficiare sulla base di criteri oggettivi e predefiniti – e non a un solo soggetto. Anche il principio di imparzialità e quello di buon andamento dell’azione amministrativa sarebbero lesi, dato che l’amministrazione si sarebbe trovata vincolata dalla disposizione censurata a sostenere l’interesse di un solo ente, anziché l’interesse generale.
La difesa delle parti insiste, infine, sull’opportunità che questa Corte auto-rimetta dinanzi a sé la questione sulla violazione delle norme europee sul divieto di aiuti di Stato. L’alterazione della concorrenza non danneggerebbe solo i teatri romani, ma anche imprese teatrali italiane e straniere. Sarebbe ormai noto il «rilievo unionale» del mercato delle attività teatrali, anche per il semplice fatto che i biglietti per gli spettacoli si acquistano in tutta Europa e nel mondo tramite le piattaforme internet. Lo stesso Eliseo, nella propria pagina web, si proporrebbe di tornare a essere una «realtà di riferimento dell’entertainment internazionale».
6.– In pari data, anche la difesa del Teatro Eliseo ha depositato memoria, volta a replicare alle difese delle altre parti costituite.
Sarebbe innanzitutto inammissibile l’evocazione di parametri ulteriori rispetto a quelli indicati nell’ordinanza di rimessione.
Nel merito, sarebbero infondati i rilievi delle parti costituite – che ricalcherebbero quelli dell’ordinanza di rimessione – sull’irragionevolezza e arbitrarietà della disposizione censurata. Per testimoniare come l’intervento legislativo vòlto a finanziare enti determinati in occasioni specifiche non sia inusuale, l’Eliseo ricorda alcuni esempi di sovvenzioni una tantum, tra cui quella prevista dall’art. 1, comma 334, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020), secondo cui «[i]n occasione del sessantesimo anno dalla scomparsa di Luigi Sturzo e del centenario della fondazione del Partito popolare italiano, è autorizzata la spesa di euro 300.000 per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, a favore dell’Istituto Luigi Sturzo ai fini del programma straordinario di inventariazione, digitalizzazione e diffusione degli archivi librari, nonché della promozione di ricerche e convegni da svolgere nei luoghi più significativi della storia e della tradizione cattolico-popolare» e dall’art. 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021) in forza del quale «[i]n occasione del quarantesimo anno dalla scomparsa di Ugo Spirito e del novantesimo anno dalla nascita di Renzo De Felice, è autorizzata la spesa di euro 60.000 per ciascuno degli anni 2019 e 2020 a favore della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice ai fini del programma straordinario di inventariazione, digitalizzazione e diffusione dei fondi librari e archivistici posseduti dalla Fondazione, nonché della promozione di ricerche e convegni per ricordare il pensiero del filosofo e l’opera dello storico». Si tratterebbe di provvidenze straordinarie, estranee alla ripartizione dei fondi annualmente messi a disposizione del FUS, della cui legittimità costituzionale non si sarebbe dubitato, né vi sarebbe da dubitare.
Non risulterebbe, peraltro, che i teatri ricorrenti abbiano contestato norme che si presenterebbero ben più lesive dei loro interessi rispetto a quella oggetto dello scrutinio di costituzionalità: l’art. 6-bis, comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 (Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19) avrebbe infatti disposto un contributo di 1 milione di euro a favore della fondazione Orchestra giovanile Luigi Cherubini, imputando il relativo onere al FUS. Quest’ultima sarebbe una disposizione di cui altri enti che operano nel settore dello spettacolo potrebbero dolersi, perché sarebbero sottratti fondi al FUS, in favore di un soggetto determinato.
Del tutto errato sarebbe inoltre pretendere, come farebbero le controparti e il rimettente, che la ratio degli interventi risulti in apposita istruttoria, documento o studio (sono richiamate le motivazioni delle sentenze di questa Corte n. 168 del 2020 e 270 del 2010).
Considerato in diritto
1.– Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96, che prevede l’erogazione di un contributo di quattro milioni di euro per ciascuno degli anni 2017 e 2018 al Teatro Eliseo di Roma, «per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione».
Secondo il giudice a quo, la disposizione violerebbe anzitutto l’art. 3 della Costituzione, sotto un duplice profilo. Per un verso, determinerebbe una disparità di trattamento in danno delle altre imprese che svolgono attività teatrali di prosa e si rivolgono al medesimo bacino d’utenza; per altro verso, concederebbe una sovvenzione irragionevole, derogando agli ordinari metodi di finanziamento degli spettacoli dal vivo in assenza di uno specifico interesse pubblico che tale deroga possa giustificare. La norma-provvedimento censurata non supererebbe lo scrutinio stretto di ragionevolezza cui questa Corte suole sottoporre le previsioni di tal genere, specie considerando che non emergerebbero, nemmeno dai lavori preparatori, le particolari ragioni che giustificherebbero un intervento finanziario straordinario di tale consistenza.
L’art. 22, comma 8, si porrebbe in contrasto anche con gli artt. 9 e 33 Cost. Difatti, dalla lesione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza nella materia del sostegno pubblico ai teatri deriverebbe la non conformità alle disposizioni costituzionali poste a tutela della cultura e della libertà di espressione artistica.
La norma censurata, inoltre, cagionerebbe un vulnus al buon andamento e all’imparzialità dell’azione amministrativa, richiesti dall’art. 97 Cost.: sarebbe imposto all’amministrazione l’obbligo di eseguirne puntualmente il contenuto, privando i provvedimenti di una motivazione da cui emergano gli interessi pubblici coinvolti e la trasparenza della loro valutazione.
Sarebbe, infine, violato l’art. 41 Cost., poiché la norma censurata altererebbe la concorrenza, attribuendo al beneficiario del contributo una posizione di vantaggio rispetto alle imprese che agiscono nello stesso mercato, ma che non hanno ricevuto la sovvenzione.
1.1.– Si sono costituite le società che gestiscono i Teatri Quirino, Ambra Jovinelli e Sistina, parti del giudizio a quo, sostenendo le ragioni della fondatezza delle censure.
Si è altresì costituita la Eliseo srl, gestore del teatro omonimo, deducendo l’inammissibilità delle questioni, per difetto di rilevanza, e la loro non fondatezza, sulla base dei seguenti argomenti: i teatri ricorrenti, non appartenendo alla stessa categoria dell’Eliseo, non avrebbero diritto alla parità di trattamento e, di conseguenza, non potrebbero lamentare di aver subìto una discriminazione; il contributo finanziario censurato risponderebbe al principio di ragionevolezza, trovando idonea giustificazione nelle finalità indicate per tabulas nella disposizione indubbiata; inoltre, dietro la denunciata carenza di motivazione dell’intervento normativo si celerebbe un errore di prospettazione, perché la ratio legis non abbisognerebbe di essere illustrata.
2.– Restano estranee all’odierno giudizio le censure di violazione degli artt. 113 e 117, commi primo e secondo, lettera e), Cost. prospettate dalle parti costituite in giudizio Quirino srl e Officine culturali srl (le quali, con particolare riguardo alla dedotta violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con la disciplina dell’Unione europea sugli aiuti di Stato, hanno anche sollecitato questa Corte ad autorimettersi la relativa questione, cosa incompatibile con la trattazione della questione sollevata dal giudice rimettente).
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’oggetto del giudizio di costituzionalità in via incidentale è limitato alle norme e ai parametri indicati nell’ordinanza di rimessione, mentre non possono essere presi in considerazione ulteriori questioni o profili di costituzionalità dedotti dalle parti, tanto se eccepiti ma non fatti propri dal giudice a quo, quanto se diretti ad ampliare o modificare successivamente il contenuto della stessa ordinanza (ex plurimis, sentenze n. 35 del 2021, n. 35 del 2017 e n. 203 del 2016).
3.– In via preliminare, va esaminata l’eccezione di inammissibilità per difetto di rilevanza formulata dalla difesa del Teatro Eliseo.
Tale difetto deriverebbe dalla palese carenza di interesse ad agire delle società ricorrenti nel giudizio a quo, avente ad oggetto l’impugnazione degli atti con i quali i Ministeri competenti hanno dato attuazione alla norma censurata. Le ricorrenti non avrebbero, in specie, alcun interesse attuale e concreto a contestare la concessione del contributo statale al Teatro Eliseo, non essendo i teatri da esse gestiti omogenei a quest’ultimo, né sul piano della classificazione ai sensi della normativa vigente, né sul piano della programmazione teatrale, e non potendo, dunque, ambire ad essere a esso equiparati. Di qui l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio principale e la conseguente irrilevanza delle questioni sottoposte a questa Corte.
L’eccezione non merita accoglimento.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la verifica sulla rilevanza ha carattere «esterno» e si arresta alla valutazione di non implausibilità della motivazione dell’ordinanza di rimessione (ex multis, sentenza n. 194 del 2021); non è sindacabile, «in sede di ammissibilità, la validità dei presupposti di esistenza del giudizio a quo, a meno che questi non risultino manifestamente e incontrovertibilmente carenti (sentenze n. 241 del 2008 e n. 62 del 1992). Ai fini del relativo controllo da parte di questa Corte, anche per il riscontro dell’interesse ad agire e per la verifica della legittimazione delle parti, è dunque sufficiente che il rimettente motivi in modo non implausibile sulla rilevanza» (sentenza n. 224 del 2020).
La motivazione sulla rilevanza, offerta dall’ordinanza di rimessione, è idonea a superare il descritto vaglio di non manifesta implausibilità.
Il giudice a quo ha riferito, infatti, che le società ricorrenti – il cui interesse a ricorrere è stato riconosciuto con contestuale sentenza parziale dallo stesso giudice – gestiscono teatri di prosa siti, come l’Eliseo, nella città di Roma, e che attingono al medesimo bacino di utenza: di conseguenza, la concessione di un contributo statale di rilevante entità a un solo teatro sarebbe idonea a determinare una distorsione della concorrenza in loro danno, che le ricorrenti avrebbero interesse a rimuovere.
4.– Scendendo al merito delle questioni, va subito rilevato che l’art. 22, comma 8, del decreto-legge n. 50 del 2017, come convertito, prevede l’assegnazione al Teatro Eliseo di una sovvenzione straordinaria, indicando le coperture finanziarie. Essa è un contributo cosiddetto “extra-FUS”, perché le risorse sono attinte da fondi diversi da quello che ordinariamente sostiene il comparto dello spettacolo.
4.1.– Per meglio comprendere l’oggetto delle censure, occorre quindi tratteggiare alcuni profili della disciplina di riferimento.
La legge 30 aprile 1985, n. 163 (Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo) ha istituito il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) destinato, appunto, al «sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché per la promozione ed il sostegno di manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all’estero» (art. 1). Il Fondo ha fatto confluire le forme di contribuzione precedentemente stabilite in altre leggi in un unico strumento, rifinanziato ogni anno con la legge di bilancio. Esso è ripartito tra i diversi settori secondo le percentuali indicate globalmente per ciascuno di essi dall’art. 2.
Il compito di determinare nel dettaglio i criteri e le modalità di erogazione dei contributi è affidato a decreti ministeriali (art. 1 del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 24, recante «Disposizioni urgenti in materia di contributi in favore delle attività dello spettacolo», convertito, con modificazioni, nella legge 17 aprile 2003, n. 82).
Per quanto attiene, in particolare, all’ambito delle attività teatrali, il decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 1° luglio 2014 (Nuovi criteri per l’erogazione e modalità per la liquidazione e l’anticipazione di contributi allo spettacolo dal vico, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo, di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163) – vigente al momento dell’entrata in vigore della norma censurata – suddivideva i possibili destinatari dei contributi in teatri nazionali, teatri di rilevante interesse culturale, imprese di produzione teatrale, centri di produzione teatrale, circuiti regionali, organismi di programmazione e festival (art. 3, comma 5, lettera a). Ai soli fini ed effetti del citato decreto ministeriale, dovevano, in particolare, intendersi per teatri di rilevante interesse culturale «gli organismi che svolgano attività di produzione teatrale di rilevante interesse culturale prevalentemente nell’àmbito della regione di appartenenza» (art. 11, comma 1).
I soggetti interessati ottenevano annualmente una quota del FUS in base all’inquadramento in una delle categorie dianzi elencate, a condizione che soddisfacessero una serie di requisiti – individuati distintamente per ciascuna delle categorie – attinenti, tra l’altro, alle giornate recitative e lavorative effettuate, alla capienza delle sale gestite e alla programmazione artistica (artt. 10 e seguenti).
Per ottenere il contributo, il soggetto doveva presentare un progetto triennale di attività, corredato dal programma riguardante ogni annualità.
Su iniziativa del Ministro, sentite le commissioni consultive competenti, potevano essere inoltre sostenuti finanziariamente «progetti speciali, a carattere annuale o triennale» (art. 46, comma 2).
Nella valutazione delle domande, per attribuire il punteggio utile a determinare l’entità del contributo FUS, erano considerate la qualità artistica, la dimensione quantitativa e la cosiddetta qualità indicizzata, secondo le indicazioni fornite nello stesso decreto (art. 5).
4.2.– Secondo quanto emerge dai lavori parlamentari relativi alla legge di conversione del d.l. n. 50 del 2017, ai fini della ripartizione del suddetto Fondo, il Teatro Eliseo veniva qualificato teatro di rilevante interesse culturale (diversamente dai teatri ricorrenti nel giudizio a quo, riconosciuti come imprese e centri di produzione teatrale), ricevendo negli anni 2015 e 2016 contributi dell’importo, rispettivamente, di 481.151 e 514.831 euro.
Ha inoltre ottenuto, nel 2016, ai sensi dell’art. 46 del d.m. 1° luglio 2014, l’ulteriore contributo di euro 250.000 per la realizzazione di un progetto speciale.
5.– Ciò premesso, le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost. sono fondate.
L’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, oggi censurato, si può senz’altro definire “legge-provvedimento” o “norma-provvedimento”. Come questa Corte ha ripetutamente affermato, la fattispecie ricorre se, con previsione dal contenuto puntuale e concreto, una legge o una sua disposizione incidono su un numero limitato di destinatari o finanche su una singola posizione giuridica (sentenze n. 181 del 2019, n. 24 del 2018, n. 231 del 2014), «attraendo nella sfera legislativa quanto normalmente affidato all’autorità amministrativa» (sentenze n. 168 del 2020 e n. 114 del 2017).
Precisamente, oggetto di sindacato è una “norma singolare” – del caso singolo o a fattispecie esclusiva – e dal carattere, propriamente, personale, che rinuncia alla sua naturale attitudine alla generalità.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, disposizioni legislative di tal fatta non sono di per sé incompatibili con l’assetto dei poteri stabilito dalla Costituzione. Tuttavia, «in considerazione del pericolo di disparità di trattamento insito in previsioni di questo tipo, esse devono soggiacere a uno scrutinio stretto di costituzionalità, sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza della scelta legislativa» (ex plurimis, sentenze n. 116 del 2020, n. 181 del 2019, n. 182 del 2017, n. 275, n. 154 e n. 85 del 2013, n. 20 del 2012). La loro legittimità costituzionale deve essere «“valutata in relazione al loro specifico contenuto” [...] e devono risultare i criteri che ispirano le scelte con esse realizzate, nonché le relative modalità di attuazione (sentenze n. 182 del 2017 e n. 270 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 275 e n. 85 del 2013)» (sentenza n. 49 del 2021).
Lo scrutinio deve essere, d’altro canto, tanto più rigoroso quanto più marcata sia la natura provvedimentale della disposizione (sentenze n. 275 del 2013, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008 e n. 267 del 2007): natura che, nel caso in esame, è in effetti lampante.
6.– La scelta di elargire un contributo finanziario straordinario, una tantum, a un teatro, come l’Eliseo, che ha una lunga tradizione nel panorama culturale della città di Roma ed è stato storica fucina di produzioni artistiche, in occasione del centenario e per sostenere il rilancio delle sue attività, non è di per sé motivo di contrasto con l’art. 3 Cost. Se la qualifica di teatro di rilevante interesse culturale – che ha valore ai fini della ripartizione del FUS – non attribuisce, come rilevato dal rimettente, il diritto a ulteriori finanziamenti, tuttavia, non può ritenersi costituzionalmente illegittimo assegnare risorse cosiddette “extra-FUS”, né ciò determina automaticamente discriminazioni nei confronti degli altri soggetti operanti nel settore teatrale.
6.1.– Ciò non ostante, il controllo di ragionevolezza e non arbitrarietà del contributo in esame rivela profili d’illegittimità costituzionale, illustrati di seguito.
Il sindacato di questa Corte non si arresta, infatti, alla valutazione del proposito del legislatore cioè alla verifica di una “ragion sufficiente”, che basti a giustificare la scelta di intervenire con legge-provvedimento, ma si estende al giudizio di congruità del mezzo approntato rispetto allo scopo perseguito e al giudizio di proporzionalità della misura selezionata in vista dell’ottenimento di quello scopo. Il primo è teso a verificare la conformità del mezzo al fine, mentre il secondo è vòlto a saggiare la ragionevole proporzione tra lo strumento prescelto e le esigenze da soddisfare, in vista del minor sacrificio possibile di altri principi o valori costituzionalmente protetti.
Questa Corte, da lungo tempo, ravvisa nella «proporzionalità del trattamento giuridico» uno degli aspetti essenziali della ragionevolezza e ha affermato che essa va apprezzata «tenendo conto del fine obiettivo insito nella disciplina normativa considerata […] in relazione agli effetti pratici prodotti o producibili nei concreti rapporti della vita» (sentenza n. 163 del 1993; vedasi, pure, sentenza n. 1130 del 1988).
Nel caso in esame, il mezzo approntato dal legislatore per raggiungere il fine si rivela, per un verso, incongruo e, per altro verso, sproporzionato.
6.1.1.– Il contributo finanziario è destinato al Teatro Eliseo «per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività in occasione del centenario della sua fondazione».
Il beneficio, tuttavia, non è legato alla realizzazione di programmi o eventi, né è accompagnato da indicazioni o vincoli di utilizzo dei fondi. Si tratta di risorse che l’Eliseo ha potuto impiegare per ogni spesa ritenuta utile e non, invece, per i soli scopi indicati dalla legge: onorare il centenario del teatro e rilanciare la programmazione artistica, consentendo la continuità delle attività. All’assegnazione del contributo in denaro avrebbero dovuto affiancarsi condizioni vòlte ad assicurare la sua efficacia, intesa come capacità effettiva di raggiungere le finalità prefissate.
In definitiva, l’assenza di previsioni sulle modalità di utilizzo delle ingenti risorse in parola – oltre a contraddire l’esigenza di trasparenza nella destinazione delle risorse pubbliche – rivela un difetto di congruità della decisione legislativa: il contributo non risulta connesso, sul piano concreto, al raggiungimento degli obiettivi annunciati. Così che, «l’irragionevolezza intrinseca della disciplina censurata risiede, pertanto, anche in uno squilibrio tra i fini enunciati e i mezzi in concreto prescelti» (sentenza n. 125 del 2022).
6.1.2.– La sovvenzione censurata – della consistenza di otto milioni di euro in due anni, in favore di un solo teatro – è, inoltre, sproporzionata, per eccesso.
Per un verso, infatti, la misura del beneficio è macroscopicamente eccentrica rispetto alle modalità di sostegno allo spettacolo che l’ordinamento conosce: le quote del FUS, destinate ai teatri, sono assai contenute, se le si compara alla somma di otto milioni di euro; lo stesso Eliseo ha percepito molto meno di un decimo di quella cifra, per annualità. Per altro verso, questa sovvenzione supera, in misura ampia, quelle riconosciute a istituzioni promotrici di arte e cultura al ricorrere di occasioni specifiche o per la realizzazione di progetti particolari (di tali erogazioni cosiddette “extra-FUS” offre una rassegna esemplificativa la stessa memoria difensiva depositata dall’Eliseo).
6.1.3.– Occorre anche registrare la carente illustrazione delle ragioni della scelta di assegnare un contributo così cospicuo.
Il testo originario dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017 prevedeva la destinazione all’Eliseo, in occasione del centenario, della somma di due milioni di euro; durante la conversione in legge, mediante l’approvazione di un emendamento, il contributo è stato quadruplicato, passando a otto milioni di euro complessivi. Nelle relazioni illustrativa e tecnica è, peraltro, riportato soltanto quanto testualmente risulta dalla disposizione censurata: si sostiene finanziariamente il teatro Eliseo, per spese ordinarie e straordinarie, al fine di garantire la continuità delle sue attività, in occasione del centenario dalla sua fondazione. Non è, dunque, possibile cogliere dalla lettura dei lavori parlamentari le ragioni per cui è stato deciso quel notevole incremento.
Sebbene non esista, in via generale, un obbligo costituzionale di motivare la legge, questa Corte ritiene che la possibilità di desumere, anche dai lavori preparatori, la ratio legis, «specie a fronte di un intervento normativo provvedimentale, può proficuamente contribuire a porne in luce le ragioni giustificatrici, agevolando l’interprete e orientando, in prima battuta, il sindacato di legittimità costituzionale» (sentenza n. 168 del 2020). La norma-provvedimento reca, infatti, i contenuti tipici dell’atto amministrativo ed è dunque necessario che siano intellegibili all’esterno le ragioni che ne sono alla base, nel rispetto degli interessi di ogni soggetto coinvolto e della trasversale esigenza della trasparenza.
In quest’ottica, nel decidere questioni di legittimità costituzionale relative al sostegno finanziario in favore di enti di promozione sociale e culturale, individuati dalla legge, questa Corte ha già avuto modo di precisare che, «qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenuto particolare e concreto, devono risultare i criteri ai quali sono ispirate le scelte e le relative modalità di attuazione» e ha stigmatizzato l’assenza di indicatori che potessero rassicurare sull’utilizzo di «criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno». In tal modo, infatti, «la norma denunciata si risolve[va] in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi […]» (sentenza n. 137 del 2009).
7.– La rilevata irragionevolezza del contributo previsto dalla norma censurata si traduce ulteriormente nella violazione dell’art. 41 Cost.
L’assegnazione di un aiuto finanziario di otto milioni di euro a un destinatario unico, infatti, pone un problema di differenziazione delle condizioni degli operatori nel mercato; nella specie, nel mercato dell’organizzazione e dell’offerta di attività teatrali di prosa. L’impresa beneficiaria è avvantaggiata, rispetto a chi non ha ricevuto fondi straordinari, dato che può investire tali fondi nella promozione e valorizzazione delle attività, nonché nella copertura di costi, migliorando la propria posizione nel settore di riferimento. Ora, una volta accertata l’irragionevolezza del contributo, viene a mancare la giustificazione della differenziazione che il legislatore ha operato: essa assume, così, la valenza di un’alterazione della concorrenza nel mercato ed è ragione di contrasto tra la norma censurata e l’art. 41 Cost.
8.– Per le ragioni che si sono illustrate, va pertanto dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del d.l. n. 50 del 2017, come convertito, rimanendo assorbite le ulteriori censure formulate nell’ordinanza di rimessione.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 8, del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2017, n. 96.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 aprile 2022.