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Il potere regolamentare degli Enti locali ed i propri limiti (estratto dal testo il "contenzioso tributario in cui è parte l'ente locale" di Forgione Gianluca)

Il potere regolamentare degli Enti locali incontra due ordine di limiti, uno interno e l’altro esterno[9], la cui violazione può determinare:

a)      la impugnazione dell’atto regolamentare presso la giurisdizione amministrativa[10];

b)     oppure la disapplicazione del regolamento per sua illegittimità da parte del giudice tributario in relazione all'oggetto dedotto in giudizio.

Il primo ordine di limiti (interni) discende dalla formulazione letterale del c.1 dell'art. 52 D.Lgs 446/1997, in base al quale è preclusa la possibilità di modificare, con norma regolamentare, gli elementi essenziali della prestazione impositiva costituiti:

-   dal presupposto di applicazione del tributo;

-   dalla base imponibile e dai criteri per la sua determinazione;

-   dalla soggettività passiva e dalla misura massima di tassazione[11].

Un secondo ordine di limiti (esterni) va ricercato nella Costituzione nonché nei principi generali dell'ordinamento tributario vigente, nel senso che i regolamenti tributari non possono invadere il campo d'azione riservato alle disposizioni costituzionali ed agli atti di normazione primaria (casi di riserva di legge).

L'art. 119 Cost. nel riconoscere l'autonomia impositiva degli Enti locali ne fissa anche i limiti che sono rappresentati dalla necessità di stabilire ed applicare tributi ed entrate proprie in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario,  e che si identificano:

-       nella riserva di legge prevista dall'art. 23 Cost.,  in base alla quale nessuna prestazione patrimoniale o personale può essere imposta se non in base alla legge. Quindi, la potestà regolamentare pur espandendosi fino al punto di consentire all’Ente locale di non applicare le disposizioni di legge vigenti, non consente tuttavia di contravvenire al principio della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost.[12]. Un’autonoma potestà di istituzione di nuovi tributi da parte degli Enti locali sarebbe stata, infatti, ipotizzabile solo qualora la L. Cost. n.3/2001 avesse abrogato l’art. 23 Cost.. Le argomentazioni finora svolte, trovano ulteriore conferma nel nuovo art. 114 Cost. che definisce gli Enti territoriali quali “enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione” e nel nuovo art. 118 c. 2, per il quale gli Enti locali “sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze”. Nel nuovo contesto costituzionale sono, comunque, da superare quelle interpretazioni dell’art. 23 - si ricordi che la prima parte della Costituzione non ha subito alcun ritocco - che hanno inteso la riserva di legge in materia di prestazioni imposte esclusivamente come riserva di legge statale[13].  Tale riserva, infatti, dovrebbe ora ritenersi estesa anche alla legge della Regione, in considerazione della attribuzione ad essa della legislazione esclusiva in tema di tributi regionali e locali e alla sua formale equiordinazione con la legge statale. Così come sussiste, ai sensi dell’art. 23 Cost., una riserva di legge statale per le prestazioni patrimoniali imposte[14] tra cui rientrano i tributi statali, deve perciò sussistere, ai sensi dello stesso articolo e dell’art. 117 c. 4, Cost. una riserva di legge regionale per i tributi regionali e per quelli locali[15];

-       nel principio di legalità di cui all'art. 25 Cost., recepito nel testo dell'art. 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 che disciplina la materia delle sanzioni tributarie, in base al quale “nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima della commissione della violazione”. Per cui l'Ente non può modificare il sistema sanzionatorio recato dai D.Lgs. 18 dicembre 1997 nn. 471, 472, e 473, in quanto modellato sulla base di criteri prettamente penalistici;

-       nelle questioni che riguardano temi indisponibili agli Enti locali, quali la riserva di legge in materia giurisdizionale di cui all'art.113 Cost. A tal proposito, l'art. 12 della L. finanziaria 2002 (L. 28 dicembre 2001 n. 448) ha attribuito al giudice tributario la competenza a decidere tutte le controversie riguardanti i “tributi comunali, provinciali e regionali”[16], sgombrando il campo dall'ambigua precedente formulazione dell'art. 2 c. 1 lett. h), del D.Lgs. 546/1992 che prevedeva l'assoggettamento alla giurisdizione di tutti i tributi comunali e locali. Al riguardo, in passato, vi era chi restringeva la previsione ai soli “tributi comunali” e ai “tributi locali minori”, con esclusione di alcuni tributi provinciali e regionali (addizionale provinciale sul consumo dell'energia elettrica, controversie in materia di tasse automobilistiche…).

 Altri limiti esterni sono fissati da norme di legge  e riguardano:

-     i criteri direttivi fissati dalla legge cui va uniformato il contenuto dei regolamenti in materia impositiva ed in particolare quelli adottati ai sensi del c. 5 dell'art. 52 D.Lgs. 446/1997, in materia di affidamento a terzi dell'accertamento e/o riscossione dei tributi; quelli adottati ai sensi dell'art.56 dello stesso decreto legislativo, per l'istituzione dell'imposta provinciale di trascrizione; quelli adottati ai sensi del pto l) del c.1 dell'art. 59 del citato decreto legislativo, per la modifica del procedimento di accertamento ICI;

-     le agevolazioni e le esenzioni previste dalle leggi statali, che non possono quindi essere compresse, se non in presenza di una specifica disposizione, come quella contenuta nell'art. 59 D.Lgs. 446/1997 in tema di ICI. La Corte Costituzionale con sent. 22 febbraio 2006 n. 75 in merito ad un procedimento promosso nei confronti della Regione Friuli Venezia Giulia che attribuiva ai comuni del territorio la facoltà di prevedere esenzioni ai fini ICI per determinati soggetti con la finalità di agevolare lo sviluppo imprenditoriale ha dichiarato l’incostituzionalità di detta legge regionale. Ciò in considerazione che l’ICI è un tributo la cui disciplina è di competenza statale, pertanto le Regioni non possono derogare alla legge statale, mentre i Comuni possono disciplinare tale imposta nei limiti di quanto attribuito dal legislatore statale; 

-     i termini per la richiesta di rimborso delle somme indebitamente pagate, che non possono essere abbreviati;

-     i termini di decadenza  e prescrizione stabiliti per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dei tributi che non possono essere modificati in senso peggiorativo[17];

-     il rispetto e la tutela dei principi generali dell'ordinamento tributario  fissati espressamente nel nostro ordinamento con l'approvazione dello Statuto dei diritti del contribuente, avvenuta con L. 27  luglio 2000, n. 212;

-    il rispetto dei principi fissati dal diritto comunitario. Sulla base di tali principi, la tassa sui marmi a favore del comune di  Carrara istituita con L. 15 luglio 1911, n. 749 modificata dall’art.55, c.18 della L. 27 dicembre 1997 n. 449 ed applicata e riscossa dal Comune all’uscita dei marmi dai suoi confini è stata definita come una tassa di effetto equivalente a un dazio doganale all’esportazione[18] ai sensi dell’art. 23 del Trattato CE. La stessa sorte è toccata al tributo ambientale imposto dalla Regione Sicilia, che colpisce il gas metano proveniente dall'Algeria previsto  dall'art. 6  della legge  regionale  siciliana  26  marzo  2002,  n.  2,  recante  disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2002. Secondo la  Corte  costituisce tassa di effetto equivalente ad un dazio doganale, incompatibile  con  la  normativa  europea  sulla  libera circolazione delle merci[19]. Infatti, secondo le disposizioni del Trattato CE, la Comunità si  fonda su un'unione doganale che comporta il divieto di qualsiasi dazio e tassa  di effetto equivalente  all'importazione  ed  all'esportazione  fra  gli  Stati membri e l'adozione di una tariffa doganale comune per gli  scambi  tra  gli Stati membri e i Paesi terzi. Costituisce tassa di  effetto  equivalente  qualsiasi  onere  pecuniario imposto unilateralmente, da una autorità pubblica  di uno stato membro,  indipendentemente dalla sua denominazione  e  dalla sua struttura, che colpisce le merci per il fatto che esse attraversano  una frontiera. Recentemente, l’art. 6 della L. 25 febbraio 2008 n. 34 recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (Legge comunitaria 2007) ha riscritto il procedimento di rivalsa da parte dello Stato nei confronti di regioni o altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto comunitario derivanti dalla normativa comunitaria[20], precedentemente disciplinato dai commi da 1213 a 1223 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. 

La potestà regolamentare riconosciuta agli Enti locali in materia di tributi propri non può, comunque, limitarsi al semplice recepimento della normativa statale, bensì deve rappresentare l’opportunità per  introdurre nel sistema normativo locale elementi specifici mutuati dalla realtà locale, al fine di adattare la normativa statale alla realtà locale. Tale opportunità è stata riconosciuta ad esempio in materia di ICI dall’art. 59 D.Lgs. 446/97 che ha consentito ai Comuni, di avvalesi del potere regolamentare al fine di  individuare  per talune  fattispecie,  la possibilità di travalicare, entro determinati spazi, i limiti che  si pongono al potere regolamentare di cui al c.1 art. 52[21].

Il privilegio per la potestà regolamentare degli Enti locali di cui all'art. 52 del D.Lgs. 446/1997 è riconosciuta nelle pronunce del giudice amministrativo. In particolare con l'ord. 28 agosto 2001,  n. 4989 il Consiglio di Stato si è pronunciato in sede di impugnazione dell'ord. 8 giugno 2001, n. 171 con la quale, in sede cautelare il TAR Basilicata aveva dichiarato l'esclusività della riscossione della TARSU a mezzo ruolo (secondo quanto previsto in materia di riscossione della TARSU dall'art. 72 del D.Lgs. 507/1993), concedendo la sospensione della delibera di eliminazione del ruolo.  Il giudice di appello ha negato l'esistenza del criterio della esclusiva riscossione della TARSU a mezzo ruolo, affermando che dal sistema delle fonti tale principio non emerge. Il Consiglio di Stato ha sottolineato come, invece, debba essere rammentata la natura generale del principio della potestà regolamentare dei Comuni e delle Province, potere che "trova un limite solo nelle materie costituzionalmente coperte da riserva di legge". La decisione del Consiglio di Stato trova conferma sia nell’art. 36 L. 23 dicembre 2000, n. 388 (Finanziaria per il 2001) in forza del quale i Comuni possono adottare misure che rendano più efficiente la riscossione dei tributi[22] e laddove optino per la riscossione spontanea dei tributi locali possono prevedere la riscossione coattiva a mezzo ruolo affidando lo stesso ai concessionari e sia nella prassi ministeriale. Con riferimento a quest’ultima, si segnala che l'Amministrazione finanziaria dapprima con circolare n. 118/E del 1999, ha precisato che l'ampio potere regolamentare previsto per la disciplina dei tributi propri, è stato attribuito a Comuni e Province, grazie all'art. 52 sopra citato onde giungere "all'adeguamento della legislazione statale alle esigenze socio - economiche ed alle condizioni ambientali locali" e successivamente con la risoluzione del 30 luglio 2002, n. 8/DPF ha ribadito la possibilità per l’Ente locale di procedere alla riscossione diretta per tutti i tributi, incluso la TARSU sulla base delle seguenti considerazioni:

a)    le modalità di riscossione previste dalle norme disciplinati i singoli tributi non sono strettamente vincolate ai principi generali inderogabili dell’ordinamento tributario;

b)   non vi è nessun ostacolo all’adozione di una modalità di pagamento dei tributi diversa da quella prevista dalla  loro legge istitutiva allorquando non vengano posti a carico del contribuente ulteriori adempimenti.

Inoltre, l’art. 2 c.2 del D.L. 262/2006, che  ha aggiunto il nuovo c. 6-bis al D.Lgs. 112/1999 in materia di riscossione coattiva delle somme dovute   a titolo di tributi ed accessori,  ha precisato che nel caso in cui alla Riscossione Spa viene affidata la sola gestione del recupero coattivo delle somme dovute  a titolo di tributi locali, il compenso spettante all’esattore sarà aumentato del 25% rispetto a quanto previsto dall’art.17 D.Lgs. 13 aprile 1999, n.112.

La normativa statale prescrive i seguenti  adempimenti per l’emanazione da parte degli Enti locali dei regolamenti disciplinati  i propri tributi[23]:

1)   approvazione del regolamento con apposita deliberazione di Consiglio entro il termine fissato dalla normativa statale per approvare i bilanci di previsione;

2)   invio al Ministero delle Finanze (Direzione Centrale per la fiscalità locale)  della copia conforme del regolamento e della relativa delibera entro 30 giorni dalla data in cui il regolamento è divenuto esecutivo, unitamente alla richiesta di pubblicazione nella gazzetta ufficiale dell’avviso di adozione.

La pubblicazione dell’avviso in gazzetta ha mera funzione notiziale, per cui non assume rilevanza giuridica e, in particolare non è condizione di esistenza o di validità né è requisito di efficacia del regolamento.

I regolamenti degli Enti locali che  istituiscono  o disciplinano tributi propri possono essere impugnati:

a)    dal Ministero dell’Economie e delle finanze innanzi al TAR per vizi di legittimità. L’esercizio di tale potere, attribuito dal c. 4 dell’art. 52 del D.Lgs. 446/1997, non si configura come un controllo bensì è puramente facoltativo;

b)   dal contribuente in via principale innanzi al TAR[24] qualora dagli stessi possano derivare effetti immediatamente lesivi della propria sfera giuridica entro il termine di decadenza di 60 giorni e in via incidentale innanzi alle commissioni tributarie a seguito di impugnativa dell’atto tributario. In quest’ultimo caso qualora ritenuti illegittimi possono essere disapplicati dal giudice tributario se gli stessi sono rilevanti ai fini della decisione, così come disposto dall’art.7, c. 5 D.Lgs 546/1992[25], a nulla rilevando che l’atto sia divenuto inoppugnabile per inutile decorso  dei termini ai fini della sua impugnazione in sede di giurisdizione amministrativa[26]. La disapplicazione dei regolamenti da parte del giudice tributario   è preclusa solo quando la legittimità di un atto amministrativo sia affermata dal giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato. Alla disapplicazione  consegue l’annullamento dell’atto impositivo emanato dall’Ente sulla base del regolamento.