Del. n. 33/CONTR/2010 C Conti Sezioni riunite in sede di controllo nell’adunanza del 7 giugno 2010. Questione di massima di particolare rilevanza concernente il computo dell’Irap in sede di determinazione dei compensi incentivanti professionali spettanti agli avvocati e ai tecnici dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
1. Con la delibera n. 168/2009/PAR del 13 ottobre 2009, la Sezione regionale di controllo per il Veneto riferisce che il sindaco del Comune di Padova ha avanzato alla stessa Sezione regionale una richiesta di parere in materia di contabilità pubblica, ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131.
La richiesta concerne: a) l’inclusione, o meno, dell’imposta regionale sulle attività produttive (Irap) dovuta dall’ente tra gli oneri che vanno a diminuire i compensi professionali da erogare (ai sensi dell’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, n. 266) ai propri dipendenti che rivestono la qualifica di avvocato, in relazione al patrocinio di cause concluse con sentenza favorevole; b) l’inclusione, o meno, dell’Irap ai fini della determinazione dei compensi dovuti ai dipendenti di profilo tecnico per l’attività di progettazione e direzione lavori, ai sensi dell’art. 92, comma 5, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici per lavori, servizi e forniture).
La Sezione regionale del Veneto, registrando orientamenti difformi di alcune Sezioni regionali di controllo della Corte, ha, dunque, interessato l’ufficio di Coordinamento della Sezione delle autonomie per avviare il procedimento di deferimento della questione alle Sezioni riunite in sede di controllo ai sensi del citato art. 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009, n. 78.
1.1. Analogamente, con la delibera n. 17/2010/SRCPIE/PAR del 5 marzo 2010, la Sezione regionale di controllo per il Piemonte ha rappresentato che il commissario straordinario del Comune di Moncalieri ha formulato (alla medesima Sezione regionale) una richiesta di parere per stabilire se i compensi professionali per la progettazione e per l’avvocatura interna siano comprensivi dell’Irap a carico dell’amministrazione.
Anche in questo caso, la Sezione regionale, rilevata l’esistenza di difformi orientamenti da parte di altre sezioni regionali, ha sospeso la propria pronuncia, sottoponendo la questione alla Sezione delle autonomie per le determinazioni di competenza.
1.2. Il Presidente della Corte dei conti – con le note n. 13 e n. 11 del 19 maggio 2010, ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1 luglio 3009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, condividendo la proposta, pervenutagli per il tramite dell’Ufficio di coordinamento della Sezione delle autonomie – ha deferito, alle Sezioni riunite in sede di
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controllo, quali questioni di massima di particolare rilevanza, i quesiti proposti alla Sezione regionale di controllo per il Veneto delibera n. 168/2009/PAR ed alla Sezione regionale di controllo per il Piemonte delibera n. 17/2010/SRCPIE/PAR.
2. Le problematiche sottoposte dalle Sezioni regionali di controllo per il Veneto e per il Piemonte, con le delibere sopra ricordate, riguardano dunque fattispecie consimili, relative alla computabilità dell’Irap in sede di determinazione: a) dei compensi professionali incentivanti dovuti agli avvocati dipendenti delle pubbliche amministrazioni (art. 1, comma 208, legge n. 266 del 1995) e b) delle somme spettanti a titolo di incentivo al personale tecnico dipendente delle pubbliche amministrazioni per l’attività di direzione lavori, progettazione, ecc. delle opere e dei lavori (art. 92, comma 5, del d.lgs. n. 163 del 2006).
Le due fattispecie, pur nella diversità delle fonti normative che le disciplinano, sono caratterizzate da un comune elemento problematico costituito dall’esigenza di chiarire se i compensi dovuti dall’amministrazione ai predetti soggetti dipendenti della pubblica amministrazione debbano essere corrisposti al netto o al lordo dell’Irap (e cioè se l’Irap debba rimanere a carico del lavoratore ovvero dell’amministrazione).
2.1. In particolare, l’art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, prevede che “Le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro”.
Per quanto attiene al personale tecnico dipendente dalle pubbliche amministrazioni, l’art. 92, comma 5, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, stabilisce che “Una somma non superiore al due per cento dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro, comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione, [...] è ripartita [...] tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori [...]”.
2.2. Nel senso della determinazione del compenso professionale senza la trattenuta, nei confronti del dipendente, della quota Irap (dovendo detta imposta rimanere a carico dell’amministrazione), si sono pronunciate le Sezioni regionali di controllo dell’Emilia-Romagna (deliberazione n. 34 del 27 giugno 2007 concernente specificamente gli avvocati), dell’Umbria (deliberazione n. 11 del 22 ottobre 2007, anch’essa relativa specificamente agli avvocati, e deliberazione n. 1 del 28 febbraio 2008, concernente l’incentivo per i tecnici), del Veneto
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(deliberazioni n. 22 del 21 maggio 2008 e n. 49 del 3 luglio 2008, concernenti entrambe le fattispecie), della Puglia (deliberazione n. 31 del 30 ottobre 2008, concernente specificamente i tecnici), della Basilicata (deliberazione n. 185 del 26 novembre 2008) e del Molise (deliberazione n. 6 del 24 febbraio 2009, relativa all’incentivo per i tecnici).
Di segno diverso sono state le considerazioni espresse sul punto dalla Sezione regionale della Lombardia (deliberazioni n. 4 dell’11 febbraio 2008 e n. 101 del 4 dicembre 2008), la quale, rilevando che i fondi relativi alle diverse competenze aggiuntive spettanti al personale già ricomprendono quanto l’amministrazione pubblica dovrà versare all’erario sia per i contributi assistenziali e previdenziali sia titolo di Irap, ha ritenuto che il compenso professionale deve essere corrisposto al dipendente al netto degli “oneri riflessi”, intendendo con tale locuzione “tutti gli oneri”, ivi inclusa la quota Irap.
2.3. Per completezza va ricordato come la questione abbia dato luogo a pronunciamenti non del tutto coincidenti anche da parte delle diverse autorità amministrative che hanno specificamente affrontato l’argomento.
L’Agenzia delle entrate, con risoluzioni n. 327 del 14 novembre 2007 e n. 123 del 2 aprile 2008, ha escluso che l’Irap possa considerarsi ricompresa nella nozione di oneri riflessi di cui al citato art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005.
Nella prospettiva del contenimento della spesa corrente per oneri di personale, la Ragioneria generale dello Stato – con circolare n. 28 del 14 giugno 2006, confermata dalle successive lettere del 31 dicembre 2007, prot. 40980, e 2 settembre 2008, prot. 98476 (cui fa riferimento il Dipartimento della funzione pubblica, con lettera prot. 11713 dell’11 marzo 2009) – ha espresso l’avviso che, in applicazione dell’art. 18, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 “non possono derivare oneri diretti o indiretti a carico delle singole amministrazioni”.
Per completezza, va pure evidenziato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 33 del 26 gennaio 2009, sottoponendo a scrutinio l’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005, ha dichiarato non fondata la prospettata questione di legittimità costituzionale, come si vedrà, escludendo, sia pure implicitamente, che la norma denunciata ricomprenda nella espressione “oneri riflessi” anche l’Irap.
3. La tesi che esclude la riconducibilità dell’Irap nell’ambito dei c.d. “oneri riflessi” (e cioè di quegli oneri che ricadono sull’amministrazione, in conseguenza della corresponsione di emolumenti al personale dipendente), muove dalla considerazione che l’Irap, quale “onere diretto” dell’amministrazione, a differenza dei primi, resta a pieno titolo a carico dell’ente datore di lavoro,
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in quanto costituisce il soggetto passivo d’imposta ai sensi dell’art. 3 comma 1, lett. e-bis), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446; sicché, l’Irap non deve essere trattenuta (da parte dell’amministrazione) dal compenso corrisposto al beneficiario. Diversamente opinando, la peculiare natura del tributo (trattandosi di un'imposta che colpisce non i redditi personali, ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate), per effetto della traslazione sul dipendente dell’amministrazione, verrebbe contraddetta, dato che, in sostanza, essa si trasformerebbe in un’imposta sul reddito.
Tale interpretazione è suffragata, in primo luogo, dal tenore letterale delle disposizioni richiamate che non fanno esplicito riferimento all’Irap, ma soltanto agli oneri riflessi.
Inoltre, sul piano sistematico occorre rilevare che, nell’ambito della citata legge n. 266 del 2005, vi sono disposizioni che fanno riferimento agli “oneri riflessi” (commi 207 e 208 dell’art. 1) e altre che fanno riferimento anche all’Irap (commi 181, 185 e 198 dell’art. 1).
Mentre il primo gruppo, che prende in considerazione il trattamento dei lavoratori, fa riferimento alle sole voci di spesa che direttamente (es. i compensi professionali per l’avvocatura interna) o indirettamente (gli oneri previdenziali e assistenziali) creano utilità ai lavoratori medesimi, l’Irap, costituisce un onere fiscale che grava sull’ente e non attiene ai rapporti tra l’ente e i lavoratori ma a quelli tra l’ente e il fisco. Il secondo gruppo di disposizioni che riguarda anche l’Irap fa riferimento non solo al trattamento economico dei singoli lavoratori (e dunque ai rapporti tra ente e lavoratore) ma alla spesa pubblica complessiva, nella sua molteplicità di componenti, ai fini del suo contenimento.
3.1. La tesi (asseritamente) opposta (secondo la quale, in sede di corresponsione degli emolumenti agli aventi titolo, l’amministrazione deve trattenere dalla somma ad essi spettante la quota necessaria a pagare l’Irap) muove, nella sostanza, dalla considerazione che, in base alle disposizioni della legge finanziaria, le risorse per fronteggiare gli oneri di personale comprendono anche l’Irap a carico dell’amministrazione; ne discende che se dal calcolo del fondo di progettazione interna o di quello destinato agli avvocati interni non fosse sottratta la quota Irap l’ente locale si troverebbe a corrispondere ai dipendenti un importo superiore, con conseguente maggiore aggravio di oneri di imposta a titolo Irap che, peraltro, rimarrebbero privi di adeguata copertura. In proposito, secondo la Sezione di controllo per la Regione Lombardia, “pur tenendo conto che gli enti pubblici sono autonomi soggetti passivi ai fini dell’Irap e che l’ammontare delle retribuzioni di lavoro dipendente costituisce unicamente la base imponibile per la determinazione dell’imposta, non si può fare a meno di osservare che se dal calcolo del fondo di progettazione interna fosse esclusa l’Irap, l’ente locale si troverebbe a corrispondere ai dipendenti un importo
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superiore, con conseguente maggior aggravio di imposta Irap. Si tratterebbe di una duplicazione dell’onere a carico del Comune che non trova alcuna giustificazione nel contesto del contenimento della spesa pubblica” (deliberazione n. 4 dell’11 febbraio 2008). La Sezione per la Lombardia aggiunge che nell’ambito delle risorse finanziarie per la contrattazione collettiva del personale della pubblica amministrazione, risulta espressamente ricompreso anche l’onere relativo all’Irap (comma 181 cit.); talché “se si considera che l’Irap viene commisurata per le amministrazioni pubbliche alla spesa per il personale, ne consegue che l’incremento per retribuzione accessoria, a qualsiasi titolo, del personale determina anche l’espansione dell’imposta, che non troverebbe più copertura sul bilancio dello Stato” (deliberazione n. 101 del 4 dicembre 2008).
4. Rappresentati i termini della questione, occorre, anzitutto, rilevare che le locuzioni utilizzate dal legislatore per regolamentare i compensi spettanti al personale dell’avvocatura interna (art. 1, comma 208, cit.) e del personale tecnico dipendente delle amministrazioni pubbliche (art. 92, comma 5, cit.), sono, rispettivamente, “oneri riflessi” e “oneri assicurativi e previdenziali”. Va anche ricordato che la disposizione di cui al citato art. 92, comma 5, sussume la disposizione già contenuta nell’art. 18 della legge n. 109, oggetto a sua volta, di due norme interpretative, la prima contenuta nell’art. 3, comma 29, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, secondo la quale detti compensi “si intendono al lordo di tutti gli oneri accessori connessi alle erogazioni, ivi compresa la quota di oneri accessori a carico degli enti stessi”, la seconda, prevista dall’art. 1, comma 207, della legge n. 266 del 1995, la quale dispone che detti emolumenti sono comprensivi “degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione”.
4.1. Certamente l’espressione “oneri riflessi” ricomprende “gli oneri previdenziali e assistenziali”, con ciò derogando al generale principio fissato dall’art. 2115 cod. civ., secondo il quale “salvo diverse disposizioni di legge l’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti uguali alle istituzioni di previdenza ed assistenza”.
Occorre dunque stabilire se detta locuzione “oneri riflessi” sia omologa a quella “tutti gli oneri”, sì da ricomprendere anche gli oneri fiscali (e dunque l’Irap).
In considerazione del carattere non perspicuo della locuzione utilizzata, decisivo appare, in primo luogo, il criterio ermeneutico letterale.
Difatti, nel testo dell’art. 1 della stessa legge finanziaria n. 266 del 2005, il legislatore fa espressamente riferimento all’Irap nei commi 181 (“comprensive degli oneri contributivi e dell’Irap), 185 (“comprensive degli oneri contributivi e dell’Irap”) e 198 (al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’Irap); diversamente, nel comma 208, oggetto della
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richiesta interpretativa, si fa riferimento esclusivamente agli “oneri riflessi”, che, specie nel comma 198, sono distinti dagli oneri fiscali derivanti dall’Irap.
Il confronto tra le espressioni utilizzate dal legislatore nei commi citati (in particolare i commi 198 e 208) della stessa legge finanziaria n. 266 del 2005, secondo il principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (Corte conti, sez. reg. di controllo per il Molise, n. 6/2009/PAR), conduce ad escludere, in base al criterio testuale, che l’Irap possa qualificarsi quale species degli oneri riflessi; deve aggiungersi che, senza pretesa di definire in astratto il contenuto di una espressione atecnica, qual è quella in esame, nel linguaggio utilizzato dal legislatore in queste disposizioni, il concetto evocato dall’aggettivo “riflessi” qualificativo degli “oneri” posti a carico dell’amministrazione sembrerebbe contrapporsi agli oneri “diretti” a carico dell’amministrazione stessa, tra i quali va certamente ricompresa l’Irap (cfr. Agenzia dell’entrate, risoluzione, n.123/E del 2 aprile 2008; Corte conti, Sez. reg. controllo per l’Emilia-Romagna, deliberazione n. 34/2007/parere 4; Sez. reg. controllo per il Veneto, n. 049/2008/Cons).
4.2. Ma anche l’interpretazione sistematica delle disposizioni all’esame è confermativa della soluzione che esclude la riconducibilità dell’Irap nell’ambito degli “oneri riflessi”. Sia la Corte dei conti (nelle deliberazioni citate) che il Consiglio di Stato (adunanza plenaria sent. n. 32 del 1994), ritengono che i compensi professionali da corrispondere a titolo di onorari ai dipendenti comunali appartenenti all’Avvocatura interna, oltre che del personale tecnico, costituiscono parte della retribuzione; sicché, per detti soggetti, non si realizzano i presupposti per l’applicazione dell’Irap, dato che tali soggetti sono privi di autonoma organizzazione (cfr. Corte cost., sent. n. 156/2001, nella quale si trova affermato che “l’Irap è un'imposta che colpisce non i redditi personali, ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate” e ord. n. 103/2002; nonché, Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 327/E del 14 novembre 2007; Corte cass., sentt. nn. 3674, 3676 e 3677/2007; in tema di Irap, sul requisito dell'autonoma organizzazione, cfr., anche Corte cass., sez. un., n. 12111/2009).
Infatti, il presupposto impositivo dell’Irap si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo dell’imposta, cioè colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto titolare di una organizzazione, è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai fini di detto tributo; conseguentemente, l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione ai compensi di natura retributiva (Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 123/E del 2 aprile 2008) bensì unicamente sull’ente datore di lavoro.
4.3. Va aggiunto che, nei casi di specie, nel senso dell’esclusione dell’Irap dall’espressione “oneri riflessi”, utili conferme possono trarsi dalla già citata sentenza n. 33 del 2009 della Corte
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costituzionale, che ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 208, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sollevata - in riferimento agli artt. 2, 3 e 39 della Costituzione, laddove, in particolare, ha ritenuto non suffragata da idonea argomentazione l'affermazione del rimettente del collegamento esistente tra l'art. 2 della Costituzione con il principio della parità degli oneri contributivi enunciato dall'art. 2115 cod. civ. (v., anche, Corte conti, sez. reg. di controllo per il Molise, n. 6/2009/PAR). Quanto alla manifesta irragionevolezza, la Corte ha ritenuto l’infondatezza della questione poiché “nell'ottica della traslazione degli oneri previdenziali è irrilevante la derivazione di quei compensi dalla condanna di controparte alle spese del giudizio, piuttosto che dalla loro compensazione tra le parti”. Infine, la Corte ha ritenuto insussistente la violazione dell'art. 39 Cost., poiché la norma censurata “non mira ad una riduzione del trattamento retributivo complessivo dell'avvocato dipendente previsto dalla contrattazione collettiva, ma disciplina piuttosto la distribuzione del carico contributivo tra ente pubblico-datore di lavoro e dipendente”.
Come si nota, nello scrutinio di legittimità della questione concernente l’art. 1, comma 208, della legge n. 266 del 2005, la Corte ha, dunque, incentrato la motivazione di non fondatezza richiamando l’art. 2115 cod. civ., che riguarda le “contribuzioni”, così escludendo la riferibilità della locuzione “oneri riflessi” anche agli oneri fiscali, per circoscriverla, così, alla sola parte della retribuzione assoggettata a contribuzione previdenziale ed assistenziale.
5. Occorre, a questo punto, verificare se gli argomenti portati dalla Sezione regionale per la Lombardia (deliberazioni n. 4 dell’11 febbraio 2008, e n. 101 del 4 dicembre 2008) si pongano in sostanziale conflitto con l’approdo ermeneutico sopra delineato.
Rileva la Sezione Lombardia che “pur tenendo conto che gli enti pubblici sono autonomi soggetti passivi ai fini dell’Irap e che l’ammontare delle retribuzioni di lavoro dipendente costituisce unicamente la base imponibile per la determinazione dell’imposta, non si può fare a meno di osservare che se dal calcolo del fondo di progettazione interna fosse esclusa l’Irap l’ente locale si troverebbe a corrispondere ai dipendenti un importo superiore con conseguente maggior aggravio di imposta Irap. Si tratterebbe di una duplicazione dell’onere a carico del Comune che non trova alcuna giustificazione del contenimento della spesa pubblica. Occorre inoltre segnalare che nella quantificazione dei fondi statali per la contrattazione collettiva nazionale dei dipendenti pubblici (art. 181 e 185 della legge n. 266 del 2005), l’onere relativo all’Irap è espressamente compreso e che tra le componenti del costo del personale che gli enti locali devono prendere in considerazione al fine del contenimento è inclusa l’Irap (art. 198 ss. della legge n. 266 del 2005)”.
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5.1. Tali condivisibili considerazioni non si pongono in conflitto con l’estraneità dell’Irap rispetto ai c.d. “oneri riflessi”.
5.2. Come si è visto, nell’ambito della legge n. 266 del 1995, si possono individuare due blocchi di norme: il primo, che comprende i commi dal 176 al 206, regolamenta i fondi per il finanziamento dei contratti collettivi integrativi e le connesse modalità di copertura degli oneri; il secondo, composto dai commi 207 e 208, disciplina i compensi professionali; questi ultimi commi, si è già detto, prendono in considerazione il trattamento economico dei lavoratori, senza che si faccia riferimento all’Irap, costituendo un onere fiscale che grava sull’ente datore di lavoro (Corte conti, sez. reg. di controllo per il Veneto, n. 022/2008/Cons; n. 049/2008/Cons; sez. reg. di controllo per l’Emilia-Romagna, n. 34/2007/parere 4; sez. reg. controllo per l’Umbria, n. 1/2008/P).
Diversamente, il primo blocco di disposizioni disciplina la provvista delle risorse finanziarie per far fronte a “tutti gli oneri” derivanti dalle spese di personale, ivi inclusi i fondi “per l’incentivazione alla progettazione” e “per il pagamento dei compensi professionali dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche”; sicché, ai sensi delle richiamate disposizioni, le somme da destinare a detti fondi devono essere calcolate accantonando, a fini di copertura, la quota parte occorrente all’amministrazione per fronteggiare gli oneri che sulla stessa gravano a titolo di Irap (Corte conti, sez. reg. di controllo per la Lombardia, n. 4/pareri/2008 e n. 101/pareri/2008; sez. reg. di controllo per il Veneto, n. 049/2008/Cons).
Difatti, detti compensi concorrono alla determinazione della base imponibile dell’ente, ai sensi dell’art. 10-bis del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, secondo cui le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 maggio 2001, n. 165, ai fini della determinazione della base imponibile Irap, devono tenere conto anche delle retribuzioni da erogare al personale dipendente (Agenzia delle entrate, Risoluzione n. 327/E del 14 novembre 2007).
In effetti, dalle norme da ultimo citate (commi da 176 a 206) viene in rilevo che, in coerenza con quanto stabilito nell’art. 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, le somme indicate per fronteggiare in materia di pubblico impiego gli oneri di spesa, ivi inclusi i fondi di produttività e per i miglioramenti economici, costituiscono le disponibilità complessive massime e, pertanto, non superabili. In sostanza, sui bilanci dello Stato o degli altri enti pubblici, non potranno gravare ulteriori oneri che non trovino adeguata copertura.
Può dunque ritenersi che i c.d. due blocchi di disposizioni sono tra loro coerenti, in quanto le une disciplinano le quantificazioni e le coperture degli oneri del personale; le altre riguardano la determinazione dei compensi spettanti ad avvocati interni e personale tecnico. Ne discende che le disponibilità di bilancio da destinare ai “fondi” da ripartire non possono che essere quantificate al
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netto delle somme destinate (o destinabili) a coprire gli oneri che gravano sull’amministrazione a titolo di Irap, poiché, diversamente, una discorde interpretazione confliggerebbe non solo con il chiaro disposto delle richiamate disposizioni, ma anche con il principio di copertura degli oneri finanziari (art. 81, quarto comma, Cost.). Infatti, se si considera che l’Irap viene commisurata per le amministrazioni pubbliche alla spesa per il personale, l’incremento della retribuzione accessoria spettante, a qualsiasi titolo, determina anche l’espansione dell’imposta che deve, comunque, trovare copertura nell’ambito delle risorse quantificate e disponibili, in linea con l’obiettivo del contenimento di ogni effetto di incremento degli oneri di personale gravanti sui bilanci degli enti pubblici.
Pertanto, ai fini della quantificazione dei fondi per l’incentivazione e per le avvocature interne, vanno accantonate, a fini di copertura, rendendole indisponibili, le somme che gravano sull’ente per oneri fiscali, nella specie, a titolo di Irap. Quantificati i fondi nel modo indicato, i compensi vanno corrisposti al netto, rispettivamente, degli “oneri assicurativi e previdenziali” e degli “oneri riflessi”, che non includono, per le ragioni sopra indicate, l’Irap.
Può concludersi nel senso che, mentre sul piano dell’obbligazione giuridica, rimane chiarito che l’Irap grava sull’amministrazione (secondo blocco delle citate disposizioni), su un piano strettamente contabile, tenuto conto delle modalità di copertura di “tutti gli oneri”, l’amministrazione non potrà che quantificare le disponibilità destinabili ad avvocati e professionisti, accantonando le risorse necessarie a fronteggiare l’onere Irap, come avviene anche per il pagamento delle altre retribuzioni del personale pubblico (primo blocco delle citate disposizioni). Pertanto, le disposizioni sulla provvista e la copertura degli oneri di personale (tra cui l’Irap) si riflette, in sostanza, sulle disponibilità dei fondi per la progettazione e per l’avvocatura interna ripartibili nei confronti dei dipendenti aventi titolo, da calcolare al netto delle risorse necessarie alla copertura dell’onere Irap gravante sull’amministrazione.