Corte cost., sent. n. 75/2016 (Giudizio in via principale – Legge della regione Trentino-Alto Adige – (1) Disposizioni che stabiliscono che, nei Comuni della provincia di Bolzano, la legittimità, la regolarità e l’ammissibilità dei referendum popolari comunali siano valutati da una commissione composta da membri individuati mediante sorteggio – Potestà regolamentare dei Comuni, ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali – Rinuncia del ricorrente, accettazione, estinzione del giudizio – (2) Disposizioni con cui si attribuisce al segretario comunale rogante una quota pari al 75 per cento – e comunque non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento – del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al Comune per una serie di atti previsti dalla legge – Ordinamento degli enti locali, coordinamento della finanza pubblica, ragionevolezza, ordinamento civile, Statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e relative norme di attuazione – Non fondatezza)
SENTENZA N. 75composta dai signori:
ANNO 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
- Marta CARTABIA Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Paolo GROSSI ”
- Aldo CAROSI ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguenteSENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 4-9 febbraio 2015, depositato in cancelleria il 12 febbraio 2015 ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi del 2015.
Visto l’atto di costituzione della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol;
udito nell’udienza pubblica del 23 febbraio 2016 il Giudice relatore Giuliano Amato;
uditi l’avvocato dello Stato Roberto De Felice per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso spedito per la notifica il 4 febbraio 2015, ricevuto dalla resistente il successivo 9 febbraio e depositato nella cancelleria di questa Corte il 12 febbraio 2015 (reg. ric. n. 23 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali), per violazione degli artt. 4, 5 e 6 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere g) ed l), e 117, terzo comma, della Costituzione.
L’art. 11 stabilisce che «Il comma 1 dell’articolo 58 della legge regionale n. 4 del 1993 è sostituito dal seguente: “1. Dall’entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari) una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al comune, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604 e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante in misura pari al settantacinque per cento e fino ad un massimo di un quinto dello stipendio in godimento”».
1.1.– Ad avviso dell’Avvocatura generale dello Stato, tale disposizione sarebbe in contrasto con l’art. 10, comma 2-bis, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, ai sensi del quale «Negli enti locali privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale, una quota del provento annuale spettante al comune ai sensi dell’articolo 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, come sostituito dal comma 2 del presente articolo, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni, è attribuita al segretario comunale rogante, in misura non superiore a un quinto dello stipendio in godimento».
Secondo la difesa statale, infatti, l’art. 11, disponendo, con previsione retroattiva, che una quota del provento annuale dei diritti di segreteria spettanti al Comune sia attribuita «ai segretari comunali roganti», includerebbe in tale categoria i segretari «che hanno la qualifica dirigenziale, nonché [quelli] che prestano la propria attività lavorativa in enti locali dotati di dipendenti con qualifica dirigenziale», cioè tipologie di segretari comunali che il richiamato art. 10, comma 2-bis, esclude espressamente.
La disposizione impugnata, pertanto, estendendo il diritto di rogito a tutti i segretari comunali, siano essi dirigenti o non dirigenti, in misura pari al settantacinque per cento del provento e fino al massimo di un quinto dello stipendio in godimento, consentirebbe l’attribuzione ai segretari dirigenti di somme più cospicue di quelle spettanti ai non dirigenti, determinando un depauperamento delle risorse comunali.
La Regione, in tal modo, avrebbe ecceduto dalla propria competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» (art. 4, numero 3, dello statuto), ledendo un principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, in violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
1.2.– Ad avviso del ricorrente, inoltre, la disposizione impugnata, consentendo l’attribuzione dei diritti di rogito anche per semplici contratti standard, di contenuto predeterminato, stipulati a seguito dell’espletamento di gare per lavori, forniture e servizi, incentiverebbe la loro stesura nella forma dell’atto pubblico.
In tal modo, però, essa inciderebbe sulla disciplina degli atti successivi all’aggiudicazione, invadendo la materia dell’«ordinamento civile», riservata alla competenza esclusiva dello Stato, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
1.3.– Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, infine, il censurato art. 11, incentivando la forma pubblica per la stipula dei menzionati contratti, comporterebbe un aggravio dei costi per le imprese aggiudicatarie sul territorio regionale, creando una disparità di trattamento nei confronti delle imprese aggiudicatarie sul restante territorio nazionale, in violazione dell’art. 3 Cost.
2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato, altresì, l’art. 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 11 del 2014, ai sensi del quale «1. Nei comuni della provincia di Bolzano la legittimità e la regolarità e quindi l’ammissibilità dei referendum popolari viene valutata da una Commissione composta secondo quanto previsto dall’articolo 8 comma 1 della legge provinciale 18 novembre 2005, n. 11. Ai membri della Commissione competono le indennità di cui alla legge provinciale 19 marzo 1991, n. 6, previste per le commissioni a rilevanza esterna.
2. I componenti della Commissione per i procedimenti referendari sono nominati dal Consiglio dei comuni ed individuati mediante sorteggio, a cura del segretario del Consiglio dei comuni, di un membro effettivo e di un membro supplente nell'ambito di ciascuna delle tre terne di nomi, proposti dai presidenti rispettivamente del Tribunale di Bolzano, della Sezione di controllo della Corte dei Conti avente sede a Bolzano e della Sezione autonoma per la provincia di Bolzano del Tribunale regionale di giustizia amministrativa.
3. Le funzioni di segretario della Commissione per i procedimenti referendari sono svolte dal segretario comunale del rispettivo comune.
4. La Commissione per i procedimenti referendari elegge nel proprio seno il Presidente, che convoca e dirige le sedute, ed il suo sostituto. Essa delibera in presenza di tutti i componenti e a maggioranza di voti e opera secondo la tempistica stabilita nei singoli regolamenti comunali.
5. La commissione è competente per tutti i referendum a livello comunale ed è nominata per la durata in carica dei consigli comunali. I costi della commissione sono a carico del rispettivo comune».
2.1.– Ad avviso del ricorrente, tale previsione violerebbe la potestà regolamentare dei Comuni in materia di consultazioni popolari comunali, poiché, in base agli statuti, spetta ai Consigli comunali la disciplina del procedimento referendario e dunque anche la nomina della commissione che deve valutare l’ammissibilità del quesito.
2.2.– La disposizione impugnata, inoltre, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., in quanto il legislatore regionale avrebbe inserito tra i membri di una commissione interna funzionari a carico di organi dello Stato, attribuendo loro nuove specifiche funzioni.
3.– Con atto depositato il 19 marzo 2015, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol si è costituita in giudizio, «limitatamente all’impugnazione dell’art. 11», chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile o infondato.
3.1.– La difesa regionale premette che in Trentino-Alto Adige i segretari comunali sono dipendenti dei Comuni, ai sensi dell’art. 21 della legge 11 marzo 1972, n. 118 (Provvedimenti a favore delle popolazioni alto-atesine).
Ai sensi dell’art. 65 dello statuto speciale, inoltre, la disciplina dello stato giuridico dei segretari comunali spetta alla competenza della legge regionale (e dei regolamenti comunali), salvo il rispetto delle norme contenute nel Titolo VI della legge n. 118 del 1972, cui rinvia anche l’art. 105 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
3.1.1.– Dopo aver ricostruito l’evoluzione della disciplina dei diritti di rogito, la Regione osserva che la norma impugnata ha ridotto l’importo del beneficio spettante ai segretari – dal massimo di un terzo al massimo di un quinto dello stipendio in godimento –, evitando tuttavia di ledere il principio della certezza del diritto e l’affidamento dei segretari (con qualifica dirigenziale) dei Comuni maggiori, che si vedrebbero altrimenti privati delle risorse di cui si era tenuto conto al momento della contrattazione collettiva; ed evitando, altresì, un impoverimento dei Comuni della Regione complessivamente considerati.
3.2.– Ancora in via preliminare, la Regione eccepisce l’inammissibilità della censura statale secondo la quale l’impugnato art. 11 eccederebbe dalla competenza primaria in materia di «ordinamento degli enti locali» sarebbe inammissibile per genericità; tale censura sarebbe generica, perché il ricorrente non avrebbe precisato quale limite della potestà primaria sarebbe violato, né avrebbe tenuto conto della competenza legislativa regionale in materia di ordinamento del personale comunale, di cui all’art. 65 dello statuto speciale.
Nel merito, la questione sarebbe comunque infondata, perché la disposizione censurata non violerebbe alcuno dei limiti previsti dall’art. 4 dello statuto e, in ogni caso, troverebbe il proprio fondamento nel richiamato art. 65, nonché nell’art. 24 della legge n. 118 del 1972.
3.3.– Ad avviso della Regione, inoltre, anche la censura relativa alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., sarebbe infondata, in quanto la norma impugnata determinerebbe non già un depauperamento, ma un aumento di risorse per i Comuni rispetto a quanto previsto dall’art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014.
Ai sensi del richiamato art. 10, comma 2-bis, infatti, il diritto di rogito è attribuito a tutti i segretari comunali nei Comuni «privi di dipendenti con qualifica dirigenziale, e comunque a tutti i segretari comunali che non hanno qualifica dirigenziale»; al segretario, inoltre, spetta l’intero diritto di rogito, purché non si superi il «quinto dello stipendio in godimento».
Applicata al Trentino-Alto Adige, una norma del genere non provoca il risparmio auspicato dallo Stato, perché dei 333 Comuni ubicati sul territorio regionale, solo 12 hanno una popolazione superiore a 10.000 abitanti e, quindi, dispongono di dirigenti. Al contrario, la norma regionale determina un risparmio maggiore, perché riconosce a tutti i segretari i diritti di rogito solo nel limite del 75 per cento. La Regione, peraltro, ha effettuato a tal fine una simulazione in cui ha confrontato i criteri di riparto dei diritti di rogito previsti dalla norma impugnata e da quella statale, limitatamente ai diritti riscossi nel 2013. Da tale simulazione risulta che l’applicazione della disciplina regionale comporterebbe minori oneri complessivi per la finanza pubblica regionale.
Ad avviso della Regione, dunque, il richiamato art. 10, comma 2-bis, non potrebbe essere invocato come principio di coordinamento della finanza pubblica, in quanto dalla sua attuazione nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol deriverebbe un impoverimento delle finanze comunali.
Ove invece si volesse considerare espressiva di un principio fondamentale, l’impugnata norma regionale comunque non lo violerebbe, in quanto essa produrrebbe nel territorio regionale un beneficio maggiore di quello derivante dall’applicazione della norma statale.
3.3.1.– D’altra parte, secondo la Regione, l’art. 10, comma 2-bis, non sarebbe neppure qualificabile come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, essendo una norma che limita una singola voce di spesa, in modo non temporaneo e senza lasciare margini di scelta alla Regione.
Si tratterebbe, piuttosto, di una norma di coordinamento finanziario «indiretto», che ricadrebbe nell’ambito di applicazione dell’art. 79, comma 4, dello statuto.
3.4.– La difesa regionale, infine, deduce l’infondatezza delle censure relative alla violazione degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettera l), Cost.
Osserva la Regione che la norma impugnata prevede l’attribuzione al segretario comunale di una quota di diritti di rogito per gli stessi atti che sono richiamati dall’art. 10, comma 2-bis. Dunque, se la disciplina dello stato giuridico ed economico dei segretari comunali compete, in base allo statuto e alla legge statale, alla legge della Regione, ad essa non potrebbe certo essere precluso riferirsi ai medesimi atti considerati dalla legislazione statale e sulla cui disciplina la legge regionale non ha inciso.
D’altra parte, la presunta “incentivazione” della forma dell’atto pubblico sarebbe una mera illazione della difesa statale, sprovvista di qualunque supporto nella normativa regionale; essa, inoltre, rappresenterebbe un aspetto puramente fattuale, inidoneo a tradursi in un vizio di legittimità costituzionale.
4.– Con atto depositato l’8 settembre 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri ha rinunciato al ricorso, limitatamente all’impugnazione dell’art. 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 11 del 2014.
5.– Con atto depositato il 7 ottobre 2015, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha accettato la rinuncia parziale al ricorso.
6.– Con memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione ha illustrato lo ius superveniens di cui all’art. 11, comma 1, lettera b), numero 4), ultimo periodo, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche), ai sensi del quale «Per la regione Trentino-Alto Adige resta ferma la particolare disciplina prevista per i segretari comunali dal titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118, nonché dalle leggi regionali del Trentino-Alto Adige 26 aprile 2010, n. 1, e 9 dicembre 2014, n. 11, anche in conformità al titolo XI del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, e successive modificazioni, e alle relative norme di attuazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988, n. 574, sull’uso della lingua tedesca nei rapporti con la pubblica amministrazione». La citata disposizione reca, dunque, un criterio direttivo che prevede l’abolizione della figura del segretario comunale.
6.1.– Osserva la Regione come la stessa legislazione statale consideri pienamente legittima la situazione speciale esistente nel suo territorio, peraltro facendo specifico riferimento alla legge oggetto del presente giudizio.
Il rilievo della normativa sopravvenuta ai fini della presa d’atto della situazione speciale del Trentino-Alto Adige, non sarebbe neppure attenuato dalla circostanza che si tratti di un criterio direttivo contenuto in una legge delega; si tratta, in realtà, di una limitazione territoriale dell’ambito di applicazione della disciplina che dovrà essere emanata sulla base del richiamato art. 11, comma 1, lettera b), numero 4), e che prevede il superamento della figura del segretario comunale, nonché la sua riconduzione nell’ambito delle ordinarie figure dirigenziali e non dirigenziali.
6.2.– Ad avviso della Regione, inoltre, l’art. 10 del d.l. n. 90 del 2014 non potrebbe essere in alcuno modo qualificato alla stregua di un principio di coordinamento della finanza pubblica; il carattere specifico e dettagliato della norma, infatti, impedirebbe di avvalorarla come principio, specie in mancanza di qualsivoglia autoqualificazione in tal senso.
6.3.– La Regione, infine, evidenzia come la mera riproduzione nella legislazione regionale della nuova disciplina statale, che presuppone un’ampia esclusione della fascia dirigenziale, risulterebbe priva di contenuti all’interno del proprio ordinamento.
In Trentino-Alto Adige, infatti, i segretari comunali sono divisi in quattro classi e non in tre, come nell’ordinamento statale, senza che vi sia una chiara qualificazione del segretario comunale come dirigente; inoltre, nella Provincia autonoma di Bolzano, la contrattazione collettiva inquadra direttamente tutti i segretari comunali nella IX qualifica funzionale, non dirigenziale.
Pertanto, l’applicazione della normativa statale nel territorio regionale non escluderebbe chiaramente alcuna situazione, con la conseguenza che per la finanza locale risulterebbe preferibile una limitazione del 75 per cento della quota dei diritti da devolvere ai segretari comunali, piuttosto che una limitazione basata sull’esclusione dal beneficio di alcune figure che, nell’ordinamento locale, sono difficilmente riscontrabili.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso notificato il 4-9 febbraio 2015 e depositato il successivo 12 febbraio (reg. ric. n. 23 del 2015), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. 11 e 16 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali), per violazione degli artt. 4, 5 e 6 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), nonché degli artt. 3 e 117, secondo comma, lettere g) ed l), e 117, terzo comma, della Costituzione.
Le disposizioni impugnate concernono, rispettivamente, la disciplina dei diritti di rogito dei segretari comunali e la valutazione dell’ammissibilità dei referendum popolari nei Comuni della Provincia autonoma di Bolzano
2.– Nelle more del giudizio, il Presidente del Consiglio dei ministri, con atto depositato in cancelleria l’8 settembre 2015, ha dichiarato di rinunciare al ricorso, nella parte relativa all’impugnazione dell’art. 16 della legge regionale n. 11 del 2014. La rinuncia parziale è stata formalmente accettata dalla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, con atto depositato in cancelleria il 7 ottobre 2015.
Pertanto, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative, va dichiarata l’estinzione del processo relativamente alle questioni riferite all’anzidetta disposizione.
3.– Residuano le questioni di legittimità costituzionale promosse in riferimento all’art. 11 della legge regionale n. 11 del 2014.
4.– Tale disposizione, a partire dall’entrata in vigore del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 114, attribuisce al segretario comunale rogante una quota pari al 75 per cento – e comunque non superiore ad un quinto dello stipendio in godimento – del provento annuale dei diritti di segreteria spettante al Comune per una serie di atti previsti dalla legge.
4.1.– In tal modo, secondo il ricorrente, la Regione avrebbe esteso il diritto di rogito a tutti i segretari comunali, anche a quelli con qualifica dirigenziale, eccedendo dalla propria competenza in materia di «ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni» e contrastando con il principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, di cui all’art. 10, comma 2-bis, del richiamato d.l. n. 90 del 2014.
4.2.– La disposizione censurata, inoltre, avrebbe incentivato la forma pubblica anche per la stipula di contratti standard di lavori, forniture e servizi, così incidendo sulla disciplina degli atti successivi all’aggiudicazione, in violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.
4.3.– Essa, infine, avrebbe determinato un aggravio dei costi per le imprese aggiudicatarie sul territorio regionale, rispetto a quelle aggiudicatarie sul resto del territorio nazionale, in violazione dell’art. 3 Cost.
5.– Preliminarmente, deve essere valutata l’eccezione di inammissibilità della censura statale, secondo la quale la norma impugnata avrebbe ecceduto dalla propria competenza primaria in materia di «ordinamento degli enti locali», prevista dall’art. 4, numero 3, dello statuto speciale.
Secondo la Regione, infatti, tale censura sarebbe generica, in quanto il ricorrente non avrebbe affatto precisato quale limite della potestà primaria sarebbe stato violato; né avrebbe tenuto presente che l’art. 65 dello statuto prevede la competenza della Regione in materia di «ordinamento del personale dei comuni».
5.1.– L’eccezione non può essere accolta.
Per come formulata nel ricorso, infatti, la censura di eccesso di competenza non è dotata di valenza autonoma, ma è ricollegata alla violazione dell’art. 10, comma 2-bis, del d.l. n. 90 del 2014. L’eccesso di competenza cioè si risolve, in sostanza, nell’asserito contrasto della disposizione impugnata con la norma statale evocata a parametro interposto.
Pertanto, i termini della questione di legittimità costituzionale sono ben identificati, essendo individuate, tra l’altro, «le ragioni dei dubbi di legittimità costituzionale» (ex multis, sentenze n. 273, n. 218, n. 176 e n. 131 del 2015).
6.– Nel merito, le questioni non sono fondate in riferimento ad alcuno dei parametri evocati.
6.1.– Quanto alla ritenuta violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., la non fondatezza di tale censura discende dal peculiare assetto della finanza locale nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.
Ai sensi dell’art. 79, comma 3, dello statuto speciale, infatti, «Fermo restando il coordinamento della finanza pubblica da parte dello Stato ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione», le Province «provvedono al coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli enti locali [...]». L’art. 80, poi, riserva alla Provincia la competenza legislativa in materia di «finanza locale», mentre l’art. 81 prevede che sia la stessa Provincia a corrispondere «ai comuni [...] idonei mezzi finanziari». L’art. 17, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), inoltre, stabilisce che «Le attribuzioni dell’amministrazione dello Stato in materia di finanza locale esercitate direttamente dagli organi centrali e periferici dello Stato, nonché quelle già spettanti alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol nella stessa materia, sono esercitate per il rispettivo territorio dalle province di Trento e Bolzano. La materia della finanza locale non comprende la materia dei tributi locali».La Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, pertanto, non grava sul bilancio dello Stato per il finanziamento della spesa dei propri Comuni, poiché nel territorio regionale la finanza locale è a carico delle Province.
In riferimento alla materia del finanziamento del sistema sanitario in una Regione a statuto speciale, questa Corte ha osservato come «Nel caso in esame non vale richiamare la potestà legislativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.: questa Corte ha infatti precisato che “lo Stato, quando non concorre al finanziamento della spesa sanitaria, e neppure ha titolo per dettare norme di coordinamento finanziario (sentenza n. 341 del 2009, sentenza n. 133 del 2010; nello stesso senso, successivamente, sentenze n. 115 e n. 187 del 2012). Come evidenziato, la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste non grava, per il finanziamento della spesa sanitaria nell’ambito del proprio territorio, sul bilancio dello Stato e quindi quest’ultimo non è legittimato ad imporle il descritto concorso» (sentenza n. 125 del 2015).
Alla luce di questa giurisprudenza, pertanto, lo Stato, non concorrendo al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, non può neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che infatti compete alla Provincia, ai sensi del richiamato art. 79, comma 3, dello statuto.
Di qui, la non fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.
Può aggiungersi che in Trentino-Alto Adige l’applicazione della norma regionale sarebbe bensì estesa anche ai Comuni con segretari dirigenti (12 su 333), ma riconoscerebbe ad essi solo il 75 per cento del diritto di rogito; al contrario, la norma statale si applicherebbe solo ai segretari dei Comuni senza dirigenti (321), tuttavia attribuendo loro l’intero importo del diritto di rogito.
Ne deriva che l’applicazione dell’art. 10, comma 2-bis, nell’ordinamento regionale comporterebbe in ogni caso per le finanze comunali un onere maggiore di quello ad esse derivante dall’applicazione della norma regionale impugnata.
Quest’ultima, dunque, non può considerarsi in contrasto con la disposizione statale, ma ne costituisce un appropriato adeguamento all’ordinamento regionale, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), trovando la sua giustificazione nelle peculiari caratteristiche demografiche dei Comuni della Regione.
6.2.– Del pari non fondata è la censura relativa alla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché la norma regionale si limita a richiamare, ai fini del riconoscimento dei diritti di segreteria, i medesimi atti previsti dalla legislazione statale, senza interferire minimamente con la loro disciplina positiva. Non è ravvisabile, pertanto, alcuna invasione della materia.
6.3.– Ne consegue che la disposizione impugnata non determina neppure alcuna incentivazione della redazione nella forma dell’atto pubblico e dunque non comporta la disparità di trattamento lamentata dal ricorrente, con conseguente non fondatezza della censura relativa alla violazione dell’art. 3 Cost.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol 9 dicembre 2014, n. 11 (Disposizioni in materia di enti locali), promosse, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera g) ed l) e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;
2) dichiara, ai sensi dell’art. 23 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, estinto il processo relativamente alle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 16, della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol n. 11 del 2014, promosse dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 2016.
F.to:
Marta CARTABIA, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 7 aprile 2016.
Il Cancelliere
F.to: Roberto MILANA
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