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La sospensione cautelare dell’atto impugnato

1. Profili generali

La tutela cautelare disciplinata dall’art. 47 del D.Lgs 546/1992 ha natura giurisdizionale ed è equiparabile all’art. 700 c.p.c., che consente al giudice ordinario la tutela cautelare nella forma d’urgenza quando l’istante dimostri il fondato pericolo di subire un pregiudizio irrimediabile. Con detta norma viene colmata la lacuna del processo tributario disciplinata dal D.P.R. n. 636/1972 recante “Revisione della disciplina del contenzioso tributario” che non prevedeva alcun rimedio finalizzato alla sospensione di un atto impugnabile nell’ambito del giudizio, bensì unicamente un rimedio di natura amministrativa consistente nella  domanda all’Intendente di Finanza di sospensione dell’efficacia della riscossione[1], il cui rifiuto era impugnabile innanzi al giudice amministrativo[2].

Poiché, la proposizione del ricorso non ha effetto sospensivo dell’atto impugnato, è necessario che il ricorrente richieda alla commissione provinciale competente la sospensione dell’atto impugnato mediante la proposizione di un’apposita istanza motivata, allorquando dall’atto impugnato possa derivargli un danno grave ed irreparabile. Infatti, l’ufficio tributario, anche se l’accertamento non è divenuto definitivo, deve iscrivere  a ruolo, dopo la notifica dell’atto, la metà dell’ammontare delle imposte, contributi e premi corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accerati.

 E’ da considerarsi ricorrente non solo colui il quale ha proposto il ricorso, ma anche ogni soggetto che si trovi nella medesima posizione processuale del ricorrente, quale, ad esempio, il litisconsorte necessario che sia ancora in termini per la proposizione del ricorso.

La tutela cautelare non può esser chiesta in pendenza del ricorso in commissione tributaria regionale in quanto l'unica sospensione possibile in materia tributaria è quella relativa all'atto impugnato, e quest’ultimo può esser sospeso solo nel primo grado di giudizio, cioè solo dalla commissione tributaria provinciale. Infatti, nel giudizio innanzi alla CTR l’oggetto  è rappresentato dalla decisione del giudice di primo grado[3], se non limitatamente alla parte relativa alle sanzioni pecuniarie ed accessorie. Infatti, ai sensi dell’art. 19 D.Lgs. 472/97, la CTR può sospendere l’esecuzione delle sanzioni applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell’art. 47 D.Lgs. 546/92.

La Consulta, con sent. del 25 maggio 2000, n. 165,  nel  confermare che la disponibilità di misure cautelari costituisce componente  essenziale della tutela giurisdizionale garantita dall'art. 24 Cost.,  ha statuito che, nel processo tributario, "la tutela cautelare debba ritenersi imposta solo fino al momento in cui non intervenga una pronuncia  di  merito che accolga,  con  efficacia  esecutiva,  la  domanda,  rendendo  superflua l'adozione di ulteriori misure cautelari, ovvero la  respinga,  negando  in tal modo, con cognizione piena, la sussistenza  del  diritto  e   dunque  il presupposto stesso della invocata tutela"[4].

Secondo la circolare n. 73/E del 31 luglio 2001 dell’Agenzia delle Entrate, nel caso di controversie pendenti per  le  quali,  a  seguito della sentenza emessa dalle commissioni  tributarie  regionali,  sia  stato proposto,  dalla controparte, ricorso per Cassazione, gli uffici locali,  in ipotesi di presentazione ai sensi dell'art. 373  c.p.c. di  istanza  di  sospensione  della  esecutività  della   sentenza, predisporranno,  in  tempo  utile  rispetto  alla  data   dell'udienza   di comparizione di cui  al c.  2  dell'art.  373  citato,  apposite  memorie illustrative da depositarsi presso la segreteria della commissione adita  e avranno cura di  partecipare  all'udienza.  Più  precisamente,  gli  uffici argomenteranno sulla  inammissibilità del procedimento e, in via  del  tutto  subordinata, nel merito in ordine  al  fumus  boni  iuris  (con riferimento alla fondatezza  della sentenza impugnata) ed  al  periculum  in mora  (in  ordine  agli  effetti  negativi   scaturenti   dall'accoglimento dell'istanza di sospensione comportante l'inibizione della  riscossione  in corso di giudizio ex art. 68 del D.Lgs 546/1992, con  riferimento  alla inaffidabilità, dal punto di vista economico, del soggetto debitore).

2. Istanza di sospensione cautelare

L’istanza può essere contenuta:

a)      nel medesimo atto di ricorso (ad esempio nel caso  di impugnazione di una cartella con iscrizione a ruolo definitiva);

b)      oppure, mediante un atto separato (ad esempio nel caso di ricorso contro un avviso di accertamento l’istanza di sospensione potrà essere presentata all’atto della notifica della relativa cartella di pagamento).

L'atto contenente l'istanza di sospensione deve essere notificato all'altra parte secondo le disposizioni contenute nei c. 2 e 3 dell'art. 16 e depositato, unitamente alla prova dell'avvenuta notificazione, presso la segreteria della commissione tributaria competente. Il deposito dell'atto separato contenente la istanza di sospensione può avvenire solo successivamente alla costituzione in giudizio del ricorrente secondo le disposizioni dell'art. 22. Infatti a seguito della presentazione dell'istanza di sospensione sorge nel processo principale un procedimento incidentale e quindi la cognizione sull'istanza di sospensione presuppone che il rapporto processuale si sia regolarmente instaurato.

L’istanza di sospensione deve indicare:

a)      la commissione tributaria cui è diretta;

b)      il ricorrente ed il suo legale rappresentante, la relativa residenza o sede legale o il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il codice fiscale;

c)      l'ufficio del Ministero delle finanze o dell'Ente locale o dell’Agente della riscossione nei cui confronti è proposta;

d)      l'atto impugnato di cui si chiede la sospensione;

e)      i motivi;

f)        la richiesta di sospensione e l’oggetto del provvedimento;

g)      la sottoscrizione in originale dal difensore del ricorrente o della parte personalmente nei casi di legge.

3. Atti oggetto di sospensione

L’istanza di sospensione può riguardare solamente alcuni tra gli atti impugnabili indicati dall'articolo 19 D.Lgs. 546/1992:

a)    l’avviso di accertamento;

b)   l’avviso di liquidazione;

c)    il provvedimento che irroga le sanzioni;

d)   il ruolo e la cartella di pagamento.

Poiché gli  atti di liquidazione o il mero accertamento dell’imposta, sono di per sé inidonei ad incidere negativamente sulla sua sfera patrimoniale in quanto necessitano, di una successiva attività amministrativa (l’iscrizione a ruolo), per parte della giurisprudenza, oggetto della sospensione sarà l’atto conseguente (iscrizione a ruolo e cartella di pagamento). Pertanto, potrebbe capitare che in presenza di un avviso di accertamento impugnato, qualora l’iscrizione a ruolo e l’emissione della cartella di pagamento precedono la fissazione dell’udienza, il contribuente, al fine di tutelare i propri interessi,  dovrà impugnare anche la cartella di pagamento notificata in conseguenza dell’avviso di accertamento.

Non sono invece suscettibili di essere sospesi:

-         il rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie ed interessi od altri accessori non dovuti o il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizioni agevolate di rapporti tributari.

4. Presupposti

Il giudice potrà concedere la sospensione della esecutività dell'atto impugnato previa valutazione di due requisiti previsti dalla legge:

a)      il "fumus boni iuris" (parvenza di buon diritto): il ricorso contro l’atto impugnato, anche a seguito di una cognizione necessariamente sommaria, deve apparire ammissibile e fondato;

b)      il “periculum in mora” (ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile): la esecuzione del provvedimento può essere sospesa qualora lo stesso sia idoneo a cagionare concretamente all'istante un danno grave ed irreparabile. Il danno è grave laddove l’esecuzione dell’atto pregiudica la condizione economica del ricorrente, anche in virtù dell’entità della pretesa erariale. Il danno è irreparabile laddove l’esecuzione dell’atto impugnato pregiudica irrimediabilmente la situazione soggettiva del contribuente ad esempio in considerazione del tempo intercorrente fino alla discussione nel merito della vicenda per effetto dell’iscrizione a ruolo e quindi della conseguente pretesa del pagamento delle maggiori imposte dovute oppure per effetto del tempo per la restituzione delle somme nel caso in cui il ricorso fosse accolto con decisione definitiva favorevole all’istante. Infatti , in questo lasso di tempo il contribuente potrebbe trovarsi con una forte esposizione debitoria, ovvero essere assoggettato a pignoramento.

L’istanza di sospensione deve, perciò, essere motivata dal contribuente in modo da offrire la prova della sussistenza dei sopra citati requisiti.

Nella valutazione dei presupposti di concedibilità della sospensione della esecutività dell'atto impugnato bisogna tener conto non solo dell'interesse del ricorrente, ma anche di quello dell'Ente impositore circa la perdita delle garanzie patrimoniali nelle more della definizione del giudizio principale od anche la maggiore difficoltà della esazione futura del credito erariale.

Quando la sospensione è richiesta in materia di sanzioni tributarie non penali (irrogate dopo il 1 aprile 1998) il giudice deve necessariamente concederla a prescindere dalla sussistenza dei sopra citati presupposti se il contribuente produce una idonea garanzia, anche a mezzo fideiussione bancaria o assicurativa e può essere proposta istanza anche dinanzi alla Commissione tributaria Regionale.

5. Trattazione dell’istanza di sospensione

5.1 Procedimento ordinario

Il c. 2, dell'articolo in esame, dispone che il Presidente fissa con proprio decreto la trattazione dell'istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile.

La segreteria della commissione comunicherà mediante avviso, secondo le disposizioni contenute negli artt. 16 e 17, alle parti, almeno 10 giorni liberi prima, la data della udienza in camera di consiglio di discussione della sospensione.

La comunicazione dell’avviso di trattazione viene fatta a tutte le parti, indipendentemente che siano già costituite. La qualifica di parte in senso sostanziale, il tal caso, è sufficiente ad espletare le attività contemplate dalla legge poiché le esigenze della tutela prevalgono sulle pur legittime esigenze di integrità del contraddittorio. Infatti, il D.Lgs n. 546/1992, qualora intende limitare un potere o una facoltà ai soli soggetti formalmente costituiti, adopera le parole “parti costituite” (cfr. gli artt. 31, c. 1 o 33, c. 1)[5]. La partecipazione da parte dell’Ente impositore non costituito formalmente alla trattazione della sospensione, non dà diritto allo stesso di ricevere le successive comunicazioni relative al processo, poiché è pur sempre necessario la formale costituzione.

In tale udienza le parti, ovvero i loro difensori tecnici od i rappresentanti dell'ufficio impositore, sono ammessi a svolgere le proprie ragioni a favore o contro la concessione del provvedimento di sospensione. Pertanto è opportuno una costante e qualificata partecipazione da parte dell’Ufficio alle camere di consiglio  relative  ai procedimenti cautelari in quanto la concessione o meno della  sospensione  dell’atto  impugnato  può influenzare la successiva decisione di merito.

5.2 Procedimento d’urgenza

In ipotesi di eccezionale urgenza, cioè quando il pericolo del danno grave e irreparabile è così imminente da non consentire l'espletamento della procedura camerale, il presidente, valutati i presupposti del "fumus boni iuris" e del danno, in assenza di contraddittorio tra le parti, può concedere, con il medesimo decreto di fissazione della trattazione dell'istanza di sospensione, in via provvisoria, la sospensione della esecutività dell'atto impugnato fino alla celebrazione dell'udienza camerale. La sospensione concessa "inaudita altera parte", per decreto presidenziale, è riesaminata nell'udienza camerale ed il Collegio, sentite le parti, può confermarla, revocarla o modificarla.

6. Ordinanza di sospensione

La sospensiva è un procedimento incidentale, che presuppone la valida instaurazione di quello principale.

Il Collegio, nel segreto della camera di consiglio, si pronuncia con ordinanza succintamente “motivata” e “non impugnabile”.  Nel silenzio della norma è da ritenere che tale ordinanza debba essere notificata, a cura del ricorrente, all'ufficio titolare del tributo per i conseguenti provvedimenti.

Del pari se l'impugnativa attiene al ruolo e alla cartella di pagamento o all'avviso di mora, detta ordinanza di sospensione od il decreto presidenziale di sospensione, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria o l'Ente locale non fossero parte del giudizio, devono essere comunicati a questi ultimi a cura dell’Agente della riscossione che è parte in giudizio: ciò per consentire all'ufficio impositore di adottare i necessari adempimenti contabili.

Il provvedimento di sospensione, sia esso emesso sotto forma di ordinanza o di decreto presidenziale, può imporre al ricorrente un versamento di una somma a titolo di cauzione oppure la presentazione di una fideiussione bancaria od assicurativa. In tale ipotesi il provvedimento sospensivo deve, anche precisare i modi ed i termini di prestazione delle cennate garanzie, quali ad esempio l'importo delle somme da versare nonchè il modo ed il termine di versamento, gli elementi dell'atto di fideiussione con particolare riguardo alle somme da garantire, alla durata della garanzia, eccetera. Al puntuale rispetto dei termini e dei modi dettati dal giudice tributario è subordinata la efficacia del provvedimento sospensivo. Pertanto ove il ricorrente non dovesse puntualmente adempiere gli oneri posti a suo carico, l'ufficio del Ministero delle Finanze o l'Ente locale impositore può dare esecuzione al provvedimento impugnato.

Gli effetti dell'atto impugnato possono essere sospesi, ovviamente ricorrendone i presupposti, in tutto od in parte e durano fino alla data di emanazione della sentenza di secondo grado.

La concessione della sospensione dell'esecutività dell'atto impugnato impone una più rapida definizione del processo. In tale ipotesi, infatti, la trattazione del merito della controversia deve essere fissata non oltre 90 giorni dalla data della pronuncia di sospensione.

L'ordinanza di sospensione, per espresso dettato legislativo, non è impugnabile, bensì è soltanto revocabile in caso di mutamento della situazione di fatto esistente al momento della emanazione.

In questa ultima ipotesi occorre la presentazione di una apposita istanza di revoca al medesimo giudice tributario che ha emanato il provvedimento sospensivo, depositata nei modi e nei termini previsti per la istanza di sospensione, ed a seguito della quale sorgerà un nuovo procedimento incidentale del tutto simile al procedimento previsto per l'esame dell'istanza di sospensione sopra descritto.

7. Trattazione della controversia

Nei casi di sospensione dell’atto impugnato, la trattazione della controversia deve  essere fissata non oltre 90 giorni dalla pronuncia di sospensione. Si ritiene che detto termine sia ordinatorio, pertanto l’inosservanza non dà luogo ad effetti processuali.

Gli effetti della sospensione cessano dalla  data  di  pubblicazione della sentenza della Commissione tributaria provinciale.

8. Posizione dell’Ufficio

Qualora il contribuente abbia richiesto la  sospensione  dell’esecuzione dell’atto,  è opportuno che  l’Ufficio prenda posizione al riguardo in sede di  controdeduzioni o  con  separate  memorie,  valutando l’opportunità  di  chiedere  che  la  sospensione   sia   subordinata   alla prestazione di idonea garanzia.

9. Sospensione dell'esecuzione dell'atto di irrogazione sanzioni

Con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il legislatore ha fortemente innovato il sistema sanzionatorio tributario e ha introdotto una specifica disciplina in materia di esecuzione delle sanzioni, applicando il principio, proprio dei tributi e degli interessi, della riscossione frazionata in pendenza di giudizio. In caso di ricorso alle Commissioni tributarie, anche nei casi in cui non è prevista riscossione frazionata, si applicano le disposizioni dell' art. 68, commi 1 e 2, D.Lgs. n. 546/1992 (pagamento del tributo in pendenza del processo). E’ stato stabilito che la Commissione tributaria regionale può sospendere l'esecuzione delle sanzioni tributarie principali, applicando, in quanto compatibili, le previsioni dell' art. 47, D.Lgs. n. 546/1992. La sospensione deve essere concessa, se viene prestata idonea garanzia anche a mezzo di fideiussione bancaria o assicurativa. Il ricorrente può chiedere un provvedimento di sospensione della riscossione parziale alla Commissione tributaria regionale, presentando apposita istanza motivata, che può anche può essere contenuta in atto separato, da notificare alle altre parti e da depositare in segreteria a norma dell' art. 22, D.Lgs. n. 546/1992.

10. Sospensione di atti volti al recupero di aiuti di Stato

I commi  1  e  2  dell’articolo  47-bis  del  D.Lgs.  n.  546  del  1992 individuano le condizioni in  base  alle  quali  la  Commissione  tributaria provinciale  può  concedere  la  sospensione  dell’efficacia  dell’atto   di recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione adottata dalla Commissione europea ai sensi dell'art. 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999 (cd. "decisione di recupero").

I presupposti per la concessione della misura cautelare in esame sono  i seguenti:

a)      la presenza di gravi  motivi  di  illegittimità  della  decisione  di recupero, ovvero la sussistenza di un evidente errore  nella  individuazione del soggetto tenuto alla restituzione  dell’aiuto  di  Stato  ovvero  di  un evidente errore nel calcolo della somma da recuperare, nei  limiti  di  tale errore;

b)      il pericolo di un pregiudizio imminente  e  irreparabile  conseguente all’esecuzione dell’atto.

Per espressa previsione normativa, il requisito sub b)  deve  sussistere cumulativamente con almeno uno dei requisiti individuati sub a).

La previsione della “gravità”  dei  motivi  comporta  che,  in  sede  di valutazione della sussistenza  del  presupposto  in  esame,  la  Commissione tributaria provinciale potrà concedere la  sospensione  dell’atto  impugnato solo se vi siano gravi riserve sulla validità della decisione di recupero.

In proposito, la Corte di giustizia CE ha  osservato  che  “non  possono essere adottati provvedimenti provvisori se non  quando  le  circostanze  di fatto e di diritto invocate dai ricorrenti inducano il giudice  nazionale  a convincersi dell’esistenza di gravi dubbi  sulla  validità  del   regolamento comunitario sul quale l’atto amministrativo impugnato  è  fondato.  Solo  la possibilità  di  un’invalidazione,  riservata  alla   Corte,   può   infatti giustificare  la  concessione  di  provvedimenti  provvisori.” Nel valutare i gravi motivi, la Commissione tributaria provinciale  deve tener conto anche di precedenti pronunce della  Corte  di  giustizia  o  del Tribunale di primo grado sulla legittimità  dell’atto  comunitario.

10.1 Motivi attinenti all’illegittimità della decisione

Se ravvisa  la  sussistenza  di  gravi  motivi  di  illegittimità  della decisione  di  recupero,   il   Collegio   provvede   all’immediato   rinvio pregiudiziale  della  questione  alla   Corte   di   giustizia,   formulando contestualmente la richiesta di trattazione d’urgenza ai sensi dell’articolo 104-ter del Regolamento di procedura  della  Corte  del  19  giugno  1991  e successive  modifiche,  sempre  che  la  questione  di  validità   dell’atto comunitario non sia stata già rinviata alla Corte europea (art.  47-bis, c. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992).

I gravi motivi richiesti dalla norma in commento devono sostanziarsi  in evidenti ragioni di fatto e di  diritto,  dettagliatamente  specificate  dal Giudice tributario. Secondo  la  giurisprudenza  comunitaria,  infatti,  “il giudice nazionale non può limitarsi a proporre alla  Corte  una  domanda  di pronuncia pregiudiziale per l’accertamento della validità  del  regolamento, ma deve precisare, al momento  di  concedere  il  provvedimento  urgente,  i motivi per i quali esso ritiene che  la  Corte  sarà  indotta  a  dichiarare l’invalidità di tale regolamento”. con separata ordinanza, la Commissione tributaria  provinciale  provvede altresì a sospendere il giudizio di merito.

L’ultimo periodo del c. 2 del citato art. 47-bis  stabilisce  che l’istanza di sospensione dell’atto impugnato, proposta per motivi  attinenti alla legittimità della decisione di recupero, non può in ogni  caso  trovare accoglimento se:

-         la  parte  istante,  pur  avendone  facoltà  perché  individuata  o chiaramente individuabile, non ha proposto impugnazione avverso la decisione di recupero  ai  sensi  dell’articolo  230  del  Trattato  istitutivo  della Comunità europea;

-         la parte istante abbia proposto impugnazione ai  sensi  del  citato art. 230 del Trattato, senza tuttavia richiedere  la  sospensione  della decisione di recupero ai sensi del successivo articolo 242;

-         la sospensione della decisione, richiesta  ai  sensi  del  predetto art. 242 del Trattato, non è stata concessa.

Al riguardo si segnala che, secondo la Corte di giustizia delle Comunità europee, “il beneficiario di un aiuto dichiarato incompatibile, che  avrebbe potuto impugnare la decisione  della  Commissione,  non  può  contestare  la legittimità della medesima dinanzi ai giudici nazionali  nell’ambito  di  un ricorso proposto avverso i provvedimenti presi dalle autorità  nazionali  in esecuzione di questa decisione”. Ammettere infatti  che  in  circostanze  del genere  l’interessato  possa,  dinanzi   al   giudice   nazionale,   opporsi all’esecuzione della  decisione  comunitaria  eccependo  l’illegittimità  di quest’ultima equivarrebbe a  riconoscergli  la  possibilità  di  eludere  il carattere definitivo della decisione nei suoi confronti dopo la scadenza del termine di ricorso previsto all’art. 230, c.5. 

10.2 Errore nell’individuazione del soggetto destinatario dell’atto di recupero

Un altro dei presupposti che - sempre unitamente al periculum in mora  - consente  la  concessione  della  misura  cautelare  è   l’evidente   errore nell’individuazione del soggetto destinatario dell’atto di recupero.  L’erroneità nell’individuazione del soggetto chiamato alla  restituzione deve emergere prima facie, ossia allo stato degli  atti  e  senza  che  sia necessaria alcuna indagine o apprezzamento coinvolgente il merito. La necessità che l’errore emerga da  elementi  di  immediata  percezione trova, infatti, la sua base normativa nell’aggettivo “evidente” che la norma in commento ha utilizzato per  la  caratterizzazione  dell’errore  idoneo  a fondare un provvedimento di sospensione.     L’evidenza  dell’errore, tuttavia, non può ridursi  alla mera constatazione dell’avvenuta eccezione da parte del ricorrente, ma  necessita di una valutazione in ordine alla concreta sussistenza dell’errore,  sebbene l’accertamento svolto dal Giudice tributario  in  tale  fase   processuale  è comunque limitato a un esame sommario degli atti. In definitiva, la circostanza che l’errore sia connotato  dai  caratteri dell’evidenza  e  che  si  manifesti  all’esito  di  un’indagine  di  natura sommaria,  quale  è  quella  esperita  in  sede  cautelare,  circoscrive  la ricorrenza di tale presupposto ad ipotesi di discrasie soggettive palesi.

10.3 Errore di calcolo

L’errore di calcolo è solo quello facilmente rilevabile  dagli  elementi indicati dall’Ufficio nell’atto di recupero. Più specificamente, si tratta del caso in cui l’importo complessivamente preteso dall’Ufficio sia superiore a quello  risultante  dalla  liquidazione delle singole voci poste a base del recupero; tale incongruenza deve  essere frutto di un palese errore di calcolo.

Si precisa  che  la  sospensione  dell’esecutività  dell’atto  impugnato fondata  sull’errore  di  calcolo  può  essere  disposta  solo  nei   limiti dell’errore invocato.

10.4 Pericolo nel ritardo

Per espressa previsione normativa, la  sussistenza  di  almeno  uno  dei presupposti indicati sub lett. a) dell’art. 47-bis (e sopra descritti a paragrafi 10.1, 102 e 10.3) deve essere necessariamente accompagnata dalla  dimostrazione  del  pericolo  nel ritardo. In proposito si osserva che il cosiddetto periculum in mora  costituisce un requisito comune a tutti i provvedimenti di natura cautelare.  La sospensione dell’atto di recupero è, quindi, possibile solo  in  caso di accertato “pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile”, che deve sostanziarsi nel pericolo concreto, effettivo ed immediato di un danno grave ed irreparabile derivante dall’esecuzione dell’atto e non suscettibile di un successivo ristoro  in  presenza  di  una  decisione  definitiva  favorevole all’istante.  In  particolare,  il  pregiudizio deve essere così rilevante ed irreversibile da richiedere - nelle more dell’emanazione della  sentenza  di merito - l’immediato intervento del Giudice e la  concessione  della  misura cautelare. L’accertamento in ordine a tale presupposto, che l’istante deve  provare con elementi  certi  ed  univoci,  non  può  essere  sommariamente  limitato all’entità  dell’importo  richiesto,  quindi  rapportato a soli criteri quantitativi, ma deve tener conto anche  degli  elementi  soggettivi,  della complessiva situazione patrimoniale ed  aziendale  del  richiedente,  nonché della sottesa finalità del recupero che trova  radice  nelle  determinazioni comunitarie. Può, inoltre, essere  oggetto  di  valutazione  anche  il  comportamento tenuto dal contribuente successivamente alla pubblicazione  della  decisione di recupero.    

Si ricorda, al  riguardo,  che  il  paragrafo  3  dell’art.  26  del  Regolamento  n.  659/1999  prevede  che  siano  pubblicate  nella   Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea le  decisioni  con  le  quali  la  Commissione dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune.  Tale pubblicità consente la tempestiva  diffusione  e  conoscenza  della illegalità dell’aiuto e potrà, quindi, consentire ai  soggetti  interessati, entro un ragionevole arco temporale e nei limiti delle risorse  disponibili, l’adozione delle usuali tecniche contabili o di gestione aziendale  volte  a precostituirsi  le  idonee  riserve  finanziarie  per  fronteggiare   eventi caratterizzati dalla prevedibilità. Infatti, poiché il recupero dell’aiuto di  Stato  risponde  ad  esigenze sopranazionali consistenti nel ripristino  della  situazione  esistente  sul mercato precedentemente alla concessione dell’aiuto stesso,  alla  decisione di recupero adottata dalla  Commissione  europea  segue  inevitabilmente  la

procedura di recupero in ambito nazionale.     Tali esigenze sopranazionali rendono evidente come  il  presupposto  del “pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile” debba essere  valutato

con estrema attenzione,  adottando  criteri  oggettivi  e  soggettivi,  onde pervenire ad una  corretta  determinazione  che,  pur  non  tralasciando  le esigenze di effettiva tutela  del  singolo,  non  sia  di  ostacolo  ad  una immediata ed effettiva azione di recupero.

10.5 Procedimento

Ai sensi del c. 3 dell’art. 47-bis, “Fermi restando i presupposti di cui ai commi 1 e 2, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4, 5, 7 e 8 dell’art. 47; ai fini  dell’applicazione  del  c. 8  rileva anche il mutamento del diritto comunitario”. Non trovano applicazione nelle controversie in esame le disposizioni del comma 3 del citato art. 47, che  prevedono  la facoltà per il Presidente di concedere con decreto, in casi  di  eccezionale urgenza, la sospensione inaudita altera parte. Il legislatore, inoltre, non ha richiamato le  disposizioni  di  cui  al c. 6 dell’art. 47, in quanto il c. 4 dell’art. 47-bis  prevede una  disciplina  speciale  in  tema  di  termini  per  la  fissazione  della trattazione  della  controversia  nel  merito. Infatti, Le controversie relative agli atti per il recupero di aiuti di Stato sono definite, nel merito, nel termine di 60 giorni dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione. Alla scadenza del termine di 60 giorni dall'emanazione dell'ordinanza di sospensione, il provvedimento perde comunque efficacia, salvo che la Commissione tributaria provinciale, entro il medesimo termine, riesamini, su istanza di parte, l'ordinanza di sospensione e ne disponga la conferma, anche parziale, fissando comunque un termine di efficacia, non prorogabile, non superiore a 60 giorni. Non si applica la disciplina sulla sospensione feriale dei termini. Nel caso di rinvio pregiudiziale, il termine per la definizione nel merito delle controversie è sospeso dal giorno del deposito dell'ordinanza di rinvio e riprende a decorrere dalla data della trasmissione della decisione della Corte di giustizia CE.

Infine, in relazione al c. 8 dell’art. 47 del D.Lgs. n.  546  del 1992,  si  ricorda  che  la  disposizione  richiamata  prevede   la   revoca dell’ordinanza di sospensione in caso di mutamento della situazione di fatto esistente al momento della emanazione. In proposito, il legislatore ha precisato che nelle controversie  aventi ad oggetto gli atti di recupero  in  esame  rilevano  anche  le  ipotesi  di mutamento del diritto comunitario[6].

10.6 Giudizio in appello

In caso di impugnazione della sentenza pronunciata sul ricorso avverso uno degli atti di recupero di aiuti di Stato, tutti i termini del giudizio di appello davanti alla Commissione tributaria regionale, ad eccezione di quello stabilito per la proposizione del ricorso, sono ridotti alla metà. Nel processo di appello le controversie relative agli atti di recupero di aiuti di Stato hanno priorità assoluta nella trattazione. Si applicano le disposizioni processuali descritte per il primo grado.

11. Sospensione amministrativa

Oltre la sospensione, in  via  giudiziale,  dell'esecutività  dell'atto impugnato,  il  ricorrente  ha  la  possibilità  di  chiedere  la sospensione anche in via amministrativa all’ufficio impositore in base alle seguenti disposizione:

-         art. 19, D.P.R. n. 602/73 in base al quale “l’Agente della  riscossione,  su  richiesta  del  contribuente,  può concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di  obiettiva  difficoltà dello stesso, la ripartizione del pagamento delle somme  iscritte  a  ruolo fino ad un massimo di settantadue rate mensili”;

-         art. 19 bis, D.P.R. n. 602/73 in base al quale “se si verificano situazioni  eccezionali,  a  carattere  generale  o relative  ad  un'area  significativa  del  territorio,  tali  da   alterare gravemente lo svolgimento di un corretto rapporto con  i  contribuenti,  la riscossione può essere sospesa, per non più di dodici mesi, con decreto del Ministero delle finanze”;

-         art. 39, c. 1, del D.P.R. n. 602/1973 in base al quale “il ricorso contro il  ruolo  di  cui  all'art.  19  del  D.Lgs. n.  546/1992,  non  sospende  la  riscossione; tuttavia, l'ufficio delle entrate o il centro di  servizio  ha  facoltà  di disporla in tutto o in parte fino alla data di pubblicazione della sentenza della  commissione  tributaria  provinciale,  con  provvedimento   motivato notificato al concessionario e al contribuente. Il provvedimento può essere revocato ove sopravvenga fondato pericolo per la riscossione”;

-         art. 56, c. 1, lett. a), del D.P.R.  26  aprile 1986, n. 131, così come modificato dall'art.  3,  comma  135,  lettera  c), della L. 28 dicembre 1995, n. 549, in base al quale “l’Ufficio può sospendere la riscossione, prima dell'emanazione della sentenza di primo grado, del terzo della maggiore imposta di registro accertata”;

-         combinato  disposto  del  sopra citato  art.  56,  c. 1, lett. a), del D.P.R. n. 131 del 1986 e dell'art. 13 del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, in base al quale “l’Ufficio può sospendere  la riscossione del terzo della maggiore imposta  catastale ed ipotecaria accertata”;

-         art. 40,  c.  2,  del  D.Lgs.  31  ottobre  1990, n. 346, in base al quale “l’Ufficio può sospendere  la riscossione  prima dell'emanazione della  sentenza  di  primo grado, del terzo dell'imposta  complementare  di  successione  o  donazione accertata”;

-         art. 2-quater  del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, in base al quale “nel  potere di annullamento o di revoca di cui al  comma  1  deve intendersi compreso anche  il  potere  di  disporre  la  sospensione  degli effetti dell'atto che appaia illegittimo o infondato”.  

Va precisato che nessuna possibilità di sospensione in via amministrativa della esecutività degli atti impugnati è prevista dalle vigenti disposizioni sui tributi comunali e locali.

12. Sospensione o rateazione della cartella di pagamento impugnata giudizialmente ed applicazione dell’art. 48 bis del DPR 602/1973

Con il decreto del Ministro dell’Economia e  delle  Finanze – Ragioneria generale dello Stato -  18  gennaio 2008, n. 40, è stato adottato il regolamento volto  a  disciplinare  le modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del DPR n. 602/1973, recante  disposizioni  in  materia  di pagamenti da  parte  delle  Pubbliche  Amministrazioni  e  delle  società  a partecipazione pubblica[7], disposizione introdotta dall’articolo 2, comma 9, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, successivamente modificata dall’articolo 19 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, nonché dall’articolo 2, comma 17, della legge 15 luglio 2009, n. 94.

A decorrere dalla data di entrata in vigore  del  regolamento (29 marzo 2008), le amministrazioni pubbliche di cui all'art. 1, c. 2, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione  pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a 10.000 euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente  all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al  pagamento e segnalano la circostanza all'agente della riscossione competente  per  territorio,  ai  fini   dell'esercizio dell'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

La Ragioneria Generale con circolare 29 luglio 2008 n. 22, con riferimento alla sospensione o rateazione della cartella di pagamento,  ha precisato che, non  si  è  in presenza di una cartella per la quale è ‘scaduto’ il termine  di  pagamento, essendo stato emesso  un  provvedimento  che  ha  inciso  proprio  su  detto termine,  nelle seguenti situazioni:

-         sia stata richiesta  e accordata  una  dilazione  del  pagamento della cartella di pagamento a  norma  dell’articolo  19  del D.P.R. n.   602/1973   (recentemente   modificato   dall’articolo   36   del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31);

-         sia stata accordata una sospensione amministrativa  della riscossione, ai sensi dell’articolo 19-bis o  dell’articolo  39  del  citato decreto;

-         nel caso in cui il  debitore   potrebbe   aver   beneficiato   di   un provvedimento di sospensione della riscossione ottenuto in via di autotutela (articolo 2-quater,  comma  1-bis,  del  decreto-legge  30  settembre  1994, n. 564, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656) ovvero in via giudiziale (articolo 47 del decreto  legislativo  31  dicembre 1992, n. 546).

Pertanto, nel caso di rateazione, il  termine  risulta  ‘frazionato’  in  una serie di rate, ciascuna  rappresentante  un  adempimento  per  il  debitore, mentre nell’ipotesi di sospensione, la scadenza originaria  del  pagamento  risulta differita  sino  al  verificarsi  di  una  data  condizione  (decisione   in autotutela, pronuncia giurisdizionale, ecc.).  Ne consegue che nelle suddette ipotesi non trova applicazione l’articolo 48-bis per carenza del presupposto relativo  all’inadempimento  dell’obbligo

di versamento scaturente da una cartella di  pagamento,  come  del  resto  è possibile desumere dall’art. 3, c. 5, del Regolamento.

 



[1] CTR di Roma 16 marzo 2004 n. 42 per la quale “nel giudizio di appello non può essere chiesta la sospensione dell'atto impugnato (né della sentenza di  primo  grado).  Infatti  per  il coordinato disposto dell'art. 47 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e del successivo art. 61, tra gli istituti previsti nell'ambito del  giudizio  di primo grado che risultano non applicabili al giudizio di appello  vi  è  il procedimento incidentale suddetto la cui efficacia è espressamente limitata temporalmente a non oltre la sentenza di primo grado”.

[2] Cass. SS.UU. 20 luglio 1989 n. 3408.

[3] Corte Cost. 27 luglio 2001  n. 325 e Corte Cost. ord. 19 luglio 2000  n. 217 per la quale “è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 47 e 49 del D.Lgs. 546/1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione”.

[4] Cass. sez. trib. 21 gennaio 2000 n. 18 in base alla quale la Corte nel ribadire la discrezionalità del legislatore,  ha escluso  l'esistenza  di  un principio,  costituzionalmente rilevante, di necessaria  uniformità  tra  i vari tipi di processo.

[5] Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, Ris. n.10 del 7 ottobre 2003.

[6] Circ. n. 42/E del 29 aprile 2008 Agenzia delle Entrate

[7] Con circolare n. 29 del 8 ottobre 2009 il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato – ha fornito nuovi chiarimenti in merito alle “Modalità di attuazione dell’articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni”.

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