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 Il deposito di documenti e di memorie

1. Profili generali

Nella fase processuale  intercorrente  tra  la data  di  comunicazione  dell'avviso  di  trattazione  e  la data di fissazione dell'udienza pubblica o della deliberazione in camera  di consiglio le parti possono esperire ulteriore attività difensiva, che può riguardare:

a)      il deposito di documenti fino a 20 giorni liberi prima della data di trattazione, elencati in apposita nota sottoscritta da depositare in originale ed in numero di copie in carta semplice pari a quello delle altre parti (art.22, 24 e 32 D.Lgs.546/1992);

b)      il deposito di memorie illustrative con le copie per le altre parti fino a 10 giorni liberi prima della data di trattazione (art.32 D.Lgs.546/1992);

c)      brevi repliche scritte fino a 5 giorni liberi prima della data della camera di consiglio, solo nel caso di trattazione della controversia in camera di consiglio (art.32 D.Lgs.546/1992).

Il deposito, può essere effettuato anche a mezzo del servizio postale, in tal caso si ritiene che il momento rilevante ai fini della determinazione della tempestività della trasmissione non è quello della spedizione, ma quello del deposito delle copie destinate alle altre parti che devono avere, assieme al giudice, la garanzia di giorni liberi fissati dalla normativa.

In merito all’invio tramite fax lo stesso è ammissibile a condizione che la trasmissione venga seguita dalla presentazione della copia cartacea nei termini di legge[1].

Poiché il D.Lgs. 546/92  non prevede alcuna comunicazione dell'avvenuto deposito di documenti e memorie a cura della segreteria, la cui conoscenza rientra nel generale onere delle parti di seguire le reciproche attività processuali mediante  la  consultazione  del fascicolo processuale, rientra nella diligenza della controparte, anche alla luce delle norme processuali che individuano i  tempi  e  modi  del  deposito  di  documenti,  prenderne visione e ritirare la copia dell’elenco dei  documenti prodotti depositata in segreteria.

Infatti, una sollecita  replica  da  parte  della Amministrazione risponde alle esigenze  di  lealtà  processuale  (tanto  più vincolanti per  la  parte  pubblica), affermate dalla Corte di Cassazione con il richiamo  al principio dell’"onere  della  contestazione", successivamente normativizzato dalla L. n. 69/2009,  il  cui  mancato esercizio determina la acquisizione al giudizio delle  asserzioni  di  parte. Ne  consegue  la  irrilevanza  delle contestazioni sollevate dalla Amministrazione  in  grado  di  appello[2].

L'onere di contestazione (col relativo corollario del  dovere, per  il  giudice,  di  ritenere  non  abbisognevole  di  prova  quanto   non espressamente contestato)  è  principio  generale  che  informa  il  sistema processuale (e perciò anche il processo  tributario)  poggiando  le  proprie basi non soltanto sul tenore degli artt. 416 e 167 c.p.c., bensì anche sul carattere dispositivo del processo - comportante una struttura  dialettica  a  catena  -,  sulla  generale   organizzazione   per preclusioni successive - che, in misura maggiore o minore, caratterizza ogni sistema processuale - sul dovere di lealtà e probità posto  a  carico  delle parti dall'art. 88 c.p.c.  -  che  deve  ritenersi applicabile anche  al  processo  tributario  in  virtù  del  rinvio  di  cui all'art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992 - ed  infine,  soprattutto,  sul  generale principio di economia che deve sempre informare il  processo,  vieppiù  alla luce del novellato  art.  111  della  Costituzione[3].

2. Deposito di documenti

I documenti a supporto del ricorso possono essere presentati:

a)      in allegato al ricorso oppure altro atto del giudizio, appositamente elencati;

b)      con nota di deposito, da depositare presso la segreteria della Commissione. La nota di deposito va depositata presso la segreteria della Commissione tributaria in originale (in bollo da € 14,62) e tante copie quante sono le altre parti.

3. Memoria aggiuntiva o integrativa dei motivi del ricorso

Il deposito di documenti “non conosciuti” dal ricorrente ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, è la condizione per integrare i motivi del ricorso ai sensi dell’art. 24 del D.L.gs. 546/1992[4]. Ne consegue l’impossibilità da parte del contribuente, al di fuori dell’eccezione prevista dal citato articolo, di integrare i motivi del ricorso[5].

L'integrazione dei  motivi,  debitamente sottoscritta  deve  essere proposta  con  le  stesse  modalità   previste   per   il   ricorso introduttivo:

a)      notifica a tutte le parti in causa, nel termine di 60 giorni dalla data in cui l’interessato ha avuto notizia del deposito dei documenti prima non conosciuti;

b)      deposito nella segreteria della commissione, entro 30 giorni dalla notifica, a pena di inammissibilità. 

Qualora nel momento in cui la parte ha avuto notizia del deposito,  è già fissata la trattazione della controversia, l'interessato, a pena di inammissibilità, deve dichiarare, non oltre la trattazione in camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che intende proporre motivi aggiunti. In tal caso la trattazione o l'udienza debbono essere rinviate ad altra data per consentire alla parte l’assolvimento degli adempimenti previsti dalla normativa.

Il giudice, in questa ipotesi, non ha alcun potere discrezionale in merito alla decisione di rinviare o meno la trattazione e dovrà prendere atto della dichiarazione della parte interessata, a meno che non ritenga carente il requisito della novità dei documenti.

Le controparti, a loro volta, potranno depositare memorie difensive, entro 60 giorni dalla notifica.

4. Memoria illustrativa

La memoria illustrativa, ha il fine di spiegare i contenuti delle memorie depositate per la costituzione in giudizio e  deve contenere l'indicazione:

a)      della commissione tributaria cui è diretto;

b)      del ricorrente e del suo legale rappresentante;

c)      dell'ufficio del Ministero delle finanze o dell'Ente locale o del concessionario del servizio di riscossione nei cui confronti il ricorso è proposto;

d)      dell'oggetto del processo;

e)      del numero di registro generale del ricorso (R.G.R.);

f)        della data di presentazione del ricorso;

g)      della data di trattazione se è già  nota;

h)      dell’illustrazione dei motivi indicati nel ricorso introduttivo;

i)        della sottoscrizione in originale dal difensore del ricorrente o della parte.

La memoria illustrativa va depositata presso la segreteria della Commissione tributaria in originale e tante copie quante sono le altre parti, prima dell’udienza di trattazione.

5. Brevi repliche scritte

E’ possibile presentare brevi repliche scritte solo nel caso di trattazione della controversia in camera di consiglio.

Le brevi repliche scritte vanno depositate presso la segreteria della Commissione tributaria in originale e tante copie quante sono le altre parti.

6. Termini

I termini, per il compimento delle attività in questione sono ritenuti perentori[6], ancorché non dichiarati tale dalla legge, in quanto il fine è quello di realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice,  nonchè tutelare il diritto di difesa della controparte attraverso lo svolgimento orale di eventuali repliche in udienza (se questa è pubblica) oppure il deposito di memorie di replica (se l’udienza avviene in camera di consiglio), almeno 5 giorni prima[7].

Ancorché il termine in questione, per le parti è perentorio, nella vigenza dell’ormai abrogato c. 3 art. 7 D.Lgs. 546/1992 si riteneva che lo stesso  non interferiva sul potere delle Commissioni tributarie, esercitabile, in carenza di delimitazioni temporali, fino all'udienza di discussione di ordinare all'ufficio  il deposito dei documenti che sono  indispensabili per valutare l’ammissibilità del ricorso[8]. Resta ferma l'opportunità del differimento dell'udienza ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs n. 546 del 1992.

Sebbene l’art. 152 c.p.c. disponga che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori, non si può da tale norma dedurre che, ove manchi una esplicita dichiarazione in tal senso debba senz’altro escludersi la perentorietà del termine perché nulla vieta … di indagare se a prescindere dal dettato della norma, un termine, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, debba essere rigorosamente osservato[9].

Ne consegue che la mancata osservanza del detto termine determina la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, senza che assuma alcun rilievo, in contrario, la circostanza che la controparte si sia costituita in giudizio senza nulla eccepire al riguardo[10]. La possibilità di sanatoria, come  previsto dall'art. 153 c.p.c., a seguito di acquiescenza è ammessa, difatti, soltanto con riferimento alla forma degli atti processuali, e non anche relativamente all'inosservanza dei termini perentori[11].

Si ritiene in proposito  che  il  legislatore,  con  le  espressioni "memorie  illustrative"  (da  depositarsi fino a 10 giorni liberi prima della data di trattazione) e "brevi repliche" (consentite fino a 5 giorni prima), abbia inteso evidenziare come questa sia una fase di precisazioni in cui le parti possono sviluppare motivi  già dedotti  ma non proporre motivi aggiunti (salvo,  per il ricorrente, la possibilità di intergare i motivi del ricorso previsto dall'art. 24, c. 2, con le modalità previste dall’art. 24 c. 4). 

Pertanto,  la natura degli scritti difensivi  in  argomento,  sembra essere  più affine alle "memorie conclusionali" (che l'art. 190 c.p.c.,  nel testo ancora  vigente,  prevede nel  giudizio  civile  ordinario)  che  non,   per  quanto  riguarda l'ufficio,  alla memoria di costituzione per resistere al ricorso da depositarsi, ex art. 23 c. 1 e 2, entro 60 giorni dalla notifica o ricezione dello stesso. 

Poiché la  norma  in  commento  non prevede alcuna comunicazione alla parte interessata,  a cura della segreteria,  della avvenuta presentazione di documenti e di memorie illustrative, l’Ente impositore dovrà tenere un comportamento processualmente attivo e diligente, seguendo l'attività   della   controparte  attraverso  la consultazione del fascicolo processuale.

7. Presentazione nel giudizio di appello di documenti, memorie e repliche 

Tale disposizione è applicabile anche al giudizio di appello in virtù dell'art. 61 del D.Lgs. 546/1992 in base al quale nel  procedimento d'appello si osservano in quanto applicabili le norme dettate per il procedimento di primo grado, purchè non siano incompatibili con le disposizioni dettate per il secondo grado.

 



[1] Cass. sez. trib. 4 ottobre 2000 n. 13172.

[2] Cass. sez. trib. 22 febbraio 2008 n. 4605.

[3] Cass. sez. trib . 24 gennaio 2007  n. 1540, per la quale “l'applicazione  del suddetto  principio  non incontra  ostacoli  nelle  peculiarità   del   processo tributario, quali il carattere eminentemente documentale dell'istruttoria  e la  ritenuta  non  applicabilità  in  materia  della  disciplina   di   equa riparazione per la non ragionevole durata del processo”.

[4] Cass. sez.  trib.  n.  24970 del 25 novembre 2005 in base alla quale “la presentazione da parte  del contribuente di "motivi  aggiunti"  (contenenti  l'eccezione  di  decadenza dell'Amministrazione dal potere di accertamento, eccezione  non  rilevabile d'ufficio, ricadendo nella disponibilità della parte:  Cass.  n.  404/1999) appare tardiva (Cass. n. 9754/2003), rispetto al dettato di cui all'art. 24 c. 2, del D.Lgs. n. 546/1992, che ammette l'integrazione dei  motivi  di ricorso, ma soltanto  in  relazione  alla  contestazione  di  documenti  di controparte  fino  ad  allora  non  conosciuti(circostanza   nella   specie insussistente, trattandosi di eccezione  riferita  alla  data  di  notifica dell'accertamento  impugnato),  e  comunque  entro  il   termine   definito  perentorio di sessanta giorni dalla data in cui si  è  avuta  notizia  di tali documenti, termine nella specie palesemente non rispettato”. Conforme Cass. sez. trib. 10 settembre 2007 n. 19000.

[5] Cass. sez.  trib.  22 aprile 2003 n.   6416.

[6] Cass. sez. trib. 6 gennaio 2004  n. 138 per “la quale il  termine  di 20 giorni per le produzioni documentali, in quanto  configura  il  momento  oltre il quale le parti  perdono il diritto di effettuare  tali  produzioni  difensive  caratteristica,  (come  si è  già rilevato, implicante  di  per  se  stessa  la  previsione di decadenza ex art. 152, c.  2,  c.p.c.)  risulta  essere di natura perentoria, e quindi da osservare a pena di decadenza”. Conforme Cass. sez. trib. 4 ottobre 2000 n. 13172.

[7] Cass. sez. trib.  30 gennaio 2004  n. 771 per la quale “In tema di contenzioso tributario, il termine previsto dall'art. 32 D.Lgs. 546/1992, per il deposito di memorie e documenti (applicabile anche al giudizio di appello in virtù dell'art. 58 c. 2 D.Lgs. 546/1992) deve ritenersi perentorio, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, in quanto diretto a tutelare il diritto di difesa della controparte ed a realizzare il necessario contraddittorio tra le parti e tra queste ed il giudice. Ne consegue che la mancata osservanza del detto termine comporta la preclusione di ogni ulteriore attività processuale, senza che assuma rilievo in contrario la circostanza che la controparte si sia costituita in giudizio senza nulla eccepire al riguardo. La possibilità di sanatoria a seguito di acquiescenza è ammessa, infatti, soltanto con riferimento alla forma degli atti processuali e non anche relativamente all'inosservanza dei termini perentori, come previsto dall'art. 153 del codice di rito”; Cass. sez. trib. 8 febbraio 2006  n.  2787 per la quale “l'art. 58  del  D.Lgs.   546/1992 fa salva la facolta' delle parti di produrre nuovi documenti  in  appello  che  secondo  l'art.  32,  c.  1  (richiamato dall'art. 61  con  riguardo  alle  norme relative al giudizio di I grado) deve rispettare il  termine  perentorio  (per  il  rispetto del diritto di difesa e del principio  del  contraddittorio)  del  deposito  fino  a  20 giorni liberi prima della data di udienza”. 

[8] Cass. sez. trib.  21 novembre 2000 n. 14624.

[9] Cass. sez. trib. 6 giugno 1997 n. 5047. Corte Cost. ord. 1 aprile 2003  n. 107 in base alla quale “il carattere perentorio di un termine non deve necessariamente risultare esplicitamente dalla norma, potendosi desumere dalla funzione, ricavabile dal testo della legge, che il termine è chiamato a svolgere”. Cass.  sez. trib. 11 marzo 2004  n.  19865 (Contra Cass. sez. trib. 10 novembre 2000 n.  3413) ; Cass. sez. trib. 22 luglio 1980 n. 4787; Cass. SS.UU. 3 febbraio 1994 n. 1111.

[10] Cass. sez. trib. 30 gennaio 2004 n. 1771. Cass. sez. trib. 9 gennaio 2004  n. 138.

[11] Cass. sez. trib.  14 giugno 2001 n.  8022.

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