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Il ricorso per Cassazione

1. Profili generali

Il ricorso per Cassazione, appartiene alla categoria dei ricorsi straordinari, in quanto a differenza dei ricorsi ordinari (alla CTP ed alla CTR) può esser proposto solo per i vizi di legittimità ed in particolare:

a)      avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale può essere proposto ricorso per cassazione per i motivi di cui ai numeri da 1 a 5 dell'art. 360, c. 1 c.p.c. ed al relativo procedimento si applicano, le norme del codice stesso in quanto, compatibili con le norme contenute nel D.Lgs. 546/1992 (art. 62 del citato D.Lgs.);

b)      avverso la sentenza di ottemperanza per inosservanza delle norme sul procedimento (art. 70 D.Lgs. 546/1992).

Il giudizio di legittimità rappresenta un momento di verifica della legittimità dell’intero giudizio  di  merito,  nei limiti dei motivi dedotti dalle parti, con la  sola eccezione dei casi in cui la Corte intenda esercitare di ufficio la funzione di nomofilachia e delle questioni  rilevabili  di  ufficio  ma  relative  al ricorso. In altri termini la Corte conosce le nullità in quanto dedotte  con il ricorso[1].

La Cassazione, ai sensi dell’art. 65 della legge sull'ordinamento giudiziario (R.D. 30 gennaio  1941, n. 12),  ha il compito di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge (c.d. nomofilachia). La funzione nomofilattica è stata ribadita dal D.Lgs. n. 40 del 2 febbraio 2006 (successivamente abrogata dalla L. 69/2009) al fine di perseguire l’obiettivo di garantire al supremo Collegio lo svolgimento della funzione di orientamento della giurisprudenza di merito, in attuazione di uno dei principi della delega legislativa che prevede, tra l’altro, il “vincolo delle sezioni semplici al precedente delle sezioni unite” (con possibilità di discostarsene con ordinanza motivata), in coerenza con il principio costituzionale dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

Il ricorso per cassazione rientra tra i mezzi straordinari di impugnazione in quanto proponibile solo contro la sentenza non passata in giudicato ed a differenza dell'appello, non dà luogo a una nuova valutazione del merito della causa, bensì ad una revisione delle attività processuali che hanno portato alla sentenza impugnata e/o del giudizio di diritto reso con la sentenza stessa[2].

Nel giudizio di legittimità, quindi, non è consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto e di temi di contestazione diversi da quelli proposti nel giudizio di merito, salvo che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio ovvero, nell'ambito delle questioni trattate, di profili nuovi di diritto, ma sulla premessa che le nuove questioni e i nuovi profili di diritto si debbano considerare compresi nel dibattito, perché fondati sugli elementi di fatto già dedotti (Cass. n. 13470/2002). Ove, poi, una determinata questione - che implichi un accertamento di fatto - non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l'onere non solo di allegare l'avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazioni non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio (Cass. sez. III n. 10902/2001).

Peraltro, va ricordato che la interpretazione di un atto amministrativo a contenuto non normativo, qual  è l'avviso di accertamento, da parte del giudice di merito costituisce una valutazione di fatto che è sottratta al controllo della Suprema Corte ogni qualvolta sia immune da vizi logici e giuridici e ogni qualvolta, in particolare, non imponga nella violazione di quelle norme giuridiche che, disposte dal legislatore per l'interpretazione dei contratti in genere, ben possono estendersi all'interpretazione degli atti e dei provvedimenti unilaterali e di quelli amministrativi in particolare, (vedi Cass. nn. 7611/1998, 9554/1991, 2630/1964) [3].

Il controllo di legittimità esercitato dalla Corte di cassazione, non si estende agli atti ministeriali quali circolari e risoluzioni, in quanto essi non sono manifestazione di attività normativa, bensì atti interni della medesima Pubblica Amministrazione destinati ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli Uffici dipendenti, ma inidonei ad incidere sul rapporto tributario. Infatti, l'Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte dovute e, di fronte alle norme tributarie, detta Amministrazione ed il contribuente si trovano su di un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale (proveniente di solito da Uffici centrali dell'Amministrazione finanziaria), sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non vincola, né i contribuenti, né i giudici, né costituisce fonte di diritto[4].

L'art. 62, c.2, D.Lgs 546/1992 prescrive che al ricorso per cassazione ed al relativo procedimento si applicano le norme dettate dal codice di procedura civile “in quanto compatibili” con quelle del presente decreto.

 

2. Proposizione del ricorso

Il processo dinanzi alla Corte di cassazione prende avvio attraverso la notificazione, nei modi e nei termini previsti dagli artt. 137 ss.  c.p.c., di un ricorso alla controparte nel termine di 60 giorni dalla notifica della sentenza (art. 327, c. 2 c.p.c.), oppure in caso di mancata notifica entro il termine lungo di cui all'articolo 327, c .1 c.p.c.[5], ossia di un anno (prolungato dal periodo di sospensione feriale dei termini pari a  46 giorni) per i procedimenti instaurati fino al 3 luglio 2009, ovvero  entro il termine di 6 mesi per i procedimenti instaurati dal 4 luglio 2009.

Il ricorso per Cassazione è disciplinato dal codice di procedura civile, pertanto non trovano applicazione:

-         la possibilità di notificare il ricorso per cassazione presso la segreteria della Commissione tributaria ex art. 17, c. 3 D.Lgs n. 546/1992[6];

-         gli art. 20, 22 e 53 del D.Lgs 546/1992, che prevedono la proposizione del ricorso in ambito tributario oltre che mediante notifica anche con la consegna diretta o la spedizione a mezzo posta[7].

L’attività di notificazione, deve essere di norma (avendo la L. 21 gennaio 1994, n. 53 consentito, in presenza di particolari condizioni, la notificazione ad opera del difensore munito di delega) svolta (art. 137 c.p.c.) da un organo pubblico (l’ufficiale giudiziario o l’aiutante) il quale deve dar conto, con apposita relazione, del modo in cui egli, seguendo le regole dettate dal codice di procedura civile ha operato la trasmissione al destinatario di un ben individuato atto processuale[8].

Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma, le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di Cassazione.

Il ricorso per Cassazione deve essere sottoscritto da un avvocato iscritto nell'Albo dei cassazionisti, a norma dell’art. 33 dell’Ordinamento delle professioni di avvocato e Procuratore,  e munito di procura speciale, a pena d'inammissibilità. Merita segnalare che è priva di efficacia la procura rilasciata a margine o in calce dell'atto introduttivo del processo seppure per tutti i gradi del giudizio[9] onde la procura deve essere necessariamente conferita prima che si addivenga alla notificazione del ricorso[10] .  Ai sensi dell’art. 11 del R.D. 1611/1933, i ricorsi contro gli Uffici finanziari devono essere notificati presso l’Avvocatura Generale dello Stato.

Il ricorso per cassazione cumulativo, ossia proposto con unico atto nei confronti di una pluralità di sentenze, pronunciate in procedimenti diversi e non nell’ambito di un unico rapporto processuale è inammissibile, ancorché pronunciate fra le medesime parti ed aventi ad oggetto distinte controversie d’imposta, relative a periodi diversi[11].

 

3. Costituzione in giudizio del ricorrente. Deposito del ricorso

L’originale del ricorso per Cassazione va depositato presso la cancelleria della Corte, a pena d'improcedibilità, entro 20 giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto (art. 369 c.p.c.).

Insieme col ricorso debbono essere depositati, sempre a pena d`improcedibilità:

1)      decreto di concessione del gratuito patrocinio;

2)      copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta, tranne che nei casi di cui ai due articoli precedenti; oppure copia autentica dei provvedimenti dai quali risulta il conflitto nei casi di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 362 c.p.c.;

3)      la procura speciale, se questa è conferita con atto separato (art. 83 c.p.c.);

4)      gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (artt. 371,  387 c.p.c.).

Il ricorrente deve chiedere alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata o del quale si contesta la giurisdizione la trasmissione alla cancelleria della Corte di Cassazione del fascicolo d’ufficio; tale richiesta è restituita dalla cancelleria al richiedente munita di visto, e deve essere depositata insieme col ricorso (disp. att. 123 bis, 131 bis c.p.c.).

In base alla procedura di cui all’art. 134 disp.att. c.p.c. il deposito del ricorso e del controricorso a mezzo posta dinanzi alla Corte di Cassazione, a differenza del ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale e dell’appello va fatto in busta chiusa e in plico raccomandato senza ricevuta di ritorno.  Agli atti devono essere uniti, tra l’altro un doppio elenco in carta semplice di tutte le carte e marche inviate, sottoscritto dall'avvocato.  All'atto del ricevimento del plico, il cancelliere controlla l'esattezza dell'elenco e ne restituisce, mediante raccomandata con avviso di ricevimento e con tassa a carico del destinatario, una copia al mittente nella quale attesta la data di arrivo del piego in cancelleria e gli eventuali inadempimenti relativi a:

a)      marche per diritti, indennità di trasferta e spese postali per la notificazione dei biglietti di cancelleria e degli altri atti del procedimento eseguita su richiesta del cancelliere;

b)      marche a favore della Cassa nazionale di previdenza e di assistenza per gli avvocati e procuratori, applicate sul ricorso o sul controricorso;

c)      copie in carta semplice del ricorso o del controricorso e della sentenza o della decisione impugnata di cui all'art. 137. Nel termine per la presentazione del ricorso o del controricorso, ovvero, successivamente, fino al trentesimo giorno dal ricevimento della raccomandata con la quale l'elenco è stato restituito, il difensore può provvedere all'invio in cancelleria delle marche e delle copie mancanti. Il deposito e le varie integrazioni  si hanno per avvenuti, a tutti gli effetti, alla data di spedizione dei plichi con la posta raccomandata. Nel fascicolo di ufficio il cancelliere allega la busta utilizzata per l'invio del ricorso o del controricorso ed, eventualmente, quella utilizzata per l'invio delle suddette marche o ricevute di versamenti su conti correnti postali e copie.

 

4. Controricorso

Ai sensi dell’art. 370 c.p.c. la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddire, deve farlo mediante controricorso da notificarsi al ricorrente nel domicilio eletto entro 20 giorni dal termine stabilito per il deposito del ricorso (ossia 40 giorni dalla notifica del ricorso), esponendo le ragioni giuridiche atte a dimostrare la infondatezza delle censure mosse dal ricorrente. La notifica deve essere effettuata presso il domicilio eletto nel ricorso; in mancanza di elezione di domicilio in Roma, la notificazione deve avvenire presso la cancelleria della Cassazione.

In mancanza di tale notificazione, essa non può presentare memorie, ma soltanto partecipare alla discussione orale.

Al controricorso si applicano le norme degli artt. 365 e 366 c.p.c., in quanto è possibile.

Qualora la parte intende impugnare a sua volta la sentenza deve proporre con l'atto contenente il controricorso il proprio ricorso incidentale.

Il controricorso è depositato nella cancelleria della Corte entro 20 giorni dalla notificazione al ricorrente, insieme con gli atti e i documenti e con la procura speciale, se conferita con atto separato (att. 134, 135, 137 c.p.c.).

 

5. Ricorso incidentale

Con l’atto contenete il controricorso, la parte ai sensi dell’art. 371 c.p.c. può anche proporre ricorso incidentale contro la stessa sentenza impugnata dal ricorrente principale, qualora abbia interesse a impugnare la sentenza, chiedendone la cassazione per motivi diversi da quelli sollevati dal ricorrente. In tale caso, il ricorso incidentale deve essere proposto con il medesimo atto contenente il controricorso.

L'interesse di una parte vittoriosa nel merito a proporre ricorso incidentale contro una statuizione ad essa sfavorevole, relativa ad una questione pregiudiziale, rilevabile o no d'ufficio, sorge per il fatto stesso che la vittoria conseguita è resa incerta dalla proposizione del ricorso principale. In ogni caso la parte interamente vittoriosa che intenda ottenere non già la riforma della sentenza su questioni pregiudiziali o preliminari di rito o di merito, ma unicamente il mutamento della sua motivazione, attraverso una diversa qualificazione del contratto intercorso tra le parti, non è tenuta a proporre ricorso incidentale, trattandosi di deduzioni formulabili con il controricorso[12].

Il dies a quo, per la proposizione del ricorso incidentale, è strettamente ancorato a quello della notifica del ricorso principale, essendo fissato nel ventesimo giorno successivo a quello in cui è stato notificato il ricorso principale.

Al ricorso incidentale si applicano le disposizioni in materia di contenuto, sottoscrizione e deposito del ricorso. Per resistere al ricorso incidentale, può essere notificato un controricorso.

Il ricorso incidentale non condizionato, con cui vengano proposte questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito la cui decisione, secondo l'ordine logico e giuridico, debba precedere quella del merito del ricorso principale, dev'essere esaminato con priorità rispetto a quest'ultimo, indipendentemente dalla rilevabilità d'ufficio delle questioni proposte, la quale è necessaria soltanto al fine di potere, nel caso di ricorso incidentale condizionato, superare la volontà della parte espressasi nel senso di subordinare la propria impugnazione all'accoglimento (e quindi al previo esame) del ricorso principale; l'interesse all'impugnazione sorge infatti per il solo fatto che il ricorrente incidentale è soccombente sulla questione pregiudiziale o preliminare decisa in senso a lui sfavorevole, essendo la vittoria conseguita sul merito resa incerta dalla proposizione del ricorso principale e non già dalla sua eventuale fondatezza[13].


6. Contenuto del ricorso

Il ricorso, secondo quanto prescrive l'art. 366 c.p.c., deve contenere:

a)      l'indicazione delle parti[14];

b)      l'indicazione della sentenza impugnata;

c)      l'esposizione sommaria dei fatti di causa;

d)      i motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano;

e)      l'indicazione della procura, se conferita con atto separato, e, in caso di ammissione al gratuito patrocinio, del relativo decreto;

f)        la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda;

g)      la sottoscrizione  di un avvocato iscritto in apposito albo e munito di procura speciale (art. 365 c.p.c.).

La mancanza degli elementi anzidetti, in presenza dell’assoluta incertezza in ordine ai medesimi, che ne renda impossibile l’identificazione[15], comporta l'inammissibilità del ricorso.

L’esposizione sommaria dei fatti di causa non può essere assunta allegando al ricorso la copia della sentenza impugnata, rimandando alla consultazione della stessa[16], bensì deve essere tale da consentire al giudice di legittimità di avere una chiara e completa visione e cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell'oggetto dell'impugnazione senza dover ricorrere ad altre fonti o altri atti in suo possesso, compresa la sentenza impugnata[17].

L’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366, n. 4) c.p.c., qualunque sia il tipo di errore per cui è proposto, non può essere assolto per relationem, con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto[18].

Il ricorso deve essere diretto alla Corte di cassazione in Roma e deve essere depositato presso la cancelleria della Suprema Corte, a pena di improcedibilità, entro 20 giorni dall'ultima notificazione alle parti contro le quali è proposto.

 

7 Motivi di ricorso per Cassazione  previsti dall’art. 360 c. p.c.

I motivi contemplati dall'art. 360 c.p.c. in base ad i quali proporre ricorso, possono esser genericamente ricondotti a due tipologie:

-         errores in iudicando (vizi di giudizio), che sono gli errori in cui è incorso il giudice nel giudizio di diritto;

-         errores in procedendo, che sono gli errori di carattere procedurale.

Sono i seguenti:

a)      motivi attinenti alla giurisdizione;

b)      violazione delle norme sulla competenza;

c)      violazione o falsa applicazione di norme di diritto (trattasi di un caso di errore in iudicando);

d)      nullità della sentenza o del procedimento;

e)      omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio.

Esaminiamo i singoli motivi:

A)    Motivi attinenti alla giurisdizione (art. 360, n. 1, c.p.c.).

Rientrano in tale categoria: le sentenze inficiate dal difetto di giurisdizione, le sentenze con le quali il giudice abbia erroneamente declinato la propria competenza (ad esempio una sentenza della Commissione tributaria regionale che ha negato la propria giurisdizione), il vizio derivante dall’irregolare costituzione del collegio giudicante[19].

B)     Violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza (art. 360, n. 2 c.p.c.).

Tale vizio non potrà essere denunciato per la prima volta dinanzi alla Corte di cassazione, dal momento che l’art. 5, c. 2 D. Lgs. n. 546/1992 consente di rilevarlo soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce, per cui solo se tempestivamente sollevato.

C)    Violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, n. 3 c.p.c.).

Si ha “violazione” di norme di diritto quando l’errore concerne l’esistenza della norma; invece si ha “falsa applicazione” qualora si riscontri una erronea interpretazione della norma.

Il motivo in esame è volto a denunciare gli errores in iudicando che avrebbe commesso il giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata. Ovviamente, deve trattarsi di violazione o falsa applicazione di norme di diritto sostanziale (disposizioni aventi forza di legge, in base ai principi generali del nostro ordinamento, norme comunitarie di immediata applicazione, norme regolamentari): infatti, per rimediare ai vizi della pronuncia concernenti norme processuali, già vi sono gli altri motivi enunciati dall’art. 360 c.p.c..

Quando la Corte accoglie il motivo in questione, enuncia il principio di diritto e rinvia la causa ad altro giudice di pari grado a quello che ha pronunciato la sentenza cassata (cfr. artt. 383, c. 1 e 384, c. 1, c.p.c.). In particolare, la Suprema Corte precisa quale sia la norma suscettibile di essere applicata ai fatti di causa (e ciò avverrà in caso di cassazione per falsa applicazione di disposizioni sostanziali) oppure quale sia la giusta interpretazione della norma rilevante per assumere la decisione della controversia (questo si verificherà nell’ipotesi di accoglimento del ricorso per violazione di legge). Non rientrano in tale categoria le circolari della pubblica amministrazione in quanto hanno natura non normativa[20].

D)    Nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, n. 4 c.p.c.).

Con il motivo in oggetto è possibile far valere tutti quegli errores in procedendo che viziano direttamente la sentenza, siccome intervenuti nella fase di formazione della medesima, o indirettamente, dal momento che si sono registrate nel processo di merito fattispecie di nullità non sanate e che si riflettono, ai sensi dell'art. 159 c.p.c., sul provvedimento conclusivo del giudizio stesso e cioè sulla pronuncia impugnata per cassazione.

Rientrano tra le ipotesi di nullità della sentenza: 1) la mancanza del dispositivo, la presenza di un dispositivo illeggibile, o di contraddittorio impossibile ovvero indeterminato; 2) il difetto di sottoscrizione da parte del presidente del collegio e dell'estensore; 3) la violazione del principio che impone la corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato[21]; 4) il vizio afferente la costituzione del giudice (si pensi, in particolare, alla diversità di attribuzioni fra il giudice istruttore in funzione di giudice unico ed il collegio nel processo civile di recente riformato ed alla nullità che quindi caratterizza la sentenza adottata dal giudice diverso da quello ex lege tenuto a pronunciarsi sulla controversia); 5) l'omessa pronuncia su  una  domanda,  ovvero  su  specifiche eccezioni fatte valere dalla parte che integra una violazione dell'art. 112 c.p.c.[22].

Rientrano tra le ipotesi di nullità non sanate del procedimento le seguenti ipotesi:

-         difetto di legittimazione e difetto di interesse ad agire[23];

-         difetto di assistenza tecnica;

-         difetto di rappresentanza o di autorizzazione ad agire o resistere in giudizio;

-         mancata partecipazione al processo di un litisconsorte necessario;

-         mancato rispetto dell'ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c.;

-         mancata rilevazione dell'avvenuta estinzione del giudizio;

-         inammissibilità dell'atto introduttivo del giudizio di primo grado ovvero di appello;

-         la mancata comunicazione dell'avviso di trattazione ai sensi dell'art. 31, D.Lgs. 546/1992[24].

Diverse sono poi le conseguenze cui può condurre l'accoglimento del ricorso fondato sulla deduzione dei vizi in argomento.

La Corte di cassazione cassa senza rinvio (ex art. 382, c. 3 c.p.c.) quando la causa non può essere proposta o il processo proseguito. Tuttavia, mentre la cassazione per improponibilità dell'azione (si pensi, nel nostro settore, al ricorso presentato avverso un atto non ricompreso nel novero di quelli impugnabili o al ricorso inammissibile perchè tardivo o privo dei motivi o della sottoscrizione o al ricorso promosso da soggetto privo di legittimazione e via dicendo) determina l'inevitabile travolgimento di tutti gli atti del giudizio, talchè niente residua di quest'ultimo (il risultato finale potrà dunque esser quello del consolidamento degli effetti dell'atto impositivo formante oggetto del contendere); la cassazione per improseguibilità del processo cagiona solo la caducazione dell'atto invalido e di quelli successivi, onde ben potrà accadere che possa sopravvivere (divenendo sotto ogni aspetto irretrattabile siccome coperta dal giudicato) la sentenza della Commissione tributaria provinciale qualora la nullità si sia appunto riscontrata nella fase di appello (si pensi, di nuovo, a tutte le fattispecie di inammissibilità dell'atto di gravame o alla vicenda estintiva verificatasi appunto nel secondo grado del processo e non rilevata dalla Commissione tributaria regionale o alla mancata integrazione del contraddittorio ai sensi dell'art. 331 c.p.c.).

Per converso, la Suprema Corte cassa con rinvio (ex art. 383, c. 1 c.p.c.) quando è consentito pervenire comunque ad una decisione sul merito della lite, una volta depurato il processo dalle ragioni di invalidità che sono state addotte a supporto del ricorso ai sensi dell'art. 360, n. 4 c.p.c.. Tale è il caso della nullità della sentenza di appello: il rinvio avverrà dinanzi al giudice di secondo grado, affinchè venga nuovamente svolta la fase di gravame.

E)     Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, n. 5 c.p.c.).

Deve trattarsi di un difetto attinente alla motivazione di un punto “decisivo” della controversia in ordine alla ricostruzione o alla valutazione dei fatti rilevanti ai fini della soluzione della lite.

 

8. Fattispecie di inammissibilità del ricorso in Cassazione

L’art. 47 della L. n. 69/2009 ha introdotto l’art. 360–bis al codice di procedura civile prevedendo le seguenti due fattispecie di inammissibilità del ricorso:

a)      quando il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

b)      quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo.

 

9. Introduzione del “filtro di ammissibilità” e abolizione del “quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c.”

La L. n. 69/2009 ha abrogato l’art. 366-bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che  disponeva distinte prescrizioni con riferimento ai motivi di ricorso in cassazione previsti dall’art. 360 c.p.c., al fine di evitare che il ricorso per cassazione si limitasse ad una ripetizione delle argomentazione sostenute nei precedenti gradi di giudizio.

L’abrogato art. 366-bis  stabiliva che il contenuto del ricorso doveva contenere a pena di inammissibilità:

a)      per i vizi afferenti i casi previsti dall’art. 360 c. 1, nn 1), 2)  3) e 4), la formulazione di un quesito di diritto con il fine di consentire alla Corte l’enunciazione di un correlato principio di diritto;

b)      per i vizi afferenti i casi previsti dall’art. 360 c. 1, n. 5),  la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al  quale la motivazione si assumeva omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rendeva inidonea a giustificare la decisione.

Il "quesito di diritto", con il quale  doveva  concludersi  a  pena  di inammissibilità, ciascuno (cfr. Cass. sez. III ord. 19  dicembre 2006 n.  27130) dei motivi con i quali il ricorrente denunziava un vizio (di un  provvedimento  ricorribile  depositato  dal  2 marzo 2006 in poi) riconducibile ad una o più delle fattispecie regolate nei primi quattro numeri dell'art. 360, c. 1, c.p.c., invero, doveva essere risolutivo del punto della  controversia  investito  dal motivo e non poteva definirsi nella richiesta di  declaratoria  di  un'astratta affermazione di principio[25].

Per effetto della novella L. n. 69/2009 art. 47 viene istituita un’apposita sezione della quale fanno parte 5 magistrati  di regola, appartenenti a tutte le sezioni della Suprema corte.

Il primo presidente, tranne quando ricorrono le condizioni per l’assegnazione del ricorso alle sezioni unite (art. 374 c.p.c), assegna i ricorsi ad apposita sezione, che verifica se sussistono i presupposti per la pronuncia in camera di consiglio, ai sensi dell’articolo 375, c.1, n. 1) e 5), dichiarando a tal fine con decreto l’eventuale possibilità di:

-       inammissibilità (artt. 331, 387 c.p.c.) del ricorso principale (artt. 365, 366, 369 c.p.c.) e di quello incidentale (art. 371 c.p.c.) eventualmente proposto, anche per mancanza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c.;

-       accogliere o rigettare il ricorso principale e l’eventuale ricorso incidentale per manifesta fondatezza o infondatezza.

Se la sezione non definisce il giudizio, ossia se la verifica è negativa in quanto il ricorso è ammissibile, gli atti sono rimessi al primo presidente, che procede all’assegnazione alle sezioni semplici.

Se, invece, la verifica è positiva, l’art. 380 bis c.2. dispone che “ Il presidente fissa con decreto l’adunanza della Corte. Almeno 20 giorni prima della data stabilita per l’adunanza, il decreto e la relazione sono comunicati al pubblico ministero e notificati agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presentare, il primo conclusioni scritte, e i secondi memorie, non oltre 5 giorni prima e di chiedere di essere sentiti, se compaiono”.

 

10. Giudizio di rinvio

La Corte,  a seconda dei casi,  cassa senza rinvio oppure cassa  con rinvio  alla Commissione tributaria provinciale o regionale ed  il processo in tale ipotesi prosegue innanzi ad un altro giudice. 

Ai sensi dell'art. 63 la Corte  di  cassazione  rinvia  la causa  alla  commissione  tributaria regionale che ha pronunciato la sentenza cassata o rinvia alla  commissione  tributaria  provinciale quando  rileva  una  nullità del giudizio di primo grado per cui il giudice di appello  avrebbe  dovuto  rimettere  le  parti  al  primo giudice[26]

Il giudizio di rinvio si caratterizza come un giudizio limitato, nel corso del quale non possono addursi motivi, eccezioni, prove nuove rispetto a quelli già dedotti, salvo quelli imposti dalla sentenza di rinvio[27]. Ciò nonostante è necessario inserire nella redazione:

-         la manifestazione di volontà di proseguire il giudizio;

-         l’esposizione sommaria dei fatti;

-         i motivi specifici d’impugnazione.

Se  la  cassazione  con  rinvio  è  determinata  dalla  riscontrata violazione  o  falsa  applicazione  di  norme  di diritto,  la Corte enuncia il principio al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi. 

 

11. Riassunzione del giudizio

La  parte  che  vi ha interesse deve procedere alla riassunzione del giudizio,  che deve essere fatta nei confronti  di  tutte  le  parti personalmente, nel termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della  sentenza di Cassazione,  nelle forme rispettivamente previste per i giudizi di primo e di secondo grado in quanto applicabili. 

Una  volta  che  la  parte abbia provveduto al deposito dell'atto di riassunzione,  la  segreteria  della  commissione  tributaria  adita richiederà   alla   cancelleria   della   Corte  di  cassazione  la trasmissione del fascicolo del processo.

Le parti non possono formulare richieste differenti da quelle  fatte nel procedimento in cui è stata pronunciata la sentenza cassata, in quanto  conservano  la  stessa  posizione processuale che avevano in detto procedimento, con il risultato che ogni riferimento a domande ed eccezioni pregresse  e in genere alle difese svolte ha l’effetto di richiamare univocamente e integralmente domande, eccezioni e difese assunte e spiegate nel giudizio. L’atto di riassunzione è, di per sé, sufficiente a ricollocare le parti nella posizione che avevano assunto nel giudizio conclusosi con la sentenza annullata, con la conseguenza che la domanda originaria si intende riproposta e su essa deve provvedere il giudice di rinvio indipendentemente dall’assunzione di specifiche conclusioni in tal senso[28].

Deve essere prodotta, a pena d'inammissibilità,  la copia autentica della sentenza di cassazione. In caso di omissione il giudice non può assegnare alla parte inadempiente un termine per l’adempimento[29].

La mancata riassunzione del giudizio per  inattività delle parti, conduce irreversibilmente all'estinzione dell'intero  processo. Infatti, la  mancata riassunzione non ..." può "... determinare il passaggio in  giudicato  della sentenza riformata, ma ..." causa "... l'estinzione dell'intero giudizio, ai

sensi degli artt. 392 e 393 c.p.c., che disciplinano specificamente il giudizio di rinvio. Non è, infatti, applicabile  la  norma dell'art. 338 c.p.c., dettata per la diversa ipotesi del procedimento di impugnazione"[30].

Di conseguenza, la mancata o l'intempestiva riassunzione della  causa  - nel termine citato -  determinano,  ai  sensi  del  c.  2 dell'art. 63 appena citato, l'estinzione  dell'intero  processo,  nonché  la conseguente caducazione di tutte le pronunce emesse nel corso dello  stesso, eccettuate  quelle  già  passate  in  giudicato  e  con  salvezza  dell'atto originariamente impugnato in primo grado, sia esso un avviso di accertamento o di impugnazione o comunque ogni altro atto  autonomamente  impugnabile  ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992. La stessa conseguenza si verifica laddove, iniziato il giudizio di rinvio, questo si estingua[31].

 



[1] Cass. SS.UU. 9 ottobre 2008 n. 24883.

[2] Cass. sez. trib. 21 giugno 2002 n. 9097.

[3] Cass. sez. trib. 24 giugno 2004 n.  11801.

[4] Cass. sez. trib.  23 aprile 2008 n. 10488.

[5] Il ricorso per cassazione in cui è parte l’Amministrazione finanziaria, antecedentemente all’operatività delle Agenzie fiscali  doveva esser proposto da o nei confronti del Ministero dell’Economia e delle finanze, in persona del Ministro in carica (Cass. n. 2807 del 25 marzo 1999). Successivamente, all’Istituzione dell’Agenzia delle Entrate (con D.Lgs. n.300 del 30 luglio 1999), quest’ultime sono subentrate al Ministero assumendo legittimazione ad causam e ad processum nei procedimenti introdotti  dal 1 gennaio 2001 (Cass. SS.UU. n. 3116 e n. 3118 del 2006).  Nei procedimenti pendenti alla data del 1 gennaio 2001 il ricorso per Cassazione avverso la sentenza della CTR va proposto nei confronti  dell’Agenzia delle Entrate, a pena di inammissibilità.

Differente è la questione della notificazione dei ricorsi proposti contro gli uffici finanziari, in quanto  va effettuata presso l'Avvocatura Generale dello Stato, avente sede in Roma, secondo quanto disposto dall'art. 11, R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611 (laddove effettuata all’avvocatura distrettuale la stessa è nulla con possibilità di sanatoria ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cass. sez. trib.  11512 del 2006).

[6] Cass. sez. trib.  26 settembre 2003 n.  14295 per la quale “l'articolo 62 D.Lgs 546/1992, nel prevedere che il ricorso per cassazione e il relativo procedimento sono regolati dalle disposizioni del c.p.c. in quanto compatibili con quelle del decreto stesso, diversamente da quanto previsto per le altre impugnazioni dall'art. 49 del D.Lgs n. 546/1992, non disciplina secondo il criterio di specialità della norma processuale tributaria i rapporti tra il giudizio di legittimità e quello tributario, ma attribuisce la prevalenza alle disposizioni del c.p.c.”.

[7] Cass. sez. trib.  24 gennaio 2005 n. 3566.

[8] Cass. sez. trib. 24 gennaio 2005 n. 3566.

[9] Cass. civ. sez. lav. 23 marzo 1994 n. 2794.

[10] Cass. SS.UU. 27 ottobre  1995 n. 11178.

[11] Cass. sez. trib. 26 ottobre 2006 n. 1542. Conforme  Cass.SS.UU.  n. 805/1997; n. 12562/1998; Cass. n. 693/2001, n. 69/2002, n. 13831/2002, n. 17835/2004, n. 19950/2005. Contra Cass. sez. trib.  15 aprile 2004  n. 7191 per la quale “è ammissibile il ricorso per cassazione proposto, con unico atto, nei confronti di una pluralità di sentenze aventi la medesima struttura, soggettiva e oggettiva. In particolare, la Cassazione si è occupata del caso di sentenze in materia tributaria, le quali, a parte la diversità dei periodi d'imposta, presentavano identità di parti, ufficio tributario, contribuente e del collegio giudicante che le aveva emesse nella stessa udienza, oltre ad avere identità di motivazione e dispositivo”.

[12] Cass. sez. I 19 marzo 2007 n. 6519.

[13] Cass. sez. trib. 23 aprile 2007 n. 9598; Cass. sez. lav. 3 aprile 2007 n. 8293.

[14] Cass. sez. trib.  6 maggio 2009 n. 15118 per la quale “la qualità di parte legittimata a proporre il ricorso per cassazione o a resistere ad esso spetta solo a chi abbia formalmente assunto la qualità di parte nel giudizio di merito conclusosi con la sentenza impugnata, indipendentemente dall'effettiva titolarità (dal lato attivo o passivo) del rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio”.

[15] Cass. sez. trib.  3 aprile 2003 n. 16165; Cass. SS.UU. 10 dicembre 2001 n. 15603; Cass. sez. trib.  2 aprile 2002 n. 4661.

[16] Cass. sez. trib. 1 luglio 2009 n. 18869.

[17] Cass. 9 aprile 2009 n. 8689.

[18] Cass. sez. III  1 ottobre 2002 n. 14075; Cass. sez. lav. 5 ottobre 2000 n. 13258.

[19] Cass. SS.UU. 15 dicembre 1977 n. 5465; Cass.SS.UU. 29 maggio 1992, n. 6480.

[20] Cass. sez. trib.  11449 del 30 maggio 2005 per la quale “le circolari   della  P.A.  sono  atti  interni  destinati  ad  indirizzare  e disciplinare in  modo  uniforme  l'attività degli organi inferiori e, quindi, hanno natura   non  normativa,  ma  d'atti  amministrativi,  sicchè la  loro violazione non  è denunciabile in cassazione ai sensi del c.1, n. 3, dell'art. 360 c.p.c.”.

[21] Cass. 16 gennaio 1990 n. 152.

[22] Cass. civ. sez. III 26 luglio 2004 n. 14003 per la quale  “l'omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integra una violazione dell'art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'art. 360 c.p.c., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione”.

[23] Cass. sez. II 13 febbraio 1992  n. 1751. Cass. sez. lav. 26 maggio 1993 n. 5889.

[24] Cass. sez. I 1 agosto 1996 n. 6952.

[25] Cass. sez. trib. 3 agosto 2007 n. 17108. Cass. Sez.  I  28  aprile 2006, n. 9877; Cass.  Sez.  I 19 maggio 2006  n.  11844  e  Cass. 27  gennaio  2006  n.  1755 per le quali “alla radice di ogni impugnazione, infatti deve  essere individuato  un  interesse  giuridicamente  tutelato,  identificabile  nella possibilità di conseguire una concreta utilità, un risultato  giuridicamente apprezzabile, attraverso la rimozione della statuizione censurata e non  già in un mero interesse astratto a una più corretta soluzione di una  questione giuridica non  avente  riflessi  pratici  sulla  soluzione  adottata:  ... l'interesse all'impugnazione, sebbene di carattere strettamente processuale, non può considerarsi avulso dalla necessità di provocare o di far  mantenere una decisione attinente al riconoscimento o al disconoscimento di un bene  a favore di un determinato soggetto" per cui è "inammissibile, per difetto  di interesse, un'impugnazione con la quale si deduca  la  violazione  di  norme giuridiche, sostanziali o processuali, che non spieghi alcuna  influenza  in relazione alle domande  o  eccezioni  proposte  e  che  sia  diretta  quindi all'emanazione di  una  pronuncia  priva  di  rilievo  pratico  (cfr.  Cass. n. 15623/2005, n. 13091/2003, n. 1969/2003,  n.  5702/2001,  n.  12241/1998, n. 912/1995, n. 4267/1986, n. 4616/1984)"

[26] Cass. sez. trib. 6 giugno 2007 n. 13208 per la quale “allorché venga cassata con rinvio la sentenza del giudice tributario d'appello che, errando, abbia omesso di rilevare l'errore del giudice di primo grado, consistito nell'avere ritenuto inammissibile il ricorso per difetto di procura senza fissare al ricorrente un termine per sanare tale vizio (così come prescritto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 189 del 2000), la causa va rimessa alla commissione tributaria provinciale e non a quella regionale, in quanto solo la prima è legittimata a fissare alla parte il termine per munirsi del difensore, e quindi a procedere all'esame del merito ove tale termine venga rispettato, ovvero a dichiarare l'inammissibilità del ricorso in caso contrario”.

[27] Cass. sez. I 18 luglio 1989 n. 3353; CTC 22 gennaio 2002  n.  801.

[28] Cass. sez. trib. 7 maggio 2002 n. 14616; Cass. sez. I 13 luglio 1998 n. 6828.

[29] CTC  22 maggio 2001 n. 3891.

[30] Cass. sez. trib. 6 dicembre 2002 n.  17372.

[31] Circ. Agenzia del Territorio  n. 8/T del 20 giugno 2007.

 

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