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La competenza territoriale

1. Giudice competente

Mentre la giurisdizione  concerne i rapporti fra giudici di ordine diverso (ad esempio, giudici tributari e giudici ordinari), ed in particolare attiene al conferimento della funzione giurisdizionale; la competenza concerne la legittimazione del giudice nell’ambito dei rapporti inerenti al medesimo ordine (a esempio, fra giudici tributari), ed in particolare la sfera di potere giurisdizionale attribuita a ciascun organo giudiziario[1].

L'unico criterio che regola la competenza nel processo tributario, a differenza del processo civile e in parallelo  con  quello  amministrativo,  è quello territoriale, non avendo alcun rilievo, per le caratteristiche proprie del processo, il criterio della competenza per valore[2] e per materia. Pertanto, nel processo tributario, si ha questione di incompetenza solo nel caso di violazione del criterio di individuazione territoriale della Commissione tributaria cui depositare il ricorso.

In forza del rinvio di cui all’art. 1, c. 2, D.Lgs. 546/1992 trova applicazione l’art. 5 c.p.c., in base al quale la competenza, come la giurisdizione, si determina con riguardo “alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo”.

La competenza territoriale della commissione tributaria, è determinata, ai sensi dell'art. 4 D.Lgs. 546/1992.

 

1.1 Competenza delle commissioni tributarie provinciali

La competenza delle commissioni tributarie provinciali è individuata con riferimento alla sede dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate (Dogane o Territorio), dell’Ente locale  ovvero dell’Agente della riscossione [3] che ha emesso l'atto da impugnare e quindi nei cui confronti è proposto il ricorso. Qualora l’Ente locale impositore affidi in concessione il servizio di accertamento e di riscossione di un tributo, la competenza a decidere il ricorso proposto contro l’avviso di accertamento o gli atti di riscossione (vizi relativi alla compilazione, intestazione o notifica dell’avviso di mora o della cartella di pagamento) emessi dal concessionario spetta alla Commissione tributaria provinciale nella cui circoscrizione ha sede il concessionario (ora, Agente della riscossione), e non a quella della provincia in cui ha sede l’Ente  concedente, in  quanto il concessionario subentra nei diritti  e  negli obblighi del Comune verso i contribuenti ed è dunque il soggetto legittimato   a   resistere   all'impugnazione   del   predetto  atto impositivo[4].

 

1.2 Competenza delle commissioni tributarie regionali

La competenza della commissione tributaria regionale è individuata con  riferimento alla sede della Commissione tributaria provinciale che ha emesso la decisione impugnata[5].

Il momento determinante della competenza si determina, ex art. 5 c.p.c., con riferimento alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.

 

2. Giudice incompetente

In merito  al regime della rilevabilità della questione di incompetenza, l'art. 5 D.L.gs 546/1992, dispone che la competenza delle commissioni tributarie è inderogabile, stabilendo, altresì, che l'incompetenza territoriale della commissione tributaria adita è rilevabile, anche d'ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce.

L'incompetenza della commissione tributaria, se non rilevata dalla parte o d’ufficio  entro il limite temporale di cui all'art. 5 c. 2 e cioè nell'ambito del grado al quale il vizio si riferisce, non è più rilevabile nei successivi gradi del giudizio.

Si distingue, quindi, dalla rilevabilità del “difetto di giurisdizione” delle commissioni tributarie che è ammessa  in ogni stato e grado del processo.

Pertanto, laddove  il ricorso è erroneamente presentato ad una Commissione tributaria provinciale territorialmente incompetente ed il vizio non viene rilevato in tale sede, l’eventuale appello non potrà essere proposto ad altri che alla Commissione Tributaria Regionale nel cui distretto è sito il giudice di primo grado non potendo, invece, essere presentata all’organo di appello che sarebbe realmente competente in funzione dell’atto opposto.

Qualora, infatti, l’appello venisse proposto dinanzi a tale ultimo giudice, si ravviserebbe una incompetenza funzionale ex art. 4 c. 2 D.Lgs. 546/1992, anch’esso rilevabile sia ad istanza di parte sia d’ufficio, ma solo fino al momento della decisione del relativo grado di giudizio.

 

3. L’eccezione di incompetenza

Le parti possono dedurre l’eccezione di incompetenza fino a quando è consentita loro l'esercizio di attività processuali e cioè:

-         nel caso di trattazione in camera di consiglio, fino a 5 giorni liberi prima della data di trattazione, termine ultimo per la produzione di brevi repliche scritte (art. 32, c.3);

-         ovvero, nel caso di trattazione in pubblica udienza, non oltre la pubblica udienza.

Pertanto, l’incompetenza non può esser rilevata per la prima volta in appello[6] o, a maggior ragione, dinanzi alla Corte di Cassazione[7]. Soltanto la parte che abbia sollevato l'eccezione d'incompetenza nel giudizio di primo grado (o di secondo grado nel caso si tratti d'incompetenza della Commissione regionale), e che l'abbia vista disattesa o respinta, è legittimata a riproporla in sede di gravame.

L’eccezione d'incompetenza non può  essere dedotta in via meramente gradata rispetto alla richiesta di accoglimento o di rigetto delle domande di merito, giacchè la pronuncia di merito chiesta in via principale presuppone in concreto la competenza del giudice adito ed è dunque incompatibile con la deduzione dell'incompetenza; un'eccezione d'incompetenza siffattamente formulata deve dunque ritenersi come non proposta e, in quanto tale, non riproponibile in appello[8] .

 

4. La sentenza che dichiara l’incompetenza. Inapplicabilità del regolamento di competenza

La sentenza della commissione tributaria che dichiara la propria incompetenza rende incontestabile l'incompetenza dichiarata[9] e la competenza della commissione tributaria in essa indicata, purché il processo venga riassunto a norma dell’art. 5 D.Lgs. 546/1992 davanti alla commissione tributaria dichiarata competente, con piena salvezza degli effetti sostanziali e processuali dell’atto introduttivo del giudizio proposto dinanzi al giudice ritenutosi incompetente.

Il c. 3 dell'articolo in esame ricalca il contenuto dell'art. 44 c.p.c., con una differenza di rilievo rispetto alla suddetta disposizione, derivante dal fatto che nel processo tributario, essendo espressamente non applicabili le disposizioni processual-civilistiche sui regolamenti di competenza (art. 42, 43 e 45 c.p.c.), la sentenza che dichiara l'incompetenza del giudice che l'ha pronunciata non è impugnabile con l'istanza di regolamento per dirimere gli eventuali conflitti di competenza. Deve, quindi, essere impugnata con l’appello (o nel caso di declaratoria emessa in sede di appello con il ricorso per cassazione ex art. 360, n.4 c.p.c.), in quanto l’errore in procedendo così verificatosi non riguarda la competenza, ma la violazione delle norme del procedimento attinenti al rilievo dell’eccezione.

Si ritiene ammissibile il regolamento di competenza nel processo tributario per la fattispecie relativa alla  sospensione  del  processo  ai sensi dell'art. 295 c.p.c.[10].  Il processo tributario può essere sospeso ex art.  295  c.p.c. solo nei casi tassativamente  indicati  dall'art.  39  del D.Lgs. 546/1992  ed  in  caso  di  pregiudizialità  di  una controversia tributaria  ad  altra  controversia  tributaria.

La Corte di Cassazione ha ritenuto compatibile al principio della inderogabilità della competenza, l’istituto della litispendenza[11].

 

5.  Riassunzione del processo davanti al giudice competente

La disciplina della riassunzione riproduce quella dettata dall'art. 50 c.p.c.. L'onere della riassunzione incombe alle parti.

L'atto di riassunzione dovrà avere la medesima forma e lo stesso contenuto del ricorso introduttivo del giudizio[12].

La relativa istanza deve essere presentata nel termine indicato nella sentenza, o in mancanza, nel termine di 3 mesi dalla comunicazione, a cura della segreteria, pena l'estinzione del processo, per inattività delle parti ai sensi dell’art. 45 D.Lgs. 546/1992. L'estinzione del processo non comporta l'estinzione del diritto d'azione e, quindi, del diritto a ricorrere, purchè tale diritto venga esercitato entro il termine di decadenza.

Un volta avvenuta la riassunzione nei termini di cui sopra, il processo continua davanti alla nuova commissione tributaria dichiarata competente con piena salvezza degli effetti sostanziali e processuali dell'atto introduttivo del giudizio proposto dinanzi al giudice ritenutosi incompetente.



[1] Lugo: Manuale di diritto processuale civile, IV ediz, pag. 49.

[2] Il criterio della competenza per valore veniva previsto limitatamente alle controversie pendenti alla data del 1° aprile 1996 dinanzi alle commissioni tributarie di primo grado, di valore inferiore ad € 2582,28, Ai sensi dell’art.44 bis D.lgs. n. 545/1992 (inserito dall’art. 32, c.1, L. n. 146/98) dovevano esser trattate e decise da un giudice singolo designato dal presidente della sezione fra i componenti della stessa.

[3] In merito alla legittimazione passiva del concessionario ad essere parte del processo tributario si veda Parte II, Capo 8.

[4] Cass.  sez. trib. 13 agosto 2004  n. 15864, nella fattispecie esaminata la controversia riguardava la tassa di occupazioni e spazi pubblici.

[5] Nella previgente disciplina la circoscrizione delle Commissioni tributarie di II grado coincideva con il territorio della provincia.

[6] Cass. civ. sez. lav. 13 gennaio 1996 n. 221.

[7] Cass. civ. sez. III 25 giugno 1990  n. 6408.

[8] Cass. civ. sez. II 6 giugno 1989 n. 2748.

[9] Cass. sez. trib. 20 aprile 2007 n. 9392 per la quale “a norma del n. 2 dell'art. 5 l'incompetenza della commissione tributaria è rilevabile, anche d'ufficio, soltanto nel grado al quale il vizio si riferisce. Il che sta a significare che nel meccanismo disegnato dal legislatore del 1992 l'incompetenza, se non rilevata d'ufficio o dedotta nel grado cui si riferisce, resta incontestabilmente ancorata dinanzi al Giudice adito”.

[10] Cass. sez. trib. ord. 26 maggio  2005 n. 11140.

[11] Cass. sez. trib. 10 aprile 2000 n. 4509  che ha affermato la compatibilità dell’art. 39 c.p.c. al processo tributario, evidenziando però che si tratta pur sempre di casi marginali;  Cass. sez. trib. 26 gennaio 2004, n. 1295; Cass. sez. trib. 6 agosto 2003 n. 11866; Cass. sez. trib. 18 luglio 2002 n. 10509; Cass. sez. trib. 27 febbraio 2002 n. 2899; Cass. sez. trib. 7 dicembre 2001 n. 15531; Cass. sez. trib.  8 marzo 2000 n. 14281; Cass. sez. trib. 20 novembre 2001 n. 14587.

[12] Cass. civ. sez. II 9 dicembre 1992 n. 13026 in base alla quale "allorché, a seguito di declaratoria di incompetenza del giudice originariamente adito, la causa, a termini dell' art. 50 c.p.c., venga riassunta avanti al giudice indicato come competente, la parte che intenda continuare a coltivare dinanzi a questo le istanze e le eccezioni prospettate nel pregresso stadio del processo è tenuta a riproporre le sue domande e deduzioni”.

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