Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011
Art. 9 Imposte Differite Attive
L’articolo 9 modifica e integra la disciplina che ha riconosciuto come crediti d’imposta le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio (Deferred Tax Asset), relativa al sistema bancario, introdotta dall’articolo 2, commi 55-61, del decreto legge n. 225 del 2010, estendendola anche alle perdite riportate. In particolare, si prevede che la quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relative alle perdite di un periodo d'imposta (art. 84 del TUIR) e derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito si trasforma per intero in crediti d’imposta. Inoltre, la norma sembra diretta a precisare che i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta non sono deducibili, con decorrenza dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio.
La disciplina in commento si applica anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia. Qualora il bilancio finale per cessazione di attività, dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta amministrativa, evidenzi un patrimonio netto positivo, è trasformato in crediti d’imposta l’intero ammontare di attività per imposte anticipate.
Le disposizioni citate sono introdotte, rispettivamente, mediante l’integrazione del comma 56 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010, e mediante l’aggiunta di due nuovi commi 56-bis e 56-ter.
La relazione illustrativa afferma che la modifica ha l’obiettivo di eliminare qualsiasi circostanza in cui il recupero delle DTA possa dipendere dalla redditività futura delle imprese, in modo da assicurare in ogni situazione la “certezza” del recupero delle DTA stesse.
Dal punto di vista della normativa in materia di patrimonio di vigilanza degli intermediari finanziari – come disciplinata da Basilea III – ciò assicura la completa capacità di assorbimento delle perdite, in tutte le fasi della vita degli intermediari stessi, da parte della corrispondente riserva patrimoniale, ed evita di dedurre dal patrimonio di vigilanza le DTA in esame.
La relazione tecnica in proposito ricorda che la ratio della norma originaria muoveva dalla necessità di ridurre il divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani rispetto a quelli europei dipendente da regimi fiscali meno favorevoli, quali ad esempio l’impossibilità di dedurre integralmente le rettifiche su crediti nell’anno di formazione. Al fine di perseguire tale obiettivo, la norma vigente consente la trasformazione delle imposte differite iscritte in crediti d’imposta.
La modifica proposta riguarda le fasi successive a quella in cui si è verificata la ripresa a tassazione dei componenti negativi non dedotti e l’iscrizione delle imposte differite attive (DTA). Sembrano quindi interessati i periodi d’imposta in cui si determinano maggiori perdite fiscali (e non di esercizio) per effetto delle variazioni in diminuzione correlate alle quote non dedotte nel primo esercizio di iscrizione dei componenti negativi. In tal modo si amplia l’ambito di applicazione della norma originaria.
L’ambito di applicazione della disciplina è esteso anche alle società in liquidazione o sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi. La RT, in ordine all’utilizzo del credito d’imposta derivante dalla trasformazione delle DTA, osserva che la proposta amplia le possibilità di utilizzo dello stesso, compreso il rimborso, al fine di migliorarne la liquidità.
Al fine di favorire la patrimonializzazione delle banche italiane nel contesto della prossima applicazione dell’Accordo di Basilea III sul capitale bancario, il comma 55 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010 ha previsto la trasformazione in crediti d’imposta, qualora nel bilancio individuale delle società che esercitano attività bancaria e finanziaria venga rilevata una perdita d’esercizio, delle attività per imposte anticipate (Deferred Tax Asset) iscritte in bilancio, relative a svalutazioni di crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell’articolo 106 del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), nonché di quelle relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi.
La ratio della norma è da trovarsi nel divario di incidenza delle imposte anticipate nei bilanci degli operatori italiani (in particolare gli enti creditizi e finanziari di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87) rispetto a quelli europei, divario che dipende significativamente da regimi fiscali mano favorevoli quali, ad esempio, l’impossibilità di dedurre integralmente le rettifiche su crediti nell’anno di formazione, che determina la generazione di attività fiscali differite (DTA). L’impossibilità di liquidare le poste dell’attivo relative alle DTA ha indotto il Comitato di Basilea a introdurre stringenti filtri patrimoniali. Questi generano, superata una certa soglia, un impatto diretto di riduzione del capitale di migliore qualità (common equity) di un ammontare pari alle DTA che eccedono tale soglia, aumentando il fabbisogno di capitale. In sostanza, dunque, l’entrata in vigore del nuovo accordo di Basilea (c.d. Basilea 3) implica che il trattamento fiscale poco favorevole delle rettifiche su crediti si traduca anche in una penalizzazione sul piano della dotazione patrimoniale regolamentare delle banche italiane. Per evitare il sorgere di questo ulteriore svantaggio competitivo, la norma proposta prevede un meccanismo di conversione automatica in crediti di imposta, da utilizzare in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 241/1997, delle poste rappresentative delle DTA connesse con le svalutazioni dei crediti, al verificarsi di perdite di esercizio accertate nel bilancio di esercizio approvato dall’assemblea; in tal modo, le DTA sarebbero smobilizzabili e, pertanto, concorrerebbero all’assorbimento delle perdite al pari del capitale e delle altre riserve, divenendo per tale via pienamente riconoscibili ai fini di vigilanza. Il medesimo meccanismo è altresì previsto anche per le DTA che derivino da disallineamenti temporali nella rilevazione di bilancio e fiscale e che siano destinati a riassorbirsi nel tempo, come nel caso dell’affrancamento del valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali effettuato ai sensi dell’art. 15 del D.L. n. 185/2008, convertito con modificazione nella legge n. 2/2009.”.
Nel dettaglio, il citato articolo 106 del TUIR reca norme in materia di svalutazione dei crediti e accantonamenti per rischi su crediti. Il comma 3 dell’articolo 106 del TUIR stabilisce che per gli enti creditizi e finanziari di cui al D.Lgs. 27 gennaio 1992, n. 87, le svalutazioni dei crediti risultanti in bilancio, per l'importo non coperto da garanzia assicurativa, che derivano dalle operazioni di erogazione del credito alla clientela, compresi i crediti finanziari concessi a Stati, banche centrali o enti di Stato esteri destinati al finanziamento delle esportazioni italiane o delle attività ad esse collegate, sono deducibili in ciascun esercizio nel limite dello 0,30 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio, aumentato dell'ammontare delle svalutazioni dell'esercizio. L'ammontare complessivo delle svalutazioni che supera lo 0,30 per cento è deducibile in quote costanti nei diciotto esercizi successivi. Le svalutazioni si assumono al netto delle rivalutazioni dei crediti risultanti in bilancio. Se in un esercizio l'ammontare complessivo delle svalutazioni è inferiore al limite dello 0,30 per cento, sono ammessi in deduzione, fino al predetto limite, accantonamenti per rischi su crediti. Gli accantonamenti non sono più deducibili quando il loro ammontare complessivo ha raggiunto il 5 per cento del valore dei crediti risultanti in bilancio alla fine dell'esercizio.
Il comma 3-bis dell’articolo 106 del TUIR prevede inoltre che per i nuovi crediti di cui al comma 3 erogati a decorrere dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2009, limitatamente all'ammontare che eccede la media dei crediti erogati nei due periodi d'imposta precedenti, diversi da quelli assistiti da garanzia o da misure agevolative in qualsiasi forma concesse dallo Stato, da enti pubblici e da altri enti controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, le percentuali di cui allo stesso comma sono elevate allo 0,50 per cento. L'ammontare delle svalutazioni eccedenti il detto limite è deducibile in quote costanti nei nove esercizi successivi.
Il comma 56 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010 ha fissato la decorrenza della predetta trasformazione dalla data di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci, operando per un importo pari al prodotto - da effettuarsi sulla base dei dati del medesimo bilancio approvato – tra:
a) la perdita d’esercizio e
b) il rapporto fra le attività per imposte anticipate indicate al comma 1 e la somma del capitale sociale e delle riserve.
Il comma 57 chiarisce che il credito d’imposta non è rimborsabile né produttivo di interessi, potendo essere ceduto ovvero utilizzato in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997, senza limiti di importo. Tale credito, da indicare nella dichiarazione dei redditi, non concorre alla formazione del reddito d’impresa né della base imponibile dell'IRAP.
Dal periodo d’imposta in corso alla data di approvazione del bilancio non saranno deducibili i componenti negativi corrispondenti alle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta.
Il comma 58 demanda ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, il compito di stabilire eventuali modalità di attuazione delle norme in esame.
La lettera a), comma 1, dell’articolo 9 in commento integra il comma 56 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010, facendo riferimento all’approvazione del bilancio da parte dei soci ovvero dei diversi organi competenti per legge.
La relazione illustrativa afferma che tali modifiche sono coerenti con l’introduzione del successivo comma 56-ter, che estende la disciplina in argomento anche ai casi di provvedimenti di rigore adottati nei confronti di intermediari vigilati dalla Banca d’Italia, nei quali i bilanci di fine procedura sono approvati dalla Banca d’Italia stessa. A tal fine, viene previsto che i bilanci in cui si registra una perdita sono approvati dall’assemblea dei soci oppure dai diversi organi competenti per legge. L’individuazione del periodo d’imposta a partire dal quale non sono deducibili i componenti negativi corrispondenti alle DTA trasformate in credito d’imposta – che nella norma vigente è disposta dal comma 57 – è ora stabilita dall’ultimo periodo del comma in esame, per renderne coerente la struttura con quella del nuovo comma 56-bis, il quale prevede altri casi di trasformazione del credito ai quali non si applica la norma di decorrenza prevista per il comma in esame.
La lettera b), comma 1, introduce nel citato articolo 2 i commi 56-bis e 56-ter. Il primo, come detto, prevede che la quota delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio relative alle perdite di un periodo d'imposta (art. 84 del TUIR) e derivante dalla deduzione dei componenti negativi di reddito si trasformi per intero in crediti d’imposta.
Come chiarito dalla relazione illustrativa, il nuovo comma 56-bis prevede la trasformazione in crediti d’imposta delle DTA da perdite fiscali per la quota di queste dovuta alla deduzione dei componenti negativi di reddito di cui al comma 55. La trasformazione riguarda le DTA da perdite fiscali “generate” dai componenti negativi di reddito di cui al comma 55 per l’intero ammontare delle stesse che trova capienza nella perdita fiscale dell’esercizio. La trasformazione decorre dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi in cui viene rilevata la perdita fiscale di cui al comma in esame.
La trasformazione di una parte delle DTA in credito d’imposta comporta che l’ammontare della perdita fiscale dell’esercizio computabile in diminuzione del reddito imponibile nei periodi d’imposta successivi va depurato della quota di perdita fiscale che ha dato luogo alle DTA trasformate in crediti d’imposta ai sensi del presente comma.
Il comma 56-terdispone che la disciplina di cui ai commi 55, 56 e 56-bis si applichi anche ai bilanci di liquidazione volontaria ovvero relativi a società sottoposte a procedure concorsuali o di gestione delle crisi, ivi inclusi quelli riferiti all’amministrazione straordinaria e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e altri intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia. Qualora il bilancio finale per cessazione di attività, dovuta a liquidazione volontaria, fallimento o liquidazione coatta amministrativa, evidenzi un patrimonio netto positivo, è trasformato in crediti d’imposta l’intero ammontare di attività per imposte anticipate. Alle operazioni di liquidazione volontaria si applicano le disposizioni antielusive previste dall’articolo 37-bis del D.P.R. n. 600/1973 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi).
In particolare tale norma prevede che sono inopponibili all'amministrazione finanziaria gli atti, i fatti e i negozi, anche collegati tra loro, privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario e ad ottenere riduzioni di imposte o rimborsi, altrimenti indebiti.
La lettera c), comma 1, introduce delle modifiche al comma 57 dell’articolo 2 del decreto legge n. 225 del 2010. In particolare, si prevede che il credito d’imposta di cui al comma 55 può essere ceduto al valore nominale nell’ambito dello stesso gruppo, secondo le modalità previste dall’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602/1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito). L’eventuale credito che residua dopo aver effettuato le compensazioni è rimborsabile.