Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011
Art. 8 Misure per la stabilità del sistema creditizio
L’articolo 8, modificato nel corso dell’esame in sede referente, reca misure di stabilizzazione del sistema creditizio volte a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane. Si riconosce inoltre al Ministero dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, la facoltà di rilasciare la garanzia statale su finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità, richiamando in particolare i cosiddetti casi di emergency liquidity assistance (i.e., offerta di liquidità di ultima istanza).
In particolare, il comma 1 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, a concedere - in conformità alla normativa europea in materia - una garanzia dello Stato incondizionata, irrevocabile e a prima richiesta (comma 3):
§ sulle passività delle banche italiane – vale a dire, ai sensi del comma 5, quelle aventi sede legale in Italia - con scadenza da tre mesi fino a cinque anni;
§ a partire dal 1 gennaio 2012, per le obbligazioni bancarie garantite con scadenza fino a sette anni, prorogabili con DPCM, e di emissione successiva alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.
Si ricorda preliminarmente che tale facoltà era già prevista, fino al 31 dicembre 2009, per le passività delle banche italiane, con scadenza fino a cinque anni e di emissione successiva alla data del 13 ottobre 2008, da una norma di contenuto sostanzialmente identico contenuta nel decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, (articolo 1-bis, comma 1) recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori. Con questo provvedimento sono state adottate alcune misure straordinarie al fine di garantire la stabilità del sistema bancario e la tutela del risparmio, in linea con le conclusioni in sede europea, tra le quali si ricordano, oltre alla citata garanzia statale sulle passività bancarie, alcune misure di ricapitalizzazione delle banche, la possibilità di scambio tra titoli di Stato e strumenti finanziari detenuti dalle banche, l’estensione delle procedure di amministrazione straordinaria e gestione provvisoria alle banche con problemi di liquidità, le garanzie sui depositi bancari nonché alcune disposizioni in materia di “conti dormienti”.
In relazione alle obbligazioni bancarie garantite, si ricorda che la relativa disciplina è recata dal’articolo 7-bis della legge 30 aprile 1999, n. 130, (introdotto dalla legge 14 maggio 2005, n. 80), con l’obiettivo di contenere i costi della provvista e di conseguire i vantaggi regolamentari riconoscibili, in base alla normativa comunitaria, agli strumenti di raccolta assistiti da determinate garanzie. In base a tale disciplina, le obbligazioni bancarie garantite possono essere emesse mediante uno schema operativo che prevede: i) la cessione da parte di una banca, anche diversa da quella emittente le obbligazioni, a una società veicolo di attivi di elevata qualità creditizia, costituiti in patrimonio separato; ii) l’erogazione alla società cessionaria, da parte della banca cedente o di altra banca, di un finanziamento subordinato volto a fornire alla cessionaria medesima i mezzi per acquistare le attività; iii) la prestazione da parte della società cessionaria di una garanzia in favore dei portatori delle obbligazioni, nei limiti del relativo patrimonio separato. Con provvedimento del 24 marzo 2010 la Banca d'Italia ha dettato i requisiti delle banche emittenti, i limiti alla cessione degli attivi bancari destinati al prioritario soddisfacimento dei portatori delle obbligazioni garantite, il trattamento prudenziale delle obbligazioni garantite.
Quanto alla normativa europea in tema di aiuti di Stato alle istituzioni finanziarie, si ricorda che, a partire dall’autunno 2008, quando è iniziata la crisi finanziaria mondiale, la Commissione europea ha pubblicato quattro comunicazioni che contengono orientamenti dettagliati sui criteri per la valutazione della compatibilità del sostegno pubblico alle istituzioni finanziarie con il disposto dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del trattato sul funzionamento dell'Unione europea in materia di compatibilità con il mercato interno degli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro. Le comunicazioni sul settore bancario, sulla ricapitalizzazione e sulle attività deteriorate stabiliscono le condizioni essenziali per la compatibilità dei principali tipi di assistenza concessi dagli Stati membri (garanzie sulle passività, ricapitalizzazioni e misure di sostegno a fronte di attività deteriorate), mentre la comunicazione sulla ristrutturazione indica le caratteristiche particolari che un piano di ristrutturazione (o un piano di redditività) deve presentare nello specifico contesto degli aiuti di Stato collegati alla crisi concessi alle istituzioni finanziarie. Le comunicazioni sottolineano che le misure di aiuto hanno carattere esclusivamente temporaneo e ciascuna precisa che esse possono essere giustificate unicamente come risposta di emergenza a uno stress senza precedenti sui mercati finanziari e solo per la durata di tali circostanze eccezionali. Il 1° dicembre 2010 la Commissione ha adottato una quinta comunicazione (2010/C 329/07), relativa all'applicazione, dal 1° gennaio 2011, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria6 (la comunicazione di proroga).
L'inasprirsi delle tensioni sui mercati dei debiti sovrani registrato nel 2011 ha posto il settore bancario dell'Unione sotto una pressione crescente, in particolare in termini di accesso ai mercati del finanziamento a termine. Il “pacchetto per il settore bancario” concordato dai capi di Stato e di governo nel loro incontro del 26 ottobre 2011 è volto a ristabilire la fiducia nel settore bancario mediante garanzie sul finanziamento a medio termine e la creazione di una riserva temporanea di capitale corrispondente a un coefficiente patrimoniale pari al 9% di capitale di qualità più elevata, tenuto conto della valutazione di mercato delle esposizioni di debito sovrano. Malgrado tali misure, la Commissione ritiene che le condizioni per l’approvazione degli aiuti di Stato continueranno a sussistere anche dopo la fine del 2011. Conseguentemente, la comunicazione C(2011) 8744 stabilisce i parametri per l’accettabilità temporanea dell’assistenza, collegata alla crisi, che viene fornita alle banche dal 1° gennaio 2012.
In particolare, la presente comunicazione:
- integra la comunicazione sulla ricapitalizzazione, fornendo orientamenti più dettagliati per garantire un'adeguata remunerazione dei titoli di capitale che non hanno un rendimento fisso;
- illustra in che modo la Commissione procederà a una valutazione proporzionale della redditività a lungo termine delle banche nel contesto del pacchetto per il settore bancario;
- introduce un metodo rivisto per garantire che le commissioni da versare in cambio di garanzie sulle passività bancarie siano sufficienti per limitare l’aiuto al minimo indispensabile, con l'obiettivo di garantire che il metodo tenga conto della recente maggiore differenziazione dei margini differenziali sui CDS e dell'impatto dei margini differenziali sui CDS del debito sovrano.
La concessione della garanzia è effettuata sulla base della valutazione da parte della Banca d'Italia dell'adeguatezza della patrimonializzazione della banca richiedente e della sua capacità di fare fronte alle obbligazioni assunte - sulla base dei coefficienti patrimoniali e della capacità reddituale della banca (commi 2 e 23) - ed è limitata a quanto strettamente necessario per ripristinare la capacità di finanziamento a medio-lungo termine delle banche beneficiarie (comma 6, primo periodo). L'ammontare massimo complessivo delle operazioni di cui al presente decreto non può eccedere, di norma, il patrimonio di vigilanza, compreso il patrimonio di terzo livello (comma 9).
Ai sensi del comma 4, la garanzia, per la quale è autorizzata una spesa di 200 milioni di euro annui per il periodo 2012-2016, viene elencata – secondo quanto previsto all'articolo 31 della legge 31 dicembre 2009 n. 196 (legge di contabilità e finanza pubblica) – in allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, mentre gli eventuali ulteriori oneri sono posti a carico del Fondo di riserva per le spese obbligatorie. E’ stato eliminato il riferimento all’unità di voto parlamentare 25.2 dello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze, in cui il predetto Fondo di riserva è iscritto.
L'insieme delle operazioni e i loro effetti sull'economia sono oggetto di monitoraggio semestrale da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, con il supporto della Banca d'Italia. I risultati delle verifiche sono comunicati alla Commissione europea; insieme con eventuali necessità di prolungare la vigenza delle operazioni oltre i sei mesi. Il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenta alla Commissione europea entro il 15 aprile 2012 un rapporto sintetico sul funzionamento dello schema di garanzia e sulle emissioni garantite e non garantite delle banche (comma 6). Su segnalazione della Banca d'Italia, il Ministero dell'economia e delle finanze può escludere una banca dall'ammissione alla garanzia dandone comunicazione alla Commissione europea (comma 8).
Ai sensi del comma 10, la garanzia dello Stato – che copre sia il capitale che gli interessi (comma 11) - può essere concessa su strumenti finanziari di debito emessi da banche che, oltre alle caratteristiche sopra descritte (vedi comma 1):
§ prevedono il rimborso del capitale in un'unica soluzione a scadenza;
§ sono a tasso fisso;
§ sono denominati in euro;
§ rappresentano un debito non subordinato nel rimborso del capitale e nel pagamento degli interessi;
§ non sono titoli strutturati o prodotti complessi né incorporano una componente derivata.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), per strumenti finanziari si intendono valori mobiliari, strumenti del mercato monetario, quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio, nonché contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati («future»), «swap», accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati, strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, contratti finanziari differenziali.
Si ricorda inoltre che ai sensi della Circolare della Banca d'Italia n. 229 del 21 aprile 1999, Titolo X, Capitolo 1, Sezione I, i "titoli strutturati" sono titoli che incorporano uno strumento di debito di tipo tradizionale e un contratto derivato; le due componenti di un titolo strutturato (obbligazionaria e derivata) sono fuse all'interno di un unico strumento finanziario; sono invece "prodotti complessi" gli schemi negoziali composti da due o più contratti tra loro collegati che realizzano un'unica operazione economica.
Non possono in alcun caso essere assistite da garanzia dello Stato le passività computabili nel patrimonio di vigilanza (comma 12).
Queste ultime sono individuate dalla Circolare della Banca d'Italia n. 263 del 27 dicembre 2006, (Titolo I, Capitolo 2) che indica le modalità di calcolo del patrimonio di vigilanza, costituito dalla somma del patrimonio di base (Tier 1) — ammesso nel calcolo senza alcuna limitazione — e del patrimonio supplementare (Tier 2), che viene ammesso nel limite massimo del patrimonio di base. Da tali aggregati vengono dedotti le partecipazioni, gli strumenti innovativi e non innovativi di capitale, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le passività subordinate, detenuti in altre banche e società finanziarie. Vengono altresì dedotte le partecipazioni in società di assicurazione e le passività subordinate emesse dalle medesime società, nonché ulteriori elementi connessi con il calcolo dei requisiti patrimoniali.
Il volume complessivo di strumenti finanziari con durata superiore ai 3 anni sui quali può essere prestata la garanzia non può eccedere un terzo del valore nominale totale dei debiti garantiti dallo Stato emessi dalla banca stessa (comma 13).
I commi da 14 a 18 definiscono le modalità di calcolo delle commissioni a carico delle banche beneficiarie della garanzia il cui ammontare, ai sensi del successivo comma 32, è comunicato dal Ministero dell’economia e delle finanze alla Commissione europea con riferimento a ciascuna emissione.
In estrema sintesi, le commissioni applicate per le banche saranno in media dell’1 per cento, a cui si aggiunge un costo ulteriore in relazione al rischio che tenga conto dei CDS (credit default swap) senior a 5 anni relativi alla capogruppo. Per le obbligazioni bancarie garantite la commissione basata sul rischio è computata per la metà.
E’ prevista una differente modalità di calcolo per la determinazione della commissione applicabile, a seconda che si tratti di passività delle banche con una durata originaria di almeno 12 mesi, di passività con durata originaria inferiore a 12 mesi o di obbligazioni bancarie garantite.
Al comma 15, sono inoltre regolate le modalità di calcolo degli oneri economici per le banche per le quali non sono negoziati contratti di CDS o comunque non sono disponibili dati rappresentativi.
Il comma 16 stabilisce che in caso di valutazioni difformi dei rating, ai fini del calcolo della commissione si considera rilevante quello più elevato, mentre il comma 17 disciplina le modalità di individuazione dei rating.
Ai sensi del comma 19 le commissioni sono applicate in ragione d'anno all'ammontare nominale dei titoli emessi dalla banca e sono versate, in rate trimestrali posticipate, ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, può variare i criteri di calcolo e la misura delle commissioni del presente articolo in conformità delle Comunicazioni della Commissione Europea, tenuto conto delle condizioni di mercato. Le variazioni non hanno effetto sulle operazioni già in essere (comma 20).
I successivi commi da 21 a 27 definiscono le modalità di presentazione delle richieste di ammissione alla garanzia alla Banca d'Italia e al Dipartimento del Tesoro, nonché i criteri che la Banca d'Italia deve adottare per valutare l'adeguatezza patrimoniale delle banche e la capacità di fare fronte alle obbligazioni assunte.
A seguito dell'intervento della garanzia dello Stato, la banca è tenuta a rimborsare all'erario le somme pagate dallo Stato maggiorate degli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso nonché a presentare un piano di ristrutturazione, come previsto dalla Comunicazione della Commissione europea del 25 ottobre 2008 da trasmettere alla Commissione europea, dal quale risulti che la banca è fermamente decisa a intraprendere gli sforzi di ristrutturazione necessari e a ripristinare la redditività senza ritardi (comma 28).
Qualora la banca sia posta in amministrazione straordinaria o in liquidazione coatta amministrativa ai sensi del Titolo IV del Testo unico bancario (D.Lgs. 385 del 1993) in conseguenza della escussione della garanzia, il relativo provvedimento è trasmesso alla Commissione Europea entro 6 mesi (comma 29).
Il Titolo IV del TUB (articoli da 70 a 105) reca disposizioni in materia di “disciplina della crisi”. In particolare, nella sezione I (Amministrazione straordinaria) gli articoli da 70 a 75 del TUB dispongono in materia di amministrazione straordinaria e l’articolo 76 disciplina la gestione provvisoria delle banche in crisi.
L’amministrazione straordinaria è disposta con decreto dal Ministro dell’economia e finanze, su proposta della Banca d’Italia, quando:
a) risultino gravi irregolarità nell'amministrazione, ovvero gravi violazioni delle disposizioni legislative, amministrative o statutarie che regolano l'attività della banca;
b) siano previste gravi perdite del patrimonio;
c) lo scioglimento sia richiesto con istanza motivata dagli organi amministrativi ovvero dall'assemblea straordinaria.
La Banca d’Italia, con proprio provvedimento, nomina uno o più commissari straordinari, per le funzioni di amministrazione, e un comitato di vigilanza per le funzioni di controllo.
Per effetto del provvedimento, vengono sospese le ordinarie funzioni delle assemblee e degli altri organi. La procedura dura un anno, salvo alcune ipotesi che possono prevedere periodo di ulteriori sei mesi, ovvero ulteriori proroghe disposte dalla Banca d’Italia per un periodo non superiore ad altri due mesi.
La gestione provvisoria è disciplinata dall’articolo 76 ai sensi del quale, nei casi di assoluta urgenza, la Banca d'Italia può nominare uno o più commissari provvisori che assumono i poteri di amministrazione della banca. La gestione provvisoria non può, in ogni caso, avere una durata superiore a due mesi.
Il comma 30, volto a incentivare e a semplificare le modalità di prestazione di finanziamenti da parte della Banca d’Italia a banche per esigenze di liquidità, estende la deroga alla normativa civilistica in materia di garanzie in relazione ai finanziamenti della Banca d‘Italia, contenuta all’articolo 3 del citato decreto-legge n. 155 del 2008 - applicabile ai contratti di garanzia stipulati fino al 31 dicembre 2011 – ai contratti stipulati entro il 31 dicembre 2012.
In particolare, nell’ipotesi in cui la Banca d’Italia eroghi finanziamenti garantiti da pegno o cessione di credito, la norma deroga ai requisiti di opponibilità della garanzia nei confronti del debitore e dei terzi – stabiliti dal codice civile (artt. 1264, 1265, 2800) e dalla disciplina relativa ai contratti di garanzia finanziaria (artt. 1, lett. q), e 2, lett. b), D.Lgs. n. 170/2004) – e considera a tal fine sufficiente la sottoscrizione del contratto di garanzia. La garanzia prestata è sottratta a revocatoria fallimentare, in applicazione dell’art. 67, comma 4, R.D. n. 267/1942, che già esclude la revocatoria stessa nei confronti dell’istituto di emissione.
Con riguardo alla disciplina normativa sui finanziamenti erogati dalla Banca d’Italia, si ricorda che l’articolo 6 del D.Lgs. 10 marzo 1998, n. 43 (Adeguamento dell'ordinamento nazionale alle disposizioni del trattato istitutivo della Comunità europea in materia di politica monetaria e di Sistema europeo delle banche centrali), in materia di strumenti di politica monetaria e operazioni della Banca, ha previsto che per il perseguimento degli obiettivi e per lo svolgimento dei compiti propri del SEBC la Banca d'Italia può compiere tutti gli atti e le operazioni consentiti dallo statuto del SEBC, nel rispetto delle condizioni stabilite in attuazione dello stesso.
L’articolo 18 dello Statuto del Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) e della BCE prevede che al fine di perseguire gli obiettivi del SEBC e di assolvere i propri compiti, la BCE e le banche centrali nazionali hanno la facoltà di effettuare operazioni di credito con istituti creditizi ed altri operatori di mercato, erogando i prestiti sulla base di adeguate garanzie.
Gli articoli 1264 e 1265 del codice civile disciplinano gli effetti della cessione del credito nei confronti, rispettivamente, del debitore ceduto e dei terzi.
Come è noto, la cessione del credito (artt. 1260 e seguenti c.c.) è il contratto in base al quale il creditore (cedente) trasferisce ad altri il suo diritto di credito, realizzando così una modifica del rapporto obbligatorio, che resta inalterato in tutti i restanti elementi (la persona del debitore ceduto e la prestazione). Il credito è quindi trasferito con le garanzie personali e reali, i privilegi e gli altri eventuali accessori.
Non è richiesto il consenso del debitore ceduto ai fini del perfezionamento del negozio (art. 1260 c.c.), salvo che il credito abbia carattere strettamente personale o il trasferimento sia vietato per legge. Tuttavia, ai sensi dell’art. 1264 c.c., la cessione è efficace nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata. Prima della notifica (o dell'accettazione) della cessione, il debitore può ritenere, in buona fede, che il suo debito permanga nei confronti del cedente e dunque pagare nelle mani di quest'ultimo; dopo la notifica, invece, il pagamento all'originario creditore (cedente) non libera il debitore, che potrà essere costretto dal cessionario a un nuovo pagamento. Se non vi è stata notifica, ma il debitore è comunque al corrente dell'avvenuta cessione, il pagamento deve essere effettuato a favore del cessionario. Ove il debitore, pur essendo a conoscenza della cessione, paghi all'originario creditore, egli può essere costretto a ripetere il pagamento al cessionario, se quest'ultimo prova che il debitore era comunque al corrente della cessione.
La notifica della cessione consente comunque di risolvere il conflitto tra più cessionari del medesimo credito. In base all’art. 1265 c.c., se il medesimo credito ha formato oggetto di più cessioni a persone diverse, prevale la cessione notificata per prima al debitore, o quella che – ancorché posteriore – è stata prima accettata dal debitore con atto di data certa. La stessa norma si applica allorché il credito ha formato oggetto di costituzione di usufrutto o di pegno.
L’articolo 2800 del codice civile disciplina gli effetti del pegno di un credito. Il pegno (artt. 2784 e seguenti c.c.) è un diritto reale concesso al creditore dal debitore o da un terzo su un bene mobile a garanzia del credito. Il bene viene così destinato al soddisfacimento del credito qualora il debitore non adempia i propri obblighi. Possono essere oggetto di pegno, oltre ai beni mobili, anche le universalità di mobili, i crediti e altri diritti aventi a oggetto beni mobili. Per costituire il pegno occorre la consegna del bene; quest'ultima deve inoltre risultare da una scrittura con data certa indicante sia il credito che la cosa data in pegno, se il creditore intende farsi pagare con prelazione. Ai sensi dell’art. 2800 c.c., quando il pegno riguarda un credito, la prelazione non ha luogo se il pegno non risulta da atto scritto e la costituzione di esso sia notificata al debitore del credito dato in pegno ovvero è stata da questo accettata con scrittura avente data certa.
L’articolo 1, comma 1, lettera q) del D.Lgs. 21 maggio 2004, n. 170, recante attuazione della direttiva 2002/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria, fa riferimento alla prestazione della garanzia, definendola come l'avvenuto compimento degli atti, quali la consegna, il trasferimento, la registrazione delle attività finanziarie, in esito ai quali le attività finanziarie stesse risultino nel possesso o sotto il controllo del beneficiario della garanzia o di persona che agisce per conto di quest'ultimo o, nel caso di pegno o di cessione del credito, la notificazione al debitore della costituzione del pegno stesso o della cessione, o la loro accettazione da parte del debitore.
L’articolo 2, comma 1, lettera b) dello stesso decreto n. 170 del 2004 fa riferimento al fatto che la garanzia finanziaria sia stata prestata e tale prestazione sia provata per iscritto. La prova deve consentire l'individuazione della data di costituzione e delle attività finanziarie costituite in garanzia. A tale fine è sufficiente la registrazione degli strumenti finanziari sui conti degli intermediari ai sensi degli articoli 30 e seguenti del d.lgs. 24 giugno 1998, n. 213, e l'annotazione del contante sul conto di pertinenza.
L’articolo 67 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) disciplina l’azione revocatoria fallimentare, che può essere proposta dal curatore fallimentare con riferimento agli atti posti in essere dal debitore quando già si trovava in stato di insolvenza. L’articolo 67 indica quali atti sono soggetti ad azione revocatoria (commi 1 e 2) e quali ne sono esclusi (comma 3). Il comma 4 stabilisce che tali disposizioni non sono applicabili alla Banca d’Italia, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario, facendo altresì salva la peculiare disciplina dettata dalle leggi speciali.
Qualora il totale delle passività garantite ecceda sia il 5 per cento delle passività totali della banca sia l’ammontare di 500 milioni di euro, il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base degli elementi forniti dalla Banca d’Italia, presenta alla Commissione europea una relazione (viability review) per ciascuna banca beneficiaria avente ad oggetto la solidità e la capacità di raccolta della banca interessata, in conformità dei criteri stabiliti dalla Commissione nella Comunicazione del 19 agosto 2009 (comma 31).
Con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, possono essere stabiliti eventuali ulteriori criteri, condizioni e modalità di attuazione (comma 33).
Il comma 34 riconosce al Ministero dell'economia e delle finanze, fino al 30 giugno 2012, la facoltà di rilasciare la garanzia statale su finanziamenti erogati dalla Banca d'Italia alle banche italiane e alle succursali di banche estere in Italia per fronteggiare gravi crisi di liquidità, richiamando in particolare i cosiddetti casi di emergency liquidity assistance (i.e., offerta di liquidità di ultima istanza).
Secondo l’illustrazione della Banca d’Italia, l’emergency liquidity assistance (cosiddetta ELA) è uno strumento per l’erogazione di credito di ultima istanza al quale può farsi ricorso solo in casi eccezionali, venute meno possibili soluzioni di mercato. L’ELA viene attivato dalle autorità nazionali sulla base dell’articolo 105 del Trattato sull’Unione europea che, nell’attribuire la gestione della politica monetaria al SEBC, assegna la tutela della stabilità finanziaria agli Stati membri, con il contributo delle istituzioni sopranazionali. La distinzione tra l’ELA e le altre operazioni di credito della banca centrale sta principalmente nella diversità delle finalità perseguite. Ad esempio, la marginal lending facility dell’Eurosistema è un’operazione con cui si soddisfano ordinarie esigenze di liquidità delle singole banche; le operazioni di ELA sono invece operazioni straordinarie effettuate in situazioni di emergenza.
Si ricorda che tale facoltà era già prevista, fino al 31 dicembre 2009, da una norma di contenuto sostanzialmente identico contenuta nel citato decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, (articolo 3, comma 2).