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Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011

Art. 23 comma 14 - 21: Disposizioni in materia di province

I commi 14-21 dell’art. 23 dispongono che spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
Sono organi di governo della Provincia il Consiglio provinciale ed il Presidente della Provincia. Tali organi durano in carica cinque anni.
Il Consiglio provinciale è composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni ricadenti nel territorio della Provincia. Le modalità di elezione sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012.
Il Presidente della Provincia è eletto dal Consiglio provinciale tra i suoi componenti secondo le modalità stabilite dalla legge statale di cui al comma 16.
Fatte salve le funzioni di cui al comma 14, lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 31 dicembre 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato.
Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono altresì al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell'ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l'operatività degli organi della provincia.
Agli organi provinciali che devono essere rinnovati entro il 31 dicembre 2012 si applica, sino al 31 marzo 2013, l’ articolo 141 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Gli organi provinciali che devono essere rinnovati successivamente al 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale. Decorsi i termini di cui al primo e al secondo periodo del presente comma, si procede all’elezione dei nuovi organi provinciali di cui ai commi 16 e 17.
Le regioni a statuto speciale adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi da 14 a 20 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Le medesime disposizioni non trovano applicazione per le province autonome di Trento e di Bolzano. (60)
I Comuni possono istituire unioni o organi di raccordo per l'esercizio di specifici compiti o funzioni amministrativi garantendo l'invarianza della spesa.

Le funzioni delle province

Il comma 14, modificato in sede referente, prevede che spettano alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni. Tale previsione è disposta con riferimento alle materie e ai limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

 In tema di funzioni delle province occorre ricordare che, a livello costituzionale, l’art. 114, comma secondo, stabilisce che le Province, con i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni, sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati nella Costituzione.

Nella giurisprudenza costituzionale, che sottolinea la diversità dei poteri spettanti a Stato, regioni, province, comuni e città metropolitane, è stato precisato che alle province diverse da quelle autonome, come ai comuni e alle città metropolitane, non spettano potestà legislative.

Le province autonome di Trento e Bolzano sono menzionate nell’art. 116, comma secondo, e l’art. 117, comma quinto, ne indica specifiche competenze.

Con riferimento alle province delle Regioni a statuto speciale, occorre precisare che tali regioni hanno potestà legislativa in materia di autonomie locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia, “in armonia con la Costituzione, con i princìpi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica, col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali”. In particolare, ciascuno statuto di autonomia espressamente comprende l’“ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni” nell’elenco delle materie in cui la regione ha potestà legislativa primaria: così, per la regione Friuli-Venezia Giulia, la L.Cost. 1/1963, art. 4, e per la regione Sardegna la L.Cost. 3/1948, art. 3. Per la Regione siciliana l’art. 15 del R.D.Lgs. 455/1946 dispone la soppressione delle circoscrizioni provinciali vigenti al momento dell’entrata in vigore dello Statuto e dispone che “spetta alla Regione la legislazione esclusiva e l’esecuzione diretta in materia di circoscrizione, ordinamento e controllo degli enti locali”.

L’art. 118, secondo comma, stabilisce che le province, come i comuni e le città metropolitane, sono titolari di funzioni amministrative proprie e di funzioni conferite con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze.

L’art. 117, secondo comma, lett. p), attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di funzioni fondamentali delle province, oltre che dei comuni e delle città metropolitane.

 La differente qualificazione delle funzioni non ha impedito a parte della dottrina di identificare le funzioni proprie con quelle fondamentali (quindi da determinare con legge statale), con individuazione uniforme a livello nazionale delle funzioni di base.

 A livello di legislazione ordinaria l’art. 19 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) attribuisce alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero territorio provinciale nei settori seguenti:

a)    difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità;

b)    tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche;

c)    valorizzazione dei beni culturali;

d)    viabilità e trasporti;

e)    protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali;

f)      caccia e pesca nelle acque interne;

g)    organizzazione dello smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni atmosferiche e sonore;

h)    servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;

i)      compiti connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale;

l)         raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

Lo stesso art. 19 TUEL stabilisce che la provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale, culturale e sportivo. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal TUEL per la gestione dei servizi pubblici locali.

 L’art. 20 del TUEL riconduce poi alle funzioni di programmazione della provincia le seguenti attività:

a)    raccogliere e coordinare le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed ambientale della Regione;

b)    concorrere alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate dalla legge regionale;

c)    formulare e adottare, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali sia di carattere generale che settoriale e promuovere il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni.

 Inoltre, la provincia, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali, predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio.

In particolare, tale piano indica:

a)    le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;

b)    la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;

c)    le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;

d)    le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.

 Occorre precisare che le richiamate disposizioni del TUEL non esauriscono le funzioni delle province alle quali vanno ascritte anche quelle conferite dalle leggi regionali e statali.

 II dettato costituzionale in materia di funzioni fondamentali è stato oggetto di più di un tentativo di attuazione.

 La determinazione delle funzioni fondamentali degli enti locali risulta rilevante ai fini del federalismo fiscale.

Infatti, l’art. 119, comma quarto, Cost. stabilisce che le risorse degli enti locali (e delle regioni) – ossia tributi ed entrate proprie, compartecipazioni al gettito erariale e fondo perequativo - devono consentire il finanziamento integrale delle “funzioni pubbliche loro attribuite”. L’individuazione di tali funzioni appare, pertanto, un passaggio necessario per la valutazione dell’entità delle risorse finanziarie da attribuire alle autonomie locali.

L’importanza dell’individuazione delle funzioni territoriali è confermata dalla legge n. 42 del 2009, sul federalismo fiscale di attuazione dell’art. 119 Cost. Tale legge, nell’indicare i princìpi e i criteri direttivi della delega relativa al finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane, prevede una classificazione delle spese degli enti locali ripartite in:

-        spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale;

-        spese relative alle altre funzioni;

-        spese finanziate con contributi speciali.

In particolare, la legge n. 42 prevede l’integrale finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali, la cui individuazione è rinviata alla legislazione statale di attuazione dell’articolo 117, comma secondo, lett. p), mediante tributi propri, compartecipazioni e addizionali ai tributi erariali e regionali e fondo perequativo, che andranno a sostituire integralmente i trasferimenti statali. La garanzia del finanziamento integrale delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni da esse eventualmente implicate deve avvenire con modalità definite in base al “fabbisogno standard”, modalità che consente di superare il vigente criterio di finanziamento, basato sulla spesa storica (art. 11, co. 1, lett. b)).

La fase transitoria, riconducibile ad un periodo di cinque anni per consentire il superamento definitivo del criterio della spesa storica, è disciplinata dall’art. 21 della legge sul federalismo che contiene principi e criteri direttivi per l’attuazione con decreti legislativi da parte del governo. In particolare, l’art. 21, co. 1, lett. e), dispone che, fin tanto che non saranno in vigore le disposizioni concernenti le funzioni fondamentali, il finanziamento delle spese degli enti locali avviene sulla base di alcuni specifici criteri. In particolare:

§      il fabbisogno delle funzioni di comuni e province viene finanziato assumendo l’ipotesi che l’80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali (punto 1);

§      l’80 per cento delle spese di comuni e province (cioè quelle di cui al punto 1), afferenti alle funzioni fondamentali, viene finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo perequativo; il residuo 20 per cento delle spese di cui al punto 1, relative alle altre funzioni, è finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo (punto 2).

§      a tal fine, il punto 3 prevede che venga preso a riferimento l’ultimo bilancio degli enti locali certificato a rendiconto, disponibile alla data di predisposizione degli schemi dei decreti legislativi attuativi della delega.

 Successivamente, l’articolo 3 del D.lgs. 26 novembre 2010, n. 216 (Determinazione dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane e province) considera, in via transitoria, quali funzioni fondamentali dei comuni e delle province le funzioni già individuate in via provvisoria come tali dall’articolo 21, commi 3 e 4, della legge 5 maggio 2009, n. 42, che recano, rispettivamente, per i comuni e per le province, un elenco provvisorio delle funzioni fondamentali da finanziare integralmente sulla base del fabbisogno standard, ai sensi del comma 2.

Per le province, le funzioni, e i relativi servizi, da considerare provvisoriamente quali funzioni fondamentali sono:

§      funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge in esame;

§      funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica;

§      funzioni nel campo dei trasporti;

§      funzioni riguardanti la gestione del territorio;

§      funzioni nel campo della tutela ambientale;

§      funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro.

Rispetto alle funzioni individuate dal D.P.R. n. 194/1996 non risultano dunque comprese le funzioni relative ai seguenti ambiti: cultura e beni culturali; settore turistico, sportivo e ricreativo; settore sociale; sviluppo economico, relativamente ai servizi per l’agricoltura e per l’industria, il commercio e l’artigianato.

I decreti legislativi prevedono altresì che l'elenco provvisorio delle funzioni possa essere adeguato attraverso accordi tra Stato, regioni, province e comuni, da concludere in sede di Conferenza unificata (comma 5).

 Quanto alla "regionalizzazione" delle province, pochi giorni dopo che l'Assemblea della Camera aveva respinto la proposta di legge di soppressione delle province, la I Commissione Affari costituzionali inizia l'esame di alcune proposte di legge costituzionale (A.C. 1242, 4439, 4493 e 4499) che trasferiscono dallo Stato alle regioni la competenza in materia di istituzione di nuove province e di mutamento dei confini delle province esistenti.

A tal fine le proposte A.C. 1242, 4439, 4493 modificano il primo comma dell’art. 133 Cost. che prevede una riserva di legge statale in materia di istituzione di province, mentre l’A.C. 4499 dispone la competenza regionale nel secondo comma dell’art. 114 Cost., e, conseguentemente, abroga il primo comma dell’art. 133 Cost.

Ad esclusione della pdl A.C. 1242, le proposte in esame intervengono anche sulla disciplina delle città metropolitane, stabilendo che la loro costituzione comporti la soppressione delle province nel medesimo territorio.

 Con successiva legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze, sono stabiliti la materia e i limiti entro i quali si dispiega la suddetta funzione. Pertanto, essa è espressamente esclusa dal comma 18 da quelle funzioni, già conferite alle province dalla normativa vigente, che lo Stato e le Regioni, ciascuno per quanto di competenza, devono trasferire, con propria legge, ai Comuni entro il 31 dicembre 2012. Il termine originariamente fissato dal decreto-legge (30 aprile 2012) è stato così posticipato nel corso dell’esame in sede referente.

L’obbligo di trasferimento ai comuni delle funzioni finora già conferite trova un solo limite, conforme alle previsioni del primo comma dell’art. 118 Cost., costituito dall’esigenza di assicurarne l’esercizio unitario, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, a garanzia del quale possono essere “acquisite” dalle Regioni. Si valuti l’opportunità di riformulare la clausola che dispone l’“acquisizione” in quanto, da un punto di vista sostanziale, essa non potrebbe indicare un tertium genus rispetto al trasferimento di funzioni dallo Stato alle regioni o al mantenimento di funzioni in capo alle regioni stesse.

Il decorso del termine del 31 dicembre 2012 in mancanza di trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni comporta un intervento statale di sostituzione normativa, con legge dello Stato, con il procedimento previsto dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Il richiamo a tale disposizione dovrebbe riguardare solo le previsioni compatibili sia con il termine già fissato per l’adempimento da parte delle regioni sia con la previsione dello strumento della legge a fini di sostituzione.

L’art. 8 della legge 131/2003 prevede, al comma 1, che, nei casi e per le finalità previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

 Il comma 19 stabilisce che lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono altresì al trasferimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali per l’esercizio delle funzioni trasferite, assicurando nell’ambito delle medesime risorse il necessario supporto di segreteria per l’operatività degli organi della provincia.

Gli organi delle province

I commi 15, 16 e 17 ridisegnano gli organi della provincia, senza peraltro delineare la forma di governo dell’ente, e le relative modalità di elezione, riducendone il novero al consiglio provinciale e al presidente della provincia, con eliminazione delle giunte.

Sia il consiglio provinciale che il presidente della provincia sono configurati - a differenza degli altri enti indicati dall’art. 114 Cost. - come organi ad elezione indiretta, eletto il primo dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia e il secondo dal consiglio provinciale stesso tra i suoi componenti.

Tali organi durano in carica cinque anni e le modalità di elezione del consiglio provinciale, composto da non più di dieci membri, e del presidente della provincia (come specificato da una modifica apportata dalle Commissioni V e VI in sede referente) sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012, termine così fissato nel corso del’esame in sede referente (il testo originario del decreto-legge stabilisce il termine al 30 aprile 2012).

Il comma 20 nel testo vigente rinvia alla legge statale la determinazione del termine decorso il quale gli organi in carica delle Province decadono. Nel corso dell’esame in sede referente tale norma è stata sostituita da una disciplina transitoria, diversificata per gli organi provinciali che vanno in scadenza prima del 31 dicembre 2012 (termine ultimo per l’adozione della nuova legge elettorale) e per quelli che devono essere rinnovati successivamente.

Per i primi, per i quali si dovrebbe procedere all’indizione delle elezioni nella primavera 2012, si applica, fino al 31 marzo 2013, l’articolo 141 del testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000) che prevede lo scioglimento del consiglio e la nomina di un commissario, dopodiché si procede alle elezioni con le nuove disposizioni.

 L’articolo 141 TUEL prevede che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’interno, possa essere disposto lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali, in alcuni casi tassativamente indicati dalla legge, quali violazione della Costituzione o della legge, gravi motivi di ordine pubblico, impedimento o dimissioni del sindaco o del presidente della provincia, dimissioni della maggioranza dei consiglieri ecc.

Ad eccezione dei casi di impedimento, rimozione, decadenza e decesso del sindaco o del presidente della provincia, il decreto di scioglimento reca contestualmente la nomina di un commissario che esercita le attribuzioni conferitogli dal decreto stesso (art. 141, comma 3).

Affatto diversa, l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per infiltrazione mafiosa, disciplinata dall’articolo 143 TUEL.

 La necessità di introdurre una norma transitoria per gli organi provinciali che dovranno essere rinnovati nel 2012 per scadenza naturale (Vicenza, Ancona, Ragusa, Como, Belluno, Genova e La Spezia) o per altre cause, è stata esplicitata dalla Commissione affari costituzionali nel proprio parere, in quanto, qualora la legge statale non fosse intervenuta prima della loro scadenza e della conseguente indizione di nuove elezioni, si sarebbe proceduto a un rinnovo del tutto temporaneo.

 Gli organi provinciali che vanno in scadenza dopo il 31 dicembre 2012 restano in carica fino alla scadenza naturale e vengono rinnovati secondo le nuove regole.

La forma di governo provinciale vigente nelle regioni a statuto ordinario

Come sopra precisato, l’art. 117, co. 2, lett. p), della Costituzione ricomprende tra le competenze legislative esclusive dello Stato quelle della legislazione elettorale e degli organi di governo di comuni, province e città metropolitane.

La disciplina della forma di governo dei comuni e delle province è stata modificata in maniera incisiva con la legge n. 81 del 1993, che ha introdotto l’elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia. La relativa disciplina è confluita nel testo unico sull’ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 267/2000).

 Gli organi di governo della provincia sono: il presidente della provincia, il consiglio, organo rappresentativo eletto dalla collettività provinciale e la giunta, organo esecutivo (art. 36, comma 2, TUEL).

Il presidente della provincia è eletto a suffragio diretto, dura in carica cinque anni ed è rieleggibile per una sola volta.

Questi provvede alla scelta degli assessori e può disporne la revoca. A ciascun assessore è assegnato uno specifico settore di attività.

La composizione del consiglio provinciale è variabile e dipende dall’ampiezza demografica della provincia (art. 37 TUEL).

Attualmente i consigli provinciali sono composti dal presidente della provincia e:

-        da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;

-        da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;

-        da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;

-        da 24 membri nelle altre province.

 Il numero dei consiglieri provinciali è stato ridotto del 20%, con arrotondamento dell’entità della riduzione all’unità superiore, ad opera della legge 191/2009 (art. 2, comma 184, come modificato dall'art. 1, comma 1, del decreto-legge 2/2010). Ai fini della riduzione è escluso dal computo il presidente della provincia. La riduzione si applica a decorrere dal 2011 e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia della data del medesimo rinnovo.

Inoltre, il decreto-legge 138/2011 (art. 15) ha stabilito un’altra riduzione pari alla metà (con arrotondamento all'unità superiore) sia del numero dei consiglieri provinciali, sia di quello degli assessori provinciali. Anche questa riduzione si applica a tali organi a decorrere dal primo loro rinnovo.

 Il numero degli assessori è stabilito dallo statuto in relazione a quello dei consiglieri. Ai sensi del testo unico, la Giunta provinciale è composta dal presidente della provincia, che la presiede, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il presidente della provincia, e comunque non superiore a 12 unità (art. 47 TUEL). Il limite massimo di assessori, in precedenza pari a 16 unità è stato ridotto a 12 dalla legge 244/2007 (art. 2, comma 23). Il numero degli assessori è stato ulteriormente rideterminato in misura pari a un quarto del numero dei consiglieri della provincia, con arrotondamento all’unità superiore, sempre computando il presidente della provincia, dalla citata legge 191/2009 (art. 2, comma 185, come modificato dall'art. 1, comma 1-bis, del decreto-legge 2/2010).

Il nuovo limite, come stabilito dall’art. 2, comma 1, del citato D.L. 2/2010, si applica a decorrere dal 2010, e per tutti gli anni a seguire, ai singoli enti per i quali ha luogo il primo rinnovo del rispettivo consiglio, con efficacia dalla data del medesimo rinnovo.

Si ricorda, inoltre, che il citato decreto-legge 138/2011 (art. 15), ha stabilito un’altra riduzione pari alla metà (con arrotondamento all'unità superiore), oltre che del numero dei consiglieri provinciali, anche di quello degli assessori provinciali. Anche questa riduzione si applica a tali organi a decorrere dal primo loro rinnovo.

 Il presidente della provincia ed il consiglio provinciale sono eletti contestualmente con sistema misto a doppio turno in base a liste formate da gruppi di candidati nei collegi uninominali (artt. 74 e 75 TUEL).

Analogamente a quello per l’elezione dei sindaci, questa elezione collega un sistema proporzionale (quello per la elezione del consiglio) con l’elezione diretta dei presidenti di provincia. Alle liste collegate al candidato presidente vincente viene attribuito (se necessario) un premio di maggioranza che garantisce a tali liste di raggiungere comunque il 60 % dei seggi del consiglio.

Peculiarità del sistema per l’elezione del consiglio provinciale è quella di svolgersi formalmente nell’ambito di collegi uninominali. Il territorio della provincia è diviso in tanti collegi uninominali quanti sono i seggi assegnati alla provincia in ragione della popolazione residente. Le candidature al consiglio si presentano infatti nell’ambito di collegi uninominali definiti all’interno del territorio provinciale. Tuttavia i seggi sono attribuiti proporzionalmente in ambito provinciale con il metodo dei divisori d’Hondt sulla base dei voti ottenuti nell’intero territorio provinciale dai gruppi di candidati uninominali tra loro collegati.

Il consiglio può votare la sfiducia alla giunta. Alla approvazione della mozione di sfiducia consegue non solo la cessazione dalla carica del presidente della giunta provinciale e della sua giunta, ma anche lo scioglimento del consiglio stesso.

Il consiglio si configura, in linea di principio, quale organo deputato all’adozione degli indirizzi e alla effettuazione dei controlli, mentre la giunta è incaricata del governo dell’ente locale in attuazione di quegli indirizzi. Oltre alle funzioni di indirizzo, il consiglio esercita anche compiti normativi e programmatici, assume le decisioni fondamentali inerenti l’ordinamento dell’ente e approva i bilanci.

 In sede referente è stato introdotto il comma 20-bische fa salve le competenze statutarie in materia di province delle regioni a statuto speciale, fermo restando l’obbligo per quest’ultime di adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi precedenti, entro 6 mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (entro il 6 giugno 2012).

Un’altra modifica ha escluso dall’ambito di applicazione delle disposizioni le province autonome di Trento e Bolzano.

Si ricorda che la Commissione Affari costituzionali ha condizionato il proprio parere favorevole all’introduzione di una “clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e Bolzano, alla luce delle disposizioni costituzionali in materia e dell'autonomia statutaria propria delle regioni a statuto speciale nella quale rientra la competenza in tema di ordinamento degli enti locali”.

 Il comma 21 prevede che i comuni possono istituire unioni o organi di raccordo per l’esercizio di specifici compiti o funzioni amministrativi garantendo l’invarianza della spesa.

 L’unione di comuni costituisce una delle forme per l’esercizio associato di funzioni prevista dall’art. 32 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL). Infatti il TUEL prevede anche altre forme per l’esercizio associato di funzioni: la convenzione (art. 30), l’accordo di programma (art. 34) e il consorzio (art. 31).

 Sulla materia è recentemente intervenuto l’articolo 16 del D.L. 138/2011, convertito dalla legge 148/2011, che ha previsto, per la razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali, l’obbligatorio esercizio in forma associata delle funzioni amministrative e dei servizi spettanti a legislazione vigente dei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, attraverso lo strumento dell’unione dei comuni dettandone una specifica disciplina derogatoria dell’art. 32 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL).

 Appare pertanto opportuno approfondire: se la disposizione del comma 21 sostituisca la disciplina introdotta con il citato articolo 16 del d.l. 138/2011 anche per il profilo dell’obbligatorietà per i comuni con popolazione fino a 1000 abitanti; se le unioni richiamate da tale comma siano riconducibili al citato art. 32 TUEL; la natura degli “organi di raccordo” e se anch’essa vada definita in relazione a quanto già previsto dal TUEL.