Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011
1) Tassazione sul bollo per gli strumenti finanziari
L’articolo 19, interviene (commi 1-5) sulla disciplina della tassazione sul bollo per gli strumenti finanziari, introducendo - a decorrere dal 1° gennaio 2012 - una imposizione su base proporzionale pari all’1 per mille per il 2012 e all’1,5 per mille a decorrere dal 2013 e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l’imposta, al fine di includervi anche i prodotti finanziari non soggetti all’obbligo di deposito.
Si ricorda che il comma 7 dell'articolo 23 del decreto-legge n. 98 del 2011 - con una modifica all’articolo 13 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 642 del 1972 recante la disciplina dell'imposta di bollo (tale tariffa è contenuta nel D.M. 20 agosto 1992) - ha incrementato l’ammontare dell'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dagli intermediari finanziari.
Innanzitutto la lettera a)del comma 7 ha modificato il comma 2-bis del citato articolo 13, in modo da espungere le comunicazioni relative ai depositi di titoli dal novero dei documenti attualmente sottoposti a imposta di bollo pari a 22,80 euro per ogni esemplare di comunicazione inviato con periodicità annuale (ossia 11,40 euro con periodicità semestrale, 5,70 euro con periodicità trimestrale e 1,90 euro con periodicità mensile). Per tali comunicazioni viene infatti disposta un’apposita disciplina alla successiva lettera b).
La lettera b) ha quindi inserito il comma 2-ter al citato articolo 13. Per effetto delle nuove norme, le comunicazioni relative ai depositi di titoli sono sottoposte a imposta di bollo secondo le seguenti modalità:
- per le comunicazioni concernenti i depositi di titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso presso ciascuna banca sia inferiore a cinquantamila euro, dal 2011 l’imposta è aumentata rispetto agli importi previsti al citato comma 2-bis, ma il nuovo ammontare non viene incrementato nel tempo. In particolare, per ogni esemplare di comunicazione inviato con periodicità annuale l’imposta ammonta a 34,20 euro (ossia 17,1 euro con periodicità semestrale, 8,55 euro con periodicità trimestrale e 2,85 euro con periodicità mensile);
- per le comunicazioni relative a depositi di ammontare pari o superiore alla predetta soglia di 50.000 euro, le norme dispongono un graduale aumento dell’imposta nel tempo, variabile secondo l’entità dei depositi.
In particolare quindi, ai sensi dei nuovi commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 13 della Tariffa, come modificati in sede referente, gli estratti conto, inviati dalle banche ai clienti nonché gli estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali, sono soggetti ad una imposta fissa pari a:
§ 34,20 euro se il cliente è persona fisica, prevedendo l’esenzione (ai sensi della nota 3-bis del predetto articolo 13 modificata dal nuovo comma 2 dell’articolo in commento), qualora il valore medio di giacenza annuo non sia superiore a euro 5.000
§ 100 euro se il cliente è soggetto diverso da persona fisica.
Si ricorda che la predetta nota 3-bis, nella formulazione vigente, stabilisce, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, una maggiorazione dell'imposta, in funzione della periodicità dell'estratto conto, rispettivamente, di euro 26,40, euro 13,20, euro 6,60 ed euro 2,20. Tale maggiorazione non si applica agli estratti conto inviati alle società fiduciarie nel caso in cui il fiduciante sia una persona fisica.
Inoltre, le comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari, sono assoggettate ad una imposta proporzionale pari all’1 per mille per il 2012 e all’1,5 per mille a decorrere dal 2013.
Nella nuova formulazione della nota 3-bis è inoltre previsto che l'estratto conto o il rendiconto si considerano in ogni caso inviati almeno una volta nel corso dell'anno, anche quando non sussiste un obbligo di invio o di redazione. Se gli estratti conto sono inviati periodicamente nel corso dell'anno, l'imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato.
Il comma 3 modifica la nota 3-ter all’articolo 13 della Tariffa.
Quest’ultima, nella versione vigente, prevede che l'imposta è sostitutiva di quella dovuta per tutti gli atti e documenti formati o emessi ovvero ricevuti dalle banche, nonché dagli uffici dell'Ente poste italiane relativi a operazioni e rapporti regolati mediante conto corrente, ovvero relativi al deposito di titoli. L'estratto conto, compresa la comunicazione relativa ai depositi di titoli, si considera in ogni caso inviato almeno una volta nel corso dell'anno. Non sono soggetti all'imposta gli estratti dei conti correnti postali che presentino un saldo negativo per tre mesi consecutivi a seguito dell'applicazione della predetta imposta e che siano chiusi d'ufficio. Non sono altresì soggette all'imposta le comunicazioni relative ai depositi di titoli emessi con modalità diverse da quelle cartolari e comunque oggetto di successiva dematerializzazione, il cui complessivo valore nominale o di rimborso posseduto presso ciascuna banca sia pari o inferiore a mille euro.
La modifica interviene per precisare l’estensione dell’imposta anche alla comunicazione relativa ai prodotti finanziari non soggetti ad obbligo di deposito. L’emendamento del Governo, inoltre, vi include esplicitamente i buoni postali fruttiferi, ad eccezione di quelli di valore di rimborso non superiore a 5.000 euro.
Si chiarisce, inoltre, che qualora le comunicazioni siano inviate periodicamente nel corso dell’anno, l’imposta di bollo dovuta è rapportata al periodo rendicontato (lettera a). Vengono poi stabiliti gli importi minimi e massimi dell’imposta (34,20 e 1.200 euro) (lettera b).
Il comma 4 (comma 3 nella formulazione originaria) specifica che la percentuale della somma da versare entro il 30 novembre 2012 a titolo di acconto è ridotta al 50 per cento.
Si ricorda che l’articolo 15-bis del citato DPR n. 642 del 1972, stabilisce che Poste italiane s.p.a., le banche e gli altri enti e società finanziari entro il 30 novembre di ogni anno, versino, a titolo di acconto, una somma pari al settanta per cento dell'imposta.
Il comma 5, demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le modalità di attuazione delle disposizioni richiamate.
2) Imposta sulle attività emerse a seguito della normativa dello scudo fiscale
I commi da 6 a 12 dell’articolo 19 prevedono l’applicazione di un’imposta speciale annuale del 4 per mille sulle attività finanziarie oggetto di emersione a seguito delle disposizioni di cui agli articoli 12 e 15 del decreto legge n. 350/2001 e all’articolo 13-bis del decreto legge n. 78/2009 (c.d. scudo fiscale).
Per gli anni 2012 e 2013 l’aliquota, è stabilita, rispettivamente, nella misura del 10 e del 13,5 per mille (comma 6).
Rispetto al testo originario del decreto-legge, la norma specifica l’ambito oggettivo di applicazione, che riguarda le sole attività finanziarie e non quelle patrimoniali (previste invece dallo scudo).
I nuovi commi 13-17 prevedono quindi una imposta sul valore degli immobili situati all’estero. E’ infine introdotta un’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato (commi 18-21).
La disciplina sullo scudo fiscale è stata introdotta dall’articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 ed è stata modificata sia dal decreto-legge n. 103 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 141 del 2009 sia dal decreto-legge n. 194 del 2009 (c.d. "milleproroghe"). Le norme recano disposizioni in materia di “rimpatrio” ovvero “regolarizzazione” delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero in violazione degli obblighi valutari e tributari sanciti dal decreto legge n. 167 del 1990, convertito dalla legge n. 227 del 1990.
In particolare, si consentiva la regolarizzazione o il rimpatrio delle attività detenute all’estero in una data non successiva al 31 dicembre 2008. L’operazione, da effettuarsi nel periodo compreso tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010, si perfezionava con il pagamento dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali istituita dal sopra richiamato articolo 13-bis. Poiché il termine finale, fissato al 15 dicembre 2009 dalla legge di conversione del D.L. 78/09, è stato modificato dal D.L. 194/2009 (entrato in vigore il 30 dicembre 2009), le operazioni di emersione effettuate nel periodo compreso tra il 16 e il 29 dicembre 2009 non sono considerate ammissibili. Il D.L. n. 194/2009 ha introdotto un incremento della misura dell'imposta dovuta da applicare alle operazioni di emersione effettuate successivamente al 15 dicembre 2009.
In merito alla disciplina generale e agli effetti prodotti i commi 4 e 5 dell’articolo 13-bis rinviano:
- agli articoli 11, 13, 14, 15, 16, 17, 19 commi 2 e 2-bis, 20 comma 3 del decreto legge n. 350 del 2001, recante una precedente disciplina in materia di “scudo fiscale” che ha disposto la possibilità di regolarizzare le attività estere detenute almeno al 1° agosto 2001, nonché al decreto-legge n. 12 del 2002 il quale, agli articoli 1 e 2, reca modifiche ed integrazioni alla disciplina contenuta nel D.L. n. 350;
- all’articolo 8, comma 6, lettera c), della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003). Il richiamato articolo 8, recante “Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi”, nell’introdurre la facoltà per i contribuenti di aderire alla definizione agevolata, individua nella lettera c) del comma 8 gli effetti penali conseguenti alla medesima regolarizzazione fiscale.
Per quanto concerne l’ambito oggettivo, la norma si applica alle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero in violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008.
La norma non individua espressamente l’ambito soggettivo di applicazione. Tuttavia, in virtù dei rinvii al decreto-legge n. 167 del 1990 e all’articolo 11 del decreto-legge n. 350 del 2001 nonché dei chiarimenti forniti con la richiamata circolare n. 43/E emanata dall’Agenzia delle entrate, la disciplina introdotta si applica nei confronti dei seguenti soggetti residenti nel territorio dello Stato: persone fisiche (anche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo), enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).
Sono previste due modalità diverse da applicare in funzione dello Stato estero nel quale si trovano le attività interessate dalla presente disciplina:
- qualora le attività si trovino in paesi non appartenenti all’Unione europea, ad eccezione di quelli indicati nel punto successivo, la procedura è subordinata al cosiddetto rimpatrio dei capitali, ovvero al rientro in Italia del denaro e delle attività.
- qualora le attività si trovino in paesi dell’Unione europea ovvero in paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE) che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa, i soggetti interessati possono scegliere di regolarizzare, ossia di continuare a mantenere le proprie attività all’estero, ovvero di rimpatriare le attività finanziarie e patrimoniali. La possibilità di effettuare il rimpatrio o la regolarizzazione è ammessa anche per le imprese estere situate nei paradisi fiscali le cui partecipazioni di controllo o di collegamento sono detenute da soggetti residenti in Italia.
Le operazioni di rimpatrio e regolarizzazione sono effettuate attraverso una dichiarazione riservata che il contribuente presenta ad un intermediario abilitato. Gli intermediari garantiscono l’anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività nei confronti dell’amministrazione finanziaria. Essi non sono tenuti a verificare la congruità delle informazioni contenute nelle dichiarazioni riservate, tuttavia hanno il compito di verificare la documentazione che viene allegata alla dichiarazione in caso di regolarizzazione delle attività. Per l’operazione di rimpatrio, le attività devono essere depositate presso l’intermediario italiano entro il termine fissato.
Gli intermediari assumono la qualifica di sostituto d’imposta, trattenendo le ritenute fiscali dovute e riversandole allo Stato senza indicare il nominativo del soggetto per conto del quale la ritenuta è stata operata. Sempre in qualità di sostituto d’imposta presentano una dichiarazione complessiva (mod. 770) concernente il totale delle somme rimpatriate o regolarizzate e le relative ritenute trattenute e versate.
La base imponibile è rappresentata dal rendimento presunto determinato in ragione del 2 per cento annuo per un periodo di cinque anni. In sostanza, quindi, l’imposta è applicata ad un imponibile corrispondente al 10 per cento del valore delle attività che si intende regolarizzare.
E’ istituita una imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali consistente in una aliquota sintetica comprensiva di sanzioni ed interessi, da applicare al rendimento presunto delle attività detenute all’estero. La misura dell'aliquota è pari al 50 per cento se l'operazione è effettuata entro il 15 dicembre 2009, al 60% per le operazioni effettuate entro il 28 febbraio 2010 e al 70% per le operazioni effettuate entro il 15 aprile 2010. In ogni caso, è esclusa la possibilità di scomputare dal pagamento dell’imposta dovuta eventuali ritenute o crediti vantati dal contribuente.
In sostanza, tenuto conto che l’imponibile è determinato sulla base di un rendimento presunto annuo del 2 per cento e di un periodo oggetto di emersione fissato in cinque anni e che l’aliquota d’imposta è pari al 50, 60 e 70 per cento, il carico tributario equivale ad un importo corrispondente, rispettivamente, al 5, 6 e 7 per cento delle attività finanziarie regolarizzate o rimpatriate.
La circolare n. 43/E dell’Agenzia delle entrate chiarisce, inoltre, che “in tutte le ipotesi di materiale rimpatrio delle attività patrimoniali vanno assolti gli obblighi in materia di IVA e diritti doganali eventualmente esistenti”.
Ai sensi del nuovo comma 7, l’imposta è determinata al netto dell’eventuale imposta di bollo sugli strumenti finanziari di cui ai commi precedenti.
Il versamento, con riferimento al valore delle attività ancora segretate al 31 dicembre dell’anno precedente, avviene - entro il 16 febbraio di ciascun anno - per il tramite degli intermediari finanziari, che provvedono a trattenere l’imposta del soggetto che ha effettuato l’emersione o ricevono provvista dallo stesso contribuente. Per il solo versamento da effettuare nel 2012 il valore delle attività segretate è quello al 6 dicembre 2011 (nuovo comma 8, comma 5 nella formulazione originaria).
Ai sensi del nuovo comma 9 (comma 6 nella formulazione originaria), gli intermediari segnalano all’Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta. Nei confronti dei contribuenti l’imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo. Per l’omesso versamento si applica una sanzione pari all'importo non versato, mentre per l’accertamento e la riscossione dell’imposta, nonché per il relativo contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte di bollo (commi 10 e 11) e non, come originariamente previsto dal comma 8, in materia di persone fisiche.
Per le attività finanziarie oggetto di emersione che, alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse, è dovuta, per il solo anno 2012, una imposta straordinaria pari al 10 per mille (nuovo comma 12).
3) Imposta sugli immobili detenuti all’estero
I commi da 13 a 22 dell’articolo 19 istituiscono e disciplinano, rispettivamente, l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero e l’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero.
Entrambe le forme di prelievo sembrano soggette alla sussistenza di forme di collaborazione con le autorità fiscali degli Stati esteri ove sono detenuti gli immobili e le attività finanziarie colpiti da imposta.
In particolare, i commi da 13 a 17, istituiscono l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero.
L’imposta colpisce gli immobili siti all’estero, destinati a qualsiasi uso, e trova applicazione dal 2011 (comma 13).
Soggetti passivi (comma 14) sono le persone fisiche, residenti nel territorio dello Stato, titolari di diritto di proprietà o di altro diritto realesul bene immobile.
L’imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell’anno nei quali tale situazione di fatto si è protratta; a tal fine, il mese nel quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero.
L’aliquota dell’imposta (comma 15) è pari allo 0,76 per cento della base imponibile, consistente nel valore degli immobili risultante dall’atto di acquisto degli stessi o dai contratti. In mancanza, la base imponibile si desume dal valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile medesimo.
Ai sensi del comma 16, per evitare fenomeni di doppia imposizione, dalla predetta imposta è deducibile un credito d’imposta, fino a concorrenza del suo ammontare, pari al valore dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui è sito l’immobile.
Il comma 17 rimanda alla normativa in materia di IRPEF per quanto concerne i versamenti, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione, le sanzioni, i rimborsi e il contenzioso.
4) Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero
I commi da 18 a 21 disciplinano l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero.
Dalla formulazione delle norme introdotte, tale forma di tassazione sembra riferirsi al solo valore delle attività finanziarie, non colpendo dunque i dividendi percepiti in virtù del loro possesso, né le plusvalenze realizzate dalla loro cessione ma aggiungendosi a tali forme di prelievo, ove applicabili. La natura patrimoniale dell’imposta sembra altresì desumersi dalla formulazione del comma 21, che prescrive la deducibilità dell’imposta patrimoniale eventualmente pagata all’estero sulle medesime attività.
Analogamente a quanto disposto per l’imposta sul valore degli immobili all’estero (di cui ai commi da 13 a 17), l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero colpisce le persone fisiche, a decorrere dal 2011 (comma 18).
Per quanto concerne i termini di decorrenza, valgono le considerazioni esposte al relativo paragrafo.
Essa è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione (comma 19).
L’imposta è dovuta (comma 20) nella seguente misura:
§ 1 per mille annuo per il 2011 e il 2012;
§ 1,5 per mille annuo a decorrere dal 2013.
Base imponibile è il valore di mercato delle attività finanziarie, rilevato al termine di ciascun anno solare nel luogo in cui esse sono detenute, anche utilizzando la documentazione dell’intermediario estero di riferimento e, in mancanza, secondo il valore nominale o di rimborso.
Dall’imposta si deduce (comma 21), per evitare fenomeni di doppia imposizione, un credito d’imposta, fino a concorrenza del suo ammontare, pari al valore dell’eventuale imposta patrimoniale versata nello Stato in cui sono detenute le predette attività finanziarie.
Anche per tale fattispecie, il comma 22 rimanda alla normativa in materia di IRPEF per quanto concerne i versamenti, la liquidazione, l’accertamento e la riscossione, le sanzioni, i rimborsi e il contenzioso.
Il nuovo comma 23 demanda a provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate le disposizioni di attuazione riguardanti l’imposta sulle attività emerse a seguito della normativa dello scudo fiscale, sugli immobili detenuti all’estero e sulle attività finanziarie detenute all’estero.
Il nuovo comma 24, infine, abroga il comma 5 dell’articolo 11 del decreto legge n. 691 del 1994, che aveva istituito un'addizionale nella misura del 50 per cento dell'imposta di bollo richiamata ai commi 1-3, ora sostituiti dall’articolo in commento.