Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011
L’articolo 14 istituisce, a decorrere dal 1° gennaio 2013 il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni e dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
La norma è volta a risolvere la questione della tassa comunale sui rifiuti, con particolare riferimento alla qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti - che assume rilevanza con particolare riferimento all’obbligo di assoggettare o meno le somme all’imposta sul valore aggiunto (IVA) - e che è stata oggetto di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, sul quale si è pronunciata anche la Corte costituzionale.
L'attuale situazione tariffaria e l'evoluzione
normativa (dalla TARSU alle tariffe TIA1 e TIA2)
L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 disciplina la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2) prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
Contemporaneamente all’istituzione della TIA2, l'art. 238 ha disposto l'abrogazione della precedente "tariffa Ronchi" (istituita dall’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 e comunemente indicata come “tariffa d’igiene ambientale” o TIA1, avendo lo stesso acronimo della tariffa prevista dall’art. 238 del Codice dell’ambiente).
L'attuazione concreta della TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt’oggi non ancora emanato. Nelle more dell’emanazione di tale decreto è stata disposta (sempre ai sensi del comma 11 citato) l’applicazione delle norme regolamentari vigenti, e quindi fatta salva l'applicazione della “tariffa Ronchi” nei comuni che l'avevano già adottata o per quelli che l’hanno adottata entro la fine del 2006, visto che dal 2007 al 2009 (in virtù del comma 184 della L. 296/2006) non è stato più possibile cambiare il regime di prelievo.
Si ricorda che l’art. 49, comma 1, del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) ha soppresso la Tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), a decorrere dai termini indicati dal D.P.R. 158/1999 (Regolamento recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani), entro i quali i comuni avrebbero dovuto provvedere all’integrale copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti urbani attraverso la tariffa. Il comma 1-bis del medesimo art. 49 ha comunque consentito ai comuni di deliberare, in via sperimentale, l'applicazione della tariffa anche prima dei citati termini.
Termini però che, per effetto di successive proroghe legislative operate nei confronti delle disposizioni dell’art. 11 del D.P.R. 158/1999, non sono mai diventati operativi. L’art. 11, come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 134, della legge 266/2005 (finanziaria 2006) prevede, infatti, l’applicazione del sistema tariffario non prima del 2007. Ma prima che tale norma potesse esplicare i suoi effetti è intervenuta la citata disposizione recata dal comma 184 della L. 296/2006, volta a lasciare invariato il regime di prelievo (e quindi a consentire, nei fatti, l’applicazione della TARSU), dapprima per l’anno 2007 e poi, sulla base di successive novelle, anche per gli anni 2008-2009. In tal modo, nei comuni in cui fino al 2006 si applicava la TARSU si è continuato ad applicarla, così come si è continuato ad applicare la cd. tariffa Ronchi nei comuni che, in virtù del comma 1-bis dell’art. 49 citato, avevano anticipato l’applicazione della tariffa in via sperimentale; tutto ciò nonostante lo spirare delle rispettive discipline legislative.
Relativamente alla mancata applicazione della TIA2 prevista dall’art. 238, si fa notare che sullo scenario normativo suesposto si è innestata la norma recata dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. 208/2008, modificata prima dall’art. 23, comma 21, del D.L. 78/2009 (convertito dalla legge 102/2009) e poi dall'art. 8, comma 3, del D.L. 194/2009 (convertito dalla L. 25/2010). Tale comma 2-quater, nel testo novellato, consente ai comuni di adottare comunque la TIA2 sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (quindi del D.P.R. 158/1999), anche in mancanza dell’emanazione (entro il 30 giugno 2010) da parte del Ministero dell’ambiente del regolamento - previsto dall’art. 238, comma 6, del D.Lgs. 152/2006 - volto a disciplinare l’applicazione della stessa TIA2.
Sulla natura tributaria della TIA1
La qualificazione della natura giuridica della prestazione patrimoniale dovuta a fronte dei servizi di smaltimento dei rifiuti, oggetto di diverse interpretazioni e di un ampio contenzioso, assume rilevanza con particolare riferimento all’obbligo di assoggettare o meno le somme all’imposta sul valore aggiunto (IVA).
La questione della natura tributaria piuttosto che "corrispettivo per il servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani" della TIA1 è stata oggetto di diverse, e talora contrastanti, pronunce giurisdizionali, nonché di differenti interpretazioni dottrinali.
Tra le varie pronunce, di indubbio rilievo è la sentenza n. 238 del 2009 della Corte costituzionale che le ha riconosciuto natura tributaria (e, quindi, la conseguente competenza della Commissioni tributarie a dirimere le relative controversie), non rilevando "né la formale denominazione di «tariffa», né la sua alternatività rispetto alla TARSU, né la possibilità di riscuoterla mediante ruolo". Tale sentenza ha determinato, di fatto, l’esclusione dalla imponibilità ai fini IVA delle somme dovute e la conseguente presentazione di numerosi ricorsi da parte dei contribuenti per il rimborso dell’IVA pagata.
La Corte costituzionale, nell'indicare i criteri cui far riferimento per qualificare come tributari alcuni prelievi, ha infatti affermato che essi sono indipendenti dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che disciplina i prelievi stessi, e consistono piuttosto nella doverosità della prestazione, nella mancanza di un rapporto sinallagmatico tra le parti e nel collegamento di detta prestazione alla pubblica spesa in relazione ad un presupposto economicamente rilevante (ex plurimis: sentenze n. 238 del 2009; n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64 del 2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005).
Questa sentenza differisce da precedenti orientamenti assunti - tra l'altro - dalla Corte di Cassazione civile che aveva qualificato come non tributaria tale prestazione pecuniaria (S.U. ordinanza n. 3274/2006), anche se successive decisioni della Corte stessa, con varie motivazioni e differenze, avevano invece ricondotto detta prestazione nel novero dei tributi (S.U.: ordinanza n. 3171 del 2008, sentenze n. 13902/2007 e n. 4895/2006; sezioni semplici: sentenze n. 5298 e n. 5297 del 2009, n. 17526/2007).
Quanto affermato dalla Corte Costituzionale è stato successivamente ribadito anche dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 8313 dell’8 aprile 2010) secondo la quale “il fatto generatore dell’obbligo di pagamento è legato non all’effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e alla effettiva fruizione del servizio di smaltimento, ma esclusivamente all’utilizzazione di superficie idonee a produrre rifiuti ed alla potenziale fruibilità del servizio (punto 7.2.3.1. della sentenza n. 238/2009). Ciò fa della TIA, come già della TARSU, un tributo, la cui natura non può essere mutata se non sganciando l’obbligazione dal presupposto impositivo, e non attribuendo ad un privato un impossibile potere impositivo”.
L'interpretazione autentica prevista dal D.L. 78/2010 e la circolare del MEF
L’articolo 14, comma 33, del D.L. 78/2010 reca una norma interpretativa diretta ad affermare la natura non tributaria della TIA2. La stessa norma, inoltre, affida le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente al 31 maggio 2010 (data di entrata in vigore del D.L. 78/2010) alla giurisdizione ordinaria.
Come risulta chiaramente dall'analisi esposta nei paragrafi precedenti, la finalità della norma recata dal comma in esame non è quella di dirimere le possibili controversie originanti dalla recente giurisprudenza (in primis la sentenza n. 238/2009 della Corte costituzionale), in quanto tale giurisprudenza investe la TIA1, ma quella di creare le premesse per consentire un avvio ordinato della nuova tariffa integrata ambientale (TIA2), avvio consentito (v. supra) dalla disposizione recata dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. 208/2008.
Sul punto è successivamente intervenuta la circolare n. 3/DF dell'11 novembre 2010, con cui il Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) ha fornito chiarimenti in materia di applicabilità dei prelievi concernenti la gestione dei rifiuti solidi urbani (TARSU, TIA1 e TIA2), dando anche indicazioni circa la natura non tributaria della tariffa e conseguente assoggettabilità all'IVA. In particolare il MEF ha chiarito che si applicano sia alla TIA1 che alla TIA2 le disposizioni contenute nell'art. 14, comma 33, del D.L. 78/2010, secondo il quale «la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria».
Recenti interventi normativi
Il comma 123 dell'art. 1 della L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ha previsto che, sino all'attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuiti agli enti territoriali, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU).
Successivamente è intervenuta la disposizione introdotta dalla legge di conversione n. 10/2011 nel testo dell'art. 2 del D.L. 225/2010 (cd. milleproroghe). Il comma 2-bis prevede che, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di carattere finanziario in materia di ciclo di gestione dei rifiuti (comprese quelle riguardanti anche la regione e gli enti locali della Campania recate dagli artt. 11-12 del D.L. 195/2009), la copertura integrale dei costi dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti può essere assicurata - anche in assenza di una dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di sospensione recate dal citato comma 123 - con le seguenti modalità:
- applicazione delle disposizioni di cui al comma 5-quater della legge n. 1992, n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), concernente il potere, attribuito al Presidente della Regione colpita da calamità naturali, di coprire gli oneri derivanti con aumenti, sino al limite massimo consentito dalla vigente legislazione, delle imposizioni tributarie attribuite alla regione, nonché elevando la misura dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, fino ad un massimo di cinque centesimi per litro, ulteriori rispetto alla misura massima consentita; viene raddoppiato, tuttavia, in tal caso, il limite di incremento di imposta previsto dal comma 5-quater;
- facoltà, per comuni e province, di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica in misura non superiore al vigente importo delle addizionali.
Da ultimo è intervenuto il comma 7 dell'art. 14 del D.Lgs. 23/2011 (federalismo fiscale municipale) secondo cui, fino alla revisione della disciplina dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali in materia di TARSU e TIA1.
Lo stesso comma dispone altresì che resta ferma la possibilità per i comuni di adottare laTIA2.
In particolare, ai sensi del comma 1 dell’articolo in esame, a decorrere dal 1° gennaio 2013 il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi copre:
§ i costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, svolto in regime di privativa dai comuni;
§ i costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
Soggetto attivo dell'obbligazione tributaria è il comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili assoggettabili al tributo (comma 2).
Il tributo, ai sensi del comma 3, è dovuto - con vincolo di solidarietà tra i componenti del nucleo familiare o tra coloro che usano in comune i locali o le aree stesse (comma 5) - da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva (comma 4).
In caso di utilizzi temporanei di durata non superiore a sei mesi, il tributo è dovuto soltanto dal possessore dei locali e delle aree a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione, superficie (comma 6), mentre per i locali in multiproprietà e i centri commerciali integrati il soggetto che gestisce i servizi comuni è responsabile del versamento del tributo dovuto per i locali ed aree scoperte di uso comune (comma 7).
Ai sensi del comma 8, la tariffa è commisurata all’anno solare, cui corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria, nonché alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie (comma 9), in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte.
La superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento della superficie catastale.
I comuni possono modificare d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, con quelli dell'Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile.
La tariffa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (comma 11), è composta da:
§ una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti;
§ una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione;
§ i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.
La definizione dei criteri per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa è demandata ad un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012. In via transitoria, a decorrere dal 1° gennaio 2013 si applicano le disposizioni di cui al citato D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 recante norme per la elaborazione del metodo normalizzato per definire la tariffa del servizio di gestione del ciclo dei rifiuti urbani.
Alla tariffa così determinata, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato (comma 13), a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione per un importo massimo di 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato.
Tale maggiorazione – secondo quanto emerge dalla relazione tecnica – determina un incremento delle entrate per i comuni stimato in 1.000 milioni di euro annui, al quale corrisponde, ai sensi del comma 13-bis, un riduzione di pari importo delle somme assegnate ai comuni a valere sul Fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo - di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011 - nonché sui trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, a decorrere dal 2013.
In caso di incapienza ciascun comune deve versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue.
Per quanto riguardo le rimanenti autonomie speciali (Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, province di Trento e di Bolzano) si applicheranno le procedure previste all’articolo 27 della legge n. 42/2009 sul federalismo fiscale, prevedendosi peraltro che, fino alla conclusione di tali procedure – vale a dire fino all’emanazione delle norme di attuazione previste dallo stesso articolo 27 – a valere sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali di spettanza delle suddette regioni e province autonome venga accantonato un importo corrispondente al maggior gettito in questione.
L’articolo 27 prevede che le autonomie speciali concorrano al nuovo assetto fiscale delineato dalla legge n. 42/2009 secondo criteri da stabilire con norme di attuazione dei rispettivi statuti, da emanare entro trenta mesi dall’entrata in vigore della legge 42 medesima (vale a dire entro il 21 novembre 2011). Tale termine risulta ora soppresso dall’articolo 28, comma 4, del decreto legge in commento.
Si segnala che sul Fondo sperimentale di riequilibrio comunale interviene anche l’articolo 13 del decreto-legge in esame, che al comma 17 ne prevede la riduzione in misura corrispondente al maggior gettito attribuito ai comuni a seguito della nuova disciplina dell’imposta municipale, che la relazione tecnica quantifica in circa 2 miliardi di euro annui a partire dal 2012, nonché il successivo articolo 28, che ne dispone, al comma 7, una riduzione per complessivi 1.415 milioni a decorrere dall’anno 2012.
Ai sensi del comma 14, resta ferma la disciplina del tributo dovuto per il servizio di gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche.
I commi da 15 a 21 prevedono specifiche ipotesi di riduzioni tariffarie, salva la facoltà, per il consiglio comunale, di deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni.
Il consiglio comunale determina, con apposito regolamento, la disciplina per l'applicazione del tributo e approva le tariffe del tributo entro il termine fissato da norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione, in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani (commi 22 e 23).
I commi da 24 a 27 regolano il servizio di gestione dei rifiuti assimilati prodotti da soggetti che occupano o detengono temporaneamente locali od aree pubbliche o di uso pubblico.
Il comma 28 fa salva l'applicazione del tributo provinciale per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione ed igiene dell'ambiente di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Il tributo provinciale, commisurato alla superficie dei locali ed aree assoggettabili a tributo, è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia sull'importo del tributo,.
I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo del tributo (commi 29-32).
Il costo del servizio da coprire con tale tariffa è determinato sulla base dei criteri stabiliti nel regolamento già previsto dal comma 12 per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES). La tariffa così determinata è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. I comuni applicano quindi il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi limitatamente alla componente diretta alla copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni (vedi comma 13).
Nel corso dell’esame in sede referente, è stato chiarito che le disposizioni contenute nei commi 30 e 31 riguardano esclusivamente le modalità di calcolo di tale tariffa e non si applicano al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) disciplinato nei commi precedenti.
I commi da 33 a 44 disciplinano gli aspetti procedurali concernenti la presentazione della dichiarazione e l’accertamento, statuendo anche in ordine alle sanzioni.
Il comma 45 rinvia alle disposizioni relative all'accertamento e alla riscossione, da parte degli enti locali, dei tributi di propria competenza, di cui all'articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché alle norme in materia di potestà regolamentare delle province e dei comuni di cui all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate.
Tale ultima norma prevede, tra l’altro, che l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche in forma associata; qualora, invece, sia deliberato di affidare a terzi l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali.
A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono quindi soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. E’ infine abrogato, con la medesima decorrenza, l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 in materia di federalismo fiscale municipale, il quale, sino alla revisione della disciplina relativa alla gestione dei rifiuti solidi urbani, confermava la vigenza dei regolamenti comunali adottati in base alla normativa concernente la tassa sui rifiuti solidi urbani e la tariffa di igiene ambientale nonché la possibilità per i comuni di adottare la tariffa integrata ambientale (commi 46 e 47).