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Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011

Art. 13: Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria

L’articolo 13, anticipa al 2012 l’applicazione dell’imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal D.Lgs. sul federalismo municipale (D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23).
Per effetto delle modifiche operate dalle commissioni riunite V e VI, rispetto alla formulazione originaria delle norme:
§      sono modificati alcuni moltiplicatori applicabili, ai fini della determinazione della base imponibile, a specifiche tipologie di immobili (banche e terreni agricoli);
§      è previsto un innalzamento dell’importo della detrazione d’imposta per la “prima casa” pari a 50 euro per ciascun figlio di età non superiore ai 26 anni, purché residente e dimorante nell’immobile adibito ad abitazione principale;
§      sono modificate le disposizioni relative all’accatastamento di fabbricati rurali, in particolare prevedendo l’obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni, conseguentemente abrogando il comma 21 dell’articolo in esame;
§      sono modificate le norme relative al Fondo sperimentale di riequilibrio ed al Fondo perequativo.
Applicazione dell’Imposta municipale propria
In primo luogo, (comma 1) le disposizioni in commento prevedono un periodo di applicazione sperimentale a decorrere dal 2012 e fino al 2014, con applicazione dell’IMU in tutti i comuni del territorio nazionale, secondo:
§      la disciplina generale dell’imposta recata dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili;
§      le disposizioni contenute nel medesimo articolo 13 in esame.

L’applicazione a regime dell'imposta municipale propria è invece fissata al 2015.

L’IMU nel sistema del federalismo fiscale municipale
Gli articoli 8 e 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011 hanno istituito e disciplinato l’imposta municipale propria. Il provvedimento ne fissa la decorrenza dal 2014, attribuendo il relativo gettito ai Comuni dalla medesima data.
Nel quadro del federalismo, l’IMU è volta a sostituire, per la componente immobiliare, le seguenti forme di prelievo:
§      l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari, con riferimento ai beni non locati.
§      l’imposta comunale sugli immobili (ICI).
Tuttavia, l’articolo 9, comma 9 del D.Lgs. 23/2011 precisa che continueranno ad essere assoggettati ad imposta sui redditi:
§      il reddito agrario di cui all’articolo 32 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986);
§      i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la “cedolare secca”;
§      i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario (ai sensi dell’articolo 43 del TUIR;
§      i redditi provenienti dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.

Presupposto dell’imposta (articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 23/2011) è il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.
Sono (articolo 9, comma 1, del D.Lgs. 23/2011) soggetti passivi dell’imposta municipale:
§      il proprietario o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie) di immobili. Sono considerati immobili anche i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, nonché quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa;
§      il concessionario, nel caso di concessione di aree demaniali;
§      il locatario, a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto di leasing, se l’immobile - anche da costruire o in corso di costruzione – è concesso in locazione finanziaria.

La base imponibile dell’imposta municipale propria (articolo 8, comma 4, del D.Lgs. 23/2011) corrisponde al valore dell’immobile determinato secondo i vigenti criteri validi per il calcolo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), a mente dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992: ai sensi del richiamato articolo 5 il valore è costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, dal prodotto tra le rendite catastali rivalutate del 5% e uno dei coefficienti determinati dal D.M. 14 dicembre 1991.
In particolare, per i fabbricati inscritti in catasto, la base imponibile è rappresentata dalla rendita catastale dell'immobile, rivalutata del 5%, moltiplicata per i seguenti valori stabiliti dal D.M. 14 dicembre 1991 e successive modifiche (per dettagli si veda infra).
L’aliquota di base, stabilita a livello nazionale, (articolo 8, comma 5 del D.Lgs. 23/2011) è fissata nella misura dello 0,76 per cento e può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Ai comuni è concessa la facoltà di modificare, con deliberazione consiliare adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, in aumento o in diminuzione, l’aliquota fissata a livello nazionale, nelle seguenti misure:
§      fino ad un massimo di 0,3 punti percentuali per l’imposta municipale applicata al possesso di immobili non locati;
§      fino ad un massimo di 0,2 punti percentuali per l’IMU applicata agli immobili locati.
Nel caso di mancata emanazione della delibera comunale entro il predetto termine, si applicano le aliquote ordinarie: 0,76 per cento, per gli immobili non locati che non costituiscono abitazione principale; per gli immobili locati, ai sensi del successivo comma 6, un’aliquota ridotta alla metà (0,38 per cento).

Le disposizioni del decreto legislativo sul federalismo municipale prevedono che l’imposta non si applichi (articolo 8, comma 3 del D.Lgs. 23/2011) sugli immobili adibiti ad abitazione principale e le relative pertinenze.
Il beneficio della esenzione per l’abitazione principale è riconosciuto solo se l’immobile è il luogo in cui il contribuente ha sia la residenza anagrafica sia la dimora abituale, purché si tratti di un immobile iscritto o iscrivibile al catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare in una categoria diversa da A/1, A/8 e A/9 (corrispondenti, rispettivamente, alle abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville e ai castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici, che sono dunque assoggettati a imposta municipale propria, ancorché destinati ad abitazione principale del contribuente).
Il beneficio è esteso alle unità pertinenziali classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo.
I commi 6 e 7 dell’articolo 8 del D.Lgs. 23/2011 disciplinano alcune ipotesi in cui l’aliquota è ridotta (riduzione a metà dell’aliquota ordinaria per immobili locati; facoltà dei comuni, con delibera del consiglio di ridurre sino alla metà l’aliquota ordinaria in specifiche ipotesi).
L’articolo 9, comma 8 del D.Lgs. 23/2011 reca le ulteriori esenzioni dall’imposta municipale propria, richiamando quasi del tutto la disciplina relativa all’ICI.
In particolare, sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali.
Sono inoltre richiamate le norme dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, ai sensi delle quali sono esenti da imposta:
§      i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (articolo 7, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      i fabbricati con destinazione ad usi culturali (di cui all'art. 5-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601), ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze (articolo 7, comma 1, lettera d) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato Lateranense, sottoscritto l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 (articolo 7, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito (ILOR) dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (articolo 7, comma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984 (articolo 7, comma 1, lettera h) del D.Lgs. n. 504/1992);
§      gli immobili utilizzati dai soggetti IRES destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, ovvero quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana (articolo 7, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 504/1992).
Rispetto alla disciplina ICI, sono esclusi dall’esenzione e dunque assoggettati a IMU i fabbricati i quali, dichiarati inagibili o inabitabili, sono stati recuperati al fine di essere destinati ad attività assistenziali, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività medesime (articolo 7, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 504/1992).

 

Il comma 2 dell’articolo in esame fissa il presupposto dell’imposta municipale propria nel possesso di immobili, ovvero fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli (di cui all'articolo 2 del D.Lgs. n. 504/1992), compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa.
Come già illustrato supra, l’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 23/2011 fissa il presupposto dell’IMU nel possesso di immobili diversi dall’abitazione principale. Per effetto delle norme in esame, dunque, essa si applicherà anche all’abitazione principale e alle sue pertinenze.

Ai sensi dell’articolo 2 del citato D.Lgs. n. 504/1992, per “fabbricato” si intende l'unità immobiliare iscritta o da iscrivere nel catasto edilizio urbano. Si considera parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato. Si ricorda che ai sensi dell'art. 23, comma 1-bis, del D.L. n. 207 del 2008 non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità.
Per “area fabbricabile” si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici (generali o attuativi) ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione, determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità. Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali. Il comune, su richiesta del contribuente, attesta se un'area sita nel proprio territorio è fabbricabile in base a tali criteri.
Per terreno agricolo si intende il terreno adibito all'esercizio delle attività agricole (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali) e le attività ad esse connesse, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Per abitazione principale deve intendersi l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente.

Per quanto riguarda la disciplina ICI, l’articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 93 del 2008 (abrogato dalle norme in commento, cfr. il commento al comma 13 dell’articolo in esame) ha introdotto, a decorrere dal 2008 l’esenzione dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e relative pertinenze del soggetto passivo.
Si intende per abitazione principale (comma 2 dell’articolo 1 del D.L. 93/2008):
-        l’unità immobiliare ove abitualmente dimorano il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari (articolo 8, comma 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992);
-        le unità immobiliari che il comune, con regolamento o delibera, abbia assimilato all’abitazione principale.
Gli immobili di pregio (immobili signorili, le ville ed i castelli inseriti rispettivamente nelle categorie catastali A01, A08 ed A09), ancorché adibiti ad abitazione principale del soggetto passivo, sono esclusi dall’esenzione (comma 2, ultimo periodo). Ad essi, tuttavia, si continua ad applicare la detrazione “ordinaria” per l’abitazione principale, prevista dall’articolo 8, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 504 del 1992.

Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.
In base alla classificazione operata dall’Agenzia del territorio, rientrano nella categoria C/2 i magazzini e locali di deposito, nella categoria C/6 le stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro) e nella categoria C/7 le tettoie chiuse od aperte.

Il comma 3 dell’articolo in esame dispone che base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile (ai sensi dell’articolo 5, comma 1 del D.Lgs. n. 504/1992).
Al fine di determinare il valore dell’immobile, è anzitutto richiamata la disciplina che consente di determinare la base imponibile ICI ('articolo 5, commi 3, 5 e 6 del D.Lgs. 504/1992) relativa ai fabbricati di gruppo D non iscritti in catasto e le aree fabbricabili.
In particolare, l’articolo 5, comma 3 prevede che, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all'anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato alla data di inizio di ciascun anno solare (ovvero, se successiva, alla data di acquisizione) dal costo risultante dalle scritture contabili al lordo delle quote di ammortamento maggiorato con l'applicazione di appositi coefficienti.
Per le aree fabbricabili la base imponibile è data dal valore venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione. Si deve aver riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all'indice di edificabilità, alla destinazione d'uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato dalla vendita di aree aventi analoghe caratteristiche (articolo 5, comma 5).
In caso di utilizzazione edificatoria dell'area, di demolizione di fabbricato e di interventi di recupero la base imponibile è costituita dal valore dell'area senza computare il valore del fabbricato in corso d'opera, fino alla data di ultimazione dei lavori di costruzione, ricostruzione o ristrutturazione ovvero, se antecedente, fino alla data in cui il fabbricato costruito, ricostruito o ristrutturato è comunque utilizzato (successivo comma 6).

Il valore dei fabbricati e dei terreni agricoli si determina invece secondo quanto previsto nei successivi commi 4 e 5 dell’articolo 13 in commento.
Rispetto alla disciplina vigente a fini ICI, le disposizioni in commento modificano, aumentandoli, i moltiplicatori da applicare alle rendite catastali. Inoltre, sono le stesse disposizioni di rango primario a determinare la misura dei predetti coefficienti; l’articolo 5 del D.Lgs. 504/1992 ne demanda invece la fissazione a un decreto ministeriale.
In particolare, per i fabbricati (comma 4, modificato nel corso dell’esame del provvedimento in sede referente) il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento (ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662), specifici moltiplicatori:
§      160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10 (comma 4, lettera a));
§      140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5 (comma 4, lettera b));
§      80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, ovvero gli istituti di credito, cambio e assicurazione (comma 4, lettera b-bis), inserita a seguito dell’esame del provvedimento in sede referente);
§      80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10 (comma 4, lettera c));
§       60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D,(comma 4, lettera d)), con l’eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5, per i quali – come visto supra – il moltiplicatore si applica nella misura di cui alla lettera b-bis); per gli altri immobili di categoria D, l’importo del moltiplicatore è elevato da 60 a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013;
§      55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1 (comma 4, lettera e)).

Attualmente, a fini ICI (e in rapporto al rinvio operato dall’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. 23/2011), per i fabbricati inscritti in catasto, la base imponibile è rappresentata dalla rendita catastale dell'immobile, rivalutata del 5%, moltiplicata per i seguenti valori (di cui al D.M. 14 dicembre 1991 e successive modifiche):
§      per 140 se si tratta di fabbricati classificati nei gruppi catastali B (collegi, convitti, ecc.);
§      per 100 per i fabbricati dei gruppi catastali A (abitazioni) e C (magazzini, depositi, laboratori, ecc.), con esclusione delle categorie A/10 e C/1;
§      per 50 per i fabbricati del gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) e della categoria A/10 (uffici e studi privati);
§      per 34 per i fabbricati della categoria C/1 (negozi e botteghe).

Per i terreni agricoli (comma 5) il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento (ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) un moltiplicatore innalzato, per effetto delle modifiche insede referente da 120 a 130.

L’articolo 5, comma 7 del D.Lgs. 504/1992/504 prevede che per i terreni agricoli la base imponibile ICI sia data dal reddito dominicale, rivalutato del 25 per cento, moltiplicato per 75.
Le modifiche operate dalle Commissioni riunite V e VI hanno previsto però una misura agevolata del moltiplicatore, pari a 110, per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola.

Il comma 6 dell’articolo 13 fissa l'aliquota dell'imposta in una misura di base pari allo 0,76 per cento.
E’ data facoltà ai comuni, con deliberazione del consiglio adottata entro il termine di approvazione del bilancio di previsione (ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446) di modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

Si ricorda che a fini ICI l’aliquota dell’imposta (articolo 6 del D.Lgs. 504/1992) è determinata dal Consiglio comunale, con deliberazione da adottare entro il 31 ottobre di ogni anno, ciascun anno per l’anno successivo, e deve essere definita in misura compresa tra il 4 e il 7 per mille.
Il comune ha facoltà di diversificare l’aliquota entro il predetto limite, con riferimento ai casi di immobili diversi dalle abitazioni o posseduti in aggiunta all'abitazione principale, o di alloggi non locati. Inoltre, l'aliquota può essere agevolata in rapporto alle diverse tipologie degli enti senza scopi di lucro. A decorrere dall’anno di imposta 2009, il comune può prevedere un’aliquota agevolata anche inferiore al 4 per mille per i soggetti passivi che installino impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico, limitatamente alle unità immobiliari oggetto di detti interventi e per la durata massima di tre anni per gli impianti termici solari e di cinque anni per tutte le altre tipologie di fonti rinnovabili. In assenza di delibera del Comune, si applica l’aliquota del 4 per mille.

Come già detto in precedenza, l’articolo 8, comma 5 del D.Lgs. 23/2011 fissa la misura dell’aliquota di base IMU nello 0,76 per cento della base imponibile. Tale aliquota può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.
Ai comuni è concessa la facoltà di modificare, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, in aumento o in diminuzione, l’aliquota fissata a livello nazionale, nelle seguenti misure:
-        fino ad un massimo di 0,3 punti percentuali per l’imposta municipale applicata al possesso di immobili non locati;
-        fino ad un massimo di 0,2 punti percentuali per l’IMU applicata agli immobili locati.
Nel caso di mancata emanazione della delibera comunale entro il predetto termine, si applicano le aliquote ordinarie: 0,76 per cento, per gli immobili non locati che non costituiscono abitazione principale; per gli immobili locati, ai sensi del successivo comma 6, un’aliquota ridotta alla metà (0,38 per cento).

I commi 7 e 8 disciplinano le ipotesi di aliquota ridotta ex lege. In particolare, l’aliquota:
§      è ridotta (comma 7) allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze. Tale misura di aliquota ridotta può essere modificata dai comuni, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali;
§      è ridotta (comma 8) allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale, di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557. I comuni possono ulteriormente ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento.
Ai fini fiscali, è riconosciuto carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola e aventi particolari destinazioni destinate (protezione delle piante, conservazione dei prodotti agricoli, etc). Ai sensi del successivo comma 3-ter, le porzioni di immobili di cui al comma 3-bis, destinate ad abitazione, sono censite in catasto, autonomamente, in una delle categorie del gruppo A.

In merito, la Relazione illustrativa precisa che i fabbricati rurali risultano assoggettati all’IMU, salvo i fabbricati rurali aventi natura strumentale che, come visto supra, godono di un’aliquota agevolata. I fabbricati rurali ad uso abitativo saranno assoggettati ad imposizione in forma ordinaria e, dunque, ove costituiscano abitazione principale del contribuente, potranno usufruire di aliquota ridotta e della detrazione di cui al comma 10.

Inoltre (comma 9) i comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nei seguenti casi: caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati.

Il comma 10 introduce una detrazione pari a 200 euro dall’l'imposta dovuta sull’abitazione principale, fino a concorrenza dell’ammontare dell’imposta, rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae la destinazione dell’immobile ad abitazione principale.
Ove l’immobile costituisca “prima casa” per più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
Per effetto delle modifiche apportate dalle Commissioni riunite V e VI, è stata introdotta – per gli anni 2012 e 2013, una maggiorazione della suddetta detrazione per un ammontare pari a 50 euro per ciascun figlio di età non superiore ai 26 anni, purché dimori abitualmente ed abbia la residenza anagrafica nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
L’importo complessivo della maggiorazione non può superare l’importo massimo di 400 euro, al netto della detrazione di base.
E’ data facoltà ai comuni di elevare l’importo di della detrazione, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso il comune non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione.
La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (di cui all’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992).
L’aliquota ridotta per l’abitazione principale e la detrazione si applicano anche alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario.
Essa opera a condizione che costui non sia proprietario o titolare di altro diritto reale su un immobile destinato ad abitazione e situato nello stesso comune ove è ubicata la casa coniugale (ai sensi dell’articolo 6, comma 3-bis del D.Lgs. n. 504 del 1992, inserito dalla legge finanziaria per il 2008). I comuni possono disporre che l’aliquota ridotta e la detrazione si applichino anche agli immobili posseduti, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che l’immobile non risulti locato (articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662).

Si ricorda che l’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504 del 1992 prevede, per l’abitazione principale del contribuente, una detrazionedi importo annuopari a 103,29 euro. La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportata al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa. A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 dell’articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo possa essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, che la detrazione ordinaria - pari a 103,29 euro - possa essere elevata fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.
A seguito dell’esenzione dall’ICI dell’abitazione principale “non di lusso” operata con il D.L. 93/2008, la suddetta detrazione ha continuato a trovare applicazione in rapporto agli immobili adibiti ad abitazioni principali di pregio (appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8, A/9).

Il comma 11 disciplina il riparto del gettito dell’IMU, per il periodo sperimentale, tra i diversi livelli di governo (Stato e comuni).

Le disposizioni in esame prevedono l’assegnazione, dal 2012, allo Stato della quota pari alla metà dell’importo ottenuto applicando l’aliquota di base dello 0,76 per cento alla base imponibile di tutti gli immobili, tranne l’abitazione principale e relative pertinenze e i fabbricati rurali.

La quota di imposta risultante è versata allo Stato contestualmente all’imposta municipale propria.
Alla quota statale non si applicano le misure agevolative previste dalle norme in esame, ovvero le detrazioni fissate ex lege e le riduzioni o detrazioni deliberate dai comuni.
Tali agevolazioni sembrano dunque doversi computare a carico della quota di gettito spettante ai comuni.
In tal senso depone la Relazione tecnica, che stima un gettito complessivo derivante dall’IMU sperimentale pari a 21,8 miliardi di euro, ovvero 11 miliardi in più rispetto al gettito ICI a normativa vigente e IRPEF e relative addizionali, sostituiti dall’IMU sperimentale. La Relazione tecnica stima, di conseguenza, che nove miliardi della predetta variazione siano introitati dallo Stato e che, invece, ai comuni spetti una variazione positiva di gettito pari a due miliardi rispetto alle vigenti forme di prelievo immobiliare.

Si rimanda alla disciplina del D.Lgs. 23/2011 per quanto riguarda l’accertamento,la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso.
L’articolo 9, comma 7 del D.Lgs. 23/2011 fa riferimento alle norme vigenti in materia di ICI e, più in generale, alla vigente disciplina di accertamento e riscossione dei tributi locali per quanto riguarda l’accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva dell’IMU, nonché per le sanzioni, il calcolo degli interessi, il contenzioso e i rimborsi.

Le attività di accertamento e riscossione dell’imposta erariale sono affidate al Comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddetta attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

In merito si ricorda che il legislatore, nel tempo, ha incrementato la quota di gettito spettante ai comuni a seguito dell’intervento degli stessi nell’attività di accertamento dei tributi. Da ultimo, l’articolo 1, comma 12-bis del D.L. 138/2011 ha attribuito ai predetti enti, per il triennio 2012-2014, l’intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell’attività di accertamento, innalzando a tal fine la quota del 50 per cento di gettito prevista dall’articolo 2, comma 10 del D.Lgs. n. 23/2011; in sostanza per gli anni 2012, 2013 e 2014 ai comuni andrà l’intero maggior gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e fermo restando il successivo recupero delle stesse ove rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.

Ai sensi del comma 12, il versamento dell’imposta è effettuato – in deroga alle disposizioni del D.Lgs. n. 446/1997, ai sensi del quale il comune delibera i propri regolamenti in materia tributaria – secondo le modalità regolate dalla legge statale (articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241 recante le modalità di versamento unitario delle imposte), con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.
La Relazione illustrativa specifica che l’uso del modello F24 è reso necessario dalla riserva di una quota di gettito in favore dello Stato.

Il comma 13 mantiene ferme le seguenti disposizioni del D.Lgs. 23/2011:
§      articolo 9, che contiene norme eterogenee in materia di “applicazione” dell’imposta, riferendosi – tra l’altro - ai soggetti passivi, alle fattispecie di esenzione, alla possibilità del Comune di introdurre strumenti deflativi del contenzioso anche in materia di IMU;
§      articolo 14, commi 1 e 6:si tratta, rispettivamente, della disposizione che sancisce la indeducibilità del'imposta municipale propria dalle imposte erariali sui redditi e dall'imposta regionale sulle attività produttive, nonché della norma che conferma la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali - di cui agli articoli 52 e 59 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997 - per i nuovi tributi previsti dal D.Lgs. 23/2011, dunque anche in materia di IMU.

Viene poi modificato l’articolo 14, comma 9 del D.Lgs. 23/2011, norma che assicura all’Associazione Nazionale dei comuni italiani (ANCI) le risorse necessarie al perseguimento delle sue finalità istituzionali, di quelle indicate dall’articolo 10, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, nonché degli ulteriori compiti attribuiti ad essa con i decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 42 del 2009, anche al fine di assistere i comuni nell'attuazione del presente decreto e nella lotta all'evasione fiscale.
Il comma 9 a tal fine richiama le risorse assegnate all’ANCI, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992; tale disposizione prevede, quale supporto finanziario per l’effettuazione di una serie di servizi finalizzati a fornire strumenti conoscitivi per un’efficace azione accertativa dei comuni nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l’assegnazione all’ANCI di un contributo pari allo 0,6 per mille del gettito ICI a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione.
Il comma 9 precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le risorse destinate all’ANCI siano calcolate applicando l'aliquota percentuale allo 0,6 per mille, indicata nell’art. 10 del D.Lgs. n. 504/1992, con riferimento al gettito annuale prodotto dall’imposta municipale propria, istituita dall’articolo 8 del provvedimento in esame.
Per effetto delle norme in esame, le suddette modalità di computo delle risorse sono anticipate al 1° gennaio 2012 (in luogo del 1° gennaio 2014).

Il comma 13 reca anche disposizioni in materia di sanzioni, disponendo che si applichino alle violazioni connesse a tributi di carattere locale (tra cui l’IMU) le misure stabilite in via generale dagli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 472/1997 in materia di definizione agevolata delle violazioni tributarie.
Come precisato dalla Relazione illustrativa, in merito, tale modifica è resa necessaria a seguito delle modifiche operate dalla legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010) che ha rideterminato la misura delle sanzioni previste per la definizione agevolata delle violazioni tributarie. Tale rimodulazione non era stata analogamente operata per le misure delle sanzioni relative ai tributi locali.
Con norma interpretativa si prevede poi che, ai fini dell’attribuzione di privilegio generale sui mobili del debitore per i crediti relativi a imposte, tasse e tributi dei comuni e delle province (di cui al quarto comma dell’articolo 2752 del codice civile) il riferimento alle forme di prelievo stabilite, tra l’altro, dalla “legge per la finanza locale” si intenda effettuato a tutte disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali.
Infine, il comma 13 reca disposizioni relative alla riduzione dei trasferimenti erariali a favore dei comuni,disposta dall’articolo 2, commi 39 e 46 del D.L. 262/2006 in rapporto alla maggior gettito ICI risultante dalle disposizioni di allargamento della base imponibile recate dal medesimo provvedimento.
Per effetto delle disposizioni in commento, la riduzione è consolidata, a decorrere dall’anno 2011, all’importo risultante dalle certificazioni inviate ai comuni ai sensi del decreto 7 aprile 2010 del Ministero dell’economia e delle finanze.
Si ricorda che le citate norme hanno ridotto i trasferimenti erariali ai comuni in misura pari al maggior gettito ICI stimato in rapporto alle misure introdotte dal medesimo D.L. n. 262/2006. Tale provvedimento ha infatti recato (articolo 2, commi 33-38 e 40-45) norme volte a incrementare la base imponibile ICI mediante la modifica dei criteri per la qualificazione di fabbricati rurali, la rivalutazione delle rendite attribuite ai fabbricati inclusi nella categoria B e la revisione delle modalità di stima per l’attribuzione di valore ai cespiti iscritti nella categoria E.
Tale decreto è stato emanato in attuazione dell’articolo 2, comma 24, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che ha obbligato i comuni a trasmettere al Ministero dell’interno un’apposita certificazione del maggior gettito, accertato a tutto l'anno 2009, derivante dalle predette misure di incremento della base imponibile ICI, perentoriamente entro il 31 marzo 2010.

Come emerge dalla Relazione illustrativa, in sostanza tale norma ha l’effetto di sopprimere l’obbligo di invio della predetta certificazione.

Il comma 14 reca l’abrogazione delle seguenti disposizioni che,  decorrono dal 1° gennaio 2012:
§      l’articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, che ha introdotto l’esenzione ICI sulla “prima casa” (v. supra);
§      il comma 3, dell’articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell’articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 concernenti alcune potestà dei Comuni in materia di ICI;
§      l’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 8 e il comma 4 dell’articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, rispettivamente concernenti l’applicazione dell’aliquota IMU stabilita ex lege in mancanza di tempestiva delibera di modifica da parte del comune, e la disposizione che affida ai comuni di stabilire le modalità di corresponsione dell'imposta;
§      il comma 1-bis dell’articolo 23 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, ai sensi del quale il riconoscimento della ruralità dei fabbricati ai fini ICI deve essere effettuato sulla base dei requisiti di ruralità indicati ex lege (articolo 9 del decreto legge n. 557 del 1993) anche nel caso in cui le unità immobiliari risultino iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricato. Tale abrogazione consegue alla circostanza che, come già illustrato, detti fabbricati rientrano – come precisato dalla Relazione tecnica – nel campo applicativo dell’IMU.
§      a seguito delle modifiche apportate in sede referente, sono abrogati i commi da 2-bis a 2-quater del D.L. 70/2011, concernenti le procedure per la richiesta di accatastamento di fabbricati rurali (per cui si veda il commento dei successivi commi 14-bis e ss.gg.);

I commi da 14-bis a 14-quater sono relativi al riconoscimento della ruralità degli immobili.
Ai sensi del comma 14-bis, le domande di variazione della categoria catastale volte al riconoscimento della ruralità degli immobili, presentate anche dopo il 30 settembre 2011 (ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis del D.L. 70 del 2011) e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.
I termini per la presentazione delle domande erano stati determinati dal citato articolo 7, commi 2-bis e 2-ter del D.L. n. 70 del 2011, che ha introdotte una specifica procedure per la modifica della categoria catastale degli immobili, volta al riconoscimento del carattere rurale dei fabbricati (ai sensi dell’articolo 9 del D.L. 557/1993). A tale scopo, le citate norme hanno disposto la presentazione di apposita domanda di variazione della categoria catastale - entro il termine originariamente fissato al 30 settembre 2011 - all'Agenzia del territorio, con autocertificazione attestante che l’immobile ha posseduto continuativamente per cinque anni i requisiti richiesti dalla legislazione vigente per il riconoscimento del carattere rurale. L'Agenzia del territorio - entro il termine del 20 novembre 2011 - verificata l'esistenza dei requisiti, convalida la certificazione e attribuisce la categoria catastale richiesta. Nel caso di mancato pronunciamento dell’amministrazione in termini, si consente al contribuente di assumere provvisoriamente (per 12 mesi) la categoria catastale richiesta. Ove intervenga un motivato diniego entro il 20 novembre 2012, il richiedente è tenuto al pagamento delle imposte non versate, degli interessi e delle sanzioni determinate in misura doppia.

Si demanda a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro 60 giorni dall’entrata in vigore della citata legge di conversione, la determinazione delle modalità di inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

Ai sensi del successivo comma 14-ter, è fatto obbligo di dichiarare al catasto edilizio urbano i fabbricati rurali iscritti al catasto terreni entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal regolamento in materia di l'automazione delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari (decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701).
Sono esclusi da tale obbligo dichiarativo i fabbricati che non costituiscono oggetto di inventariazione (articolo 3, comma 3 del decreto del Ministro delle finanze del 2 gennaio 1998, n, 28), ovvero, a meno di una ordinaria autonoma suscettibilità reddituale, i seguenti immobili:
a)    manufatti con superficie coperta inferiore a 8 m2;
b)    serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale;
c)    vasche per l'acquacoltura o di accumulo per l'irrigazione dei terreni;
d)    manufatti isolati privi di copertura;
e)    tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 m, purché di volumetria inferiore a 150 m3;
f)      manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo.

Nelle more della presentazione della suddetta domanda di accatastamento nel catasto edilizio urbano (comma 14-quater),l’IMU viene corrisposta a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto.
Le norme demandano ai Comuni la determinazione del conguaglio dell’imposta, a seguito di attribuzione di rendita catastale secondo quanto previsto dal citato D.M. n. 701 del 1994.
Infine, il comma 14-quater disciplina le conseguenze dell’eventuale inottemperanza all’obbligo di dichiarazione. In particolare in tal caso gli uffici provinciali dell'Agenzia del territorio provvedono, con oneri a carico dell'interessato, alla iscrizione in catasto dell'immobile non accatastato ovvero alla verifica del classamento delle unità immobiliari segnalate, notificando le risultanze del classamento e la relativa rendita (articolo 1, comma 336 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, legge finanziaria 2005).
Le norme fanno salva l’applicazione delle sanzioni “previste dagli articoli 20 e 28” del RDL 13 aprile 1939, n. 652.
Si osserva che gli articoli citati prescrivono, rispettivamente, l’obbligo di denuncia delle variazioni nello stato e nel possesso degli immobili che implichino mutazioni rilevanti a fini catastali, nonché l’obbligo di accatastamento dei fabbricati nuovi e di denuncia dei fabbricati non più esenti da tributi immobiliari, nulla disponendo in materia di sanzioni. La norma sembrerebbe dunque più opportunamente riferibile alle sanzioni previste dalla legge per l’inottemperanza agli obblighi di dichiarazione o variazione. Si rammenta che, dal 1° luglio 2011, tali sanzioni sono state quadruplicate nell’importo minimo e massimo (ai sensi dell’articolo. 2, comma 12 del D.Lgs. n. 23 del 2011 in tema di federalismo municipale).
La circolare 4/T dell’Agenzia del Territorio del 29 aprile 2011 ha chiarito che gli importi minimo e massimo sono aumentati, passando rispettivamente da € 258,00 a € 1.032,00 e da € 2.066,00 a € 8.264,00.

Si ricorda che il comma 21 del’articolo 13, abrogato per effetto delle modifiche apportate al provvedimento in sede referente, disponeva una complessiva riapertura dei termini per le variazioni catastali dei fabbricati rurali, disciplinate dal citato D.L. n. 70/2011.

Il comma 15 interviene in ordine alla potestà regolamentare generale degli enti locali in materia tributaria, attualmente disciplinata dall’articolo 52 del decreto legislativo n.446/1997, prevedendo che a decorrere dall’anno d’imposta 2012 tutte le deliberazioni regolamentari e tariffarie dei comuni e delle province relative alle entrate tributarie debbano essere inviate al Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e finanze (MEF) entro il termine già previsto dal medesimo articolo 52 (30 giorni dalla data in cui le deliberazioni sono divenute esecutive) ovvero comunque entro trenta giorni dalla scadenza del termine per l’approvazione del bilancio di previsione dell’ente interessato. Si dispone infine che le deliberazioni in questione siano pubblicate nel sito del MEF, in sostituzione della pubblicazione del relativo avviso in G.U. come attualmente previsto.

Il comma 16 interviene in ordine all’addizionale Irpef, come disciplinata dal decreto legislativo n.360/1998, con riguardo in particolare all’articolo 1, comma 4 dello stesso, laddove si dispone che ai fini della determinazione dell’acconto dovuto per tale addizionale, l’aliquota della stessa, nonché la eventuale soglia di esenzione, sono assunte nella misura vigente per l’anno precedente, salvo che i comuni ne abbiano disposto la variazione con delibera pubblicata entro il 31 dicembre precedente l’anno di riferimento. Il comma 16 in esame anticipa tale data al 20 dicembre.
Il comma medesimo, inoltre interviene circa i criteri previsti dall’articolo 1, comma 11 del decreto-legge n.138/2011 in ordine alle eventuali differenziazioni di aliquote dell’addizionale. Tale disposizione prevede che i comuni, per assicurare la razionalità del sistema tributario e la salvaguardia dei criteri di progressività, possano stabilire aliquote dell’addizionale “differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale”. In luogo di tale previsione viene ora stabilito – con la evidente finalità di escludere l’eventualità di scaglioni di reddito non coincidenti con quelli statali – che i comuni possano differenziare le aliquote dell’addizionale “utilizzando esclusivamente gli stessi scaglioni di reddito” stabiliti dalla legge statale.

Il comma 17 riduce il Fondo sperimentale di riequilibrio ed il Fondo perequativo di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n.23 del 2011, nonché i trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina dell’ imposta municipale recata dai precedenti commi da 1 a 14 dell’articolo 13 in commento. A seguito di alcune modifiche introdotte durante l’esame presso le Commissioni, è stato precisato che si debba far riferimento al maggior gettito “stimato” e che i due Fondi ed i trasferimenti erariali considerati dal comma anziché essere “ridotti”, “variano in ragione delle differenze del gettito ad aliquota di base” derivanti dalle disposizioni recate dall’articolo 17 in commento.
La relazione tecnica cifra tale maggior gettito in circa 2 miliardi di euro annui, che quindi determinerà una riduzione di pari importo dei due fondi e dei trasferimenti considerati nel comma in esame.
Per quanto riguardo le rimanenti autonomie speciali (Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trento e Bolzano) si applicheranno le procedure previste all’articolo 27 della legge n.42/2009 sul federalismo fiscale, che dovranno assicurare il recupero al bilancio statale del maggior gettito. Nel corso dell’esame presso le Commissioni l’ammontare del recupero in questione è stato quantificato, rispettivamente per gli anni 2012, 2013 e 2014, in circa 1.627, 1.762 e 2.162 milioni. Si prevede peraltro che, fino alla conclusione di tali procedure – vale a dire fino all’emanazione delle norme di attuazione previste dallo stesso articolo 27 – a valere sulle quote di compartecipazione dei tributi erariali di spettanza delle suddette regioni e province autonome venga accantonato un importo corrispondente al maggior gettito in questione.
L’articolo 27 prevede che le autonomie speciali concorrano al nuovo assetto fiscale delineato dalla legge n.42/2009 secondo criteri da stabilire con norme di attuazione dei rispettivi statuti, da emanare entro trenta mesi dall’entrata in vigore della legge 42 medesima (vale a dire entro il 21 novembre 2011). Tale termine risulta ora soppresso dall’articolo 28, comma 4, del decreto legge in commento.
Si segnala che sul Fondo sperimentale di riequilibrio comunale intervengono anche ulteriori articoli del decreto-legge in esame. In particolare, l’articolo 14 ne prevede, al comma 13-bis, una riduzione in misura pari ai maggiori introiti derivanti ai comuni dalla maggiorazione della tariffa relativa al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (che la relazione tecnica quantifica in circa 1 miliardo di euro a decorrere dal 2013) e l’articolo 28, che ne dispone, al comma 7, una riduzione per complessivi 1.415 milioni a decorrere dall’anno 2012.