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Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

DL 06 DICEMBRE 2011, N. 201 convertito dalla L. n. 214 del 22 dicembre 2011

Articolo 10, commi 1-13 (Regime premiale per favorire la trasparenza)

L’articolo 10, reca disposizioni volte, complessivamente, a promuovere la trasparenza e l'emersione di base imponibile.
Con un primo gruppo di norme (commi da 1 a 8) sono riconosciuti benefici fiscali nei confronti di artisti, professionisti, persone fisiche e società di persone esercenti attività imprenditoriali, a condizione che essi adempiano a una serie di obblighi di trasparenza.
Il secondo gruppo di norme (commi da 9 a 13) novella la disciplina relativa ai limiti dell’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti “congrui” agli studi di settore.
Trasparenza delle persone fisiche e delle società di persone
Il comma 1 dell’articolo 10 introduce, a decorrere dal 1 gennaio 2013, benefici fiscali e amministrativi nei confronti dei seguenti soggetti, a condizione che adempiano a determinati obblighi di trasparenza:
§      soggetti che svolgono attività artistica o professionale;
§      soggetti che svolgono attività di impresa individuale;
§      soggetti che svolgono attività di impresa nella forma delle società di persone (società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello stato,di cui all’articolo 5 del Testo Unico delle imposte sui redditi – TUIR, D.P.R. 917/1986).

I benefici riconosciuti consistono:
a)   nella semplificazione degli adempimenti amministrativi;
b)   nell’assistenza, nei predetti adempimenti, da parte dell'Amministrazione finanziaria;
c)   nell’accelerazione del rimborso o della compensazione dei crediti IVA;
d)   per i contribuenti non soggetti all’accertamento basato sugli studi di settore (ai sensi dell’articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146), nell’esclusione dagli accertamenti basati sulle presunzioni semplici (di cui all'articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 in materia di imposte dirette e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 in materia di IVA).
Il citato articolo 10 esclude l’accertamento basato su studi di settore nei confronti di:
a.    contribuenti che hanno dichiarato ricavi o compensi di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore (tale limite non può comunque essere superiore a 7,5 milioni di euro);
b.    contribuenti che hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta;
c.    che si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.
L’articolo 39 del citato D.P.R. 600/1983 disciplina i casi in cui l’Amministrazione procede alla rettifica delle dichiarazioni in relazione al reddito d’impresa. In particolare, l’utilizzo di presunzioni semplici per desumere l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate avviene a condizione che le medesime presunzioni siano gravi, precise e concordanti. Analoghe prescrizioni sono recate in materia di IVA dall’articolo 54, in rapporto alle omissioni e alle false o inesatte indicazioni nella dichiarazione annuale IVA.
e)   nella riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento delle imposte dirette (ai sensi dell’articolo 43, primo comma, del citato D.P.R. n. 600/1973) e dell’IVA (articolo 57, primo comma, del citato D.P.R. n. 633/1972).
Ai fini delle imposte dirette, si ricorda che gli avvisi di accertamento devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione. Nelle ipotesi previste dalla norma in esame, il termine di decadenza sembra dunque anticipato al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello della dichiarazione.
Un analogo termine – e dunque un analogo anticipo – è previsto per gli avvisi relativi alle rettifiche e agli accertamenti effettuati in materia di IVA.
La disposizione premiale non si applica, tuttavia, se la violazione contestata ai contribuenti comporta obbligo di denuncia penale (ai sensi dell'articolo 331 del codice di procedura penale) per uno dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto contemplati dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.

Il comma 2 dell’articolo in esame riconosce i predetti benefici alle seguenti condizioni:
a)   il contribuente deve provvedere all’invio telematico all’amministrazione finanziaria dei corrispettivi, delle fatture emesse e ricevute e delle risultanze degli acquisti e delle cessioni non soggetti a fattura;
b)   egli deve altresì istituire un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari relativi all’attività artistica, professionale o di impresa esercitata.

Si ricorda che l’articolo 2, comma 36-vicies-ter del D.L. 138/2011, nell’ottica di incentivare i comportamenti trasparenti nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, ha disposto la riduzione alla metà delle sanzioni previste per la violazione di alcuni obblighi di dichiarazione e documentazione (in materia di imposte dirette e di IVA) in favore di imprese di medio-piccole dimensioni, e cioè per gli esercenti imprese, arti e professioni con ricavi e compensi dichiarati non superiori a 5 milioni di euro, alla duplice condizione dell’utilizzo esclusivo di strumenti di pagamento diversi dal contante nell’esercizio dell’attività, nonché dell’indicazione - nelle dichiarazioni delle imposte sui redditi e dell’IVA - dei rapporti intercorsi con operatori finanziari nel periodo d’imposta.

Il comma 3 affida a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione dei benefici relativi alla semplificazione degli adempimenti amministrativi, all’assistenza da parte dell'Amministrazione finanziaria e all’accelerazione di rimborso e compensazione dei crediti IVA, con particolare riferimento agli obblighi concernenti l’imposta sul valore aggiunto e gli adempimenti dei sostituti d’imposta.
La norma stabilisce il contenuto obbligatorio del suddetto provvedimento direttoriale, indicando dunque in modo specifico quali interventi di semplificazione e incentivo dovranno essere adottati dall’Amministrazione finanziaria, in luogo della loro precedente qualificazione come possibili misure da adottare. Al citato provvedimento direttoriale è affidato, anche la determinazione della decorrenza delle misure di semplificazione ivi contenute.
In particolare, dunque, dovranno essere previsti i seguenti interventi:
§      predisposizione automatica da parte dell’Agenzia delle entrate delle liquidazioni periodiche IVA, dei modelli di versamento e della dichiarazione IVA, eventualmente previo invio telematico da parte del contribuente di ulteriori informazioni necessarie;
§      predisposizione automatica da parte dell’Agenzia delle entrate del modello 770 semplificato, del modello CUD e dei modelli di versamento periodico delle ritenute, nonché gestione degli esiti dell’assistenza fiscale, eventualmente previo invio telematico da parte del sostituto o del contribuente delle ulteriori informazioni necessarie;
§      soppressione, nei confronti dei beneficiari, dell’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale;
§      anticipazione del termine di compensazione del credito IVA, abolizione del visto di conformità per compensazioni superiori a 15.000 euro ed esonero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi IVA.

Ove i soggetti beneficiari delle suddette misure non siano in regime di contabilità ordinaria e rispettino le condizioni di cui al già commentato comma 2, sono riconosciuti ulteriori benefici (comma 4):
a)   determinazione del reddito IRPEF secondo il criterio di cassa (ovvero determinazione in base alla differenza tra elementi attivi e passivi effettivamente percepiti / sostenuti nel periodo di riferimento) e predisposizione in forma automatica da parte dell’Agenzia delle entrate delle dichiarazioni IRPEF ed IRAP;
b)   esonero dalla tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP e dalla tenuta del registro dei beni ammortizzabili;
c)   esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento dell’acconto ai fini IVA.

Le norme di attuazione sono demandate (comma 5) a uno o più provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

Le disposizioni premiali operano (comma 6) previa esplicita opzione dei contribuenti, da esercitare nella dichiarazione dei redditi presentata nel periodo d’imposta precedente a quello di applicazione delle medesime.

Inoltre (comma 7) il contribuente può adempiere agli obblighi di trasparenza direttamente o per il tramite di un intermediario abilitato (ai sensi dell’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica. 22 luglio 1998, n. 322).

Ove i soggetti beneficiari non adempiano ai predetti obblighi di trasparenza (di cui al comma 2), ovvero quelli fissati dalla disciplina antiriciclaggio (decreto legislativo n.231 del 2007), essi (comma 8):
§      perdono i suddetti benefici;
§      sono soggetti all’applicazione di una sanzione amministrativa compresa tra 1.500 a 4.000 euro.

Nel caso di adempimento degli obblighi di invio di informazioni (di cui al comma 2, lettera a))con ritardo non superiore a 90 giorni, non vi è decadenza dai benefici medesimi, ma solo applicazione della sanzione amministrativa. E’ possibile avvalersi dell’istituto del “ravvedimento operoso”, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo. 18 dicembre 1997, n. 472.

Si osserva che le disposizioni in esame non recano esplicitamente i termini per l’adempimento degli obblighi di invio delle informazioni su fatture, corrispettivi e risultanze. Esse si limitano a specificare che l’opzione per il regime agevolato deve essere esercitata nella dichiarazione dei redditi e demandando le disposizioni attuative a provvedimenti dell’Agenzia delle Entrate.

Il “ravvedimento operoso” di cui al citato articolo 13 consente al contribuente di pagare una sanzione tributaria ridotta nel caso di regolarizzazione tardiva degli adempimenti fiscali prescritti dalla legge. L’istituto opera a condizione che la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziate attività di accertamento delle quali l'autore o i soggetti obbligati al pagamento, abbiano avuto formale conoscenza:
In particolare, il comma 1 dell’articolo 13 dispone che la sanzione è ridotta nelle seguenti misure, per i relativi casi:
1)    ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione;
2)    ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioniavviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall'omissione o dall'errore;
3)    ad un decimo del minimo di quella prevista per l'omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni, ovvero a un decimo del minimo di quella prevista per l'omessa presentazione della dichiarazione periodica prescritta in materia di imposta sul valore aggiunto, se questa viene presentata con ritardo non superiore a trenta giorni.
Sebbene la norma in esame si riferisca genericamente all’articolo 13 del D.Lgs. n. 472/1997, l’ipotesi applicabile al tardivo adempimento degli obblighi di trasparenza (di cui al comma 2: invio di informazioni e conto corrente dedicato) sembra quella descritta al predetto n. 2, che consente di pagare un ottavo del minimo della sanzione nel caso di regolarizzazione dell’omissione entro i termini per la presentazione delle dichiarazioni, ovvero entro un anno dall’omissione.
In concreto, dunque, se il potenziale beneficiario delle agevolazioni invia le informazioni / istituisce il conto corrente dedicato / adempie agli obblighi antiriciclaggio con ritardo superiore a novanta giorni, ma entro i termini per la dichiarazione (ovvero un anno dal momento in cui si è perfezionata l’omissione), pagherà una somma pari a 187,5 euro.
Nuovo regime di applicazione degli studi di settore
Come già anticipato, il secondo gruppo di norme (commi da 9 a 13) novella la disciplina relativa ai limiti dell’attività di accertamento dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei soggetti “congrui” agli studi di settore, purché questi abbiano adempiuto agli obblighi di comunicazione e trasparenza nei confronti dell’amministrazione medesima.

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 10 della L. n. 146/1998, gli accertamenti basati sugli studi di settore operano nei confronti dei contribuenti che abbiano dichiarato un ammontare di ricavi o di compensi inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi; in caso di mancato adeguamento ai ricavi o compensi determinati sulla base degli studi di settore, la legge consente che siano attestate le cause che giustificano la non congruità dei ricavi o compensi dichiarati rispetto a quelli derivanti dall'applicazione degli studi medesimi, ovvero le cause che giustificano un'incoerenza rispetto agli indici economici individuati dai predetti studi. Come già visto supra, sono previste ex lege alcune ipotesi di uso degli studi di settore ai fini dell’accertamento.
Il comma 4-bis dell’articolo 10 dispone alcune limitazioni al potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria nei confronti dei contribuenti cd. “congrui” agli studi di settore. In particolare, in sede di rettifica del reddito d’impresa o dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione, è precluso l’utilizzo di presunzioni semplici - anche se gravi, precise e concordanti - qualora il contribuente destinatario dell’accertamento abbia dichiarato, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello di congruità rilevante ai fini dell’applicazione degli studi di settore. La preclusione opera a condizione che l’ammontare delle attività non dichiarate non sia superiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati. In ogni caso, la preclusione non si applica se l’ammontare delle attività non dichiarate supera la soglia dei 50 mila euro. In altri termini, se il contribuente risulta congruo rispetto agli studi di settore, l’amministrazione finanziaria non potrà esperire nei suoi confronti rettifiche di tipo analitico-induttivo, basate su presunzioni semplici, fino al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati dal contribuente medesimo ed entro il limite massimo di 50 mila euro.
La norma non preclude all’amministrazione di effettuare, per i soggetti “congrui”, altre tipologie di rettifiche, quali gli accertamenti di tipo analitico ovvero di natura presuntiva basati su presunzioni legali. A seguito delle modifiche apportate con l’articolo 2, comma 35 del già citato D.L. 138/2011, la limitazione ai poteri di accertamento dell’amministrazione finanziaria operi ove il soggetto passivo sia congruo, anche a seguito di adeguamento, alle risultanze degli studi di settore anche in relazione al periodo di imposta precedente. In tale ipotesi, infatti, il Fisco non potrà procedere a rettifiche sulla base di presunzioni semplici. In sostanza, per limitare l’accertamento, occorrerà che il contribuente sia stato congruo anche l’anno precedente a quello accertato.

In particolare, la nuova disciplina prevede limitazioni ai poteri di accertamento del fisco (comma 9) nei confronti dei soggetti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi di settore, purché adempiano ai seguenti, specifici doveri di comunicazionee di trasparenza (comma 10):
§      abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;
§      sulla base di tali dati, la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

Nei confronti dei predetti soggetti:
a)   sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici (di cui al citato articolo 39, primo comma, lettera d), secondo periodo, del DPR n. 600/1973 e all'articolo 54, secondo comma, ultimo periodo, del DPR n. 633/1972), per cui cfr. il commento ai commi 1-8 dell’articolo 10 in esame;
b)   è ridotto di un anno il termine di decadenza per l’attività di accertamento delle imposte dirette (ai sensi dell’articolo 43, primo comma, del citato DPR n. 600/1973) e dell’IVA (articolo 57, primo comma, del citato DPR n. 633/1972), per cui cfr. il commento ai commi 1-8 dell’articolo 10 in esame.
c)   la determinazione sintetica del reddito complessivo (di cui all’articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600), è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato (in luogo di almeno un quinto, come previsto dal sesto comma del citato articolo 38).
Mediante il cd. “accertamento sintetico” (disciplinato dal citato articolo 38 del DPR 600/1973) l’Amministrazione finanziaria, nell’ambito dell’attività di controllo nei confronti delle persone fisiche, determina il reddito complessivo del contribuente ai fini Irpef, prescindendo dalla individuazione della categoria reddituale che ne è fonte. Nell’ambito di tale metodologia di controllo, gli uffici finanziari, in presenza di determinate condizioni di legge, si avvalgono di una presunzione legale relativa per risalire da un fatto noto, individuabile in una manifestazione di capacità contributiva del soggetto controllato, a un fatto ignoto, cioè all’esistenza di un reddito non dichiarato o di un maggior reddito imponibile rispetto a quello dichiarato. L’accertamento sintetico trova il suo fondamento giuridico nell’articolo 38 del DPR 600/1973. Da ultimo, importanti modifiche alla disciplina dell’accertamento sintetico sono state apportate dall’articolo 22 del D.L. n. 78 del 2010 al fine di aggiornare l’accertamento sintetico per tener conto dei cambiamenti, connessi ai mutamenti sociali, verificatisi nel tempo in ordine alle tipologie di spesa sostenute dai contribuenti ed alle preferenze nella propensione ai consumi, rendendolo più efficiente e dotandolo di maggiori garanzie per il contribuente.

Per quanto concerne i termini di applicazione della nuova disciplina, il comma 13 prevede che i citati commi 9 e 10 si applichino con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive, ferma restando l’applicazione - per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 – del previgente comma 4-bis dell’articolo 10 e dall’articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146.

Ai sensi del comma 11 dell’articolo in esame, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza destinano parte della capacità operativa alla effettuazione di specifici piani di controllo sui contribuenti soggetti agli studi di settore per i quali non sono applicabili le predette norme che limitano la potestà accertativa.
Tali controlli sono articolati su tutto il territorio in modo proporzionato alla numerosità dei contribuenti interessati e sono basati su specifiche analisi del rischio di evasione, che tengano anche conto delle informazioni presenti nella apposita sezione dell’anagrafe tributaria di cui all’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
In particolare, nei confronti dei contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli risultanti dall'applicazione degli studi di settore e che non abbiano una posizione coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione degli studi di settore applicabili, lo svolgimento dei controlli avviene prioritariamente con l’utilizzo dei poteri di indagine finanziaria attribuiti all’Amministrazione in materia di imposte dirette e di IVA (in particolare, rispettivamente, coi poteri di cui ai numeri 6-bis e 7 del primo comma dell’articolo 32 del D.P.R. n. 600/1973 e ai numeri 6-bis e 7 del secondo comma dell’articolo 51 del D.P.R. n. 633/1972).
Si ricorda che l’attività di “indagine finanziaria” svolta dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza consiste nella richiesta di informazioni ad enti creditizi e finanziari volta ad acquisire elementi utili a ricostruire l’effettiva disponibilità reddituale (o l’effettivo volume di operazioni imponibili a fini IVA e degli acquisti effettuati dal contribuente). Nell’esercizio del predetto potere, l’Amministrazione – previa autorizzazione dei competenti organi e uffici delle Entrate e della Guardia di Finanza - può raccogliere dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, tra enti creditizi e finanziari e i rispettivi clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.
In particolare, le norme richiamate fanno riferimento: al potere di richiedere il rilascio di una dichiarazione contenente l'indicazione della natura, del numero e degli estremi identificativi dei rapporti intrattenuti con banche, Poste italiane Spa, intermediari finanziari e soggetti operanti nel settore finanziaria, in corso ovvero estinti da non più di cinque anni dalla data della richiesta; al potere di richiedere ai medesimi soggetti dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi, o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria.

Si ricorda che il D.L. 98/2011 (all’articolo 23, commi da 24 a 27) ha ampliato i destinatari delle richieste di indagini finanziarie dell’Amministrazione fiscale, consentendo agli uffici dell’amministrazione finanziaria di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria; sono state introdotte inoltre disposizioni volte a razionalizzare l’attività di indagine, mediante accesso, sull’industria finanziaria.

Il comma 12 abroga il già citato comma 4-bis dell’articolo 10 e l’articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146.

Si ricorda che l’articolo 10-ter pone limiti ad ulteriori attività di accertamento presuntivo nei confronti dei contribuenti che aderiscono agli inviti a comparire emessi in relazione degli studi di settore, per i periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi. L’invito a comparire innanzi agli uffici del fisco costituisce la prima fase del procedimento per la definizione degli accertamenti con adesione del contribuente (sia nelle imposte sui redditi che nell'imposta sul valore aggiunto). Esso è dunque antecedente all’instaurazione del vero e proprio contraddittorio tra le parti. Nel corso del tempo il legislatore ha progressivamente ampliato l’applicazione dell’istituto dell’accertamento con adesione, consentendo ai contribuenti di aderire anche agli inviti emessi in tale fase dall’Amministrazione finanziaria.
Nel dettaglio, il primo comma dell’articolo 10-ter dispone che l’adesione ai contenuti degli inviti a comparire relativi ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi preclude all’Amministrazione finanziaria (ai fini dell’accertamento dell’imposta sui redditi e dell’IVA) di effettuare ulteriori accertamenti basati su presunzioni semplici, anche se gravi, precise e concordanti (di cui ai citati all'articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del D.P.R. n. 633 del 1972). Tale limite opera qualora l'ammontare delle attività non dichiarate dal contribuente, con un massimo di 50.000 euro, sia pari o inferiore al 40 per cento dei ricavi o compensi definiti.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla nuova disciplina, tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente. Con lo stesso provvedimento sono dettate le relative disposizioni di attuazione.