Si ha «inflazione» quando si assiste ad un aumento costante dei prezzi di beni e servizi, che causa una diminuzione del potere di acquisto della moneta. Secondo le teorie quantitative, un aumento della moneta in circolazione causa un aumento dei prezzi e la diminuzione del potere di acquisto della moneta stessa. Questa teoria si basa sul fatto che in un mercato circola una quantità di moneta di valore pari a quello delle merci e dei servizi scambiati in quel determinato momento.
Si parla di "iperinflazione" quando l'inflazione mensile supera il 50%. Si parla di "deflazione", invece, quando si assiste a una diminuzione del livello generale dei prezzi.
Si parla di "disinflazione" quando l'inflazione diventa molto bassa o nulla.

L'aumento dei prezzi - se tenuto sotto controllo -:
1) facilita il riequilibrio dei prezzi relativi e il rimborso dei debiti (che sono espressi a valore nominale);
2) Determina la salita dei tassi , a vantaggio dei risparmiatorima;
3) riduce i salari reali, con effetti sui consumi (l'inflazione è sempre una tassa, che pesa soprattutto sui meno abbienti).

L'inflazione avvantaggia i debitori, e quindi principalmente le aziende e gli Stati, mentre penalizza i creditori, e quindi risparmiatori e lavoratori.

Sull'inflazione pesa la flessione del costo del petrolio e dell'energia in genere. Si parla anche di un eccesso di offerta globale che costringerebbe le aziende a essere prudenti sul fronte dei prezzi.

Nello scenario dei primi mesi dell'anno 2016: se i prezzi in Germania addirittura calano (-0,1% in aprile), in paesi meno brillanti come Spagna e Italia - e in un'unione monetaria - devono calare anche di più, per poter competere con quelli tedeschi, in una pericolosa corsa al ribasso che la Bce non riesce a frenare.

In situazioni normali i prezzi si muovono con un ritardo di circa un anno e mezzo rispetto alla crescita, in tempi straordinari ci vuole di più

 

 

 

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