Soluzioni organizzative dell'Ente locale alla luce del DL 223 del 4 luglio 2006 art.13 - incompatibilità fra la gestione di attività strumentali e le attività a rilevanza economica
Il DL 223/2006 ha statuito specifiche
incompatibilità fra la gestione di attività strumentali, che vedono quale destinatario ed
interlocutore l'ente locale, e le attività a rilevanza economica, che presentano un'incidenza
sul mercato, sia pure locale.
Al riguardo è acquisito, ormai, che il requisito della strumentalità sussiste "allorquando l'attività che le società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti
promotori o comunque azionisti della società per svolgere le funzioni di supporto di tali amministrazioni pubbliche, secondo l'ordinamento amministrativo" in relazione al
perseguimento dei loro fini istituzionali (vd., per tutte: Cons. Stato, V, 5 marzo 2010, n.
1282 e Cons. Stato, sez. V, 12.6.2009, n. 3766).
Pertanto, vista la loro natura e la deroga alle ordinarie procedure di affidamento,
le società strumentali non possano svolgere, in relazione alla loro posizione privilegiata,
altre attività a favore di altri soggetti pubblici o privati poiché in caso contrario si
verificherebbe un'alterazione o comunque una distorsione della concorrenza all'interno
del mercato locale di riferimento. Talché il secondo comma dell'art. 13 del d.l 4 luglio
2006, n. 223, convertito dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248, impone che gli enti locali
prevedano per le società strumentali un oggetto sociale esclusivo.
Anche a seguito dell'intervento della Corte costituzionale in relazione al citato art.
13, risulta che l'ambito di operatività delle società strumentali sia limitato e circoscritto
allo svolgimento di attività in favore dell'ente locale che le ha costituite (Corte cost. 1°
agosto 2008, n. 326).
Inoltre, in base alla previsione legislativa risultante dal citato art. 13 del d.l. n.
223, agli enti locali è precluso lo svolgimento di attività strumentali per il tramite di
società che non siano ad oggetto esclusivo. In sostanza non è possibile che la stessa
società che opera in house svolga per conto di uno o più enti attività strumentali e
gestisca servizi pubblici locali
I soci che detengono
partecipazioni in società alle quali siano state affidate contemporaneamente sia attività
riconducibili a servizi strumentali e attività riconducibili a servizi pubblici locali a rilevanza
economica, se non hanno ancora provveduto ad eliminare l'anomalia devono provvedere,
anche per evitare di incorrere nelle specifiche violazioni previste dal citato art. 13 bis.
Quanto all'ambito d'intervento degli enti locali, una prima possibilità è
rappresentata dal riportare i servizi strumentali all'interno dell'ente locale e applicare alla
società che continuerebbe a gestire i servizi pubblici locali la disciplina vigente in materia.
Inoltre, è possibile continuare la gestione dei servizi strumentali per il tramite della
società e riportare la gestione del servizio pubblico locale all'interno dell'ente locale che
successivamente procederà ad affidarli secondo le modalità previste dalla disciplina di
settore (Corte Conti SR Lombardia 653/2011).
Il divieto di fornire prestazioni a enti terzi, infatti, come si è detto, colpisce le
società pubbliche strumentali alle amministrazioni regionali o locali, che
esercitano attività amministrativa in forma privatistica, non anche le società
destinate a gestire servizi pubblici locali che esercitano attività d'impresa di
enti pubblici (IV sez., 5 marzo 2008, n. 946; V Sez., dec. n. 1651 cit.; 12
giugno 2009, n. 3767; 22 febbraio 2010, n. 1037; 16 novembre 2010, n. 8069) (Consiglio di stato n. 17 del 4 agosto 2011).
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 326 del 1° agosto
2008, ha rilevato che le disposizioni di cui al d.l. n. 223 cit. sono fondate sulla
distinzione fra attività amministrativa in forma privatistica e attività d'impresa
di enti pubblici. L'una e l'altra, secondo la Corte, possono essere svolte
attraverso società di capitali che operano per conto di una pubblica
amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al
pubblico (consumatori o utenti) in regime di concorrenza.
Le disposizioni in questione mirano, prosegue la Corte, a separare le due sfere
di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa,
eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali
esso può godere in quanto pubblica amministrazione. Non è negata né
limitata la libertà di iniziativa economica degli Enti territoriali, ma è imposto
loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando ad una frequente commistione che il legislatore ha reputato
distorsiva della concorrenza. Dunque, secondo quanto affermato dalla Corte, la disciplina delle società con
partecipazione pubblica dettata dalla norma è rivolta ad impedire che dette
società costituiscano fattori di distorsione della concorrenza, disciplina che è
stata ritenuta non irragionevole né sproporzionata rispetto alle esigenze
perseguite.
La Corte ha, poi, ritenuto che il divieto imposto alle società strumentali di
detenere partecipazioni in altre società o enti sia complementare rispetto alle
disposizioni considerate, essendo volto ad evitare che le società in questione
svolgano, indirettamente, attraverso proprie partecipazioni o articolazioni, le
attività loro precluse.
SERVIZI PUBBLICI LOCALI A RILEVANZA ECONOMICA
I servizi pubblici di rilevanza economica originariamente esclusi da un espresso obbligo di dismissione, sono stati interessati dal dall'art. 23 bis DL 112/2008 (conv legge n. 133/2008) (e dal d.P.R. 168/2010), come rielaborati nell'art. 4 del recente DL n. 138/2011 (convertito dalla legge n. 148/2011), che hanno ridisegnato il quadro normativo concernente le procedure di conferimento della gestione a privati.
Le nuove regole, nel confermare il precedente sistema, hanno
modificato il regime degli affidamenti in house della gestione dei servizi pubblici locali
e le relative disposizioni transitorie; hanno confermato l'assoggettamento delle società
in house al patto di stabilità interno; hanno esteso alle società a partecipazione pubblica,
anche minoritaria, l'obbligo di adottare con propri provvedimenti criteri e modalità per
il reclutamento del personale nel rispetto dei principi di cui al d.lgs. n. 165/2001;
sembrano, infine, aver affievolito, in linea con la più recente giurisprudenza
amministrativa, il divieto delle gestioni dirette dei servizi pubblici locali da parte degli
enti locali.
Tale nuovo quadro ordinamentale - sostanzialmente improntato ad un disfavore verso
l'affidamento all'esterno di servizi e attività considerate non strategiche (o comunque
non compatibili con le finalità istituzionali dell'ente locale) ed al recupero di una
effettiva concorrenzialità nell'affidamento di servizi di rilevanza economica - si
riconduce, nell'attuale contingenza, ad un più ampio sforzo di contenimento delle spese
correnti del settore, diretto ad evitare il rischio di un ulteriore peggioramento dei saldi di
finanza pubblica.
Si tratta di un obiettivo cui sostanzialmente rispondono anche i principi generali che
ispirano il legislatore in materia di spese per il personale degli enti locali che
soggiacciono ai vincoli del patto di stabilità interno
AGROGAZIONE A SEGUITO DEL REFERENDUM DELL'ART. 23 BIS dl 112/2008
Con l'art. 4 del DL 138/2011, all'indomani dell'abrogazione dell'art. 23 bis della manovra estiva del 2008, viene introdotta una nuova disciplinadei servizi pubblici locali di rilevanza economica, escludendo il settore idrico.
La legge 12 novembre 2011 n. 183, c.d. legge di stabilità 2012, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 265
del 14 novembre 2011, all'articolo 9 comma 2, modifica l'articolo 4 del dl 138/2011, convertito in legge
148/2011s.m.i., relativo all'affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (prime note di letture dell'ANCI).