MODIFICHE AL LIMITE DI INDEBITAMENTO PER GLI ENTI LOCALI: LIMITI MENO RESTRITTIVI INTRODOTTI DALLA L 27/12/2013, n. 147 (legge di stabilita' 2014) E DALL'ART. 5 DEL DL 16/2014

La legge di stabilità 2014 modifica il limite di indebitamento di cui all’art. 204 del TUEL, il cui mancato rispetto preclude la possibilità di contrarre nuovi prestiti, aumentandolo all’8% per le annualità 2012 e successive; la norma, che nel corso degli ultimi anni era stata oggetto di numerose modifiche, fissava precedentemente detto limite nell’8 e nel 6% per le annualità 2013 e 2014 (D.L. 28/06/2013, n. 76).

L’art. 1, comma 735 della citata Legge 27/12/2013, n. 147 dispone che:

Al comma 1 dell'articolo 204 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi, sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi, a quello delle aperture di credito stipulate e a quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera il 12 per cento, per l'anno 2011, e l'8 per cento, a decorrere dall'anno 2012, delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui».

Infine l’art. 5 del D.L. 6 marzo 2014, n. 16 ha introdotto quanto segue: “al fine di favorire gli investimenti degli enti locali, per gli anni 2014 e 2015, i medesimi enti possono assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato, oltre i limiti di cui al comma 1 dell’art. 204 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per un importo non superiore alle quote di capitale dei mutui e dei prestiti obbligazionari precedentemente contratti ed emessi rimborsate nell’esercizio precedente”.

 

In merito alla procedura di calcolo si veda CORTE DEI CONTI SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL PIEMONTE - Deliberazione n. 311/2013/SRCPIE/PAR

 

Temi dell'attività Parlamentare
L'indebitamento degli enti territoriali
Gli enti territoriali sono tenuti a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica anche attraverso il contenimento del proprio debito.
informazioni aggiornate a venerdì, 28 febbraio 2014

Misure di riduzione del debito pubblico degli enti territoriali

Al fine di ricondurre la dinamica di crescita del debito pubblico in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 77-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (che recava la disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2009-2011) ha stabilito un limite massimo all’aumento della consistenza del debito degli enti locali, stabilendo che, a partire dall’anno 2010, le province ed i comuni possano aumentare la consistenza del proprio debito come risultante al 31 dicembre dell’anno precedente in misura non superiore ad una determinata percentuale, determinata annualmente, ma con proiezione triennale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base degli obiettivi programmatici indicati nei Documenti di programmazione economico-finanziaria.

Le disposizioni dirette a favorire il raggiungimento dell’obiettivo di riduzione del debito degli enti territoriali costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

A partire dal 2012, con la legge di stabilità (articolo 8, legge n. 183/2011), le misure di contenimento del debito per le regioni, le province e i comuni sono state rese ancora più stringenti.

In particolare, la norma dispone che a decorrere dall'anno 2013 gli enti territoriali sono tenuti a ridurre l'entità del proprio debito pubblico, prevedendo, a tal fine, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, siano stabilite:

a) distintamente per Regioni, province e comuni, la differenza percentuale, rispetto al debito medio pro capite, oltre la quale i singoli enti territoriali hanno l'obbligo di procedere alla riduzione del debito;

b) la percentuale annua di riduzione del debito;

c) le modalità con le quali può essere raggiunto l'obiettivo di riduzione del debito.

Agli enti che non adempiono a quanto sopra previsto si applicano le disposizioni sanzionatorie in tema di mancato rispetto del patto di stabilità interno, relative ai limiti agli impegni di spese correnti e al divieto di assunzioni di personale.

Il decreto attuativo della descritta misura di contenimento del debito non risulta ancora emanato.

Limiti alla facoltà di indebitamento degli enti territoriali

Contestualmente alle misure di riduzione della consistenza del proprio debito, sono stati introdotti limiti progressivamente più stringenti alla possibilità di contrarre nuovo indebitamento da parte degli enti territoriali.

Con riferimento agli enti locali sono state apportate modifiche al Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, volte a modificare il limite massimo di indebitamento, rappresentato dall’incidenza del costo degli interessi sulle entrate correnti degli enti locali.

Le norme dell’articolo 204 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL) prevedono che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale dei correlati interessi, sommati agli oneri già in essere (mutui precedentemente contratti, prestiti obbligazionari precedentemente emessi, aperture di credito stipulate e garanzie prestate, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi) non sia superiore ad una determinata percentuale delle entrate correnti (relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui).

Come chiarito dalla norma interpretativa contenuta nell’articolo 16, comma 11, del D.L. 3 marzo 2012, n. 16, i suddetti limiti devono essere rispettati nell’anno di assunzione del nuovo indebitamento.

Tale percentuale di riferimento, gradualmente ridotta nel corso degli anni, è da ultimo fissata all'8 per cento a decorrere dal 2012, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 1, comma 735, della legge n. 147/2013 (legge di stabilità per il 2014).

L’articolo 8 della legge n. 183/2011 - attraverso una novella all’articolo 10, comma 2, della legge 16 maggio 1970, n. 281 - ha introdotto analoghe disposizioni anche per le Regioni.

Per tali enti, a decorrere dal 2012, la percentuale tra l'importo complessivo delle annualità per capitale ed interessi e l'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate, che rappresenta la misura di riferimento per la contrazione di nuovo indebitamento da parte delle regioni, è stata ridotta dal 25 al 20 per cento.

Le Regioni, pertanto, possono contrarre mutui ed emettere obbligazioni soltanto qualora l’importo complessivo delle annualità di ammortamento per capitale e interesse dei mutui e delle altre forme di indebitamento in estinzione nell'esercizio considerato non sia superiore al 20 per cento dell'ammontare complessivo delle entrate tributarie non vincolate della regione ed a condizione che gli oneri futuri di ammortamento trovino copertura nell'ambito del bilancio pluriennale della regione stessa. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2014 (articolo 1, comma 528, della legge n. 147/2013) ha ampliato l'ammontare complessivo delle entrate considerate ai fini del calcolo del 20%, ricomprendendovi le risorse del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, istituito dall'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, alimentato da una quota di compartecipazione al gettito derivante dalle accise sul gasolio per autotrazione e sulla benzina.

Tuttavia, con l’articolo 27, comma 2, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, l’efficacia della riduzione è stata ridimensionata, prevedendo che resta fermo il (più ampio) limite del 25 per cento per l'indebitamento autorizzato dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, fino al 31 dicembre 2011, limitatamente agli impegni assunti alla data del 14 novembre 2011 per spese di investimento finanziate dallo stesso, derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate e risultanti da apposito prospetto da allegare alla legge di assestamento del bilancio 2012.

Da ultimo, si ricorda che, nell’ambito della vigente disciplina del patto di stabilita' interno, è fatto divieto agli enti locali e alle regioni ricorrere all’indebitamento in caso di mancato rispetto del patto, ponendo a carico dell’istituto finanziatore l’onere di verificare la presenza dell’attestazione del conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente, prima di erogare mutui o prestiti obbligazionari.

I nuovi limiti costituzionali all'indebitamento degli enti territoriali

L’esigenza di assicurare il rispetto delle nuove regole europee sul controllo della spesa e sulla sostenibilità del debito pubblico – come richiesto dalla riforma del Patto di stabilita' e crescita dell’Unione Europea e dal trattato sul Fiscal compact – da parte di tutte le amministrazioni pubbliche, ivi incluse pertanto anche le autonomie territoriali – trova espressione nelle modifiche apportate nell’ultimo anno di legislatura alle norme costituzionali che regolano l’autonomia finanziaria e l’indebitamento delle regioni e degli enti locali.

Per tale finalità, la legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1, nell’introdurre il principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale è intervenuta anche sull’articolo 119 Cost. nel quale, per la parte che qui interessa, nel ribadire che l’indebitamento delle autonomie territoriali è consentito solo per finanziare spese di investimento, introduce due ulteriori condizioni all'indebitamento medesimo, richiedendo che ad esso si possa procedere solo con “la contestuale definizione di piani di ammortamento” ed a condizione che l'equilibrio di bilancio sia rispettato “per il complesso degli enti di ciascuna Regione”.

La stessa norma ha inoltre rinviato ad una apposita legge, da approvarsi a maggioranza assoluta dei membri di ciascuna Camera (vale a dire una dire una legge che nel sistema delle fonti del diritto ha natura di “legge rinforzata”) le necessarie norma attuative del nuovo dettato costituzionale, affidando ad essa, tra l’altro, il compito di disciplinare “la facoltà dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere all'indebitamento”

Tale compito è stato adempiuto con la legge 24 dicembre 2012, n. 243, di attuazione del principio di pareggio del bilancio, il cui articolo 10 afferma, ribadendo il disposto della norma costituzionale, che l’accesso all’indebitamento è consentito solo per il finanziamento delle spese di investimento, secondo le modalità e nei limiti fissati dallo stesso articolo nonché dalla legge dello Stato, vale a dire con le norme sugli enti locali e sulle regioni che si sono in precedenza richiamate.

L’accesso è tuttavia condizionato a specifici ed ulteriori vincoli che si aggiungono a quello della finalizzazione a spesa d’investimento, disponendosi che le operazioni di indebitamento possano effettuarsi solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito - con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura - imponendo, dunque, a ciascun Ente di accantonare contabilmente in bilancio le risorse necessarie al rimborso del prestito. I piani in questione, inoltre, devono avere durata non superiore alla vita utile dell’investimento: ciò, presumibilmente, al fine di limitare la possibilità, cui spesso finora si è fatto ricorso, di rinegoziazione di debiti già in essere, con lo scopo di allungarne la scadenza.

Si prevede altresì che le operazioni di indebitamento vadano effettuate sulla base di una procedura di intesa a livello regionale, per garantire, nell’anno di riferimento, che l’accesso al debito dei singoli enti territoriali avvenga nel rispetto dell’equilibrio complessivo a livello di comparto regionale (comprensivo cioè di tutti degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione), misurato in termini di “gestione di cassa finale” del saldo complessivo. Ai fini dell’intesa è previsto che ciascun ente comunichi, ogni anno, alla Regione, ovvero alla provincia autonoma, di appartenenza, il saldo di cassa tra entrate finali e spese finali che prevede di conseguire e gli investimenti che intende realizzare, mediante il ricorso all’indebitamento ovvero mediante l’utilizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti.

Alla Regione non sembra pertanto venir attribuita la funzione di organo decisore, atteso che si prevede il raggiungimento di una apposita intesa, in assenza della quale ciascun ente potrà indebitarsi nei limiti del rimborso dei propri prestiti. La possibilità di utilizzare, a fini di investimento, i saldi di bilancio, rappresenta comunque una misura di flessibilità per poter procedere all’indebitamento, che tiene conto del contributo fornito dagli enti locali alla crescita economica.

Viene, inoltre, disciplinato, con una disposizione che appare rivestire anche carattere sanzionatorio, il caso di mancato rispetto degli equilibri a livello regionale in sede di rendiconto, prevedendo che il saldo negativo concorre alla determinazione dell’equilibrio della gestione di cassa finale dell’anno successivo del complesso degli enti della regione interessata, compresa la medesima regione, ed è ripartito tra gli enti che non hanno rispettato il saldo previsto.

Con la nuova normativa costituzionale - che per le disposizioni del Capo IV relative all'equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali e al concorso dei medesimi enti alla sostenibilità del debito pubblico, che qui interessano entrerà in vigore,dal 1° gennaio 2016 - i vincoli all’indebitamento per gli Enti locali già presenti nell’ordinamento ne risultano ulteriormente rafforzati. Come messo in rilievo dalla Corte dei Conti nella Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali di agosto 2013, l’indebitamento per gli Enti locali, quindi, non entra a far parte delle leve strumentali di gestione del bilancio (deficit spending). I Comuni e le Province "sono tenuti a garantire l’equilibrio finanziario di parte corrente; il ricorso all’indebitamento ha dimensione ristretta e specifica, sostanziandosi quale mezzo di finanziamento di singoli e definiti progetti di investimento con il vincolo giuscontabile dell’immediato automatico impegno della spesa al verificarsi dell’accertamento dell’entrata.
A garanzia di una sana gestione economica, oltre al costo del debito (interessi passivi) anche la quota di capitale in ammortamento, così assimilata a spesa corrente, deve trovare copertura nelle entrate correnti, incidendo sull’equilibrio di bilancio".