CONTROLLI SULL’INDEBITAMENTO

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7.1. PROPOSTE DI RICORSO ALL’INDEBITAMENTO

In linea generale l’Organo di revisione degli enti locali esprime singoli pareri sulle proposte di indebitamento da sottoporre al consiglio ai sensi della lett. b), c. 1 dell’art. 239 TUEL.

Il controllo sull’indebitamento si rende necessario nelle seguenti fasi:

a) in sede di previsione per verificare ed attestare nella formulazione del parere sul bilancio il rispetto dei limiti all’indebitamento, la corretta destinazione dei finanziamenti a spese d’investimento e la compatibilità finanziaria degli oneri derivanti dall’ammortamento;

b) in sede di gestione per verificare se gli atti d’indebitamento rispettano le regole di legge e la corretta rilevazione contabile delle entrate e delle spese;

c) in sede di rendicontazione per verificare ed attestare nella relazione al rendiconto, il rispetto dei limiti e delle regole, la corretta rilevazione contabile e la quantificazione dell’eventuale avanzo vincolato.

Per indebitamento debbono intendersi non solo le fonti di cui al capo II del Tuel, ma anche quelle indicate dall’art. 3 comma 17 della Legge n. 350/2003 (cartolarizzazioni ed up front), dall’art. 1, commi 739 e 740 della Legge n. 296/2006 e dell’art. 62, comma 9, della Legge n. 133/2008:

a)  assunzioni di mutui;

b)  emissioni di prestiti obbligazionari;

c)  aperture di credito;

d)  cartolarizzazioni relative a flussi futuri di entrata, a crediti ed a attività finanziarie e non finanziarie;

e)  somma incassata al momento del perfezionamento di operazioni sui derivati;

f)  leasing finanziario;

g)  il residuo debito garantito dall’ente a seguito della definitiva escussione della garanzia.

Non costituiscono indebitamento ai sensi dell’art. 3, comma 17, della Legge 24 dicembre 2003, n. 350 le operazioni che non comportano risorse aggiuntive, ma consentono di superare, entro il limite stabilito dalla norma statale vigente, una momentanea carenza di liquidità e di effettuare spese per le quali è già prevista idonea copertura di bilancio.

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7.2. LIMITI ALLA FACOLTÀ DI INDEBITAMENTO

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L’Organo di revisione deve prestare particolare attenzione al rispetto del limite massimo di indebitamento, per evitare che possa diventare un fattore non controllabile di spesa corrente, creando nel tempo uno squilibrio finanziario sui bilanci. Si tratta di un parametro importante per verificare la sana gestione finanziaria dell’ente in relazione al debito assunto, la cui violazione costituisce grave irregolarità contabile.

Il ricorso all’indebitamento deve essere accuratamente verificato da parte dell’Organo di revisione per i riflessi che si determinano sugli esercizi futuri per tutto l’arco temporale del prestito.

L’art. 204 del TUEL prevede che l’ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento, solo se l’importo annuale degli interessi passivi, sommato a quello delle altre forme di finanziamenti già contratti, non sia superiore al 10% delle entrate correnti relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione del prestito. Il rispetto dell’art. 204 del Tuel non necessita di apposito parere dell’Organo di revisione, in quanto assorbito nel parere espresso sul bilancio di previsione e nella relazione al rendiconto.

La Legge costituzionale n. 1 del 2012, ribadisce che l’indebitamento è consentito solo per finanziare spese di investimento e la normativa di dettaglio, contenuta nella Legge n. 243/2012, specifica che il finanziamento delle spese di investimento deve avvenire nei limiti e con le modalità fissate dalla Legge.

In aggiunta deve verificarsi che le operazioni di indebitamento possono effettuarsi:

  •  solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento per il rimborso del debito con evidenziazione delle obbligazioni che incidono sui singoli esercizi e delle corrispondenti modalità di copertura, imponendo, a ciascun ente, di accantonare contabilmente in bilancio le risorse necessarie al rimborso del prestito;

  •  che vi siano piani di ammortamento non superiori alla vita utile dell’investimento.
    Le entrate derivanti da indebitamento hanno destinazione vincolata come sancito dal comma 2 dell’art. 202 del TUEL.

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7.3. SPESE DI INVESTIMENTO

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  • Costituiscono spese d’investimento finanziabile con indebitamento ai sensi dell’art. 3 comma 18 L. 24 dicembre 2003 n. 350:

  •  acquisto, costruzione, ristrutturazione e manutenzione straordinaria di immobili costituiti da fabbricati residenziali e non residenziali;

  •  costruzione, demolizione, ristrutturazione, recupero e manutenzione straordinaria di opere e impianti;

  •  acquisto di impianti, macchinari, attrezzature tecnico scientifiche, mezzi di trasporto e altri beni mobili ad uso pluriennale;

  •  gli oneri per beni immateriali ad utilizzo pluriennale;

  •  acquisizione aree, espropri e servitù onerose;

  •  partecipazioni azionarie e conferimenti di capitale, nei limiti della facoltà di partecipazione concessa ai singoli enti mutuatari dai rispettivi ordinamenti;

  •  contributi agli investimenti a favore di altro ente appartenente alla P.A.;

  • contributi agli investimenti in favore di soggetti concessionari di lavori pubblici, proprietari e/o gestori di reti e impianti o di soggetti che erogano servizi pubblici, le cui concessioni o contratti di servizio prevedono la retrocessione degli investimenti agli enti committenti alla loro scadenza, anche anticipata;

  •  interventi contenuti in programmi generali relativi ai piani urbanistici attuativi, esecutivi, dichiarati di preminente interesse regionale aventi finalità pubblica volti al recupero e alla valorizzazione del territorio.

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7.3.1. Ripiano delle perdite

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Non è possibile ricorrere all’indebitamento per il finanziamento di conferimenti per ricapitalizzazione di aziende o società finalizzati al ripiano delle perdite.

Le partecipazioni in società ed i conferimenti di capitale costituiscono forme di investimento (art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350) e come tali finanziabili con ricorso all’indebitamento ovvero con l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione accertato e non altrimenti vincolato.

Non costituiscono investimento, ma rientrano nella spesa corrente, con natura di spesa non permanente, le operazioni di ripiano delle perdite e di ricapitalizzazione.

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7.3.2. Violazione del dettato costituzionale

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Le determinazioni e le deliberazioni con le quali dovesse farsi ricorso all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, nonché i relativi contratti sono nulli (art. 30, comma 15, Legge n. 289/2002).

Gli amministratori che hanno assunto le deliberazioni in violazione possono essere condannati dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque volte e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento della violazione stessa (comma 15 dell’art. 30 della legge n. 289/2002).

L’Organo di revisione deve segnalare, come disposto dalla lettera e) del comma 1 dell’art. 239 del Tuel, al Consiglio la grave irregolarità di gestione e, se non sanata, contestualmente denunciarla ai competenti organi giurisdizionali.

L’Organo di revisione deve, nell’ambito della verifica di regolarità amministrativa e contabile, accertare le condizioni per assunzione di mutui con enti diversi dalla Cassa Depositi e Prestiti e dall’Istituto del Credito sportivo stabilite dal comma 2 dell’art.204 del Tuel, dell’art. 205 bis del Tuel per contrazione apertura di credito.

7.4. LE OPERAZIONI DI INDEBITAMENTO E QUELLE CHE NON COSTITUISCONO INDEBITAMENTO

7.4.1. Durata

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Le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali sono evidenziate

7.4.2. Rinegoziazione e conversione dei mutui

Gli enti possono provvedere alla conversione dei mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazione, anche con altri istituti, di mutui, in presenza di condizioni di rifinanziamento che consentano una riduzione del valore finanziario delle passività totali a carico degli enti stessi, al netto delle commissioni e dell’eventuale retrocessione del gettito dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 2 del D.lgs. 239/1996 e successive modificazioni (art. 41 della Legge n. 448/2001).

In caso di rinegoziazione dei prestiti, l’indennizzo o la penalità non possono essere considerati nella spesa finanziata con l’indebitamento, perché sono oneri finanziari che vengono considerati spese correnti, in quanto connessi all’atto ed al momento in cui si realizza l’operazione. Le modalità del conteggio del nuovo valore delle passività sono definite dalla circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 28 giugno 2005.

L’Organo di revisione deve verificare se è conseguita un’effettiva riduzione delle passività totali e se è rispettata la disposizione che limita la durata complessiva del mutuo a 30 anni a partire dall’originaria concessione, come disposto al secondo periodo del comma 2, dell’art. 62 del D.lg. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella Legge n. 133/2008. Occorre inoltre tener conto che la durata del mutuo per effetto dell’art. 10 della Legge n. 243/2012 non può comunque superare la vita utile dell’investimento.

L’art.1, comma 867 della Legge n. 205/2017, estende fino al 2020 la facoltà per gli enti locali di utilizzare senza vincoli di destinazione le risorse derivanti da operazioni di rinegoziazione di mutui, nonché dal riacquisto di titoli obbligazionari emessi. (prorogata)

L’organo di revisione verifica il rispetto delle condizioni previste dalle norme sulle rinegoziazioni (art. 1, commi 961-963 della Legge n. 145/2018).

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7.4.3. Tempi di utilizzo dei finanziamenti

Occorre ravvicinare i tempi di assunzione del finanziamento e di utilizzo delle somme e di far possibilmente coincidere gli oneri di ammortamento con l’effettivo inizio dei lavori.

La presenza di residui passivi finanziati con indebitamento non movimentati da oltre due esercizi per i quali non vi sia stato affidamento dei lavori è indicatore di “cattiva gestione” ed è oggetto di apposita indicazione nei questionari relativi al rendiconto che l’Organo di revisione deve trasmettere alla Sezione regionale della Corte dei conti. Ciò premesso, se il mancato utilizzo non è adeguatamente motivato, l’Organo di revisione deve segnalarlo nella relazione al rendiconto anche al fine di eventuali azioni di responsabilità per danno patrimoniale.

 

7.4.4. Utilizzo economie da mutui

 

È consentita la devoluzione del residuo capitale da somministrare da parte dell’Istituto mutuante per

il finanziamento di un nuovo investimento a condizione che trattasi di investimento finanziabile e che rimangano invariate le condizioni dei singoli mutui.

Essendo il residuo della spesa finanziata inizialmente con prestiti iscritta al titolo II, l’operazione contabilmente corretta consiste nell’eliminazione, in sede di rendiconto, dei residui passivi del titolo II per fare confluire tale economia nell’avanzo d’amministrazione vincolato per il successivo utilizzo dell’avanzo per finanziare i nuovi investimenti.

 

7.4.5. Leasing

 

L’art. 75 del D.lgs. n. 118/2011, dispone che le operazioni di leasing finanziario costituiscono, dal 1° gennaio 2015, indebitamento.

La locazione finanziaria anche di opere pubbliche o di pubblica utilità è il contratto che ha per oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori. Il soggetto privato che concede il bene in leasing è proprietario dello stesso sino all’eventuale esercizio del diritto di riscatto da parte del locatore. Il rapporto che lega la società di leasing alla pubblica amministrazione è un rapporto di locazione finanziaria.

Il leasing operativo si caratterizza, invece, per la mancanza dell’opzione di riscatto al termine del contratto. In tal caso, è lo stesso produttore del bene che lo concede in locazione per un canone che corrisponde generalmente all’entità dei servizi offerti dal bene stesso e non è in relazione con la sua durata economica.

La distinzione tra le due fattispecie è stata focalizzata dalla Corte di cassazione (Cass. Civ. sez. unite, n. 65/1993) che ha qualificato il leasing finanziario come “leasing traslativo” ove i canoni non costituiscano soltanto il corrispettivo dell’utilizzazione del bene nel periodo, ma incorporano parte del prezzo del bene stesso, cosicché l’utilizzatore, avendo interamente pagato il prezzo, al termine del rapporto, è vincolato, in termini di convenienza economica, all’acquisto formale del bene.

Per contro, il leasing operativo viene qualificato come “leasing di godimento”, ove i canoni non contengono alcuna porzione di prezzo, costituendo il corrispettivo del godimento ed essendo ragguagliati al valore di utilizzazione del bene.

Il principio contabile internazionale IAS 17, paragrafo 10, per distinguere concretamente le tipologie di leasing finanziario ed operativo, indica le situazioni che individualmente o congiuntamente consentono di classificare un contratto di leasing come finanziario:

a)  il trasferimento della proprietà del bene al locatario al termine del contratto di leasing;

b)  il locatario ha l’opzione di acquisto del bene ad un prezzo che ci si attende sia sufficientemente inferiore al fair value (valore equo) alla data alla quale si può esercitare l’opzione, cosicché all’inizio del leasing è ragionevolmente certo che essa sarà esercitata;

c)  la durata del contratto copre la maggior parte della vita economica del bene anche se la proprietà non è trasferita;

d) all’inizio del contratto il valore attuale dei pagamenti minimi dovuti per il leasing equivale almeno al fair value (valore equo) del bene locato;

e)  i beni locati sono di natura così particolare che solo il locatario può utilizzarli senza importanti modifiche.

Per il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, come previsto dal principio SEC 95, dal principio contabile internazionale IAS 17 e dalla giurisprudenza consolidata, il leasing finanziario ed i contratti assimilati costituiscono debito che finanzia l’investimento. Pertanto, il leasing finanziario e le operazioni assimilate, sono registrate con le medesime scritture utilizzate per gli investimenti finanziati da debito, secondo il c.d. metodo finanziario al fine di rilevare sostanzialmente che l’ente si sta indebitando per acquisire un bene.

Al momento della consegna del bene oggetto del contratto, si rileva il debito pari all’importo oggetto di finanziamento, da iscrivere tra le “Accensioni di prestiti”, e si registra l’acquisizione del bene tra le spese di investimento (si accerta l’entrata, si impegna la spesa e si emette un mandato versato in quietanza di entrata del proprio bilancio).

L’importo del finanziamento è costituito dal valore corrente del bene all’inizio del leasing, che deve essere pari al valore attuale dei pagamenti dovuti per il leasing. Nel determinare il valore attuale, il tasso di sconto da utilizzare è il tasso di interesse implicito nell’operazione di leasing, se è possibile determinarlo; se non è possibile, deve essere utilizzato il tasso di interesse marginale del locatario.

Anche se formalmente non è di proprietà dell’ente, dal punto di vista contabile, il bene è preso in carico dall’ente, inventariato tra i beni in leasing ed oggetto di ammortamento. Al momento del pagamento dei canoni periodici si rilevano sia gli interessi passivi impliciti nel canone che la quota di finanziamento rimborsata. In altri termini, i canoni periodici sono registrati contabilmente distinguendo la parte interessi, da imputare in bilancio tra le spese correnti, dalla quota capitale, da iscrivere tra i rimborsi prestiti della spesa. Considerato che il leasing finanziario è costruito come un’operazione di erogazione di credito, l’amministrazione ha sempre la possibilità di calcolare quanta parte del canone è destinata a restituire il capitale e quanta a remunerare il prestito, sotto forma di piano di ammortamento. Alla fine del contratto di leasing, la spesa per l’esercizio del riscatto è registrata tra le spese di investimento.

Si segnala, infine, che il bene concesso in locazione finanziaria all’amministrazione pubblica deve essere suscettibile di formare oggetto di proprietà privata, poiché il locatore è proprietario del bene sino all’eventuale opzione di riscatto da parte dell’amministrazione pubblica. Infatti, il locatore, in caso di mancato riscatto, conserva, anche dopo il periodo di locazione, la proprietà del bene; conseguentemente, non possono costituire oggetto del contratto beni rientranti nel demanio pubblico necessario ovvero facenti parte del patrimonio indisponibile delle amministrazioni pubbliche, in quanto non commerciabili.

Inoltre, l’area sulla quale deve essere realizzata l’opera pubblica mediante leasing immobiliare o in costruendo, in linea di principio, non potrebbe essere di proprietà dell’ente pubblico ma deve essere acquisita dal locatario che è proprietario del bene a tutti gli effetti sino all’eventuale esercizio del diritto di opzione da parte dell’amministrazione. È ammissibile la concessione di un diritto di superficie da parte dell’ente pubblico al soggetto che procederà alla realizzazione dell’opera pubblica nell’ambito del contratto di locazione finanziaria, purché il diritto reale sia concesso per un periodo superiore a quello previsto per il contratto di locazione finanziaria.

 

 

7.4.5.1. Leasing in costruendo

A seguito del contrasto interpretativo che si è creato alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici in termini di inquadramento, quale indebitamento, del leasing in costruendo, è intervenuta la Corte dei Conti – Sezione autonomia n.15 del 13/06/2017 la quale ha affermato:

“In breve, con l’art. 75 del d.lgs. 118/2011 si è introdotta una presunzione legale circa la qualificazione del leasing finanziario come fonte di indebitamento. Tale presunzione, in primo tempo assoluta (iuris et de iure), con il d.lgs. 50/2016, come modificato dal d.lgs. 57/2017, deve ritenersi avere carattere relativo (iuris tantum). In altre parole, il contratto che sia riconducibile allo schema del leasing finanziario in una delle sue variegate declinazioni si ritiene costituisca indebitamento, salvo che l’amministrazione, previa valutazione della convenienza ed economicità dell’operazione, non dimostri rigorosamente che i rischi siano allocati in capo al contraente privato, coerentemente con le indicazioni comunitarie. Ciò dovrà risultare sia negli atti preparatori del contratto, sia in modo chiaro e puntuale nel contratto redatto ai sensi dell’art. 180 del codice. Non è sufficiente, insomma, che un contratto venga nominalmente qualificato come contratto di partenariato pubblico privato, né che vi siano clausole di mero stile ma prive di chiaro contenuto esplicativo dei rischi e della loro allocazione tra le parti per escluderne l’annoverazione tra le fonti di indebitamento, con quello che ne consegue in termini di modalità di contabilizzazione, di computo ai fini del calcolo del tetto del debito massimo ammissibile, di responsabilità per quanti contribuiscano a porre in essere atti negoziali elusivi del limite di indebitamento.”

La Corte dei Conti risolve il contrasto interpretativo stabilendo i seguenti principi di diritto:

1. Le operazioni di locazione finanziaria di opere pubbliche di cui all’art. 187 se pienamente conformi nel momento genetico-strutturale ed in quello funzionale alla regolamentazione contenuta negli artt. 3 e 180 del codice dei contratti, ai fini della registrazione nelle scritture contabili, non sono considerate investimenti finanziati da debito.

2. Le procedure di realizzazione in partenariato di opere pubbliche e servizi che non siano sostanzialmente corrispondenti alla regolamentazione tipica generale, definita nelle surricordate norme del codice dei contratti, devono considerarsi rientranti nel novero dei contratti e delle operazioni assimilate al contratto di leasing finanziario, ai sensi dell’art. 3, comma 17, della l. n. 350/2003, indipendentemente dalla qualificazione formale attribuita dalle parti, secondo le disposizioni contenute nel punto 3.25 del principio contabile applicato all.4/2 al d.lgs. n. 118/2011, con ogni coerente conseguenza in termini di modalità̀ di contabilizzazione, di computo ai fini del calcolo del tetto del debito massimo ammissibile, di responsabilità per quanti contribuiscano a porre in essere atti negoziali elusivi del limite di indebitamento”.

 

7.4.6. Contratto di disponibilità

Il D.L. 24 gennaio 2012 n. 1, convertito nella Legge n. 27/2012, aveva introdotto nel vecchio codice dei contratti pubblici ex D.lgs. n.163/2006, quale nuova forma di partenariato pubblico-privato, il contratto di disponibilità. Tale contratto di disponibilità era collocato nell’articolo 160-ter del vecchio codice ed oggi è presente all’art.188 del nuovo codice degli appalti di cui al D.lgs. n. 50/2016 relativo alla locazione finanziaria di opere pubbliche. L’art.3 comma 3 lett. hhh) del nuovo codice prevede come definizione di contratto di disponibilità “il contratto mediante il quale sono affidate, a rischio e a spese dell’affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata destinata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo”.

Per messa a disposizione il legislatore ha voluto intendere l’onere assunto a proprio rischio dall’affidatario di assicurare all’amministrazione aggiudicatrice la costante fruibilità dell’opera, nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, garantendo allo scopo la perfetta manutenzione e la risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti.

Il legislatore con tale contratto ha voluto ripartire i differenti rischi legati alla realizzazione e gestione dell’opera tra la pubblica amministrazione e l’affidatario. In particolare, a carico dell’affidatario ci sono il rischio di costruzione e di gestione tecnica connessi alla costante fruibilità nel rispetto dei parametri di funzionalità previsti dal contratto, perfetta manutenzione, risoluzione di tutti gli eventuali vizi, anche sopravvenuti, ed il rischio di mancata o ritardata approvazione della progettazione e delle eventuali varianti da parte di terze autorità competenti. A carico dell’amministrazione aggiudicatrice invece rimangono solamente i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell’opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta ed ogni altro atto di natura amministrativa.

Tale contratto è quindi caratterizzato dall’attribuzione al soggetto privato affidatario della costruzione e messa a disposizione in favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un bene privato destinato ad un pubblico servizio. Ciò comporta, tra l’altro, lo svolgimento di un procedimento di valutazione comparativa per la realizzazione di un’opera privata, remunerata dall’amministrazione mediante corresponsione di un canone di disponibilità.

Con la deliberazione n. 432/2012, la sezione di controllo della Corte dei conti della Regione Emilia- Romagna, ha ritenuto che la stipulazione del contratto di disponibilità non costituisca indebitamento in quanto è la stessa disciplina legislativa a prevedere che i rischi di costruzione e disponibilità siano a carico della parte privata. Occorre, comunque, che il regolamento negoziale, concretamente predisposto, sia rispettoso della disciplina dettata dal legislatore, in particolare per quanto concerne i rischi di costruzione e disponibilità.

Non trattandosi di indebitamento non è dovuto il parere obbligatorio sulle proposte di deliberazione

 

 

7.5. MONITORAGGIO SULL’INDEBITAMENTO

L’art. 41 della Legge n. 448/2001 ha attribuito al Ministero dell’Economia e delle Finanze poteri per il coordinamento sull’accesso del mercato dei capitali da parte degli enti locali.

Il decreto del 1° dicembre 2003 n. 389 prevede il monitoraggio delle operazioni a carico degli enti locali, dei loro consorzi e Regioni. A tal fine l’ente è tenuto ad inviare trimestralmente (15/2 - 15/5 – 15/8 – 15/11 di ogni anno) una comunicazione al dipartimento del tesoro delle operazioni finanziarie concluse di seguito esposte:

  •  utilizzo di credito a breve termine presso il sistema bancario, indipendentemente dall’importo del finanziamento;

  •  mutui accessi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione;

  •  operazioni con strumenti derivati;

  •  emissione di titoli obbligazionari;

  •  operazioni di cartolarizzazione.

    L’Organo di revisione deve vigilare sul corretto e tempestivo adempimento di cui sopra e del rispetto dell’art. 1, comma 738, della legge n. 296/2006 (conservazione per almeno cinque anni delle comunicazioni).

 

 

7.6. LETTERA DI PATRONAGE

Come chiarito dalla Corte dei conti, la lettera di “patronage forte” è assimilata ad una fideiussione e, pertanto, soggiace ai limiti previsti dal Tuel per ricorrere all’indebitamento ed è soggetta a deliberazione del Consiglio.

Allo stesso tempo, e per le stesse ragioni, il rilascio di una lettera di “patronage” può costituire “garanzia” vietata ai sensi dell’art. 14, comma 5, del D.lgs. n. 175/2016, ai sensi del quale le amministrazioni pubbliche non possono (salvo quanto previsto dall’art. 2447 c.c.) effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari aperture di credito, né rilasciare garanzie a favore delle partecipate non quotate che abbiano per tre esercizi consecutivi registrato perdite o utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite infra-annuali.

Inoltre, dal 2015, gli enti locali possono rilasciare garanzie solo a favore dei soggetti che possono essere destinatari di contributi agli investimenti finanziati da debito e per le finalità definite dall’art. 3, comma 18, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.

 

7.7. AUMENTO LIMITE ANTICIPAZIONE DI TESORERIA E ANTICIPAZIONE DI LIQUIDITÀ 2019

Il limite massimo di ricorso degli enti locali ad anticipazione di tesoreria al fine di agevolare il rispetto da parte degli enti medesimi dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali, di cui al D.lgs. n. 231/2002, è pari a tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti ai primi tre titoli di entrata del bilancio.

Il comma 906 della Legge n. 145/2018 fissa a 4/12 delle entrate correnti complessive il limite massimo del ricorso ad anticipazioni di tesoreria da parte degli enti locali per il 2019. Tale misura, superiore rispetto al limite ordinario di 3/12 (art. 222 del TUEL), costituisce tuttavia una riduzione rispetto ai 5/12 degli ultimi anni. La norma è finalizzata ad agevolare il rispetto dei tempi di pagamento nelle transazioni commerciali da parte degli enti locali, tema sul quale la legge di bilancio interviene con ulteriori misure di anticipazione a breve termine (commi 849 e ss. L. n.145/2018)

Per gli enti locali in dissesto economico finanziario e che si trovino in condizione di grave indisponibilità di cassa, certificata congiuntamente dal responsabile del servizio finanziario e dall’Organo di revisione, il limite è elevato a cinque dodicesimi per la durata di sei mesi a decorrere dalla data della predetta certificazione.

L’organo di revisione verifica l’utilizzo o meno dell’anticipazione di liquidità prevista dall’articolo 1, commi 849-857 della L. 145/2018 per pagare i debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data del 31/12/18.

 

 

7.8. PROPOSTE SULL’UTILIZZO DI STRUMENTI DI FINANZA INNOVATIVA

L’Organo di revisione deve sempre valutare se le proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa rappresentano o meno forme di indebitamento e in tal caso esprimere il parere obbligatorio ai sensi dell’art.239 del Tuel.

Rientrano anche tra le operazioni non tipizzate di natura i partenariati pubblico-privato e i contratti relativi a strumenti finanziari derivati.

 

 

7.8.1 Partenariato pubblico-privato

In generale, il titolo I del D.lgs. n.50/2016 è dedicato alla disciplina dei contratti di partenariato pubblico provato (di seguito PPP) che si basano sulla natura negoziale del legame di cooperazione (concessione di costruzione e gestione o concessione di servizi, affidamento a contraente generale, project financing, global service, locazione finanziaria etc.) e della relativa disciplina. Le nuove regole contabili pongono una grande attenzione sulla necessità di rilevazione dell’indebitamento implicito. In particolare, il punto 5.3.2 del principio contabile 4/2 allegato al D.lgs. 118/2011 stabilisce che: «Nel caso di acquisizione di un investimento già realizzato, con pagamento frazionato negli esercizi successivi, è necessario registrare la spesa di investimento imputandola interamente all’esercizio in cui il bene entra nel patrimonio dell’ente. A tal fine si provvede alla contestuale registrazione:

a) del debito nei confronti del soggetto a favore del quale è previsto il pagamento frazionato, imputato allo stesso esercizio dell’investimento, provvedendo alla necessaria regolarizzazione contabile;

b) dell’impegno per il rimborso del prestito, con imputazione agli esercizi secondo le scadenze previste contrattualmente a carico della parte corrente del bilancio».

Pertanto, tutte le volte in cui nell’ambito dei contratti di PPP viene prevista una forma di investimento occorre evitare che il canone previsto possa essere inteso come il pagamento di un investimento frazionato negli esercizi. Sulla questione è intervenuta la Sezione Autonomie della Corte dei conti con la Deliberazione n.15/2017 relativa ad un PPP leasing, rivedendo dei suoi precedenti orientamenti e mettendo definitivamente fine alle diverse interpretazioni delle sezioni regionali. In sostanza per la Sezione Autonomie i PPP sono da considerarsi off balance qualora l’amministrazione, previa valutazione della convenienza ed economicità dell’operazione, (..) dimostri rigorosamente che i rischi siano allocati in capo al contraente privato, coerentemente con le indicazioni comunitarie. Ciò dovrà risultare sia negli atti preparatori del contratto, sia in modo chiaro e puntuale nel contratto. Risulta quindi indispensabile per il l’ente locale predisporre – o far predisporre da qualificati professionisti esterni – in fase di preparazione della procedura, il documento d’Istruttoria, lo schema di contratto e la matrice dei rischi oltre che adeguati e conformi atti di gara. In questi documenti devono essere evidenti ed esplicite le norme e le modalità – disposizioni del disciplinare, articoli del contratto, contenuto della matrice dei rischi - con cui l’ente codifica e regola l’effettiva traslazione dei rischi al soggetto privato. Tali ragionamenti devono essere effettuati per tutti i PPP e non solo per il PPP leasing. In questo modo gli enti locali possono contabilizzare l’operazione con il metodo patrimoniale imputando il canone al titolo I della spesa nel macro aggregato 3 – beni e servizi utilizzando uno dei tre codici di V livello previsti dal piano dei conti integrato che, come noto, è obbligatorio ai fini del tracciamento della spesa pubblica

Si tenga presente che la Corte dei conti effettua il monitoraggio continuo di questi contratti attraverso il SIQUEL, ossia dei questionari che due volte all’anno i revisori dei conti trasmetto in via informatica alla stessa corte. L’A.N.A.C. ha approvato con Delibera n. 318 del 28 marzo 2018 le Linee Guida n. 9, di attuazione del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, in merito al «Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato». Nei contratti di PPP è necessario che sia trasferito in capo all’operatore economico, oltre che il rischio di costruzione, anche il rischio di disponibilità o, nei casi di attività redditizia verso l’esterno, il rischio di domanda dei servizi resi, per il periodo di gestione dell’opera.

Le tipologie di rischi sono:

rischio operativo definito all’articolo 3, comma 1, lettera zz) del codice dei contratti pubblici. In tale categoria di rischio rientrano, oltre al rischio di costruzione, anche il rischio di domanda e/o il rischio di disponibilità, nonché altri rischi specifici. Il rischio operativo deriva da fattori al di fuori del controllo delle parti, differenziandosi per tale aspetto da rischi come quelli legati a una cattiva gestione o a inadempimenti contrattuali da parte dell’operatore economico, che non sono determinanti ai fini della qualificazione giuridica del contratto come concessione, dal momento che sono insiti anche nei contratti di appalto pubblico;

rischio di costruzione definito all’articolo 3, comma 1, lettera aaa), del codice dei contratti pubblici; in tale categoria generale di rischio si distinguono, a titolo esemplificativo e non esaustivo, i seguenti rischi specifici: - rischio di progettazione, connesso alla sopravvenienza di necessari interventi di modifica del progetto, derivanti da errori o omissioni di progettazione, tali da incidere significativamente su tempi e costi di realizzazione dell’opera; - rischio di esecuzione dell’opera difforme dal progetto, collegato al mancato rispetto degli standard di progetto; - rischio di aumento del costo dei fattori produttivi o di inadeguatezza o indisponibilità di quelli previsti nel progetto; - rischio di errata valutazione dei costi e tempi di costruzione; - rischio di inadempimenti contrattuali di fornitori e subappaltatori; - rischio di inaffidabilità e inadeguatezza della tecnologia utilizzata.

rischio di disponibilità, legato a fattispecie in cui, durante la fase di gestione del progetto, scarsi livelli qualitativi delle prestazioni potrebbero generare l’indisponibilità parziale o totale di determinati servizi oppure in prestazioni che non soddisfano i criteri qualitativi specificati nella convenzione (lack of performance). In ogni caso, tale categoria di rischio è “gestibile” da parte del concessionario, in quanto dipende generalmente dalla sua capacità di erogare le prestazioni stabilite contrattualmente, sia in termini di volume che in relazione agli standard qualitativi.

Si fa inoltre presente che il comma 1 dell’ art. 183, D.lgs. n. 50/2016, dispone che per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità inseriti negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, “le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa all’affidamento mediante concessione ai sensi della parte III, affidare una concessione ponendo a base di gara il progetto di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti”.

La Corte dei Conti Sezioni Riunite in sede di controllo, con delibera n. 15/2010 ha affermato che “Anche il project financing è un valido strumento di coinvolgimento dei privati per la realizzazione di opere pubbliche, purché l’opera venga realizzata integralmente con capitali privati, limitando la eventuale contribuzione pubblica ad importi non significativi. Nelle prassi operative è dato riscontrare contratti nei quali l’intervento pubblico è elevato, superando anche la metà del valore dell’opera. Si tratta di un uso improprio del contratto, anche in relazione ai parametri stabiliti in sede comunitaria in relazione alle partnership pubblico-private”.

La Corte dei Conti Emilia - Romagna, con delibera n. 5/2012 ha precisato che è un uso improprio del contratto nel caso in cui l’ente locale si renda garante presso il soggetto finanziatore, normalmente un istituto bancario, rispetto al capitale concesso in credito al promotore. «In tal modo, infatti, si svilisce la funzione del project financing, la quale non può ridursi esclusivamente ad una tecnica di finanziamento delle opere pubbliche, ma deve anche consentire il trasferimento in capo ai privati, quantomeno in parte, dei rischi relativi al buon esito del progetto».

Per approfondimenti si rimanda al documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed esperti contabili “Project Financing e partenariato pubblico privato: aspetti normativi e linee guida operative” – marzo 2016.

 

 

7.8.2 Contratti relativi a strumenti finanziari derivati

Sulla base dell’art. 62 del D.lg. n. 112/2008 come modificato dalla Legge n. 147/2013, art. 1 comma 572, è vietato:

  •  stipulare contratti relativi a strumenti finanziari derivati;

  •  rinegoziare contratti derivati in essere;

  •  stipulare contratti di finanziamento che includono componenti derivate.

    Sono escluse dal divieto:

  •  le estinzioni anticipate totali dei contratti derivati;

  •  la riassegnazione dei contratti a controparti diverse nelle forme di novazioni soggettive senza modifica dei termini e condizioni finanziarie;

  •  la ristrutturazione del derivato a seguito di modifica delle passività di riferimento esclusivamente nella forma di operazioni prive di componenti opzionali e volte a trasformare il tasso fisso in variabile o viceversa e con la finalità di mantenere la corrispondenza tra passività rinegoziata e la collegata operazione di copertura;

  •  il perfezionamento di contratti di finanziamento che includono l’acquisto di cap da parte dell’ente. Sono altresì escluse dal divieto:

  •  la cancellazione dai contratti di eventuali clausole di risoluzione anticipata mediante regolazione per cassa nell’esercizio di riferimento;

  •  la facoltà di procedere alla cancellazione dai contratti esistenti di componenti opzionali diverse dall’operazione cap di cui gli enti siano acquirenti, mediante regolazione per cassa nell’esercizio di riferimento.

    L’Organo di revisione deve pertanto appurare che l’ente non effettui operazioni vietate e nel caso di mancato rispetto delle disposizioni normative è tenuto segnalare la fattispecie con apposita comunicazione alla Corte dei Conti.

     

 

 

 

 


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